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domenica 26 giugno 2011

Enzo Tortora 1. “O Tivù dal cuore acceso, non t'avessi mai offeso“



Comincio da oggi la pubblicazione di alcuni brani di un libro di Enzo Tortora, “ O Tivù dal cuore acceso “. Il libro, datato 1973, racconta con un piglio assolutamente originale, aneddoti e pensieri che riguardano la televisione e i conseguenti modi di vivere. Perchè dico assolutamente originale ? Ma perchè questo era Enzo Tortora, una mente libera e straordinariamente intelligente, sagace e pungente che mai ha accettato le restrizioni culturali, sociali e censorie dell'Italia del tempo. Questo giustifica, in un certo senso, l'incredibile e vergognosa persecuzione giudiziaria, di cui è stato vittime e di cui noi tutti, per lo meno quelli della mia generazione, abbiamo memoria. Io considero altresì questi scritti, di una incredibile attualità, pur essendo stati concepiti quasi 40 anni fa.
Oggi, Enzo Tortora, parlerà di Mike Bongiorno . .. .

O Tivù dal cuore acceso, non t'avessi mai offeso “

Eminenza Reverendissima,
oso sottrarre qualche istante al Suo diuturno lavoro (oh, quanto benemerito) di Preposto alle Beatificazioni, di Revisore del Martirilogio, di sereno ma severo custode degli atti dei Canonizzabili (fu Lei, e come dimenticarlo !, che dispose il risolutore “esame finestra” per decretare non valida la liturgia di San Candido), per sottoporLe queste mie note.
Non presumo certo che la memoria di Sua Eccellenza Reverendissima, tanto impegnata nella pastorale missione, si sovvenga di me : che son poca cosa, e, per di più, transeunte. Mi chiamo Ottania Materassi, nubile, nata nel 2009, di professione programmatrice di piccoli IBM, degli Annullamenti Rotali a gettone, quelli messi nell'ingresso della Stazione Ferroviaria di Assisi, e sull'intera rete dell'Autosole. Inutile che mi dilunghi sulla benefica efficacia di questi apparecchi, che lo stesso Beatissimo Padre Yan-Tsi Kuang, felicemente regnante, con la sua più recente Enciclica “ De cybernetica separatio “, ha mirabilmente definito “ provvidi “. Sono, per concludere, quelle macchinette made in San Marino, nikelate, con la parte superiore che s'illumina non appena l'utente, schiacciando una serie di bottoni, aziona la Causa d' Annullamento che gli interessa. C'è l' “impotentia coeundi “ (color fragola), c'è il “metu ac reverentia” (color becco d'oca), c'è l' “error personae” (sul turchino), c'è l' “impotentia generandi”, e c'è anche il “mi dà noia il suo vestito”, che tanto successo riscuote attualmente tra i giovanissimi delle ACLI. Dicevo che, illuminatosi il settore richiesto, la macchinetta fa bzzzz ! , elabora, fa ancora bzzzz ! (per controllare se esistessero “impedimenta” relativi al Privilegio Paolino) e poi, da un foro competente, vien giù l'annullamento, già pergamentato, con annessa ceralacca e Sacre Chiavi in similoro. Da una attigua fessura, viene anche fuori il resto. In mancanza di spiccioli, o la caramella o (a scelta) una reliquia portachiavi. Per 110 anni, Eminenza Reverendissima, ho dato il meglio di me stessa, con fervore, all'attività lavorativa. Ma non ho certo dimenticato la vita dello spirito. Sono infatti Patronessa, e Pia Dama, della San Petrosino da Padùla (Salerno), e Addetta, come Fiduciaria, alla pubbliche relazioni con i Fratelli Separati, che poi son quelli (oh, quanti ancora, nonostante lo zelo missionario) che si rifiutano di votare per Canzonissima, e trascorrono il sabato sera parlando, o immersi in altre pratiche pagane, e rifiutando caparbiamente di teleabbonare i figli. Ma di ciò basta. Potrei forse, immodestamente, ritenere che Ella si ricordasse di me per altro e più concreto dettaglio. In occasione del penultimo Conclave, a Metanopoli, mentre Ella giungeva in sardomobile, targata SCTV, in compagnia di una vescova del Mozambico, io son quella giovinetta (allora ero solo una gaia Braccobalda cattolica, sempre in escursione !) che agitava il cartello con la scritta : “Evviva Sua Santità Cedolare Primo !”