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giovedì 26 maggio 2016

I segnali stradali inventati da Giuseppe Cascone.

Come vi avevo preannunciato nel post apripista di gennaio, “3 carabinieri morti e gli intrighi di Adria”, sono a pubblicare quella che si può definire la genesi del cancro: un dipendente del comune di Adria, che nell'assoluta indifferenza istituzionale, utilizza segnali stradali non contemplati dal codice della strada. Parlo di Giuseppe Cascone, ex facente funzioni di comandante dei vigili urbani di Adria e questi sono i famigerati segnali contro i quali è possibile presentare e vincere un ricorso. Buona lettura.

Tutto questo che vado a scriverVi, non sarebbe stato possibile se una brava persona come Francesco Pantano, collaboratore a tempo pieno del mio blog, non me lo avesse denunciato.
La mia fonte, ex comandante dei vigili di Adria, mi ha scoperchiato un piccolo vaso di Pandora di illegalità, omissioni, interessi privati e abusi commessi non, badate bene, da delinquenti abituali, bensì da uomini delle istituzioni pubbliche dello stato italiano.
Sono riuscito anche a interessarVi non poco su questa faccenda, con reazioni differenti. Chi totalmente indignato a pretendere giustizia e legalità a tutti i costi. Chi oramai rassegnato all'amara costatazione del fatto che l'Italia sia una non-repubblica fondata sull'illegalità, dove questa abbia preso completamente il posto della legalità.
Qualcun altro addirittura ha paragonato Adria alla contea di Hazzard, titolo dell'omonino telefilm americano anni 80', che vedeva i cugini Duke combattere quotidianamente contro gli abusi e i marchingegni ruba soldi escogitati da Boss Hoog, il sindaco, e da Rosco P. Coltrane, lo sceriffo capo della polizia locale.
Io posso solamente ringraziare Pantano che mi da la possibilità di scrivere questi fatti.
Non credo nella giustizia perché in Italia non esiste giustizia, ma mi interessa la verità. Abbiamo comunque un sogno, io e Pantano: la riapertura del caso sulla morte dei 3 carabinieri al passaggio a livello di Valliera.
Questa sarebbe una grande vittoria, non per noi e per le multe che ci hanno abusivamente obbligato a pagare, ma per quei 3 poveri ragazzi, ai quali la criminale incompetenza e negligenza di alcuni uomini, ha rubato la gioventù e la vita.

I segnali inventati
Parleremo prevalentemente di segnali prescrittivi nella fattispecie di “Divieto di sosta”. Ora l'articolo 53 del DPR 420 del 30/06/1959 sostituito dall'art. 115 del DPR 495 del 16/12/1992, stabilisce chiaramente che il segnale di divieto di sosta deve avere forma circolare. Ulteriori informazioni necessarie all'automobilista – definizione della validità dello spazio del segnale, precisazione sul significato del segnale, limitazione sull'efficacia del segnale a taluna categoria di utenti o per determinati periodi di tempo - devono essere
Segnale a Rosolina Mare
indicate sui cosiddetti “Pannelli integrativi”, applicati sul palo, sotto il segnale, articolo 34 del DPR 420, art. 83 DPR 495. Quindi ripeto, il segnale di divieto di sosta deve essere assolutamente di forma circolare e al suo interno non possono esistere ulteriori indicazioni.
Limitatamente a tre casi, il Ministero Lavori Pubblici, con idonee circolari datate 1965 (n. 10211), 1967 (n. 6490) e 1979 (n. 1270), autorizza l'inserimento del segnale circolare di divieto di sosta, all'interno di un rettangolo bianco. Nello specifico: passo carrabile, divieto di sosta ai mezzi non appartenenti a Poste e Telegrafi, divieto di sosta ai mezzi non appartenenti ai diversamente abili.
Solamente, e sottolineo solamente, in questi tre casi, il segnale circolare di divieto di sosta, può essere inserito in un rettangolo bianco. In tutti gli altri casi, il segnale di divieto di sosta deve essere sempre di forma circolare con pannelli integrativi.

