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venerdì 28 febbraio 2014

Viagra delle mie brame, chi è il più macho del reame ?

Era il 1998 quando fu lanciato sul mercato il Viagra, che ha segnato l'inizio della fine di un grande tabù, quello dei problemi sessuali maschili.
In questi 15 anni se ne è parlato è discusso tanto. Tra campagne di informazione, siti Internet e persino film… Come in "Tutto può succedere", dove Jack Nicholson, ricoverato in ospedale dopo un malore, deve ammettere di aver preso il Viagra. "La richiesta di consultazione andrologica per l'impotenza negli anni è aumentata" afferma il professor Giorgio Franco, presidente della SIA, Società Italiana di Andrologia.
Le malattie che più spesso provocano l'impotenza sono quelle di origine vascolare, come l'aterosclerosi, l'ipercolesterolemia e l'ipertensione. Infatti, causano una cattiva circolazione del sangue in tutto l'organismo, compreso il pene. A essere responsabile del deficit erettivo può essere, inoltre, l'assunzione di alcuni farmaci, quali gli antidepressivi che interferiscono con la trasmissione degli impulsi nervosi al pene. In sostanza, l'uomo prova desiderio sessuale, ma non riesce ad avere l'inturgidimento. Anche il diabete danneggia i nervi responsabili dell'erezione.
I farmaci.
I principi attivi sono tre, si chiamano sildenafil, il primo arrivato e per questo il più famoso, tadalafil e vardenafil. Hanno in comune il principio di funzionamento. "Potenziano l'azione dell'ossido nitrico, la sostanza che provoca la dilatazione delle arterie del pene" afferma il professor Vincenzo Mirone, segretario generale SIU, la società che riunisce gli specialisti in urologia, e professore di urologia all'Università Federico II di Napoli.
"Questi benefici, però, si ottengono solo quando scatta nel cervello il
desiderio e non in maniera puramente meccanica".
Le cure per la disfunzione erettile sono indicate per la forma organica, ma possono essere di supporto anche in caso di forme psicogene ; in ogni caso, sono in grado di curare oltre l'85% dei pazienti.
La principale controindicazione è che la persona prenda farmaci per il cuore a base di nitrati, perché si potrebbe scatenare un pericoloso crollo della pressione. Per quanto riguarda gli effetti collaterali, che interessano un uomo su dieci, i più comuni sono mal di testa e vampate di calore al volto.
Sildenafil
E' disponibile in due versioni. La classica si assume un'ora prima del rapporto sessuale ed è efficace per quattro-sei ore. La più nuova è rappresentata da una formulazione orodispersibile, che si scioglie in bocca : inizia a essere efficace dopo circa 12 minuti e ha una durata d'azione di otto-dieci ore.
Tadalafil
Chiamata la pillola del weekend, comincia a farsi sentire mezz'ora dopo l'assunzione e ha una durata di 36 ore, il tempo giusto di un fine settimana. Sempre lo stesso principio attivo è disponibile anche in una formulazione giornaliera, da prendere cioè tutti i giorni.
Vardenafil
Va preso 20-30 minuti prima della rapporto sessuale e rimane in circolo per quattro-otto ore. È disponibile anche in versione orodispersibile, cioè da sciogliere sulla lingua, circa 20 minuti prima della rapporto sessuale e rimane attivo per otto-dieci ore.