. Mi parve che Ella agitasse, scorgendomi, due dita : benedicente, benigno : e io n'ebbi indimenticabili rossori, e susseguenti scariche adrenaliniche. Tutta la mia vita, vorrà credermi, è stata improntata alla più rigorosa osservanza dei dettami morali. Non ho mai desiderato la Morris d'altri, ho onorato il Philco e la Milko, l'ho sempre chiamata Peroni e non ho mai avuto altra birra all'infuori di lei, non ho mai usato carburatori impuri, ho amato Cuocomio come me stessa. Durante il doloroso scisma di Cannes, operai anche politicamente, prendendo parte, coi commandos femminili di “Settembre Mariano”, al dirottamento dell'aereo dell' Antipapa Mondadori II, che poi, effettivamente, precipitò su Canterbury. Ciò ricordo non certo al fine di procurarmi benemerenze o punti Paradiso ( so bene che il termine per il concorso è scaduto, il suo rigore non ammette deroghe, e anche per il Toto-indulgenze le ricevitorie sono bloccate), ma unicamente per dimostrarLe quanto sia sollecita verso le sorti di quella fede, di quella Maxichiesa, Apostolica e Laziale, alla quale Ella attende, in sì delicato e pertinente Uffizio. So bene parimenti che i processi di Beatificazione sono laboriosi, e che centinaia di volumi contengono gli Atti, travagliati e teologicamente sofferti, che hanno innalzato con difficoltà agli onori degli altari uomini come il Venerabile Ruggero Orlando, nel secolo scorso, o il serafico Maurizio Barendson, entrambi patroni dei mass-media. La mia segnalazione riguarda un possibile Santo, per di più italo-americano (ed Ella sa, Eminenza, quale interesse rivesta lo scacchiere USA dopo i recenti torbidi per la deposizione del Principe di Nuova York) che ha operato in Italia, terra mistica per eccellenza, negli anni fra il 50 e il 99 del secolo scorso. Trattasi di persona che, nelle pergamene della RAI (l'opera di decifrazione è tuttavia ancora in corso, a cura del Papirolificio Einaudi), viene definita “cachettista”, con evidente riferimento a probabili crisi nevralgiche del soggetto, forse causate da lunghi digiuni, o dai suoi sfibranti colloqui con l'Altissimo. In ciò simile, Ella m'insegna, ai grandi eremiti, agli Anacoreti dei tempi passati. Il nome che emerge, da queste carte purtroppo corrose dagli anni, è quello di “Bongiorno”. E nonostante nei vocabolari del tempo alla voce suddetta corrisponda la modesta definizione : “trattasi di una usuale forma di saluto”, abbiamo oggi invece le prove di trovarci dinnanzi a un personaggio mirabile per moltissimi aspetti. Il Bongiorno, infatti, a quanto si evince da quelle antiche carte, usava allestire delle specie di Sacre Rappresentazioni, dedicandosi ad opere di carità, sfamando interi settori del paese, famiglie particolarmente bisognose (si cita ancora il caso di certo Anardi, o Inardi) alle quali gettava cumuli di non meglio identificati “gettoni d'oro”. Non è purtroppo chiaro, nei suoi dettagli, in che consisteva esattamente il rito : i documenti sono lacunosi in parecchi punti, e ci sfugge evidentemente in qualche particolare il modo usato dal Bongiorno nel procedere con le sue provvidenziali mestolate a 18 carati. Era certo assistito da una Clarissa (evidentemente col termine “Ciuffini” o “Valletta” si allude a un ordine monastico femminile estinto) e da un non meglio