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venerdì 23 novembre 2012

La crisi del maschio italiano !

Tutti parlano di crisi del maschio, gli uomini che non sono più quelli di una volta ecc. ecc.
Quando e cominciata la crisi del maschio italiano ? Per me è iniziata da quando sono stati vietati i duelli ! Ve l'immaginate l'atmosfera del duello ? Due uomini che si sfidano per ripulire un'onta, un'offesa, un'infamia subita. L'irrefrenabile necessità di far trionfare il rispetto, la buona regola di comportamento, la correttezza. E da un certo punto di vista, dal punto di vista degli uomini del secolo scorso, la necessità di far rispettare anche la legalità. Poi sappiamo benissimo che di legalità proprio non possiamo parlare, perchè i duelli sono sempre stati vietati. Tollerati spesso, ma vietati sempre, (leggi nota a piè di pagina).
Poi la regola di demandare ad un'autorità superiore tutte queste funzioni sacrosante, ha inevitabilmente sminuito il maschio di quella che potrebbe sembrare un'inutile prerogativa, ma che poi tanto inutile non è ! E cioè la naturale predisposizione del maschio alla costruzione e al mantenimento di un equilibrio sociale, di una micro-cella di società composita, dove svariati individui vivono, lavorano, si riproducono.
L'uomo è un'animale sociale, quindi riconosce l'autorità, il leader, la scala gerarchica e il branco. Perdonatemi il paragone magari poco elegante, ma l'uomo è come il cane : un animale sociale appunto. Perchè il cane rimane al guinzaglio ? Proprio perchè riconosce l'autorità. Provate a mettere un guinzaglio ad un gatto, che invece è un animale solitario ; fareste un grosso buco nell'acqua, proprio perchè il gatto non vuole stare al guinzaglio, non vuole rimanere assoggettato alla volontà altrui.
Al giorno d'oggi, dove la società è sempre più multicolorata e multietnica, e dove l'autorità assume sempre di più la mera funzione di esattore delle tasse, chissà perchè viviamo il cosiddetto “periodo di degrado sociale”, quel periodo di decadimento dei valori e di scadimento della morale.
Che c'azzecca col maschio italiano, che si è debosciato, mi direte Voi ? C'entra c'entra, per il semplicissimo fatto che mancando valori, riferimenti, punti fermi nella vita di ognuno, il più complesso e intelligente degli animali sociali, perde la bussola, fatica a capire che cosa è giusto e che cosa no, e soprattutto, quello che interesserà forse alle lettrici femmine, perde anche il gusto del piacere.
Il maschio quindi deve essere “ribelle”, deve in qualche maniera rivoltarsi ad un'ordine precostituito, perchè egli stesso sente di poter essere contributore attivo di un ordine, mentre ne è attualmente una semplice pedina, un elemento passivo in balia' delle decisioni e degli ordini altrui, che spesso e volentieri scaturiscono da soli interessi particolaristici e non generali.
Il duello era proprio quell'elemento di unione tra il maschio e la società, e noi in Italia abbiamo spesso disquisito su questo argomento.
O meglio abbiamo cercato di darli un ordinamento, tanto per cambiare, e tra i primi ci pensò proprio un italiano, tale Jacopo Gelli, con il suo Codice Cavalleresco, sul quale se qualcuno vuole saperne di più, vi è un link alla fine del post.
Chissà perchè ma è proprio una mania italiana quella di regolare e codicizzare tutto.
Ora parlare di duello fa solamente sorridere, ma non era certo così ai tempi del buon Jacopo Gelli !
Rimane solamente il mondo militare, che per tanti aspetti dell'onore e della fedeltà alla nazione, si rifà al codice cavalleresco. Ed è proprio lo stato, quell'entità più o meno astratta, (la cosa è soggettiva), che esige la vita, non solo del militare, ma, badate bene, di tutti noi cittadini.
Per difenderlo o per riparare ad un'onta subita, lo stato ci chiede anche la nostra vita.
Buon pro vi facciano le righe che seguono.