Oggi queste sostanze vengono prescritte anche dopo un intervento di asportazione della prostata per un tumore. Si tratta di una terapia riabilitativa, una sorta di “ginnastica vascolare” che, grazie a un maggior afflusso di sangue provocato dal farmaco, consente di evitare la fibrosi del pene.
Recenti ricerche scientifiche hanno evidenziato il legame tra disfunzione erettile e disturbi urinari causati dall'ingrossamento della prostata. "In circa sette casi su dieci questi due problemi hanno un meccanismo comune", aggiunge il professor Mirone. "Con tadalafil nella formulazione giornaliera, è possibile avere dei benefici".
In uno studio recente, i pazienti che hanno seguito una cura con tadalafil e finasteride, sostanza prescritta in caso di prostata ingrossata, hanno visto migliorare i loro i disturbi, nonché la vita sessuale.
Per tutti i farmaci anti-impotenza è obbligatoria la ricetta medica. Si consiglia di rivolgersi a uno specialista in urologia o in andrologia. "La visita consiste in un esame clinico del pene e dei testicoli" spiega il Mirone. "Poi, viene richiesta un'analisi completa del sangue e delle urine". Successivamente, vengono eseguiti degli esami che valutano la componente vascolare dell'erezione, le erezioni notturne e i livelli degli ormoni sessuali.
Quando viene la voglia di fare l'amore, determinata dal testosterone, nell'uomo entrano in azione i mediatori, tra cui riveste un ruolo importante la dopamina. Si attivano così i centri nervosi che determinano tutta una serie di eventi che culminano con l'erezione.
In pratica, una maggior quantità di sangue arriva ai “corpi cavernosi”, due strutture spugnose all'interno del pene, che in tal modo, si gonfiano e determinano l'aumento delle dimensioni del pene. Tale meccanismo è controbilanciato dalla chiusura delle vene, che impedisce al sangue di defluire e consente di mantenere l' erezione fino all'orgasmo. A volte, però, questo processo non avviene.
No al fai-da-te.
L'arrivo della pillola blu ha portato con sé gli acquisti on-line di farmaci contraffatti, con rischi per la salute. Non solo, infatti, possono contenere dosaggi inferiori di principio attivo, ma anche sostanze tossiche e inquinanti. Attenzione poi : in Italia è vietato per legge l'acquisto in rete di farmaci.

Cinzia Testa




Dedicato ai maschietti di tutte le età : www.pianetauomo.eu

martedì 11 febbraio 2014

Il sogno e i suoi simboli.

