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giovedì 30 giugno 2011

Enzo Tortora 4. Ultimo tango ad Assisi.


Questa volta Enzo Tortora si diverte, scherza, gioca, ironizza veramente a 360 gradi sui personaggi famosi della televisione del suo tempo. E prende come spunto quello che rimane un tabù secolare nella cultura italica : l'esposizione delle nudità ! Oggi si direbbe : fa alzare l'odience ! Vedete quindi come, passando gli anni, la televisione sia riuscita a riconvertire, perlomeno in parte, alcuni suoi ostacoli culturali e di costume, in occasioni di spettacolo. Tralasciando ovviamente il buon gusto e la buona educazione. Il racconta termina comunque con quello che sembra, a mio avviso, quasi un augurio : “ Tutte le televisioni del paese sono inservibili ! Sembrerebbe che una potenza oscura si sia attivata nell'intento di far passare agli italiani delle serate diverse “. Quale fantastico complotto . . .



Ultimo tango ad Assisi

Laudato sì, mi Signore,
per nostra Sora Antenna,
che è umile, et pretiosa, et casta . . . “
( da un cantico di telespettatore umbro )

Illustrissimo Signor Ministro delle Poste e Telecomunicazioni,
facendo seguito alla Sua richiesta, Le allego un esauriente e dettagliato rapporto sui fatti, prima sconcertanti, poi dolorosi, poi ancora sconvolgenti, che hanno colpito purtroppo il nostro paese. Inutile nascondersi la gravità della situazione : da Bolzano a Capo Passero la paralisi del mezzo è oggi totale, e i sistemi per rimediarvi scarsi, se non addirittura inesistenti. E' opinione dello scrivente, Signor ministro (sentiti anche i pareri, concordi, delle Questure, delle Prefetture, dei sindacati liberi, delle Pie Dame di San Vincenzo, dei tecnici, degli elettricisti, e soprattutto del detective Tom Ponzi col quale ho a lungo conferito questa notte) che ci si trovi ormai di fronte a una macchinazione oscura, ma di vastissima portata, con ramificazioni che possono oscillare dai servizi segreti di potenze straniere (Cuba o San Marino, è controverso) fino ai maneggi tenebrosi del “ Circolo Amici della Lettura “, sodalizio sulla cui natura è per il momento bene sorvolare. Veniamo ai fatti, Illustre Signor Ministro, affinchè le sia possibile rispondere con cifre, dati, statistiche, alle sempre più fitte interpellanze e interrogazioni che Le vengono rivolte dai banchi, ormai in perenne tumulto, del Parlamento. Tutto cominciò alle ore 21.34 di giovedì, 11 marzo 1975. Su ciò non esistono dubbi, in quanto fa fortunatamente fede l'esposto dell appuntato Percuoco Carmelo, della Tenenza Carabinieri di Gubbio, località umbra universalmente nota alla maggioranza (anche di base) del suo partito. “ Ormai abbrunava “, scrive il Percuoco con felice espressione, “ e il sottoscritto si trovava pattugliante in località affollata assai di civili abitazioni, di pubblici locali, e di spacci anche di generi liquorosi : ma tutti debitamente autorizzati. “ Seguiremo ancora il Percuoco, che forse eccessivamente dettaglia, per breve, ma essenziale tratto. “ L'urlo “, precisa infatti subito dopo il Percuoco, come tutti gli uomini della Benemerita, di infallibile e quasi magnetico senso dell'orientamento, “ risuonò proveniende (il finale in ende è tipico del graduato, Signor Ministro) dal bicamere monoservizio di tale Bragaloni Serafina, vedova, nullatenente. “ Fermiamoci per un attimo qui, Signor Ministro. Siamo al tramonto, in Gubbio, nobile città medioevale, nel dedalo quindi di quelle viuzze che di per se stesse danno al viaggiatore un brivido, anche se di carattere storico e culturale. Comprensibile quindi che il Percuoco, animo semplice, non nutrito certo di solide letture, faccia mostra invece di meravigliarsi per la natura del grido che la Bragaloni Serafina, vedova, probabilmente anche devota, in quel frangente emetteva. Dice infatti il Percuoco, nel suo provvidenziale quanto documentatissimo rapporto : “ la Bragaloni, nullatenente, ma discinda e in vestaglia di color albicocca, urlava al lupo ! al lupo ! “ Una piccola chiosa sarà qui ancora necessaria. Qualora di pattuglia quella sera, si fosse trovato un graduato di categoria appena superiore, non oso dire un Tenente, ma un Brigadiere, proveniente però dai previsti corsi di cultura generale istituiti dal Ministero degli Interni, costui non si sarebbe certo impressionato per il contenuto del grido della donna. Le apparizioni del lupo in Gubbio ( Agobbio, si trova anche detto in antiche pergamene ) hanno infatti illustri e frequenti precedenti. Tipico, mi pare ( cito a memoria ) il caso di un lupo calato in centro dalle sovrastanti montagne, avido di preda, ferocissimo, e provvidenzialmente ammansito da tale dottor Franceschi, ora defunto, e, se non vado errato, noto professionista di Assisi. Sia Lei che io, Signor Ministro, avremo dunque pensato ad un abbaglio, a un incubo di carattere mistico-storico ( la Bragaloni, vedova, risulta per di più essere nel pieno di quella tempesta ormonale definita “ climaterio “) e con un sorriso, magari con qualche parola di incoraggiamento, come “ su, su, buona donna, non facciamo i fioretti ( sono un tascabile di franco Zeffirelli, come certo Le è noto ) “ avremmo tranquillamente tirato via per la nostra strada. Non così l'appuntato Percuoco Carmelo, nativo di Castropietro in provincia di Agrigento, impermeabile, anzi del tutto immune da suggestioni culturali, e proprio alla cui sorgiva innocenza, al contrario, dobbiamo la descrizione unica della nascita del “ caso “. Dice infatti costui : “ Precipitatomi nella di lei abitazione, trovai la Bragaloni riversa, le poppille di fuori ( forse le pupille Signor Ministro : data l'età della Bragaloni non è ipotizzabile altrimenti ) e con la mano, e con la voce affannande, che indicava il televisore. Guardai direttamente, e, come mio stretto dovere, “ continua il verbalizzante, “ scrutai con franchezza il televisore stesso. Nulla di anormale in esso. Vi compariva in quello istante il noto attore Alberto Lupo, in frak, o simile legante indumento di gala, che recitava, con la sua inconfottibile voce ( forse il verbalizzante intendeva dire inconfondibile ) una poesia della quale ora non raccapezzolo il senso. In essa comunque si ripeteva trecentosei volte la parola “ ti amo “ ma con superchia musica nel mezzo “. Questa dunque, Signor Ministro, la situazione. Sia Lei che io, a questo punto, avremo capito tutto : un banale qiuz-pro-quo, come dicono i latini. Un penoso equivoco. E come avremo fatto, Lei ed io ? Avremmo sorriso. Per la verità, diamogliene atto, sorride anche il Percuoco che, povero giovane, così continua : “ Immantinendi sorrisi. Trattavasi, chiaramente, di un quivoco, di un lapis mendale ( lapsus mentale, probabilmente ) e pertanto spiegai, alla Bragaloni Serafina, che essa aveva confusionato, erroneamente, forse perchè agitata, il lupo animale zoologico con il Lupo signor Alberto, attore candante e gradito ospite d'onore umano. Ciò spiegato, tuttavia, la Bragaloni Serafina “, e qui, Signor Ministro, inizia il vero dramma, la genesi del tragico episodio che ci travaglia, “ continuava a dire che no, che no, che era overo, overo, che non aveva confusionato, e, indicando sempre lo schermo diceva il lupo ! Il lupo ! Poi la Bragaloni mi disse, testualmente, fesso e stronso sarai tu – data l'eccidazione evidente non verbalizzai nemmeno l'oltraggio - e la predetta Bragaloni svenne. Spensi il televisore “, continua il Percuoco, “ e approndai alla vedova le prime cure del caso “. Il resto, Signor Ministro, è ancora più interessante. Mentre il Percuoco, rianimata la signora, uscito quindi dalla di lei abitazione, pedalava perplesso in sella al nuovo cicloveicolo “ Sabratha “, con catarifrangente posteriore, e in dotazione recentissima all' Arma, udì distintamente altro grido di “ il lupo ! Il lupo ! “ proveniente dalla frazione detta Buon Ritiro, e, precisamente, dal remoto convento delle Monache Clarisse. Qui, dietro le grate, in ferro battuto, solidissime, insomma nelle intime stanze di quelle Sante Conventuali, muratesi in clausura, il Percuoco udì pure qualcosa. “ Origliai “, dice infatti il Percuoco, “ e capii meglio quello che forse prima, orinariamente ( forse il verbalizzante intende all'origine ) non avevo capito : le monache gridavano eccitate il lupo ! Il lupo ! Chiesi immantinenti se stavano bisognose di quaccosa “, continua il Percuoco, “ ma ne ebbi diniego e, addirittura, sospetta ripulsa “. Abbandoniamo, Signor Ministro, l'appuntato e il suo prezioso incartamento al loro destino. I fatti, in quella notte, presero purtroppo, e col ritmo prima dello stillicidio, poi della valanga, la piega che Lei ben sa. Addirittura sette telefonate, ed entrambe lontanissime da Gubbio ( una da Todi, una da Narni, due da Perugia, ma tre persino da Montevarchi ) rendevano nota l'atroce verità. Per un istante brevissimo, ma dall'evidenza fulminea e solare, all'attore Alberto Lupo, effettivamente in frak, effettivamente recitante ( come fu appurato ) una poesia di genere amoroso, erano calati misteriosamente i pantaloni, idem dicasi per le sottostanti mutande tipo “ Eminence “, e, per un fenomeno ancora tecnicamente incomprensibile ( Lei sa che ancor oggi la direzione tecnica della TV lavora senza tregua all'impossibile soluzione del caso ) al Lupo Alberto si era clamorosamente visto, con licenza parlando, tutto. Ci fu persino, per un decimo di secondo ( la segnalazione pervenne da un Direttore Didattico che osservava con le proprie figliole, dopo cena, ad Anghiari, la trasmissione ), una mostruosa “ zumata “ su ciò che i testi di educazione sessuale, Signor Ministro, definiscono “ gli attributi “. Poco dopo, nella notte, squillavano i telefoni delle Questure, dei giornali, delle sedi RAI di tutto il paese. Ciò che la Bragaloni per prima, a Gubbio, aveva denunciato confusamente, era purtroppo una triste realtà : settecento utenti avevano “ visto “. Con lo choc psicologico che si può intuire. Ci furono risse, voci che gridavano “ vedete anche voi ? “, e altre voci ( spesso di anziane signore ) che rispondevano : “ io no, peccato “. Perchè il fenomeno, all'inizio, parve sporadico, quasi un'infezione misteriosa ma controllabile, con adeguata cintura sanitaria. Furono esaminati infatti i trasmettitori e i ripetitori sulle alture : tutti in ordine. Ma il mistero permaneva. E che non di un caso si trattasse si vide dopo quando un giorno di quiete ( Mike Bongiorno apparve correttissimo, e, forse presago, con ampia cintura a borchia metallica alla vita ), quarantotto ore dopo, al telegiornale delle 20.30, il dottor Sergio Telmon, sempre così impeccabile, seduto al suo tavolo, ebbe il secondo incidente. Vestito di sobria flanella inglese, dovendosi momentaneamente alzare per sollecitare un collegamento con Praga, fece gridare d'orrore l'utenza intera. Questa volta si : in tutto il territorio nazionale. L'utenza infatti vide, atterrita , ciò che non nomino, Signor Ministro. E neppure, come nel caso di Alberto Lupo, con almeno precedente obsolescenza di mutanda : no. Col dottor Telmon si arrivò subito, brutalmente, al dunque. E mentre il poveretto, ignaro, stava dicendo “ il momento è dunque delicato : Citterich, sei d'accordo ? “, nei bar, nei tinelli, nei salotti, scoppiava il caos. Dopo pochi minuti compariva ( fu la prima volta ) il terribile cartello : “ la trasmissione sarà ripresa non appena passabile “. Si riprese, in effetti. Il dottor Telmon, un po' pallido, era di nuovo al telefono. Di nuovo coi pantaloni e tutto. Disse sobriamente “ ci scusiamo per l'interruzione “, e ogni cosa sembrava andare per il meglio quando Tito Stagno, l'esperto in capsule lunari, mentre, con la bacchetta, indicava il pianeta Giove, fu visto repentinamente nelle istesse condizioni. Ma il culmine si raggiunse ( e a Torino al bar Zatterin ci fu una rivolta, come Lei sa, dolorosamente repressa ) quando Mario Pastore apparve addirittura nudo, e con i solo occhiali ! La visione fu insostenibile. Da allora, come Le è noto, l'escalation è cominciata. Gli uomini, si vedono tutti nudi. Le donne, per un motivo parimenti incomprensibile, invece no. Normalissime, vestite come sempre. Nel telegiornale solo la signora Golda Meir faceva eccezione. Lei sa che ci furono, purtroppo, anche casi di suicidio. Elementi della TV, disposti a tutto, pur di affacciarsi sul video, e che per farlo avevano superato ostacoli inenarrabili, ecco che dovevano rinunciare per la prima volta a comparirvi, e a causa non già della fatica, ma del sedere. Lei sa quale deplorevole effetto si ottenne tentando di trasmettere “ Tribuna Politica “. Anche quelli. I collegamenti col Quirinale, aboliti. Abolito tutto. Nel periodo che precedette l'interruzione ( ora totale ) delle trasmissioni, Lei sa che “ l' Approdo “ sembrava un autentico balletto verde. Oggi il televisore è un oggetto inutile. Qualcuno già lo usa come contenitore per libri. Perchè, come già Le accennavo all'inizio, c'è il sospetto che qui ci sia qualcuno che ha realmente deciso di costringere gli italiani a trascorrere in modo un po' diverso la serata. Ma non è detta l'ultima parola. Indaghiamo, Eccellenza. Indaghiamo.

