est consulting

est consulting
Il primo portale dedicato all'investitore italiano in Rep. Ceca e Slovacchia

martedì 11 febbraio 2014

Il sogno e i suoi simboli.

A questo punto del nostro discorso ci troviamo alla fine di quella retta
che si avvolge in cerchio e che rappresenta idealmente il tentativo di penetrare nel mondo onirico.
Come dicevamo all'inizio, il sogno è l'esperienza più soggettiva e irripetibile che esista: nessuno può assistere al sogno di un altro né ripetere i propri. Inoltre il sogno è trasmissibile soltanto attraverso la mediazione delle parole che usiamo per raccontarlo.
Quale che sia il valore che vi si attribuisce, il punto di vista da cui si intende esaminarlo, la collocazione che si voglia dargli, il sogno sfugge a un'indagine oggettiva, incontrovertibile, "certa", un'indagine che ottemperi alle esigenze della verifica.
Altrettanto può dirsi della sua interpretazione, che, applicandosi a un soggetto sfuggente, non può che essere ambigua, o perlomeno molteplice. L'interpretazione tuttavia costituisce, dal tempo dei tempi, la motivazione per cui svegli ci si accosta al sogno.
Dalle antiche chiavi dei sogni alle più recenti analisi del profondo, l'interpretazione cerca di stabilire un nesso tra le immagini oniriche e la realtà diurna. Poiché i due mondi hanno una dimensione, una struttura del tutto diverse, seguono leggi antitetiche e contraddittorie, il tentativo di equipararle risulta arduo.
L'interpretazione, anche se accorda il massimo spazio all'individualità del sognante, si basa su delle concezioni generali che ne condizionano il responso. All'epoca di Artemidoro si chiedeva ai sogni di predire il futuro, oggi li si interroga per scrutare i segreti del passato e dell'inconscio. Non ché l'interesse per le loro possibilità divinatorie sia scomparso, anzi, ma è perlopiù visto come un retaggio di superstizioni da rifiutare, in nome di una razionalità altrettanto rigida delle credenze che si propone di combattere.
Del resto, a ben pensarci, questo mutamento di direzione, verso l'ieri invece che verso il domani, e meno contraddittorio di quanto sembra. Senza arrivare a sostenere che il futuro non esiste, la sua correlazione con il passato è implicita nella vita e nella nostra concezione del tempo. (Agostino diceva che "Non esistono propriamente parlando tre tempi, il passato, il presente e il futuro, bensì soltanto tre presenti: il presente del passato, il presente del presente, il presente del futuro")
per quanto riguarda i sogni, mi sembra che essi rappresentino in modo emblematico il sopraccitato concetto : quando li si usa a scopo divinatorio si proietta il passato verso il futuro, (qualsiasi previsione deve tener conto della situazione precedente), se invece si chiede alle immagini oniriche di illuminarci sul passato se ne ricavano implicitamente delle indicazioni su ciò che il futuro ci riserva, (una più ampia conoscenza del passato modifica il modo di porci rispetto al domani).
Tornando all'interpretazione, tra le difficoltà si che si presentano emerge quella, sottolineata più volte nel corso di questo libro, riguardante i simboli, (i sogni si esprimono con dei simboli e i simboli sono altrettanto ambigui dei sogni). La definizione "un simbolo è un qualcosa che sta al posto di qualcos'altro", non ci aiuta granché a chiarirli. Se invece pensiamo che sono un'esperienza comune possiamo forse afferrarne il senso.
Ognuno di noi, consapevole o meno, usa e produce simboli. Gli usa quando parla, il linguaggio è un sistema codificato di simboli; quando traspone delle esperienze sensoriali in richiami, idee o sentimenti, un luogo dove, per esempio, sia capitata un'esperienza negativa diventa il simbolo di quello stato d'animo, anche se, ovviamente, il luogo in sé mantiene delle caratteristiche neutre; quando infine riscopre motivazioni arcaiche o archetipiche, preesistenti alla sua personale esperienza.
La produzione dei simboli si dà ogni qualvolta il processo immaginativo, proprio di ogni essere umano, entra in funzione, promuovendo la creatività, le fantasticherie, i sogni. Si dirà che la creatività, intesa come realizzazione di un'opera d'arte, di pensiero, di scienza, non è cosa da tutti, ora c'è una creatività che tutti posseggono, che si manifesta nella quotidianità della vita, nel modo di porsi rispetto a essa, poco importa quanto sia corrivo o modesto l'argomento da cui si diparte.