A questo punto del nostro discorso ci troviamo alla fine di quella retta
che si avvolge in cerchio e che rappresenta idealmente il tentativo di penetrare nel mondo onirico.
Come dicevamo all'inizio, il sogno è l'esperienza più soggettiva e irripetibile che esista: nessuno può assistere al sogno di un altro né ripetere i propri. Inoltre il sogno è trasmissibile soltanto attraverso la mediazione delle parole che usiamo per raccontarlo.
Quale che sia il valore che vi si attribuisce, il punto di vista da cui si intende esaminarlo, la collocazione che si voglia dargli, il sogno sfugge a un'indagine oggettiva, incontrovertibile, "certa", un'indagine che ottemperi alle esigenze della verifica.
Altrettanto può dirsi della sua interpretazione, che, applicandosi a un soggetto sfuggente, non può che essere ambigua, o perlomeno molteplice. L'interpretazione tuttavia costituisce, dal tempo dei tempi, la motivazione per cui svegli ci si accosta al sogno.
Dalle antiche chiavi dei sogni alle più recenti analisi del profondo, l'interpretazione cerca di stabilire un nesso tra le immagini oniriche e la realtà diurna. Poiché i due mondi hanno una dimensione, una struttura del tutto diverse, seguono leggi antitetiche e contraddittorie, il tentativo di equipararle risulta arduo.
L'interpretazione, anche se accorda il massimo spazio all'individualità del sognante, si basa su delle concezioni generali che ne condizionano il responso. All'epoca di Artemidoro si chiedeva ai sogni di predire il futuro, oggi li si interroga per scrutare i segreti del passato e dell'inconscio. Non ché l'interesse per le loro possibilità divinatorie sia scomparso, anzi, ma è perlopiù visto come un retaggio di superstizioni da rifiutare, in nome di una razionalità altrettanto rigida delle credenze che si propone di combattere.
Del resto, a ben pensarci, questo mutamento di direzione, verso l'ieri invece che verso il domani, e meno contraddittorio di quanto sembra. Senza arrivare a sostenere che il futuro non esiste, la sua correlazione con il passato è implicita nella vita e nella nostra concezione del tempo. (Agostino diceva che "Non esistono propriamente parlando tre tempi, il passato, il presente e il futuro, bensì soltanto tre presenti: il presente del passato, il presente del presente, il presente del futuro")
per quanto riguarda i sogni, mi sembra che essi rappresentino in modo emblematico il sopraccitato concetto : quando li si usa a scopo divinatorio si proietta il passato verso il futuro, (qualsiasi previsione deve tener conto della situazione precedente), se invece si chiede alle immagini oniriche di illuminarci sul passato se ne ricavano implicitamente delle indicazioni su ciò che il futuro ci riserva, (una più ampia conoscenza del passato modifica il modo di porci rispetto al domani).
Tornando all'interpretazione, tra le difficoltà si che si presentano emerge quella, sottolineata più volte nel corso di questo libro, riguardante i simboli, (i sogni si esprimono con dei simboli e i simboli sono altrettanto ambigui dei sogni). La definizione "un simbolo è un qualcosa che sta al posto di qualcos'altro", non ci aiuta granché a chiarirli. Se invece pensiamo che sono un'esperienza comune possiamo forse afferrarne il senso.
Ognuno di noi, consapevole o meno, usa e produce simboli. Gli usa quando parla, il linguaggio è un sistema codificato di simboli; quando traspone delle esperienze sensoriali in richiami, idee o sentimenti, un luogo dove, per esempio, sia capitata un'esperienza negativa diventa il simbolo di quello stato d'animo, anche se, ovviamente, il luogo in sé mantiene delle caratteristiche neutre; quando infine riscopre motivazioni arcaiche o archetipiche, preesistenti alla sua personale esperienza.
La produzione dei simboli si dà ogni qualvolta il processo immaginativo, proprio di ogni essere umano, entra in funzione, promuovendo la creatività, le fantasticherie, i sogni. Si dirà che la creatività, intesa come realizzazione di un'opera d'arte, di pensiero, di scienza, non è cosa da tutti, ora c'è una creatività che tutti posseggono, che si manifesta nella quotidianità della vita, nel modo di porsi rispetto a essa, poco importa quanto sia corrivo o modesto l'argomento da cui si diparte.
I simboli, che la nostra psiche produce, si collegano inoltre all'ambiente, alla società di cui facciamo parte. E', per esempio, del tutto improbabile che nei sogni di chi è vissuto due secoli or sono apparissero aerei o computer, mentre è normale che essi si presentino nelle immagini dei nostri. Gli studi antropologici e etnologici hanno del resto messo in luce ciò che Bastide chiama "il retroscena del sogno", per cui il sognante si ispira al più vasto scenario delle rappresentazioni collettive che la civiltà in cui vive li offre. Questa incidenza e un ulteriore fattore di cui tener conto nell'interpretazione dei simboli in generale e di quelli onirici in particolare.