Che cosa è successo ad Adria?
Dalla fine degli anni 70' Adria è stata invasa da segnali di divieto di sosta, circolari si ma inseriti in rettangolo bianco, con l'ulteriore applicazione di freccine indicative sempre all'interno del rettangolo, questo contravvenendo al C. della S. e a tutte le fonti giuridiche successive, che di fatto non le prevedono. Quindi Adria è stata invasa da segnali di divieto di sosta assolutamente fuorilegge.
Francesco Pantano individua il fautore di questa invasione e l'ideatore di questi segnali fuorilegge, proprio in Giuseppe Cascone che in quel periodo fungeva funzioni di “tuttofare” nei vigili urbani adriesi, sostituendo a tempo pieno il vecchio comandante Ugo Cacciatori ammalato.
Segnali fuorilegge tutt'ora presenti ad Adria in vicolo Marconi
Questi segnali fuorilegge furono l'origine della tensione tra Francesco Pantano e Giuseppe Cascone, tensione che provocherà il deterioramento dei rapporti dello stesso Pantano anche con l'amministrazione comunale adriese, per poi sfociare nella delibera 844 del giugno 87', dove Francesco Pantano viene di fatto rimosso dalle sue funzioni di comandante della Polizia locale, considerato un untore per loro, un funzionario “scomodo” per me. Ricordo che il comandante dei vigili e inamovibile, a meno che non sia un delinquente.
Quindi perché la rimozione del comandante Pantano? Semplicemente perché Francesco Pantano denuncia a tutti i livelli istituzionali, la presenza di questi segnali stradali inventati, i quali tra l'altro non consentono la riscossione di somme di denaro, poiché potrebbero essere oggetto di ricorsi che verrebbero inevitabilmente accolti, il tutto con grave danno economico per le casse comunali.
Ad ulteriore informazione potete leggerVi una raccomandata catalogata riservata, che l'allora sindaco Franco Grotto, invia al Ministero per il tramite di Cascone, dalla quale si evince la totale ignoranza dell'amministrazione comunale in materia segnaletica, clicca QUI. A questa raccomandata il Ministero non rispose, forse perché, ipotizza Pantano, non la mai ricevuta. Ma questa è un'altra storia e forse un altro post.
Il resto, compresa la questione della carenza segnaletica al passaggio a livello di Valliera dove muoiono i 3 carabinieri, o lo sapete già o ve lo andate a leggere nel mio post di gennaio, clicca QUI.
Qui ci occuperemo dei segnali fuorilegge e proveremo ad analizzare in maniera oggettiva la loro genesi e la loro applicazione, anche oggi, in parecchi comuni veneti ed addirittura friulani.