Felice Lo Presto

mercoledì 29 giugno 2011

Oldtimer & Business


Per anni, chi vedeva sfrecciare a Hollywood una Ferrari 250 GT Lusso marrone metallizzato del 1963, sapeva chi c'era in città: Steve McQueen.
Nell'agosto del 2007 la sua auto è passata sotto il martello di una casa d'aste degli Stati Uniti per 2,3 milioni di dollari (1,72 milioni di euro), circa il doppio del suo valore. L' attore era un collezionista d'auto, amava le corse e negli inseguimenti girati per i suoi film (per esempio "Bullit" del 1968) non voleva essere doppiato, ma sedeva personalmente al volante. Anche se non necessariamnete per dare la caccia ai criminali, sono in molti e in tutto il mondo a provare una profonda passione per le auto con una storia.
Ad oggi in Italia sono quasi 45 mila i veicoli che possono vantare almeno 30 anni di età con un incremento annuo di circa 3.000 unità. Certamente la loro guida e lo stile di vita a essi collegato sono le principali ragioni che spingono a un acquisto di questo genere. Ma anche la possibilità di ottenere interessanti profitti, come nel caso della Ferrari di McQueen, può far decidere di far investire in questo settore: infatti, un aumento di valore di oltre il 20% in un anno per una di queste rarità è assolutamente normale. Ma anche auto meno rare, ma in buono stato, possono essere un divertente oggetto di investimento.
L'offerta non manca e la scelta è vasta. Si tratta soprattutto di una questione di gusto. Infatti, l'auto deve innanzitutto piacere. E' consigliabile però anche farsi accompagnare nell'acquisto da un esperto. Un punto di partenza sicuro, per esempio, sono i Club d'auto d'epoca, specializzati nella marca a cui si è interessati. Tuttavia, la relazione tra il proprietario e il veicolo è fondamentale anche se si tratta semplicemente di un acquisto fatto come investimento. Infatti, molti preferiscono vendere le proprie auto a chi ha una vera passione, a chi ama guidarle, e a chi, guardandole, è capace di restare meravigliato: insomma, per lo più chi le ha le cede solo a chi condivide la stessa passione e a chi crede che l'investimento nei mercati azionari manchi di un'anima. Il prezzo gioca un ruolo nella scelta.
Chi ha la possibilità e il desiderio di investire molto denaro in questo settore può acquistare auto che promettono un adeguato potenziale: i pezzi da collezione più richiesti sono quelli delle case più grosse, come Ferrari, Rollr Royce, Bentley, Porsche, Mercedes Benz, Jaguar o Aston Martin. I modelli prodotti in edizione limitata da Mercedes Benz, come per esempio la Gullwing 300 SL e la 300 Roadster degli anni '50, negli ultimi dieci anni sono aumentati di valore di oltre il 150%. Una 300 SL dei primi anni '50, che all'epoca aveva un prezzo che oggi equivarrebbe a circa 16.000€, se in condizioni perfette, adesso potrebbe trovare un acquirente per circa 515.000 €. Una Porsche 911 degli anni '70 nel 1997 aveva un prezzo di 19.000 €; dieci anni più tardi gli appassionati sono disposti a pagare il doppio. Secondo Jochen Strauch, Managing Director dell'organizzazione Classic Data, che da quasi 20 anni segue lo sviluppo del valore delle auto d'epoca: "sono soldi ben spesi perchè c'è sempre un bacino di acquirenti sicuri".
Dopo un periodo impregnato di speculazioni e turbolenze, il mercato delle auto d'epoca negli ultimi anni è diventato un mercato maturo. Nonostante ciò i prezzi non sono sempre proibitivi.
Secondo Klaus Werner, un commerciante di auto d'epoca, i modelli più desiderati in questo segmento sono la BMW 320 del 1976 o la Mercedes 450 SEL 6.9. Lui, per esempio, preferisce concentrarsi generalmente o sulle auto da corsa degli anni '70 e '80 o sulle Ferrari o le Porsche, come per esempio il 956 o il 962, create in serie limitate. Ma non ci si limita asolo ad acquistarle e a tenerle ferme in garage: le auto d'epoca devono essere guidate perchè se ben conservate o ben restaurate bisognerebbe far loro percorrere tra i 500 e i 2.000 Km l'anno.
E come in qualunque mercato, anche nel settore delle auto i prezzi vengono determinati dalla domanda e dall'offerta. Pertanto neanche un esperto come Werner può fare previsioni: "Una macchina è sensuale e in un certo qual modo più reale che un'azione, ma la domanda è altrettanto difficile da prevedere che per i titoli di Borsa". Sono poche le regole, forse solo due: il sentimento e l'originalità. Due qualità decisamente rare a Hollywood.

Modi di dire 1

Si dice . . . “ Aspettare la manna dal cielo “

Il motto “ aspettare (che piova) la manna dal cielo “ vuol dire attendere la risoluzione dei propri problemi senza prendere iniziative. L'ispirazione del detto è biblica. La manna è citata nel Libro dell'Esodo come il cibo celeste di cui si nutrì il popolo d'Israele durante il lungo cammino attraverso il deserto dopo la fuga dall' Egitto. La manna, una coltre di grani dolcissimi inviati da Dio, fu trovata e raccolta per la prima volta dai figli d'Israele mentre, guidati da Mosè, si approssimavano al Monte Sinai.