L'interpretazione dei simboli presenta dunque delle difficoltà non dissimili all'interpretazione dei sogni. Se gli si analizza da un punto di vista strettamente razionale, si finisce con il comprimerli in schemi che li snaturano. Ciò non significa tuttavia che i simboli siano privi di una logica interna, di una loro precisa connessione evocativa e analogica. Sarebbe perciò altrettanto errato estendere le concatenazioni che se ne possono derivare oltre al loro effettivo contenuto. Anche le concatenazioni meccaniche per cui partendo, mettiamo, da filo si arriva a fecondità (filo-erba erba-prato prato-mucca mucca-vitello vitello-riproduzione, riproduzione-fecondità), ne alterano lo spirito, quindi la risonanza che suscitano in noi. "Analizzare intellettualmente un simbolo" come ha detto con una brillante metafora Pierre Emmanuel "significa pelare una cipolla per trovare la cipolla. Non si può apprendere un simbolo per riduzione progressiva di ciò che non gli appartiene; esso esiste solo in virtù del contenuto sfuggente che gli è proprio. La conoscenza simbolica è una e indivisibile, può avvenire soltanto attraverso l'intuizione di quell'altro termine che essa significa e che nasconde allo stesso tempo".
C'è infine un ulteriore trappola che i simboli ci tendono: proprio perché
richiedono un'interpretazione intuitiva, può accadere che l'interprete vi immette la sua personale visione della vita, la sua esperienza intellettuale, la mentalità del suo tempo, gonfiandoli o sgonfiandoli a suo arbitrio. E ciò che talvolta succede nell'interpretazione dei sogni quando "si vogliono far tornare i conti".
È accaduto agli antichi oniromanti che dovevano far quadrare le immagini oniriche con i fatti che si supponeva si annunciassero. Il vaticinio di Aristandro, che pronosticava la vittoria di Alessandro Magno, di cui abbiamo detto, è uno dei numerosi esempi.
Accade oggi agli psicoanalisti, accadde allo stesso Freud, quando attribuiscono un valore univoco alle immagini che hanno, per esempio, forme concave o convesse, collegando le prime all'organo sessuale femminile e le seconde a quello maschile. Un treno o un coltello non rappresentano necessariamente la virilità; una porta o una conchiglia non indicano pulsioni obbligatoriamente muliebri. La trappola sta, in questo caso, nella rigidità dell'impostazione che, per quanto riguarda Freud, abbiamo visto incentrarsi sulle pulsioni sessuali e sulla loro rimozione, ma che si ripete, sia pure in altre direzioni, nella concezione di Adler che enfatizzano la volontà di potenza, o in quella di Rank che privilegiò il trauma della nascita.
Queste interpretazioni, come le numerose proliferate dal ceppo freudiano, mutilano o esaltano un particolare aspetto dei simboli, riducendo nello spirito la risonanza di cui si diceva più sopra.
A questo punto verrebbe da chiedersi se, viste le difficoltà che l'interpretazione presenta, non sarebbe più semplice rinunciarvi, abbandonando i sogni nel limbo della dimenticanza. Ma perché ignorare i sogni significherebbe abbandonare una parte di noi stessi, come affermare che la consapevole sia la più importante?, E poiché dei sogni ci giungono messaggi altrimenti irrecuperabili, messaggi che indicano insospettate intuizioni, possibili alternative, crediamo che la loro interpretazione, come ci sembra risulti dalla storia del sogno proposta in questo libro, sia un inderogabile, archetipica esigenza.
Chi condivide quest'idea, si trova tuttavia a dover risolvere un ulteriore problema: come dipanare i messaggi onirici? Come distinguere tra le molte immagini quelle significative? Dove trovare una guida? A chi rivolgersi? A chi chieder lumi?
Poiché, al giorno d'oggi, gli interpreti qualificati che non siano psicoterapeuti sono praticamente scomparsi, e' ad essi che bisogna rivolgersi. Dallo psicologo o dall'analista ci si reca, tuttavia, solo nei casi in cui si sia afflitti da turbe patologiche o, in preda a gravi crisi depressive, difficilmente per il semplice desiderio di scoprire il significato dei propri sogni. Benché personalmente sia del parere che l'indagine psicoanalitica, applicata alle persone sane e cosiddette “normali”, si dimostrerebbe positiva e giovevole, (per identificare i