L'invasione di segnali inventati
Si perché, ironia della sorte, questi segnali inventati si trovano tutt'oggi sulle strade di molti comuni veneti e non. Pantano ed io ne abbiamo individuati ben 13 a Contarina di Porto Viro, 8 in C.so Risorgimento e 5 in via Marconi. A Taglio di Po, 4 in via Vallesella e 1 in via Trieste. A Rosolina città in centro e a Rosolina Mare – nota località turistica balneare frequentata da automobilisti di mezza Europa – ben 56 sparpagliati per quasi tutte le viuzze, via S. Antonio (5), delle Campanule (4), Torino (3), del Leccio (3), del Biancospino (6), dei Gabbiani (6) e via degli Aironi (5). Per non parlare poi dell'intero tratto Porto Caleri-Rosolina Mare dove ne abbiamo contati ben 23 sul lato destro della carreggiata; 2 addirittura proprio davanti l'ex caserma della Forestale.
Segnali fuorilegge davanti l'ex caserma della Forestale a Rosolina Mare
Non solo. I segnali inventati si trovano anche a Monselice, a Pontelongo e a Piove di Sacco, a Chioggia e a Sottomarina, (su tutto il lungomare lato ovest e non solo) e nella centralissima via Vittorio Veneto di Tarvisio, in Friuli.
Ma come mai questi segnali illegali si trovano in così tanti comuni?
La risposta esatta non siamo in grado di darla ma possiamo comunque ipotizzare che vi sia anche una responsabilità della società produttrice dei segnali. In che termini?
Ora vi dirò che sempre il DPR 495 e nello specifico l'articolo 77 comma 7, stabilisce che nel retro di ogni segnale stradale debbano trovarsi alcune informazioni e cioè: i dati dell'ente proprietario della strada, (comune, provincia ecc.), per i segnali di tipo prescrittivo – cioè il divieto di sosta – il numero dell'ordinanza e sempre, in ogni caso, il nome dell'impresa costruttrice del segnale compreso l'anno di costruzione.
Ora a parte il fatto che i segnali fuorilegge – ma anche quelli in regola purtroppo - sono doppiamente fuorilegge, perché nel retro raramente contengono le indicazioni citate sopra, ripeto e sottolineo, obbligatorie per legge, su quasi tutti siamo riusciti a individuare la ditta costruttrice e cioè l'azienda “Serenissima” che all'epoca si trovava a Montegrotto Terme e che ora si è trasferita a Tribano zona industriale di Padova, clicca QUI. Aggiungo che, in tutta Italia, le aziende costruttrici di segnali stradali regolarmente autorizzate dallo stato, sono pochissime, meno di 10, quindi immagino faranno affari d'oro.
Segnale fuorilegge in primo piano seguito da segnale regolamentare in secondo piano. A Rosolina Mare via Torino.
Ora torniamo parecchio indietro negli anni, stiamo parlando della fine degli anni '70, primi anni '80. La motorizzazione in Italia era ancora agli inizi e quindi la segnaletica stradale materia pionieristica. E' possibile che Giuseppe Cascone abbia dato indicazioni sbagliate all'azienda Serenissima e che poi questa, dietro richiesta di altri comuni che necessitavano proprio di segnali di divieto di sosta, abbia in assoluta buona fede ma con evidente leggerezza, fornito i famigerati segnali inventati da Cascone, considerandoli legali a tutti gli effetti.
Passando il tempo e riconoscendo l'errore, alcuni comuni li hanno rimossi, Adria in primis dopo il polverone alzato da Francesco Pantano, altri no, semplicemente perché nessuno ha mai denunciato l'illegalità.
Questo giustifica a nostro avviso la diffusione di questa segnaletica fuorilegge, che in alcuni comuni la fa praticamente da padrona e che in altri addirittura convive con i segnali corretti, come testimoniano le foto che pubblico.