Si dice . . . “ Tenere bordone a qualcuno “

Tale espressione, ( generalmente in chiave negativa ), significa fiancheggiare, assecondare un compare nel compimento di una malefatta. Questo modo di dire, ( che deriva dall'antico francese “bourdon”, probabilmente voce onomatopeica ), è di origine musicale. Si definisce “ bordone “, infatti, nell'ambito di un'orchestra, l'emissione costante e insistita di una nota musicale che fa da accompagnamento a una determinata melodia, o anche il registro cupo e grave di un organo che ne sottolinea le frasi musicali.



Si dice . . . “ Il bicchiere della staffa “

Significa farsi l'ultimo bicchiere prima di salutare gli amici. L'espressione risale all' 800, quando i signori che si recavano nelle locande bevevano l'ultimo bicchiere con già un piede nella staffa, pronti per montare a cavallo e andare via. Pare sia un'usanza tipicamente toscana, secondo la quale il padrone di casa era solito accompagnare il proprio ospite fuori, fino al cavallo, con un bicchiere di vino in mano che prima di partire si beveva insieme, praticamente con un piede nella staffa. Da qui il detto : “ Non metterti in cammino se la bocca non sa di vino ! “



Si dice . . . “ Il gioco non vale la candela “

Viene espressa da chi rinunci a iniziare un'impresa perchè il risultato non sarà proporzionato allo sforzo fatto. L'origine di questa espressione è cinquecentesca, al tempo della diffusione dei giochi di carte. Essendo necessario l'utilizzo di lampade a olio o candele per giocare nelle ore notturne, era in uso nelle locande da parte dei giocatori lasciare all'oste una somma o delle candele (piuttosto care al tempo), per le spese di illuminazione.



Si dice . . . “ Il dado è tratto “

Significa che una certa decisione è ormai stata presa e non si può più tornare indietro. Il riferimento del motto è la frase “ alea iacta est “ che Caio Giulio Cesare pronunciò nel 49 a. C. alle sue legioni apprestandosi ad attraversare in armi il fiume Rubicone che segnava il confine dell' Italia. Il che voleva dire sfidare il potere del Senato e far scoppiare la guerra civile. La frase di Giulio Cesare non fu casuale : il gioco dei dadi era infatti il passatempo preferito dei soldati romani che spesso con questo gioco d'azzardo si disputavano il bottino di guerra.



Si dice . . . “ Essere un sepolcro imbiancato “

Vuol dire essere ipocriti, voler sembrare migliori, nascondendo dietro una positiva immagine di facciata la propria vera e negativa natura. La frase è di origine evangelica e viene dall'invettiva che Gesù scaglia nel Vangelo di Matteo : “ Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati : essi all'esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume “. In ciò riferendosi a chi si dedicava alle pratiche esteriori del culto essendo in realtà superbo e intollerante.

Vincere al Telequiz : vuol dire la felicità ?


Ci sono molto modi per gestire i milioni vinti con la fortuna, o rispondendo esattamente a uno dei numerosi telequiz, che ogni giorno mettono in palio migliaia di gettoni d'oro. Ed è proprio con la gestione economica di un'autentica fortuna, che devono fare i conti i fortunati vincitori. Ma a telecamere spente, è arduo formulare una risposta definitiva alla domanda : che farsene di tutti quei gettoni ? Un dilemma che a molti piacerebbe affrontare e risolvere, dopo aver cambiato i gettoni in moneta sonante. Già perchè le vincite sono in gettoni, per rispetto della legge che disciplina il gioco d'azzardo. La casalinga pavese Michela De Paoli ha appena sbancato il quiz “ Chi vuol essere milionario ? “, il programma di Canale 5 condotto da Gerry Scotti. In attesa di ricevere la vincita, la disoccupata di lusso ha pensato bene di cercare un impiego. Ha compilato il suo curriculum e l'ha spedito in aziende, via TV e altri media. “ Ho approfittato della mia fama momentanea “, spiega, “ anche perchè i tempi di consegna del famoso milione non saranno brevi. Insomma, ho cominciato a gestire la vincita, provando da subito a trarne vantaggio “. Risultato ? “ A questo punto, conto di ritirare il bottino del Milionario da assunta in una società per un periodo di prova. Probabilmente in qualità di segretaria. Il mio primo obbiettivo è questo : il lavoro “. Seguirà la rincorsa di obbiettivi di spesa mirati. Più o meno calcolati. Alcuni necessari, altri superflui. Ma quanto si deve aspettare per incassare una vincita milionaria ? Il vincitore di un qualsiasi gioco a premi televisivo aspetta fino a 180 giorni. La vincita è soggetta ad una ritenuta fiscale del 20 %. In più, vengono addebitate minime spese di spedizione. Quindi viene il momento del cambio. Il vincitore si reca presso un banco metalli con in tasca il suo oro 750 %. Cioè : per un grammo di peso, si misurano 0,75 grammi di oro puro. Infine l'ex concorrente se ne uscirà con in tasca un guadagno netto, variabile a seconda della quotazione dell'oro, ( 32,39 Euro il grammo, a Febbraio 2011 ). Insomma, la signora De Paoli che ha vinto un milione, ne perderà per strada un quarto. In soldoni, ha vinto circa 725 mila Euro, comunque un bel gruzzolo. Anzi, un tesoro da maneggiare con cura, un patrimonio da far fruttare. Per informazioni, rivolgersi alla cassa di risparmio di fiducia, come suggerirebbe l'impiegato di banca di Ostuni, Ferdinando Sallustio, concorrente storico di “Passaparola” e appassionato di telequiz tanto che nel 2008 ha pubblicato per Bompiani la storia dei quiz televisivi italiani e dei loro concorrenti-personaggi. Il campione capace di resistere in trasmissione per 109 puntate, nell'arco di più edizioni del programma ed esperto in materia di vincite, consiglia al vincitore di turno di resistere alla tentazione della fretta. La gestione economica di una fortuna richiede pazienza e prudenza. “ Converrebbe attendere che la quotazione dell'oro si alzi almeno un po' “, ragiona Sallustio. Prudenza vorrebbe, in ogni caso, di non promettere pubblicamente una qualche donazione. L'annuncio potrebbe attirare le attenzioni di troppi bisognosi e non. Testimonia Sallustio : “ Ho vinto in TV 127.500 Euro e ho avuto la malaugurata idea di dichiarare, lì per lì, che mi sarebbe piaciuto sostenere un'iniziativa di solidarietà. Non l'avessi mai detto. Ancora oggi mi contattano dei perfetti sconosciuti, per invitarmi a finanziare la loro causa. Io mi accontento di far sapere che sostengo il Movimento per la Vita “. Una vincita cospicua può dare alla testa. Nel caso il vincitore è chiamato una volta di più a riflettere prima di decidersi e a farsi consigliare da una persona di fiducia. “ Sistemazione degli immobili a parte “, continua Sallustio, “ una grossa vincita può regalare tante piccole soddisfazioni. Un vincitore e i suoi famigliari possono dare libero sfogo alle loro passioni, coltivare i loro interessi “. Sei anni prima della signora De Paoli, sempre da Gerry Scotti, aveva vinto il premio più alto il giovane ingegnere milanese Davide Pavesi, allora residente sotto lo stesso tetto con mamma, papa e i due fratelli minori. Fino a quando non ha potuto permettersi una nuova sistemazione tutta per sé e un'altra per tutta la famiglia. Nel 2001 la prima milionaria ( allora miliardaria ), l'empolese Francesca Cinelli, ha fatto notizia per non aver voluto cambiare lavoro. Apposta per non farsi cambiare la vita da una vincita fuori dall'ordinario. Nemmeno il fiorentino Marco Manuelli, esperto di musica e collezionista di dischi, ha intrapreso un'altra attività. Per anni l'ex “ Coccinella “ miliardario di Sarabanda, programma di Italia 1 condotto da Enrico Papi, ha continuato a fare la maschera al cinema Eolo di Firenze. Strappando biglietti, dopo aver incassato un assegno a nove zeri. Mentre un altro ricco campione di Sarabanda, il romano David Guarnieri, è passato dalle cuffie di uno studio TV alle cuffie di uno studio radiofonico, dove conduce tuttora un programma musicale. “ Altri tempi e altra tempra “, commenta Sallustio, “ quelli del più famoso concorrente della storia del telequiz, personaggio per vocazione : il torinese Gianluigi Marianini “. Scomparso due anni fa, il vincitore di 5 milioni e 120 mila Lire al “ Lascia o raddoppia ? “, condotto da Mike Bongiorno nel 1956. Per mestiere, viveur, per diletto, studioso di storia e filosofia, di religione e satanismo, Marianini ebbe modo di riferire il suo personalissimo metodo di gestione della propria economia : “ Nelle mie tasche c'è scritto no parking, proibito il posteggio “. Allegria !