molteplici risvolti della personalità e cercare di armonizzarli, per prevenire il manifestarsi di conflitti, per ampliare e compensare l'unilaterale immagine che abbiamo di noi stessi), l'ingiustificata ma diffusa diffidenza verso queste terapie, la possibilità di un loro uso improprio, le mode che, specie recentemente, vi si sono sovrapposte, le confusioni dovute ad un'inadeguata divulgazione, nonché l'impegno, anche economico, che esse richiedono, costituiscono degli ostacoli tanto più resistenti quanto più forte è la vischiosità dei pregiudizi che li motiva.
Se escludiamo le chiavi dei sogni che, come abbiamo più volte ripetuto, nella loro interpretazione generalizzata e frammentaria non permettono di collegare i contenuti onirici con la specifica personalità del sognante, le alternative non sembrano molte.
Tra queste ce n'è una che andrebbe, a mio avviso, tenuta in maggior conto di quanto generalmente si faccia, ed e' l'auto-interpretazione. Pur non raccogliendo il favore degli addetti ai lavori per i suoi evidenti limiti, l'auto-interpretazione, se usata con le necessarie cautele, potrebbe, a mio avviso, essere uno strumento per intendere almeno una parte del messaggio onirico, soprattutto per impedire che esso sfugga alla memoria della mente vigile. Ricordare i sogni è il primo passo per dar loro uno spazio, per porsi dalla parte dell'inconsapevole, per accogliere la poesia involontaria che essi racchiudono.
Per tentarla bisogna tuttavia avere ben chiaro che essa non può in nessun caso essere terapeutica, non può cioè sanare processi patologici, né risolvere nevrosi, blocchi o censure.
L'auto-interpretazione non è un'alternativa all'indagine psicoanalitica. Può essere, per l'appunto, un processo ausiliario adatto a nutrire l'immaginazione, ad ampliare il potenziale creativo, una possibilità di affacciarsi sul ciglio di quell'ignoto, di quell'altro di noi che i sogni ci segnalano.
In questo senso va letto il glossario di simboli proposti in appendice. Si tratta di un elenco tutt'altro che completo da cui abbiamo escluso le immagini oniriche che si configurano in forma di persone, la cui interpretazione non può prescindere dal vissuto, dunque dal colloquio con il sognante, nonché gli archetipi della madre e del padre che per l'ampiezza dei contenuti richiederebbero un volume a parte.
L'elenco inoltre non arrischia e non pretende di dare una spiegazione dei sogni, né tantomeno una casistica delle loro molteplici implicazioni. Si limita al tentativo di individuare il rapporto tra i simboli e le immagini oniriche.
Così, per esempio, se sogno un leone, questo leone non ha né può
avere lo stesso significato del leone sognato dal mio vicino o da altre innumerevoli persone. Tuttavia, è innegabile il significato simbolico che mantiene in tutti i sogni.
Compito dell'interprete sarebbe dunque di mediare il significato dei due leoni: il simbolico il soggettivo, o, meglio, rifarsi al simbolico per comprendere il soggettivo.
Interpretare i sogni vuol dire comprenderli. E per comprenderli dobbiamo trovare un punto di contatto tra la forma che il pensiero assume nel sogno e quella che esso ha nello stato di veglia. Le immagini che il nostro io notturno produce, per quanto incongruenti e bizzarre, provengono dalla medesima mente che di giorno segue tutt'altri meccanismi. Questo punto di contatto, non potendo collocarsi nella realtà, va cercato nella trasposizione simbolica, che, come abbiamo più volte ripetuto, non determina ma sollecita, suggerisce, evoca.
Ecco allora che l'ombra, il doppio, l'inconscio, gli abissi e le vette della nostra psiche possono arricchirsi di un materiale che altrimenti andrebbe perduto.
Rivivere un sogno con la stessa emozione che si è provata sognandolo, per riconoscervi una parte di sé, assumerne il messaggio è il miglior modo, forse l'unico, per raccoglierlo e comprenderlo.
Nei sogni accade un qualcosa che la nostra mente stenta a capire: per quanto siano soggettivi, i sogni contengono il richiamo, sovente la rivisitazione, di idee, percezioni, esperienze comuni a tutti gli esseri umani. Sembra quasi che gli archetipi per passare attraverso il canale dell'io individuabile, un canale forzatamente angusto, debbano restringersi, adattarsi alla personalità del singolo, per poi dilatarsi di nuovo nel sogno, nell'immaginazione creativa che gli è propria.
Questa potrebbe essere una delle ragioni per cui il sogno presenta quel grande gioco del rovescio, (i santi sognano i diavoli, i saggi anche le sciocchezze, i criminali non solo i delitti, i galantuomini anche malvagità), un gioco che conferma la dialettica degli opposti di cui è fatta la vita.