È utile precisare che anche quando i duelli erano la regola per la composizioni delle liti d'onore, tutti gli ordinamenti statuali li vietavano, ma i codici che contemplavano il duello come delitto lo punivano con particolare clemenza attesa l'alta finalità sociale assolta dalla disputa cavalleresca. Anche oggi l'ordinamento italiano vieta e punisce il duello, tuttavia il codice penale italiano colloca i delitti di duello-detti anche cavallereschi fra i reati contro l'amministrazione della giustizia e non nel titolo dei delitti contro la persona. Dunque il legislatore non ha potuto esimersi dal fare qualche concessione al costume ed alle correnti valutazioni sociali, ponendo in essere per i duelli un trattamento d'indulgenza, il quale però è escluso allorché lo scontro armato non si svolga in conformità delle regole cavalleresche, che secondo parte della dottrina costituiscono un vero e proprio ordinamento giuridico non statale.
In Italia tale particolarissimo obbligo giuridico -non solo morale- discende da una precisa norma di legge: infatti l'art. 9 "Doveri attinenti al Giuramento" del Regolamento di Disciplina Militare (DPR 18 luglio 1986, n. 545, regolamento di esecuzione della legge 11 luglio 1978, n. 382) recita
  1. "Con il giuramento il militare di ogni grado s'impegna solennemente ad operare per l'assolvimento dei compiti istituzionali delle Forze armate con assoluta fedeltà alle istituzioni repubblicane, con disciplina ed onore, con senso di responsabilità e consapevole partecipazione, senza risparmio di energie fisiche, morali ed intellettuali, affrontando, se necessario, anche il rischio di sacrificare la vita.
  2. L'assoluta fedeltà alle istituzioni repubblicane è il fondamento dei doveri del militare". Si rifletta che questa previsione normativa è l'unica dell'ordinamento dello Stato che si arroga il potere di chiedere, se necessario, il sacrificio della vita. È l'altissima missione cui è preposto il militare che giustifica una norma così eccezionale, che trae la sua legittimità da un altro principio etico, quello formulato dal 1^ comma dell'art. 52 della Costituzione: "La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino". È l'unica occasione in cui è stato usato l'aggettivo "sacro" nella stesura della Carta fondamentale.
In verità questa affermazione è assolutamente aderente alla formula del giuramento che oggi prestano coloro che scelgono la via delle armi: "Giuro di essere fedele alla Repubblica italiana, di osservarne la Costituzione e le leggi e di adempiere con disciplina e onore tutti i doveri del mio stato per la difesa della Patria e la salvaguardia delle libere istituzioni". Una disciplina che nel previgente ordinamento disciplinare italiano (quello costituito dal Regolamento "indipendente" del 1964) si definiva la "costante abitudine all'obbedienza del soldato". Oggi, invece, con l'ordinamento introdotto nel 1978, l'obbedienza è divenuta "consapevole e partecipata" -con la disciplina è anche un fattore di coesione ed efficienza- e in deve essere "pronta, rispettosa e leale".


martedì 6 novembre 2012

Abolita la Conciliazione. Magistratocrazia italiana ?


E' passata praticamente in sordina, la notizia che ora vado a scriverVi.
Il 24 ottobre scorso, 2012, la Corte Costituzionale, con una clamorosa sentenza, poneva fine all'istituto della Conciliazione, detta anche Mediazione Giudiziaria. La motivazione è la seguente : “ne dichiara l'incostituzionalità per eccesso di delega”.
Ora molti di Voi sapranno che cos'è la Conciliazione, e quale grande beneficio avrebbe apportato non solo alla giustizia civile, per la quale è stata concepita, ma anche alla tormentata giustizia penale.
Inutile scriverVi della durata abnorme dei processi, tanto da porre l'Italia agli ultimi posti nella classifica dei paesi cosiddetti civili, prima probabilmente al Congo Belga o al Senegal. Durata abnorme e varie irregolarità, che ci hanno fatto guadagnare migliaia di provvedimenti di infrazione da parte della Corte di Strasburgo e da quella ancor più importante, sui Diritti dell'Uomo.
Praticamente in Italia, la giustizia non esiste ! E' una chimera.
La Conciliazione che era stata approvata con tanto di legge dello stato, andava proprio nella direzione del velocizzare e ottimizzare i processi e quindi l'amministrazione della giustizia stessa.
Che dire poi delle quasi mille imprese, (948 per la precisione), e degli oltre 40.000 mediatori, che avendo creduto in questo istituto, regolarmente approvato con legge dello stato, ripeto, avevano investito capitali e risorse in questo settore.
Tutto finito ! Tutto buttato all'aria, o meglio, nel cestino della spazzatura.
Lo stato un giorno si sveglia e Vi dice : “Signori abbiamo scherzato. E' stato un bluff “.
E un ringraziamento particolare vada alla magistratura.
In un periodo di chiari di luna come questo dove c'è sempre meno lavoro, i signori magistrati da 6000 Euro e più al mese, con una sentenza cancellano tutto e mandano a casa migliaia di persone. Bene, bravi, bis !
Vogliamo poi parlare del mancato gettito fiscale che la cessazione di queste 948 aziende e 40.000 mediatori comporterà alle casse dello stato ? Vogliamo poi parlare oltre che dell'impatto occupazionale negativo, di tutte le imposte mancate legate al dipendente ?
Guardate che la sentenza è clamorosa, non esclusivamente perchè distrugge posti di lavoro e imprese, ma anche e soprattutto per la sconfessione e l'implicita dichiarazione di incompetenza che la magistratura fa nei confronti dello stato.
E' mai possibile che lo stato approvi con una legge un istituto incostituzionale ? E che ci si accorga di questo dopo oltre 2 anni ?
Dov'è il corto circuito ? Dov'è la follia ?
Sapevo che gli OPG, (ospedali psichiatrici giudiziari), verranno aboliti nel 2013 ; ma probabilmente qualcuno a chiuso prima, liberando nell'ambiente circostante, tutti i suoi sgraditi ospiti.
Oppure stiamo assistendo ad una guerra senza esclusione di colpi tra magistratura e stato, oppure tra magistratura e tutto quello che non è magistratura. Certo perchè Silvio Berlusconi, fra le sue tante dichiarazioni a volte farneticanti, qualche volta può dire qualcosa di vero o verosimile : mi riferisco alla recente battuta sulla “Magistratocrazia”. Peccato che queste battute gli vengano dopo essere stato condannato.
C'è una lotta fratricida in seno allo stato ed alle istituzioni democratiche, o pseudo-tali, una guerra senza esclusione di colpi tra vari poteri, più o meno occulti, con tanto di fuoco amico e bombardamenti di civili, e quei civili purtroppo siamo noi.
Se è vero quello che si dice, che tra i due litiganti il terzo gode, questa volta, noi tutti, il famoso terzo, non godiamo per nulla.