Modi di dire 2


Si dice . . . “ venire dalla gavetta “
Si riferisce di solito a una persona che abbia raggiunto una posizione di carriera professionale di rilievo basandosi sulle proprie capacità e partendo dalle mansioni più semplici. Questo modo di dire ha origini militari : la gavetta è il recipiente di alluminio o di lamiera zincata, in cui i soldati consumano il pasto giornaliero, (il rancio), e venire dalla gavetta veniva riferito ad ufficiali che fossero arrivati al proprio livello risalendo tutti i vari gradi dal più basso senza aver frequentato l'accademia militare.
Si dice . . . “ essere di mezza tacca “
Vuol dire essere persona di poco conto, che ha scarsa personalità o, in senso fisico, essere di bassa statura. L'origine del modo di dire risale alla tradizione commerciale. La “tacca” infatti, era il contrassegno che i mercanti fiorentini apponevano sulle stoffe di importazione per indicarne il prezzo d'origine e il costo del trasporto. La tacca dimezzata era dunque l'indicazione di una merce di scarso valore.
Si dice . . . “ avere l'argento vivo addosso “
Si riferisce a chi è vivacissimo, in continuo movimento, al limite dell'agitazione. Il riferimento è alle caratteristiche proprie del mercurio, in latino “Hydrargirium”, (simbolo Hg), che a sua volta deriva dal greco hidrargyros, composto di hidros, (acqua), e argyrion, (argento). Con l'aspetto di argento liquido a temperatura ambiente si presenta infatti il mercurio che anticamente era chiamato proprio argento vivo. Questo metallo è inoltre mobilissimo e sgusciante, si frantuma in goccioline ed è praticamente inafferrabile tra le dita se si disperde nell'ambiente. Ecco dunque l'accostamento con la personalità umana.
Si dice . . . “darsi ai bagordi “
Vuol dire eccedere nel mangiare e nel bere, darsi agli eccessi. La locuzione è di origine medioevale. Veniva infatti definita “bagordo”, la lancia usata dai cavalieri antichi per giostrare nei tornei, (dal provenzale behort, giostra, termine di origine germanica). L'accostamento non sembri curioso : queste manifestazioni cadevano di solito in occasione di feste e sagre popolari e comunque si trattava di eventi che coinvolgevano la popolazione e in cui spesso venivano distribuiti cibo e bevande per tutti. Ecco che l'uso del “bagordo” diventò sinonimo di divertimento.
Si dice . . . “ patire il supplizio di Tantalo”
Vuol dire desiderare molto qualcosa senza poter raggiungerla. L'origine del motto sta in un mito greco. Tantalo era un semidio, figlio di Zeus, che godeva del benvolere degli Dei. Egli però si macchiò di diverse offese ai Numi, tra cui il ratto del bel Ganimede, caro a Zeus stesso. Per questo Tantalo finì nell'Ade legato ad un albero carico di frutti, in mezzo ad un lago la cui acqua li giungeva al mento. Se provava a bere il lago si ritirava e se voleva mordere un frutto i rami si scostavano lasciandolo in un' eterna inedia.
Si dice . . . “ lupus in fabula “
Tradotta, vuol dire, “il lupo nel discorso” e si usa per far notare l'improvvisa comparsa della persona di cui si sta parlando in quel momento. L'espressione deriva da antiche credenze secondo le quali il solo nominare il lupo, (che allora rappresentava la malvagità, come il diavolo), equivarrebbe ad evocarlo. La credenza era favorita dalle famose favole di Fedro, (20 a. C. - 50 d. C.), che derivano da quelle del favolista greco Esopo, (VI sec. a. C.). In queste storielle l'animale incarna si il male, ma è anche il fulcro stesso della narrazione, per cui al suo comparire il fato si compie.
Si dice . . . “ attaccare bottone “
Significa fermare o trattenere qualcuno a lungo con discorsi lunghi e prolissi fino alla noia. L'espressione, che in origine aveva una valenza negativa, si ispira alle mosse di un sarto o di una massaia che attacchi davvero un bottone su un indumento indossato da qualcuno : il sarto deve tenere l'interessato immobile per tutto il tempo di un'operazione elaborata e ripetitiva in cui l'ago viene ripassato più e più volte attraverso la stoffa perchè il bottone resti alla fine bene attaccato. L'immagine ben si presta alla metafora del chiacchierone.

Mitici 80 !


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Ho avuto la sfortuna di vedere quel programma in onda su Italia 1 condotto da Sabrina Salerno e altre due tipo dal titolo : Mitici 80 !
La prima puntata, andata in onda giovedi 8 luglio, è stata interamente basata sul sesso più becero e volgare.  Commentando lo show '' Drive In '', firmato Antonio Ricci, ( quello di Striscia la notizia ), dove glutei e mammelle la facevano pressochè da padroni, si è passato tutto il repertorio sessual/trash raggiungendo l'apice alla fine dove, cercando un'improbabile erede di Samantha Fox in formato poster, si è andati a pescare quella maggiorata interdetta de la '' Pupa e il secchione '' dove, tra una malcelata ritrosia a scoprire il seno e una giornalista volutamente maneggiona e ruffiana, finalmente la pupa si spoglia.  A questo punto non c'è lo più fatta, ho spento la TV e sono andato a letto.   Stessa minestra anche giovedi 15 luglio per la seconda puntata, dove, stavolta, il cosidetto lato B diventa protagonista della puntata poichè punto di forza ed elemento distintivo e dominante negli anno 80, ( a detta degli autori ).  A fine puntata, che anche stavolta non ho potuto vedere essendomi disgustato prima, solita ''escort'' d'alto bordo che, ovviamente nuda e provocante, cerca improbabili collegamenti con Carmen Russo.
Ma veramente gli anni 80 hanno rappresentato quest'orgia di sesso volgare per maniaci e complessati ?   Per me fortunatamente no !, ma sono stati un periodo bellissimo della mia vita, non soltanto perchè ero più giovane, ma perchè in tutto il paese si respirava un'aria distesa e rilassata.  Probabilmente per Mario Giordano e gli altri autori del programma, gli anni 80 sono stati tutto sesso, chiappe e tette nude !  Ma è veramente triste ridurre tutto a questa dimensione poichè realmente gli anni 80 non sono stati tutto sesso ma hanno rappresentato un momento formidabile nell'ascesa della nostra qualità di vita, in tutti i campi, da quello sociale a quello economico.  E' chiaro che il sesso riveste una parte importante nel campo sociale e chi vi scrive non è certamente un bacchettone moralista dell'ultima ora, ma al contrario, uno che con il sesso ha un forte ed intensissimo rapporto ; ma ridurre tutto questo, a chiappe e tette nel parlare di quegli anni, è assolutamente sbagliato !   E un'altro errore è quello di trovare improbabili collegamenti con l'attualità !  Gli anni 80 sono stati gli anni 80, punto !  Quello che è successo in quegli anni è patrimonio unico ed esclusivo di quel periodo, non solo quindi per la collocazione temporale, ma proprio per gli avvenimenti, le possibilità, le opportunità, le circostanze direi che hanno generato il mito di quegli anni.  Pensare che quelle circostanze, quegli stessi avvenimenti, possano essere traslati e ricollocati nel 2010 è sbagliato !  Ogni avvenimento determina un periodo e ogni periodo è ovviamente determinato da una specifica serie di avvenimenti.  Certo che si possono riproporre gli anni 80 ai giorni nostri, anzi lo considero propedeutico per cercare di risolvere certi casotti che nel 21 emo secolo abbiamo prodotto, ma bisogna raccontarli corretamente.  Poi è chiaro  che Drive In, Samantha Fox, Carmen Russo e Cicciolina sono stati fenomeni di quegli anni, ma solamente fenomeni e nemmeno determinanti trallaltro a generare una mutazione dei costumi successivi.  I veri arieti spaccatutto sono state, a mio avviso : Donatella Rettore, Joe Squillo, Loredana Bertè, in parte Fiorella Mannoia non tanto per i testi delle loro canzoni ma per i loro look rivoluzionari.  Parliamoci chiaro : piercing, tatuaggi e jeans a vita bassa gli hanno inventati loro !  E poi non dimentichiamoci che negli anni 80 si pagavano meno tasse, era più facile fare impresa, era più facile assumere personale, era più facile vendere e comprare e tutto questo, signori, accresce il livello della società nel suo complesso.  E' questo un elemento che mi piacerebbe traslare nel 2010 anche se mi rendo conto che è difficilissimo e proprio per questo scrivo che ogni periodo rimane fine a se stesso. 
Evviva gli anni 80 comunque, che ci servano da lezione su come con pochi sforzi, si possa tentare di vivere bene tutti e abbasso i Mitici 80 di Italia 1, perchè la verita trionfa sempre e di pornografia c'è ne già tanta in giro, che sporcare anche quel po di pulito che c'è, è veramente un peccato mortale !

Un ricordo di Nilla Pizzi !