Serena Foglia da “Il sogno e le sue voci”, Rizzoli.

domenica 9 febbraio 2014

Contadini per un mondo migliore.

Non sono tanto sorpreso dal boom di iscrizioni alle facoltà di Agraria. Perché è evidente che tra le nuove generazioni c'è qualcosa che sta cambiando nell'attenzione al cibo e nei modi di produrlo.
Lo stesso incremento di domande per i test d'ingresso lo registrano all'università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (CN) e, dopo aver fatto da apripista nel 2004, notiamo che anche altri atenei moltiplicano i corsi in questa nuova materia, che riteniamo complessa e insegniamo ricorrendo a una forte interdisciplinarietà.
Non credo sia solo la crisi a spingere verso una rivalutazione dei mestieri legati alla terra e alla produzione di cibo. Forse i tempi difficili sono stati una miccia, ma è da anni che noto come i giovani abbiano sviluppato una diversa sensibilità riguardo ai temi della sostenibilità, delle produzioni alimentari buone, pulite e giuste, del lavoro manuale.
Nel 2009 feci un tour di conferenze in tre prestigiose università negli Usa - Yale, Princeton e Harvard - non certo note per formare dei futuri agricoltori, ma chiesi ogni volta all'auditorio chi tra quei ragazzi avesse preso in considerazione un ritorno alla terra dopo la laurea. Sorprendentemente almeno un 10% di studenti alzava la mano, e lo faceva convinto. Lo stesso anno feci l'esperimento in una facoltà italiana di Agraria e la percentuale fu ben più misera.
Ma in quattro anni, evidentemente, quella tendenza cresciuta prima negli Stati Uniti è arrivata anche da noi. E non ci vuole molto ad accorgersi che siamo un paese che dal punto di vista agricolo e alimentare, offre delle opportunità incredibili a chi voglia cimentarsi in tali mestieri. La cosa migliore, poi, è che quelli che torneranno a fare i contadini, gli artigiani del cibo, i pescatori, gli affinatori di formaggi, i mastri birrai saranno dei laureati. Una novità, perché non si tratterà di andare a fare la vita grama dei loro avi : nessuna nostalgia dei bei tempi antichi, ma una botta di modernità che, questa sì, sorprenderà molti.
Questi giovani, una volta all'opera, sanno mescolare il rispetto e lo studio della tradizione con le nuove tecnologie dei tempi globalizzati, aggiungendo una dose di creatività inimmaginabile da chi si ferma ai vecchi stereotipi legati alla vita del contadino. Fanno ben sperare, per una rinascita dei valori del cibo che non sarà solo italiana, perché già spazia dall'avanzata e industrializzata America fino alle università africane.
Studiano gastronomia, fanno gastronomia per diventare i contadini e gli artigiani del futuro, saranno più felici e miglioreranno un po' il mondo.

Carlo Petrini



giovedì 6 febbraio 2014

I soldi sono "balsamici".