qualificato gruppo di “esperti”, forse dei burgravi, o dei Valvassori, comunque dei notabili milanesi del gruppo IRI. Curiosa altresì l'apparecchiatura, sulla quale non poco si sono arrovellati gli interpreti, ma che pare quasi certamente il Bongiorno usasse per le sue opere di carità. Egli si serviva di un gong (forse per richiamare l'attenzione dei distratti, e impaurire le Fiere di Milano ?), poi di un cronometro (forse per richiamare l'uditorio alla labilità del tempo terreno ?) e di alcune diapositive, a probabile carattere mariologico. Non infrequente poi, secondo alcuni chiosatori, l'uso di buste, alcune delle quali – ma il senso purtroppo si è smarrito – definite “di riserva”. Calcolando le cifre elargite in un cinquantennio dal Bongiorno (occorre riportarsi al costo della vita di allora, e dividere il nostro yen per il cruzeiro, moltiplicare il tutto per il sesterzio, ottenendo ¼ del valore della cosiddetta “lira fluttuante”) si ottengono cifre assolutamente vertiginose. Distribuite sempre con esemplare letizia. Da ciò che resta, dei detti memorabili del Bongiorno, si arguisce che egli avesse vivissimo il senso della colpa dovuto alla caduta di Adamo (le parole “peccato !”, “che peccato !”, “ma è proprio un grosso peccato !” compaiono, infatti, quasi costantemente) e anche un senso, fraternamente sollecito, dell'assistenza. Spessissimo egli diceva, infatti : “coraggio !”, “nulla è perduto”. Altre sue espressioni, poi, come “da bravo, si sforzi !”, oppure “andiamo, che c'è la fa !”, “così . . . così . . ., vede che c'è la fa !” hanno indotto alcuni specialisti a ritenere che il rito prevedesse anche, in soggetti particolarmente refrattari, o coprostatici, l'applicazione probabile di un clistere. Alla delicata bisogna provvedeva, quasi certamente, un funzionario di concetto del gruppo FINSEDER. Ma non è tutto. Nel Florilegio Bongiorneo, ricco di squarci soavi, sono frequenti gli incitamenti alla preghiera (“si concentri !”, “ci pensi bene !”, “non si distragga !”) ed è notabile come il predicatore, d'animo gentile, chiamasse invariabilmente tutti col nome di Signore. “Signor Leopardi, Signor Alighieri, Signor Nabucco”, sono appunto epiteti distribuiti a piene mani nell'oratoria del Nostro. Alcuni critici, d'estrazione luterana, hanno poi insinuato la tesi che l'oro venisse distribuito con particolari criteri selettivi (esempio : a chi ricordasse, in fila, le dinastie dei Faraoni La Malfa, o il numero esatto delle guerre regionali calabresi) ma è ipotesi che ripugna, sia per la naturale, sorgiva bontà del Bongiorno, sia per l'insufficiente livello culturale della borghesia dell'epoca. Siamo dunque di fronte, Eminenza Reverendissima, a un'autentica crociata per la liberazione del Santo Gettone, a un'opera davvero ciclopica do soccorso. Nonostante, all'epoca, la contingenza fosse scattata di ben 8 punti, il Bongiorno diceva “allegria !”, sovvenzionando derelitti che, forse per la loro nivea innocenza, venivano definiti “candidati”. Sono certa che il mio modesto contributo agiografico varrà se non altro a inserire almeno in lista d'attesa (non penso certo all'imbarco fulmineo) per il volo verso la Santità, questo prezioso nominativo. Esiste il Patrono per i dispeptici, perchè non dovrebbe esistere quello per i depressi ? Resto, Eccellenza Reverendissima, in fiduciosa attesa. Vorrà ricordarmi, La prego, alla gentile Signora, e alle care sue figliole, che ho il rammarico di non aver più visto né al Bowling né ai corsi di di lingua vietnamita. Prostrata umilmente, sfioro con le labbra l'acquamarina.
Sua devotissima :

Ottania Materassi

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