Un ricordo di Nilla Pizzi, regina della musica italiana, che se ne è andata troppo in silenzio


Adionilla, così l'avevano battezzata all'anagrafe : sembra il titolo di una telenovela sudamericana come Isaura o Ciranda de Pedra, ma la differenza tra schiave e regine è netta. Semmai dovessimo riesumare una serie, la più adatta sarebbe Acapulco Bay , non fosse altro perchè Nilla, la regina, ad Acapulco ci ha vissuto una manciata d'anni, probabilmente i più felici della sua lunga esistenza. Oggi, quella “bella d'Italia” che si autocelebra coi suoi 150 anni portati con qualche evidente ruga di troppo, si è dimenticata di lei e la sua morte, complici le consuete e orride scuse della serie “. . . beh, ha vissuto più di 90 anni . . .”, è scivolata via, stritolata dai bunga bunga italiani, dalle radiazioni giapponesi, dal rombo dei caccia francesi intenti a scotonare quella parruccona di Gheddafi. Non sarà una priorità, ma l'Adionilla meritava un exitus d'altra e alta levatura : al funerale, insieme ad un gruppo di attempate e timorate signore, pochissima gente di spettacolo, giusto 2 come la Iva Zanicchi, (sublime nel suo mescolare un reale dolore con un “. . . quando toccherà a me, se non mi fanno la camera ardente a Cologno, di gente c'è ne sarà anche meno . . .”) e la contrita Wilma De Angelis, donna di rara purezza cui il tempo, come a Iva e alla stessa Nilla, sembra fare manco un mezzo baffo. La mia stizza, col passare dei giorni, si fa sempre più violenta, perchè la puntuale verifica che la morte “non è uguale per tutti”, non ci livella, anzi, ci separa ancor di più : se ne vanno via i Vianello, i Bongiorno, i Monicelli, i giornalisti hanno da lavorare per settimane, per Nilla nemmeno un pianto sommesso ; come si fa ad archiviare con tanta indifferenza una vera e propria rivoluzione del costume, oltre che dell'arte, come si può restare tanto indifferenti a chi ha costruito, con la propria vita, un modello per quelle altrui ? In quella voce, piena di chiaro-scuri, in quel repertorio tra svagatezza e passionalità, in quel corpo così figlio di un'epoca, (le spalle larghe, il vitino stretto, gli occhi scuri e pieni di promesse), c'era la mamma della donna moderna, quella indipendente, autonoma nelle scelte, quella totalmente priva di pregiudizi, che senza tanti proclami o ideologie sperimenta su di sé, rendendolo patrimonio comune, uno stile di vita ben lontano dalle regole dell'Italia democristiana del dopoguerra. Nilla cantava, intonava “la qualsiasi”, era il suo modo per affermare che non v'è differenza tra alto e basso, tra canzonetta e brano d'autore, così come per lei era naturale avere estimatori di ogni genere ed estrazione sociale. Nilla ha molto amato tanti uomini, a volte dispettosamente come fa una regina che non si vergogna di essere tale, fregandoli proprio alle colleghe, come accadde per il mite Gino Latilla, marito della sua migliore amica Carla Boni, o come quando fece cadere ai suoi piedi il maestro Cinico Angelini, lo stesso che, qualche anno prima della loro storia semi-clandestina, l'aveva rifiutata nella sua prestigiosa orchestra, ma che poi tenendo fede al suo nome battesimale, dopo averla avuta le darà un bel due di picche, facendola tornare anche solo per un momento una donna come tante, una donna ferita. Ma Nilla, più degli uomini, ha amato la sua libertà : incide dischi con pseudonimi improbabili come Concita Velez, Isa Merletti o Carmen Isa, si fa biondissima, magrissima, molla l'italietta all'alba del suo boom economico e va a far la signora in terra messicana. La leggenda, mai documentata, vuole questo come il periodo più folle della sua vita, ma i segrati come tali, vanno ben conservati e al suo ritorno sul suolo natio, nulla della sua rassicurante immagine è andato perduto. Tornerà con Mina in TV a “Milleluci”, nei primi anni 70, ( e sarà proprio Mina a dire, qualche anno dopo, “da lei, dalla sua voce, ho imparato molto”), e in quel periodo, dove a trionfare era la piattezza dell'arte “politicamente corretta”, dove essere uniche e differenti era un peccato non perdonabile, Nilla, fregandosene altamente dei giudizi altrui, se ne va in giro per locali non proprio di primissimo livello, ben sapendo che anche alla “sagra della salsiccia” la regina rimane tale, sudditi compresi. Sarà lei, forse involontariamente forse no, la prima ad affrontare e abbracciare ciò che poi avremmo definito “trash”, legandosi prima come amica e poi come artista a un agente tanto chiacchierato come Lele Mora, lo stesso che, 30 anni dopo averla conosciuta, stimata e protetta, le organizzerà un compleanno memorabile, quello dei 90 anni, portandola a Sanremo come si conviene : un abito favoloso, 5 metri di strascico, un manipolo di boys a tenerle la mano, una devota e amabilissima Carmen Consoli che intona meravigliosamente la sua immarcescibile “Grazie dei fior”. Un'ischemia superata da poco non le impedirà di canticchiare, intonatissima come sempre, un “Vola colomba” da manuale. Ingioiellata, cotonatissima, sempre ben truccata, nel rispetto degli altri perchè il pubblico, tutto, lei lo rispettava davvero, sapeva che ben apparire è ugualmente importante che essere, così come insieme a tante apparizioni c'era un privato tanto discreto quanto di classe con a fianco Alba, sua invisibile amica-assistente fantasma nonché convivente per quasi mezzo secolo. Nell'apparente inconsistenza di tanti papaveri e altrettante papere, tra una “casetta in Canada” e una rampicante “Edera”, c'è, complice la sua personalità, il segno della differenza come valore, c'è la mangiatrice di uomini che al tempo stesso vive di passioni travolgenti, (. . . son qui, tra le tue braccia amor, avvinta come un'edera. . . ), c'è l'imperio del carattere e la debolezza della carne, più di una femmina, un'iperdonna di proporzioni gigantesche, quell'unire mondi, stili e sentimenti apparentemente lontanissimi tra loro, quella rara quanto preziosa attitudine all'assoluto, al totale, meta per molti irraggiungibile quanto da tanti desiderata. Nell'iperbole c'è tutto, nel mettere insieme rispettabilità e follia, nell'accostare le tinte forti al nulla, nello sparigliare fra tradizione e modernità, nel mescolare allegria e melò, Nilla è stata la più brava, come lo fu, (ma in lei c'era la maledizione del “male di vivere” come valore aggiunto), la egizio-franco-italiana Jolanda Gigliotti in arte Dalida. Idolatrata dai francesi, la sua tomba al cimitero di Montmartre a Parigi è meta di continui pellegrinaggi. Nilla, cremata per suo volere, al momento non ha statue celebrative ne piazze a lei dedicate, di certo il “monumento alla libertà e alla differenza” che ha costruito con l'esempio, almeno nella mia memoria, è ben visibile !

Grandi alberghi e cinema !


hotel bellagio

George Clooney, nei panni di Danny Ocean e la sua banda, sfidano la fortuna all'hotel Bellagio, tentando di rubare 150 milioni di dollari dalla cassaforte dell'albergo più famoso di Las Vegas. Ma anche senza la pubblicità fatta dal film Il Bellagio è una delle attrazioni principali della città, grazie ai numerosi spettacoli che hanno luogo al suo interno. Un biglietto però puo' essere anche più caro di una camera, che a seconda dei periodi e delle offerte, può costare anche solo 130 dollari. A questo prezzo invece non sarà possibile trovare nemmeno un ripostiglio al Cipriani di Venezia, nelle cui camere è stato girato “ Casino Royale “, con Daniel Craig nei panni di James Bond e in cui hanno dormito celebrità come Cloneey, Julia Roberts e Richard Gere. Se vi si vuole dormire almeno una volta nella vita si dovranno sborsare 900 Euro circa, almeno secondo il listino dei prezzi ufficiale. James Bond si è aggirato anche all'Atlantic Kempinski di Amburgo : questo hotel è stato il quartier generale di Pierce Brosnam che, nel film “Il domani non muore mai “, si arrampico sul tetto con la sua Bond girl. Da allora l'elegante suite presidenziale è soprannominata James Bond Suite e alcuni clienti sono disposti a pagare fino a 5000 Euro per sentirsi un po' 007 almeno per una sera. Reto Wittwer, direttore esecutivo dell'hotel Atlantic Kampinski, è consapevole del grande effetto promozionale che il film ha avuto per il suo albergo : “Con la sua caratteristica facciata e il globo sul tetto, è spesso richiesto come set cinematografico. Le riprese dei film di James Bond però sono certamente uno degli eventi rimasti più impressi nella memoria di ospiti e dipendenti. “ Ma l'albergo che più di tutti ha attirato l'attenzione proprio grazie ad un film è il Beverly Wilshire di Beverly Hills dove è stato girato “Pretty Woman”, con Julia Roberts e Richard Gere. Per chi non si può permettere di spendere i 1500 Euro richiesti per la suite, l'albergo offre anche camere da 475 Euro. Un'altra commedia romantica con Julia Roberts ha invece portato fortuna al Ritz di Londra. In “Notthing Hill” l'attrice Anna Roberts Scott incontra il timido libraio William Thacker, interpretato dal rubacuori Hugh Grant. Ma qui bisogna fare i conti con la sterlina, che può giocare a sfavore o a favore. In alternativa c'è sempre il Ritz di Parigi, l'ultimo albergo in cui pernottò Lady Diana con il suo amante Dodi al Fayed. E qui non mancano le offerte speciali, del tipo tre notti al prezzo di due : insomma invece di 1923 appena circa 1282 Euro. Per chi non ne volesse sapere di luoghi romantici, può essere interessante l'hotel protagonista di uno dei più famosi film dell'orrore, “The Shinning” di Stanley Kubrich. Lo scrittore Jack Torrance, interpretato da Jack Nicholson, rincorre la moglie Wendy e il figlio Danny all'Overlook Hotel, in mezzo alla neve delle montagne del Colorado. Nel suggestivo e deserto scenario di montagna si sviluppa un dramma famigliare, dove Jack perde lentamente la ragione e tenta di uccidere la sua famiglia. In realtà l'albergo è tutt'altro che un luogo spaventoso : il Timberline Lodge, (chiamato Overlook Hotel nel film), si trova in una stazione sciistica vicino al monte Hood in Oregon, è arredato con mobili di legno e caminetto scoppiettante ed è un vero paradiso per gli sciatori. Nonostante “The Shinning” venga usato come mezzo di pubblicità, non si tratta di una località particolarmente desolata, anzi è il luogo ideale per gli amanti della natura e attrae più di 2 milioni di visitatori l'anno. Qui si può alloggiare con soli 120 dollari a notte e le stanze hanno il film “The Shinnig” già programmato sulla televisione.
Per scoprire i luoghi dove sono stati girati alcuni dei più celebri film si può consultare il sito : www.movie-locations.com . Qui è possibile cercare il film per titolo o inserendo il nome degli attori protagonisti o addirittura secondo il paese e la città dove il film è stato girato.