Balsamo per l'anima : frasi come queste sono frequenti e rimandano non tanto al noto sapore dell'aceto, quanto alle sue proprietà lenitive e di guarigione. Queste sue doti, venivano già decantate nel 12º secolo dai commensali e, ancora oggi, sono estremamente attuali. È stato riferito che una volta, un ospite del duca di Canossa cadde in estasi su un piatto sul quale troneggiava l'aceto balsamico e disse: "Questo non è aceto, è un farmaco benefico".
La prima testimonianza scritta sull'aceto balsamico la troviamo in un'opera di Donizone, monaco benedettino vissuto fra l'11º e il 12º secolo, che racconta della visita dell'imperatore Enrico II alla città di Piacenza. In tale circostanza il re fece richiesta al marchese Bonifacio di Canossa, padre di Matilde, del tanto decantato aceto balsamico del quale aveva già sentito parlare numerose volte. Questo avvenimento venne riportato nella biografia di Matilde e rimase così impresso nella storia. Il fatto che lo stesso castello, luogo della visita, fosse diventato famoso trent'anni più tardi per il celebre Sentiero Matilde, potrebbe aver contribuito a creare l'immagine mistica del balsamico.
Anche l'impegno dei soci delle cooperative di Reggio Emilia, di Scandiano e del Ducato di Este, nel mantenere segreto il processo di produzione ha probabilmente contribuito a crearne il fascino.
Il balsamico tradizionale per tutto il Rinascimento è sempre stato parte integrante dei principali banchetti reali di tutta Europa e orgoglio dei padroni di casa. Più tardi, durante il 19º secolo, in alcune regioni venne addirittura considerato una sorta di forma di denaro, come emerge dagli elenchi delle doti di questo periodo. A quel tempo, infatti, nel caso di un'unione in matrimonio tra nobili, era necessario che il padre della sposa ne cedesse in dono alcuni barili.
Nel 1630, durante la peste, l'aceto veniva usato per evitare il contagio, per i gargarismi o contro l'aria infetta, facendone cadere alcune gocce sulle braci del camino.
La tradizione popolare vuole anche che l'aceto balsamico fosse un afrodisiaco e si ritiene che a sperimentarne tale virtù fu Isabella Gonzaga, nobile mantovana. Un secolo più tardi fu invece il famoso Giacomo Casanova a sfruttarne i magici effetti.
La regione di origine dell'aceto balsamico e la provincia di Modena ed è per questo che spesso viene venduto sotto il nome di aceto balsamico di Modena. Ne esistono in particolare due tipologie, normale e tradizionale, che si differenziano per prezzo e produzione. Il primo è la versione a largo consumo e viene offerta sul mercato a prezzi contenuti. L'aceto balsamico tradizionale è invece più raro e costoso a causa del pluridecennale procedimento di affinamento in botticelle di volta in volta più piccole, che permettono quindi un prelievo molto modesto.
Vi sono poi due ulteriori differenti classificazioni all'interno di quest'ultima categoria in base al processo di invecchiamento : capsula bianca per i 12 anni e capsula oro per oltre i 25 anni.
Il primo passo per ottenere un aceto di qualità e la raccolta dell'uva, che avviene nei vitigni della provincia di Modena e in particolare da uve Trebbiano e Lambrusco. Sono affiancati a questi solo cinque altri vitigni a bacca bianca. Seguono poi pigiatura e cottura, che avvengono quasi in contemporanea. Il mosto di uve viene poi portato a ebollizione fino a che il volume scende al 50% circa del liquido originale.
L'aceto viene successivamente immagazzinato in botticelle di legno per almeno 12 anni. In questo periodo però sono esposte al pericolo dei batteri. Durante questo processo di invecchiamento l'acqua evapora e l'aceto si concentra in un liquido più spesso. Il sapore speciale e' ottenuto attraverso i travasi che di anno in anno avvengono in batterie di dimensioni sempre inferiori, per via della concentrazione del liquido che viene in parte compensata con l'aggiunta del mosto cotto nel barile più capiente e di balsamico già invecchiato di 10 anni.
L'ordine nell'immagazzinare le botti ha un'importanza cruciale. All'inizio del lungo viaggio sono scelte botti di rovere seguite poi da botti di castagno, di ciliegio, di frassino e di legno di gelso. Alla fine del processo rimane solo una piccola quantità di aceto originale. Questi passaggi delicati e il fatto che una parte della produzione deve essere trattenuta per i futuri processi di invecchiamento, rendono il vero balsamico pregiato e costoso. L'aceto balsamico può così arrivare a costare fino a € 70 per 100 ml.
Il balsamico è considerato uno tra i prodotti alimentari più costosi al mondo. I prezzi non spaventano però i collezionisti sempre in cerca di rarità, come dimostra lo chef italiano tre stelle Massimo Bottura, che durante la cerimonia di apertura della 20ª edizione del Gourmet Festival di St. Moritz, lo scorso anno, ha presentato al suo stand solo poche gocce di balsamico invecchiato di cinquant'anni su un panino. Bottura ha affermato di essere diventato un appassionato collezionista di rarità balsamiche degli ultimi decenni.
Nel 2012, in seguito al terremoto che ha colpito l'Emilia-Romagna, l'aceto balsamico tradizionale è inoltre diventato il protagonista di un'asta di beneficenza organizzata a Bologna da Confagricoltura e Christie's, durante la quale una bottiglia di aceto invecchiato mezzo secolo del gruppo Cremonini è stata battuta per € 1600. Bontà quindi in tutti i sensi.


Aceto on-line

www.balsamico.it , tutto quello che c'è da sapere sull'aceto balsamico

www.museodelbalsamicotradizionale.org , il sito del museo dell'aceto balsamico tradizionale di Spilamberto (MO).