Conclusione
Le istituzioni pretendono da noi il rispetto assoluto delle leggi, ed è giusto. Pretendo allora che esse stesse rispettino assolutamente le leggi dello stato. O sto chiedendo la Luna?
Francesco Pantano definisce la segnaletica stradale materia difficile, complicata, insidiosissima. Materia che andrebbe necessariamente gestita da tecnici specialisti ma che nelle nostre piccole realtà decentrate sono difficili da trovare. E allora tutto viene lasciato all'improvvisazione o nell'affidarsi ciecamente a strutture o aziende che dovrebbero, e sottolineo dovrebbero, avere le competenze necessarie, ma che poi , nella realtà dei fatti, non è così.
Segnale fuorilegge a Contarina di P.to Viro in C.so Risorgimento.
Certo il giudice Giuseppe Silvestre di Adria, sollecitato da 5 ricorsi presentati da Pantano, pur sottolineandone lo zelo, ha sentenziato che è un dato oggettivo il significato univoco del segnale “illegale”, che non può dare adito a ulteriori o contraddittorie interpretazioni e quindi va sempre e comunque rispettato.
Ma rimane aperta la questione del segnale illegale, non contemplato dal C. della S. e da nessun DPR successivo. Quindi l'illegalità rimane e deve essere sanzionata. A meno che l'illegalità non diventi legalità.
Aggiungo che il C. della S. e tutti i successivi DPR, art. 77 comma 5 DPR 495, “... vieta l'uso di segnali diversi da quelli previsti nel presente regolamento...”, ma è pur vero che sempre lo stesso DPR non prevede nessuna sanzione per l'ente inadempiente.
Per cui tanti comuni possono di fatto fregarsene del rispetto della norma, contando sulla quasi totale impunità.
Della serie “lo stato non si dà la zappa sui piedi” oppure “cane non mangia cane”.
Rimangono le persone oneste come Francesco Pantano, amanti della legge e della legalità, che continuano a credere e a combattere per questi valori da oltre 30anni ormai.
Io, con questi post, ho dato il mio piccolissimo contributo.
Attenzione: se volete presentare ricorso contro i segnali stradali illegali, io e Pantano vi offriremo assistenza in forma assolutamente gratuita, ma ricordatevi sempre di rispettare tutte le prescrizioni che i segnali stradali indicano.
Quello che avete letto fin d'ora non vi autorizza a non rispettarle; già l'automobilista italiano è il più indisciplinato d'Europa, se poi non rispetta nemmeno i segnali, le strade diventerebbero peggio di una giungla.


Links utili:

DPR 495 del 16/12/1992

Direttiva Ministero LL PP n. 6688 del 24/10/2000, Relazione tra cura della strada e incidentalità stradale, DA LEGGERE

Polizia municipale.it controversia sui cartelli rettangolari, interessante 
http://www.poliziamunicipale.it/forum/default.aspx?ida=3&idf=10&idt=2281

adnKronos dati mortalità stradale 2015



sabato 21 maggio 2016

Il testamento di Marco Pannella.