Lo Stile secondo Ferreri !


Stile
Lo stile è una risposta a tutto !
Un modo nuovo di affrontare la noia e le cose pericolose ; fare una cosa noiosa con stile è meglio che fare una cosa pericolosa senza stile. Fare una cosa pericolosa con stile è quello che io chiamo arte : la corrida può essere un'arte, boxare può essere un'arte, scopare può essere un'arte. Aprire una scatola di sardine può essere un'arte ! Non molti hanno stile, non molti possono mantenere uno stile ; ho visto cani che hanno più stile degli uomini, anche se non molti cani hanno stile ! I gatti ne hanno in abbondanza ! Quando Hemingway si spiaccicò il cervello con una cannonata, quello è stile ! Certi tipi ti insegnano lo stile. Giovanna D'Arco aveva stile, Giovanni Battisti, Gesù, Socrate, Cesare, Garcia Lorca. In prigione ho incontrato uomini con stile. Ho conosciuto più uomini con stile in prigione che fuori di prigione. Lo stile è una differenza, una maniera di fare, un modo di essere fatti. Sei aironi che stanno immobili in uno specchio d'acqua, oppure tu che esci nuda dalla vasca da bagno senza vedermi !
                Marco Ferreri

Fritz Lang e il cinema



Fritz Lang  Il cinema asseconda l'adempimento della legge morale ingenuamente come la Fiaba, ma usando la forma che corrisponde alla nostra epoca.

 Fritz Lang

Rik Battaglia. Il Divo dimenticato






Rik Battaglia partì nel 1957. Da allora ha girato oltre 110 film con i migliori attori e registi del Novecento, sempre in ruoli di primo piano. Ora è tornato a vivere dov'è nato, ma non se n'è accorto nessuno
 
Solido e imponente come un tiglio seco­lare, la voce profonda e modulata, gli occhi luminosi e intensi. Rik Battaglia è un pilone che non si abbatte e con i suoi ottantun' anni ci gioca a rimpiattino; ha vis­suto una vita intensa come poche, di quelle che partono in salita ma poi, di colpo, svettano e svoltano brusche verso mete che nessuno mai avrebbe immaginato. Giovanissimo barcarolo che trasportava granaglie dal Delta a Venezia, Caterino Bertaglia (il vero nome) di Corbola poco dopo la guerra si è trovato di colpo tra le braccia Sophia Loren nel film "La donna del fiume"; pareva un sogno, dato che non era il momento finale dì un percorso programmato; ma da lì è cominciata una carriera luminosa e importante, che via via lo ha portato a girare oltre 110 film con i più grandi attori ed i più grandi registi del mondo. Ora Rik Battaglia è tornato a vivere nei luoghi in cui era nato per ragioni privatissime e molto dolorose. Non se n'è accorto nessuno, e nessuno della terra il cui nome lui ha portato in giro per il mondo gli ha finora minimamente riservato l'accoglienza che un uomo come Rik Battaglia meriterebbe. "Sono tornato a vivere qui fisicamente, ma con lo spirito faccio fatica ad ambientarmi", dice. E' l'unica concessione alla malinconia che Rik si concede durante quest'in­tervista durata un pomeriggio intero: da qui in poi è solo cinema per ore, una selva infinita di ricordi in cui Rik vaga incontrando le star del cinema mondiale con cui ha lavorato, gli episodi più incredibili, i momenti più entusiasmanti della vicenda dì un attore che ha attraversato per inte­ro la storia del cinema della seconda metà del novecento. Gli inizi, come spesso accade, sono il cuore pulsante di ogni storia: "Me ne andai a Milano a fare il barista perché qui non c'era da campare - ricorda Rik - era l'inizio degli anni cin­quanta e Milano allora si stava delineando come la capitale industriale d'Italia; c'era lavoro, c'era­no mille iniziative, c'era molto da fare. Nel bar in cui lavoravo ebbi modo di diventare amico di un giovane scrittore con il quale avevo più di una cosa in comune: entrambi eravamo veneti e figli di NN. Era Goffredo Parise, che allora lavorava da Garzanti dopo aver pubblicato già un paio di libri di successo. Fu proprio lui un giorno a portare nel locale in cui lavoravo Mario Soldati, scrittore e regista che stava preparando la lavorazione de "La donna del fiume": quando mi vide Soldati ebbe un sussulto: fisicamente incarnavo alla perfezione uno dei personaggi del suo film. Fu in quel preciso momento che la mia vita cambiò per sempre". Le porte del cinema si aprirono così, per caso; Rik lavorò con Soldati e piacque, piacque molto fin da subito nonostante non avesse nessuna preparazione per fare l'attore: era fisicamente il divo come lo si immaginava in quei anni, era spontaneo ed intenso, intelligente sensibile ed imparava rapidamente. Dopo quel primo film frequentò con successo il Centro Sperimentale di Cinematografia, dove si diplomò con successo ("unico ciak d'oro di quell'anno", dice con orgoglio) e da allora in poi registi e produttori se lo contesero, in Italia e all'estero. Sono anni intensissimi, la filmografia rac­conta una media di cinque, sei film all'anno negli anni '60 -'70. Un ritmo forsennato, ruoli sempre di primo piano, accanto ai principali protagonisti dello star system. Vive la stagione esaltante della dolce vita romana ("sotto l'ala protettrice dì Sergio Leone"), ma soprattutto gira il mondo per lavorare nei più impor­tanti colossal che riempiono ovun­que le sale.  Poi pian  piano quel mondo si sfarina, muta. Lui conti­nua a lavorare molto, ma insieme alla scomparsa di molti protagonisti di quella stagione scompare anche un modo di fare e di intendere il cinema. Rik Battaglia sceglie di andarsene da Roma "perché già alla metà degli anni '80 il cinema che ho conosciuto io era morto e sepolto". Si trasferisce a Ginevra con la sua compagna, continua ancora a lavo­rare ma la stagione mitica è alle spalle. La passione bruciante per il cinema, invece, è ancora assoluta­mente viva: "E' l'arte che assomma in sé tutte le altre; per me è stata una scuola di vita eccezionale. Sarebbe importante oggi parlare di cinema ai giovani, insegnare loro la magia  di  un  lavoro straordinario: quello di raccontare le vette e gli abissi dell'animo umano attraverso una storia per immagini. Nel mio presente mi piacerebbe molto rac­contare e trasferire queste emozioni ai giovani, per scipparli al dominio della televisione, vera fogna a cielo aperto in cui si mischiano poche cose buone ad una massa devastan­te di ciarpame". Spetta ora al terri­torio che poco ricorda di Rik Battaglia raccogliere questo stimo­lo. Lui è li: a disposizione. 
Una miriade gli attori e registi famosi coni quali Rik Battaglia ha lavorato. Ne citiamo solo alcuni: Sofia Loren, Charlotte Rampling, Fabio Testi, Alberto Lupo, Ben Gazzara, Romolo Valli, Elsa Martinelli, Liza Minelli, Franco Nero, Tony Musante, Lex Barker, Paolo  Stoppa, Lea Massari, Anita Ekberg, Omar Sharif, Marisa Allasio. Registi: Mario Soldati, Sergio Leone, Orson Welles, Giuseppe Patroni Griffi, Carlo Ludovico Bragaglia, Mauro Bolognini, Bruno Corbucci, Damiano Damiani, Lucio Fulci. Tra gli oltre 110 film girati da Rik Battaglia ricordiamo: La donna del fiume (1955), La risaia (1956), Orlando e i paladini di Francia (1956), La Gerusalemme Liberata (1957), I battellieri del Volga (1958), Annibale (1960), Teseo contro   il    Minotauro   (1961), Rocambole (1962), Sandokan, la tigre di Monpracem (1963), Giulio Cesare, il conquistatore delle Gallie (1963) The wild, wild west (1964), I violenti di Rio Bravo (1965), The Desperado Trail (1965), L'avventuriero della Tortuga (1965), Per 50.000 male­detti dollari (1967), La battaglia del deserto (1969), Spara, Gringo, spara (1970), Giù la testa (1971), L'isola del tesoro (1972), Il richiamo della foresta (1972), Zanna Bianca (1972), L'isola misteriosa e il Capitano Nemo (1973), Il ritorno di Zanna Bianca (1974), Il lupo dei mari (1975), Un genio, due compari, un pollo (1975), La fine dell'innocenza (1975), Il Prefetto di ferro (1977), Napoli la camorra sfida... la città risponde (1979), Zappatore (1980), Il pentito (1985), Omicidio a luci blu (1991), Buckai confini del cielo (1991).


Sandro Marchioro


Aggiornamento


Il giorno 27 marzo 2015 muore Rik Battaglia. Il cinema italiano, il grande cinema italiano, ha perso uno dei suoi grandi interpreti. Il mio grande rimpianto rimane quello di non aver mai avuto la possibilità di chiedergli un'intervista. Tra impegni di lavoro che mi portavano lontano e coincidenze svanite, non mi è stato mai possibile. Addio Rik, che la terra ti sia lieve.

Hanno ucciso il Bin Laden, chi sia stato non si sa . . .