domenica 4 novembre 2012

Modi di dire 12


Si dice . . . “ seminare zizzania “

Significa creare dissapori tra una persona e un'altra, far crescere rivalità tra fazioni. L'origine del detto sta nel Vangelo : “... venne il nemico e seminò la zizzania in mezzo al grano e se ne andò” Matteo, XIII, 24-30. La zizzania è un vegetale del genere Lolium, spontaneo e infestante con fiori a spiga rossa che cresce tra le messi. La sua pericolosità è nota fin dai tempi antichi, specie per l'alto potere intossicante. Infatti l'ingestione di farine contaminate da zizzania provoca emicranie, vertigini, vomito ed oscuramento della vista a causa di un fungo che invade la pianta durante lo sviluppo. E non è facile distinguere fra semi di frumento e quelli di zizzania.

Si dice . . . “ piangere lacrime di coccodrillo “

Vuol dire pentirsi in modo falso e tardivo di uno sbaglio commesso, in sostanza comportarsi da ipocriti. Il detto nasce dall'antica credenza popolare secondo la quale il grande rettile lacrimerebbe dopo aver divorato la propria preda come se ne fosse pentito. In realtà una secrezione di ghiandole avviene si, ma soltanto nei coccodrilli marini, le specie più grandi, e deriva dalla necessità dell'animale di eliminare i sali in eccesso nel corpo.

Si dice . . . “ raccontare la favola del tordo “

Vuol dire indurre una persona a badare non tanto all'apparenza di una cosa, quanto piuttosto alla sua sostanza. La frase si rifà ad un antico racconto popolare che narra di un giorno d'inverno in cui un cacciatore trovò le sue reti piene di tordi e si accinse pazientemente a staccarli uno per uno dopo aver schiacciato loro la testa, come era in uso nella caccia agli uccelli con la rete. Il freddo era talmente intenso che faceva lacrimare gli occhi del cacciatore. Nel vederlo uno dei tordi disse a un compagno : “Guarda, sta piangendo. Ha compassione di noi !” Ma l'altro ribattè : “Tu gli guardi gli occhi, guardagli piuttosto le mani !”

Si dice . . . “ essere al gancio “

Vuol dire sentirsi molto stanchi, essere quasi allo stremo delle forze. L'origine di tale espressione è sportiva, per la precisione è usata nel gergo ciclistico. Si usa dire infatti che un corridore “è al gancio” nel momento cui, durante lo svolgimento di una gara, costui riesce a malapena a restare accodato agli altri ciclisti che lo precedono, come se ne fosse rimasto al traino con un gancio ; non ha dunque la forza necessaria per aumentare la velocità e superare chi lo precede.

Si dice . . . “ mettersi in lizza “

Vuol dire mettersi in gioco, decidere di partecipare a una competizione, agonistica o figurata. Il termine medioevale lizza indica infatti un tipo di recinto di confine, chiuso da steccati o palizzate, di proprietà terriere o di castelli dove, in caso di assedio, i soldati montavano di guardia in epoca medioevale. Le lizze rappresentavano un rifugio per i combattenti dei tornei e le giostre di quell'epoca ed erano ufficialmente inserite nelle regole dei tornei come luogo dove ripararsi, riprendere fiato, bere e riposarsi. Proprio davanti a questi recinti, prima dell'inizio dei tornei, era consueto il raduno delle squadre o delle formazioni dei partecipanti.

Si dice . . . “ partire in tromba “

Significa prendere il via rapidamente, con uno scatto improvviso, e per estensione lanciarsi in un'impresa con grande entusiasmo e irruenza. Il modo di dire si associa ad altri come “superare in tromba”, ossia superare a tutta velocità. L'immagine di riferimento è al clacson dell'automobile, anticamente chiamato per l'appunto tromba d'auto, il cui utilizzo al tempo dei primi autoveicoli era molto più diffuso di oggi come avviso del proprio sopraggiungere ai pedoni e agli altri veicoli non a motore e quindi assai più lenti nello spostarsi.