A rigore, la morte di Marco Pannella non dovrebbe fare notizia: capita che a 86 anni suonati e con una salute malandata come la sua, si lasci questo mondo. Però penso al lavorio intenso delle varie redazioni che, da ieri pomeriggio, hanno iniziato a lanciare la notizia. E penso alle saporose ricostruzioni che stamattina riempiranno le pagine dei giornali. Aspetto, inoltre, le immancabili biografie che affolleranno gli scaffali delle librerie da qui a qualche settimana, in ossequio alla vena necrofila della nostra editoria. Già: ora ci si accorge che Pannella,
pensionato di lusso e quasi cariatide, è stato un importantissimo pezzo della nostra storia contemporanea. «Non ha avuto riconoscimenti adeguati», ha dichiarato la sua affezionata seguace Emma Bonino. Ma siamo sicuri che sia così? Lo scomparso Pannella ha cavalcato alla grande la sua vocazione minoritaria. Avesse fatto parte del “club dei potenti” della Prima Repubblica sarebbe stato il classico signor nessuno. Ma cosa significava avere una vocazione minoritaria (ed elitaria, a tratti prossima allo snobismo), nell’Italia di allora? Significava riprendere e aggiornare gli spunti più significativi della cultura laica e liberale, ridotta dalla cultura di massa dell’epoca a un’eredità polverosa e prossima ad ammuffire. E le battaglie dei radicali per i diritti civili, di cui hanno profittato più o meno tutti, soprattutto chi vi si opponeva, hanno svecchiato non poco la nostra società. A rivedere quegli anni alla moviola, ci si può accorgere quanto sia stato importante il “pannellismo”: ha contribuito a civilizzare la sinistra, sganciandone una parte dal culto acritico dell’operaismo e inoculandovi la passione per la libertà; ha sedotto persino una fetta della destra, costringendola a riflettere in maniera seria su certe posizioni conservatrici che rischiavano di finire nella caricatura; ha propagandato il garantismo, ma con classe e al di fuori delle becere logiche impunitarie della classe dirigente odierna; ha contribuito a recidere certi fastidiosi cordoni ombelicali che legavano la cultura politica dominante alle dottrine totalitarie; ha canalizzato gli impulsi più sani del ’68 e li ha messi a disposizione della stragrande maggioranza degli italiani. Non è stato davvero poco. Soprattutto se si pensa che gli eredi legittimi di quella tradizione laica che Pannella interpretò alla grande, cioè il Pli e il Pri, erano prossimi all’imbalsamazione e barattavano le proprie nicchie elettorali con dividendi di potere all’ombra confortevole dei partiti-chiesa. Certo, il “pannellismo” ha avuto anche la sua nemesi. Rivoluzionari in piazza, i radicali sono diventati reazionari in salotto e si sono dispersi in mille rivoli. I migliori hanno contribuito a civilizzare Forza Italia e il Pd. Altri hanno girovagato in cerca di successi effimeri: è stato il caso di Rutelli e Capezzone.
L’ultima volta che vidi Pannella fu poco più di tre anni fa, quando ne seguii un intervento come cronista. Era ospite di una manifestazione organizzata dall’ex Pdl: tra il pubblico c’erano fior di politici pieni di conti in sospeso con la giustizia che avevano trasformato il suo garantismo in un insulto e sembrava un sopravvissuto. Non solo ai gloriosi anni ’70, non solo ai tanti scioperi della fame e della sete, non solo alle troppe battaglie, ma soprattutto a sé stesso. «Ormai è arrivato», sentii dire a qualcuno. E quel qualcuno non aveva torto: è fatale che i vecchi pionieri diventino obsoleti quando le loro aspirazioni si realizzano.
La verità, forse, è che oggi non c’è più bisogno di radicali: la loro battaglia sul divorzio, ora che il nuovo diritto di famiglia ha quasi abrogato la famiglia legittima, è anacronistica; la loro difesa delle minoranze risulta pletorica, adesso che qualsiasi minoranza chiassosa (a partire da quella gay) riesce a farsi valere a dispetto di tutto, soprattutto del buon senso; la loro lotta per la liberalizzazione delle droghe leggere è addirittura superflua visto che oggi è più facile procurarsi una non leggerissima pasticca che una canna. Il libertarismo vagheggiato a lungo è realtà o quasi. Adesso ci vorrebbe un anti-Pannella che ricordi a tutti l’importanza delle solidarietà e dei diritti sociali. E che, magari, faccia capire che la libertà non può essere l’anticamera della solitudine e la scusa per lo sfruttamento. Un anti-Pannella che faccia tutto questo con la stessa arguta intelligenza e con lo stesso garbato carisma.
Il vecchio leone (della libertà e non della democrazia, checché ne pensi Renzi) lascia un vuoto e una lezione che i liberali e i laici non sono riusciti a metabolizzare. Lascia, in particolare, un bel ricordo, soprattutto in chi, su tante, troppe cose, la pensava diversamente da lui. E, ciononostante, ha sempre avuto la lucidità di capire che tra un radicale e un radical-chic c’è una differenza immensa. Questione di classe: lui era un gattopardo. Ora ci restano i tanti sciacalletti e jene che cercano di scimmiottarlo fuori tempo massimo.


Saverio Paletta

domenica 1 maggio 2016

Orizzonte rosa. Le mie incoerenze di madre.