Hanno ucciso il Bin Laden, chi sia stato non si sa, forse quelli della CIA o forse la pubblicità !” La parodia della famosa canzone degli 883, “hanno ucciso l'uomo Ragno”, mi sembra quanto mai azzeccata per disquisire un attimo, sulla notizia del momento, quella che sta girando in tutti i giornali e televisioni del mondo e cioè l'uccisione di Osama Bin Laden, il “simbolo del male” per eccellenza, come l'ho hanno giudicato gli americani. Essi infatti lo ritengono, anzi lo ritenevano, il mandante della strage dell' 11 Settembre, anche se lui pubblicamente non l'ho ha mai ammesso, oltre che mandante ed esecutore di decine di attentati a strutture americane, sparse per il mondo ! Insomma gli americani non lo potevano proprio soffrire sto arabo e ne avevano ben donde, a fronte dei 3000 morti dell'11 Settembre. E fin qua tutto OK, se non ci fossero alcuni lati oscuri su questo sceicco arabo, che per ammissione della stessa CIA, fu addestrato, armato e finanziato per effettuare non meglio identificate missioni nel mondo arabo-mussulmano. I lati oscuri, dal mio modesto punto di vista, riguardano la sua figura, apparsa improvvisamente alla ribalta mondiale, grazie al potentissimo sistema mediatico USA, come rappresentante assoluto del “male”, come il nemico n. 1 delle democrazie occidentali. Ora premesso il mio antiamericanismo, mi domando proprio come gli USA possano parlare di democrazia e libertà, visto che sono il primo paese al mondo ad essere antidemocratico e non libero, dove l'unica libertà è quella di consumare senza però mai pensare. Gli USA che come prodotto interno lordo hanno l'industria della guerra, che esportano in tutta l'area medio-orientale, per l'unico motivo di sottomettere quell'area stessa, dove dovrà passare l'oleodotto che porterà il greggio del Kazakistan fino al golfo Persico, per caricarlo poi sulle petroliere della Kondolisa Rice, o degli amici di Busch. Si perchè, se torniamo un po' indietro nel tempo, aveva iniziato proprio Busch padre la strategia del terrore, l'attacco frontale al mondo arabo mussulmano per il semplice motivo che detenevano il petrolio, non certo per i motivi umanitari e di libertà che apparentemente predicava. Ci riuscì perfettamente invece, Busch figlio, che il primo giorno della sua elezione a Presidente USA, ordinò un “bombardamentino” all'Irak di Saddam Hussein, altro ex agente CIA. Vedete non vorrei essere frainteso ! Non sono assolutamente dalla parte dei mussulmani, per carità, voglio solamente dire che la contrapposizione tra le nostre due culture è un prodotto dell'amministrazione Busch Junior ! Prima infatti, se vi ricordate, il mondo occidentale correva per conto suo e quello arabo-mussulmano idem, non vi erano contrapposizioni violente. Poi Busch Junior se ne uscì con il terrore e allora tutto il mondo precipitò nella paura ! Se ne uscì anche con la superiorità culturale dell'occidente verso il mondo arabo, parzialmente esatto non discuto, ma questo si che contribuì ad una contrapposizione violenta tra noi e loro. Per cui aeroporti e porti blindati, controlli alle frontiere, verifiche finanziarie, perquisizioni, intolleranza ; tutte misure per me assolutamente inutili poiché di fatto, tutto questo rischio non esisteva allora e non esiste ancora adesso. Solo che era utile agli americani, perchè la “mission” di Busch era la totale sottomissione dell'intera area medio-orientale e la paura del terrorismo era il pretesto giusto per attaccare, distruggere, sottomettere, poi ricostruire ma soprattutto per compattare l'occidente alla causa americana. Ora però le cose sono cambiate ! L'economia americana è ancora fortemente ingessata, anche dopo le sostanziose siringate di contanti effettuate dall'amministrazione Obama, a fronte dei crack finanziari del 2008 e la gente ha paura sul serio nell'affrontare decisioni di carattere economico. Ora la parola d'ordine è “ottimismo”, su tutti i settori, su tutti i campi. L'epoca di Busch, quindi, sembra quasi del tutto tramontata, d'altronde i suoi amici si sono già abbondantemente arricchiti con il petrolio, le varie guerre e ricostruzioni ancora in atto. E per sancire questo cambiamento bisogna eliminare tutti i simboli del vecchio, tra i quali, c'entrava anche il Bin Laden. Personaggio quanto mai nebuloso e misterioso ; come nebulosa è stata la sua apparizione sulla scena mondiale, (vi ricordate i video taroccati), altrettanto nebulosa è stata la sua fine, con uno straccetto di foto, (anche questa dicono taroccata), la dinamica dell'uccisione non ancora chiarita e questo cadavere che non esiste, perchè sarebbe già stato buttato in mare ! Stamattina, 3 maggio, ascoltavo per radio, lo special di Radio 24 con Oscar Giannino e altri due giornalisti, che si divertivano a prendere in giro Giulietto Chiesa, che sposa a pieno l'ipotesi complottistica e cioè che Bin Laden non sia mai esistito, che sia stato creato artificialmente dagli americani e che la sua morte sia un'altra bufala. Ora, pur non sentendomi vicino alle tesi di Giulietto Chiesa, dobbiamo ammettere tutti quanti che sia nella vicenda Bin Laden, che nella vicenda 11 Settembre, il mondo ha ingoiato passivamente tutto quello che gli americani ci propinavano. Analizziamo oggettivamente i dati, iniziando dagli enormi vuoti di comunicazione tra gli aerei di linea e la torre di controllo, il fatto che gli intercettori USA non siano decollati a fronte del black out comunicativo e finendo all'asserita latitanza di Bin Laden, uomo più ricercato del pianeta con una “mega taglia” di 1 milione di dollari sulla sua testa, scovato e ammazzato poi, a pochi chilometri da una base USA in Pakistan. Pensavo che solo la Polizia italiana, fosse così “mammalucca”, da non accorgersi di avere super-latitanti del calibro di Toto Reina e Bernardo Provenzano, latitanti da 30 anni, praticamente sotto casa e che se ne andavano nei bar di Palermo a pigliarsi il caffè ! Certamente “l'intelligence” americana, in questa vicenda, non fa assolutamente una bella figura ! Poi mi ha estremamente urtato la frase di Obama, in conferenza stampa, che ha detto : “Giustizia è fatta”. Ricordiamoci che quel signore di colore, che fa il presidente degli Stati Uniti d'America, è premio Nobel per la pace ! E parla di giustizia nella morte di un uomo, senza averli fatto un processo ?! E parla di giustizia lui che rappresenta uno degli stati più ingiusti sulla faccia della terra ?! Andiamo su . . . Altra cosa che mi ha infastidito della trasmissione di Radio 24 stamattina, era l'assoluta sicurezza dei tre cronisti, Giannino compreso, sulla veridicità delle tesi americane, sull'assoluta certezza della morte di Bin Laden, sulla chiarezza della dinamica dell'11 Settembre. Beati loro, perchè io tutta questa sicurezza, sinceramente non c'è l'ho ! E no perchè faccia parte della larga schiera dei complottisti a tutti i costi ! A tal proposito, Giannino, se ne uscì con un'intervento assolutamente infelice dal mio punto di vista : paragonare gli “scettici” sull'11 Settembre ai revisionisti e ai negazionisti storici. Quelli cioè che negano l'esistenza delle camere a gas, che dicono che lo sterminio degli ebrei non è mai esistito ecc. ecc. come quel “cancaro” di Edoardo Longo con il quale sono in causa io da 6 anni ormai. Quando parliamo di stermino degli ebrei, siamo di fronte a prove incontrovertibili, a documenti filmati e foto, a testimonianze viventi della follia criminale dei nazisti, ai quali il “cancaro” Longo dice di ispirarsi. Quando parliamo di Bin Laden e dell'11 Settembre, siamo di fronte a una “traccia” indiziaria confezionata dalla CIA, con tante supposizioni e pochissime prove correttamente circostanziate. Signori è un dato ! E quello che è preoccupante dal mio punto di vista, è come il mondo intero assimili passivamente tutti questi grandi deficit di informazione. Comunque il cambiamento di rotta sembra essere stato tracciato ; l'inversione di tendenza anche ! Certamente se si instaurerà un clima di rilassatezza mondiale, ne guadagneremo tutti ! Dopo 11 anni di terrore, sembra finalmente arrivato il momento della tranquillità ! Il mio pensiero va a tutti quei poveri morti, dalle Torri Gemelle alla metropolitana di Madrid, selvaggiamente ammazzati non si sa perchè e forse non si saprà mai !

Il Clown di Alessandro Cavallari


Il Clown
Silenzio. Dopo, c'è sempre silenzio. Sono ancora qui, anche questa volta c'è l'ho fatta.
Corri ! Corri sotto il palazzo ! Hai sentito le sirene. Corri ! Mettiti in salvo !
Quando iniziano a cadere le bombe, il rumore è irreale.
Non si distingue lo scoppio di una stufa, il crollo di un palazzo, l'urlo di una donna.
Poi, di colpo, tutto tace. I primi a muoversi sono gli animali.
Rimasti senza padrone, iniziano a vagare tra le macerie.
Noi restiamo nascosti nelle cantine, finchè qualcuno si azzarda a uscire. Ogni volta è un sollievo vedere un volto conosciuto, e solo più avanti si accetta l'idea dei volti che mancano all'appello.
Per me è più facile, sono orfano, abituato alla solitudine e a sopravvivere più che a vivere. Orfano e senza fissa dimora, così hanno scritto : per questo sono qui, e non a morire al fronte.
Prima che iniziasse questo inferno ero un clown, mi esibivo nel parco. Decine e decine di bambini venivano ogni giorno al mio spettacolo, ridevano e si divertivano con poche lire.
Ed è questa l'immagine che mi spinge a correre ogni volta più forte.
Che senso ha quello che sta accadendo ? Uccidersi per cosa ?
Per potere ? Denaro ? Cosa, accidenti ?!?
Com'erano belli quei pomeriggi nel parco, i più timidi nascosti dietro le madri, i più coraggiosi in prima fila, quasi a voler partecipare. Io li prendevo con me e giocavo con loro, divertendoli e divertendo tutti quanti. Sembrano passati dei secoli, invece sono solo pochi anni.
Qui intorno solo macerie, nascoste dal solito fumo.
Ehi ! Il clown “ Mi volto di scatto, un bambino.
E' quello del parco ! Venite ! “ In quel momento, mi rendo conto che sono vestito e truccato da clown come per il mio spettacolo. Non lo faccio da anni, ma proprio questa mattina ho riaperto la vecchia valigia. Non so perchè l'ho fatto ; il tempo non si ferma, il tempo non ritorna.
Invece, eccoli. Uno, due, cinque, dieci forse cento bambini escono dalle cantine e si avvicinano.
Ciao Clown ! Ci fai il tuo spettacolo ? “
Chiudo gli occhi, sento le lacrime arrivare ma le fermo. No.
Questi bambini hanno ragione. Io sono il clown. E allora : spettacolo !
Sembra che la gioia del primo stia contagiando tutti. Anche me.
Inizio quasi incredulo, più timido di loro. Vedo sorrisi e mi animo, salto da destra a sinistra in questo palcoscenico improvvisato tra i resti di un palazzo. Mi diverto, non so perchè, ma riesco a divertirmi, a sognare.
E loro sono con me, li vedo ridere e applaudire. Passano ore, crollo esausto ma felice.
Si, ma non abbiamo i soldi per pagarti ! “
Sorrido.
Tornate domani. Ci sarà un altro spettacolo “

Alessandro Cavallari




Germans delve into sins of Nazi grandparents.


Guardate che cosa ho trovato su un sito di informazione canadese ! Mai abbassare la guardia sui "nipotini di Hitler" o sui cosidetti revisionisti e negazionisti storici come Edoardo Longo !

Germans delve into sins of Nazi grandparents

BERLIN - Rainer Hoess was 12 years old when he found out his grandfather was one of the worst mass murderers in history.
His boarding school's gardener, an Auschwitz survivor, beat him black and blue after hearing he was the grandson of Rudolf Hoess, commandant of the death camp synonymous with the Holocaust.
"He beat me, because he projected on me all the horror he went through," Rainer Hoess said, with a shrug and a helpless smile. "Once a Hoess, always a Hoess. Whether you're the grandfather or the grandson — guilty is guilty."
Germans have for decades confronted the Nazi era head-on, paying billions in compensation, meticulously teaching Third Reich history in school, and building memorials to victims. The conviction Thursday in Munich of retired Ohio autoworker John Demjanjuk on charges he was a guard at the Sobibor Nazi death camp drives home how the Holocaust is still very much at the forefront of the German psyche.
But most Germans have skirted their own possible family involvement in Nazi atrocities. Now, more than 65 years after the end of Hitler's regime, an increasing number of Germans are trying to pierce the family secrets.
'Unspoken secrets' Some, like Hoess, have launched an obsessive solitary search. Others seek help from seminars and workshops that have sprung up across Germany to provide research guidance and psychological support.
"From the outside, the third generation has had it all — prosperity, access to education, peace and stability," said Sabine Bode, who has written books on how the Holocaust weighs on German families today. "Yet they grew up with a lot of unspoken secrets, felt the silent burdens in their families that were often paired with a lack of emotional warmth and vague anxieties."
Like others, Hoess had to overcome fierce resistance within his own family, who preferred that he "not poke around in the past." Undeterred, he spent lonely hours at archives and on the Internet researching his grandfather.
Rudolf Hoess was in charge of Auschwitz from May 1940 to November 1943. He came back to Auschwitz for a short stint in 1944, to oversee the murder of some 400,000 Hungarian Jews in the camp's gas chambers within less than two months.
The commandant lived in a luxurious mansion at Auschwitz with his wife and five children — among them Hans-Rudolf, the father of Rainer. Only 150 meters away the crematories' chimneys were blowing out the ashes of the dead day and night.
After the war, Hoess went into hiding on a farm in northern Germany; he was eventually captured and hanged in 1947, in front of his former home on the grounds of Auschwitz.
"When I investigate and read about my grandfather's crimes, it tears me apart every single time," Hoess said during a recent interview at his home in a little Black Forest village.
As a young man, he said, he tried twice to kill himself. He has suffered three heart attacks in recent years as well as asthma, which he says gets worse when he digs into his family's Nazi past.
Today, Hoess says, he no longer feels guilty, but the burden of the past weighs on him at all times.
Distrust "My grandfather was a mass murderer — something that I can only be ashamed and sad about," said the 45-year-old chef and father of two boys and two girls. "However, I do not want to close my eyes and pretend nothing ever happened, like the rest of my family still does ... I want to stop the curse that's been haunting my family ever since, for the sake of myself and that of my own children."
Hoess is no longer in contact with his father, brother, aunts and cousins, who all call him a traitor. Strangers often look at him with distrust when he tells them about his grandfather — "as if I could have inherited his evil."
Despite such reactions, descendants of Nazis — from high-ranking officials to lowly foot soldiers — are increasingly trying to find out what their families did between 1933 to 1945.
"The Nazis — the first generation — were too ashamed to talk about the crimes they committed and covered everything up. The second generation often had trouble personally confronting their Nazi parents. So now it is up to the grandchildren to lift the curses off their families," said Bode.
It was only during her university years — reading books about the Holocaust — that Ursula Boger found out her grandfather was the most dreaded torturer at Auschwitz.
"I felt numb for days after I read about what he did," recalled Boger, a shy, soft-spoken woman who lives near Freiburg in southwestern Germany. "For many years I was ashamed to tell anybody about him, but then I realized that my own silence was eating me up from inside."
Her grandfather, Wilhelm Boger, invented the so-called Boger swing at Auschwitz — an iron bar that hung on chains from the ceiling. Boger would force naked inmates to bend over the bar and beat their genitals until they fainted or died.
'I felt guilty' Boger, 41, said it took her several years of therapy and group seminars to begin to come to terms with the fact her grandfather was a monster.
"I felt guilty, even though I hadn't committed a crime myself, felt like I had to do only good things at all times to make up for his evil," she said.
Like Hoess, Boger never personally met her grandfather, who died in prison in 1977. After her father died five years ago, she found old letters from her grandfather begging to see his grandchildren in prison — something that never happened.
"It all just doesn't go together," Boger said. "He is the man who killed a little boy with an apple who came in on a transport to Auschwitz, by smashing his head against a wall until he was dead, and then picked up and ate that apple.
"At the same time, he put a picture of myself as a little girl over his bed in prison. How am I supposed to come to terms with this?"
Tanja Hetzer, a therapist in Berlin, helps clients dealing with issues related to their family's Nazi past. While there are no studies or statistics, she said, many cases indicate that descendants of families who have never dealt with their Nazi family history suffer more from depression, burnout and addiction, in particular alcoholism.
In one prominent case, Bettina Goering, the grandniece of Hermann Goering, one of the country's leading Nazis and the head of the Luftwaffe air force, said in an Israeli TV documentary that she decided to be sterilized at age 30 "because I was afraid to bear another such monster."
Some grandchildren of Nazis find a measure of catharsis in confronting the past.
Alexandra Senfft is the granddaughter of Hanns Elard Ludin, Hitler's Slovakia envoy who was involved in the deportation of almost 70,000 Jews. After Ludin was hanged in 1947, his widow raised the children in the belief their father was "a good Nazi."
In her book, "The Pain of Silence," Senfft describes how a web of lies burdened her family over decades, especially her mother, who was 14 years old when her beloved father was hanged.
"It was unbearable at times to work on this book, it brought up fears and pain, but at the same time I got a lot out of writing it all down," Senfft, a lively 49-year-old, explained during an interview at a Berlin coffee shop.
"If I had continued to remain oblivious and silent about my grandfather's crimes, I would have become complicit myself, perhaps without even being aware of it."
Senfft said she also wrote the book so her children could be free of guilt and shame, and that confronting family pasts is essential for the health of German society as a whole so that history does not repeat itself.
Star of David These days Rainer Hoess lectures schoolchildren about the Nazi era and anti-Semitism. A few months ago, he visited Auschwitz for the first time and met a group of Israeli students.
That day was "probably the most difficult and intense day in my life," Hoess said, but it was also liberating because he realized that the third generation of Jews after the Holocaust did not hold him responsible. One Israeli girl even gave him a little shell with a blue Star of David painted on it, which he now wears around his neck on a black leather necklace.
Hoess was embroiled in controversy in 2009 when Israeli media reported he tried to sell some of his grandfather's possessions to Yad Vashem, the Israeli Holocaust Memorial. But email correspondence seen by the AP backs up Hoess' assertion that he would have been just as willing to donate the items. Hoess eventually donated everything he owned from his grandfather — including a trunk, letters and a cigar cutter — to the Institute of Contemporary History in Munich.
Hoess acknowledges that his grandfather will probably never stop haunting him. After his visit to Auschwitz, he met Jozef Paczynski, a Polish camp survivor and the former barber of Commandant Hoess.
"Somehow, subconsciously, I was hoping that maybe he would tell me one positive story about my grandfather, something that shows that he wasn't all evil after all, that there was some goodness in him," Hoess confided.
Paczynski asked Hoess to get up and walk across the room — then told him: "You look exactly like your grandfather."