"Stai composto!" "Saluta!" "Ringrazia!" "Chiedi scusa! Solo i forti sanno farlo!" "Metti in ordine la tua stanza. La sciatteria va combattuta, come i virus e gli zombie" "I videogiochi rincitrulliscono" "Con il sole non puoi metterti gli stivali da pioggia, anche se li ami" "Se prendi un impegno deve rispettarlo" "Leggere è importante, oltre che bellissimo" "No, non potete saltare la doccia" "Bisogna mangiare frutta. Tutti i giorni. E le gelatine al limone non valgono" "Non fare il furbo! Non sopporto i furbi".
Io sono un grillo parlante, con deprimenti derive autoritarie e poliziesche. E pensare che io, quell'insetto petulante e saccente, lo detesto. Lui si è impossessato di me nell'aprile del 2003, quando sono diventata mamma la prima volta. Ha trovato asilo nella mia testa e nella pancia e si è fatto largo, gaudente e protervo parassita.
Il problema è che i figli bisogna educarli, arginarli, guidarli e talvolta reprimerli. Fa parte dell'arduo, a volte, ingrato compito dei genitori. Per diventare adulti per bene, i piccoli selvaggi hanno bisogno di noi, affettuosi, accudenti e presenti, ma anche di noi grilli parlanti, solerti, ossessivi e dirigisti.
Sarà la storia della trave e della pagliuzza che un giorno ci raccontò la maestra Irene, in prima elementare, lasciando un solco indelebile e nefasto nella mia formazione. O forse l'ambizione di predicare e razzolare nello stesso verso. Fatto sta che ultimamente io, adulta, vaccinata e incidentalmente ma necessariamente saputella, mi domando se e quanto sono coerente con ciò che mi ostino a predicare. E mi chiedo dove cado, vittima delle mie contraddizioni, delle mie incoerenze, delle mie debolezze e della mia sciatteria etica.
Iniziamo con le virtù. Dico grazie, spesso e volentieri, con riconoscenza e stupore. Perché sono convinta che la gratitudine sia un'arte in via di estinzione, da coltivare con cura e consapevolezza. Evito accuratamente i videogiochi. Non perché li consideri diseducativi, ma perché soffro di dipendenze e potrei entrare in un tunnel senza fine. Mi lavo, con frequente entusiasmo, più per piacere personale che per rigore igienico. Sono afflitta da un certo calvinismo iperproduttivo e bacchettone, che fa di me un irrecuperabile e triste workaholic ma che, se non altro, mi porta a rispettare gli impegni.
Leggo, anche se meno di quanto vorrei, non indosso stivali da pioggia anche se la tentazione è quotidianamente molto forte, mangio frutta e persino verdura. E poi non fumo, non mi ubriaco, non mi drogo e non ho neppure un toy boy. Veniamo ora ai vizi, quei buchi neri di nequizia e incoerenza che, se mai confessati alla prole, manderebbero in frantumi anni di onorata carriera di grillo parlante.
Sono sciatta e disordinata. Se seguissi il mio cuore, abbandonerei il pigiama sul pavimento la mattina, il letto sfatto e il dentifricio aperto. Considero il piegare gli indumenti un'attività inutile e frustrante e spesso appallottolo mutande, calze e persino pantaloni e li lancio nell'armadio con enorme gusto.
Quando nessuno mi vede, mi siedo a tavola tutta storta, a volte mangio con le mani, e quando sono da sola, faccio un sacco di briciole sul divano, guardando programmi trash, e proibiti ai miei figli, alla televisione. Dico parolacce. Non troppe e non spesso ma con enorme e liberatoria soddisfazione. Sono vittima delle lusinghe del cioccolato, dello shopping compulsivo e voluttuario e del corso in palestra di cardio pump, ma solo perché l'istruttore somiglia al cantante cappellone degli One Direction. Detesto le telefonate di cortesia e a Natale e a Pasqua non faccio gli auguri a nessuno.
Forse dovrei calare la maschera ed essere onesta con quei tre maschi che si illudono di aver una madre integerrima, seppur pedante. Ho pensato che, per coerenza, potrei istituire il giorno della libertà, o dello sbraco. In cui essere se stessi, senza pudore né freni. Ma ho cambiato idea. Loro non sono pronti. E nemmeno io.