I simboli, che la nostra psiche produce, si collegano inoltre all'ambiente, alla società di cui facciamo parte. E', per esempio, del tutto improbabile che nei sogni di chi è vissuto due secoli or sono apparissero aerei o computer, mentre è normale che essi si presentino nelle immagini dei nostri. Gli studi antropologici e etnologici hanno del resto messo in luce ciò che Bastide chiama "il retroscena del sogno", per cui il sognante si ispira al più vasto scenario delle rappresentazioni collettive che la civiltà in cui vive li offre. Questa incidenza e un ulteriore fattore di cui tener conto nell'interpretazione dei simboli in generale e di quelli onirici in particolare.
L'interpretazione dei simboli presenta dunque delle difficoltà non dissimili all'interpretazione dei sogni. Se gli si analizza da un punto di vista strettamente razionale, si finisce con il comprimerli in schemi che li snaturano. Ciò non significa tuttavia che i simboli siano privi di una logica interna, di una loro precisa connessione evocativa e analogica. Sarebbe perciò altrettanto errato estendere le concatenazioni che se ne possono derivare oltre al loro effettivo contenuto. Anche le concatenazioni meccaniche per cui partendo, mettiamo, da filo si arriva a fecondità (filo-erba erba-prato prato-mucca mucca-vitello vitello-riproduzione, riproduzione-fecondità), ne alterano lo spirito, quindi la risonanza che suscitano in noi. "Analizzare intellettualmente un simbolo" come ha detto con una brillante metafora Pierre Emmanuel "significa pelare una cipolla per trovare la cipolla. Non si può apprendere un simbolo per riduzione progressiva di ciò che non gli appartiene; esso esiste solo in virtù del contenuto sfuggente che gli è proprio. La conoscenza simbolica è una e indivisibile, può avvenire soltanto attraverso l'intuizione di quell'altro termine che essa significa e che nasconde allo stesso tempo".
C'è infine un ulteriore trappola che i simboli ci tendono: proprio perché
richiedono un'interpretazione intuitiva, può accadere che l'interprete vi immette la sua personale visione della vita, la sua esperienza intellettuale, la mentalità del suo tempo, gonfiandoli o sgonfiandoli a suo arbitrio. E ciò che talvolta succede nell'interpretazione dei sogni quando "si vogliono far tornare i conti".
È accaduto agli antichi oniromanti che dovevano far quadrare le immagini oniriche con i fatti che si supponeva si annunciassero. Il vaticinio di Aristandro, che pronosticava la vittoria di Alessandro Magno, di cui abbiamo detto, è uno dei numerosi esempi.
Accade oggi agli psicoanalisti, accadde allo stesso Freud, quando attribuiscono un valore univoco alle immagini che hanno, per esempio, forme concave o convesse, collegando le prime all'organo sessuale femminile e le seconde a quello maschile. Un treno o un coltello non rappresentano necessariamente la virilità; una porta o una conchiglia non indicano pulsioni obbligatoriamente muliebri. La trappola sta, in questo caso, nella rigidità dell'impostazione che, per quanto riguarda Freud, abbiamo visto incentrarsi sulle pulsioni sessuali e sulla loro rimozione, ma che si ripete, sia pure in altre direzioni, nella concezione di Adler che enfatizzano la volontà di potenza, o in quella di Rank che privilegiò il trauma della nascita.
Queste interpretazioni, come le numerose proliferate dal ceppo freudiano, mutilano o esaltano un particolare aspetto dei simboli, riducendo nello spirito la risonanza di cui si diceva più sopra.
A questo punto verrebbe da chiedersi se, viste le difficoltà che l'interpretazione presenta, non sarebbe più semplice rinunciarvi, abbandonando i sogni nel limbo della dimenticanza. Ma perché ignorare i sogni significherebbe abbandonare una parte di noi stessi, come affermare che la consapevole sia la più importante?, E poiché dei sogni ci giungono messaggi altrimenti irrecuperabili, messaggi che indicano insospettate intuizioni, possibili alternative, crediamo che la loro interpretazione, come ci sembra risulti dalla storia del sogno proposta in questo libro, sia un inderogabile, archetipica esigenza.
Chi condivide quest'idea, si trova tuttavia a dover risolvere un ulteriore problema: come dipanare i messaggi onirici? Come distinguere tra le molte immagini quelle significative? Dove trovare una guida? A chi rivolgersi? A chi chieder lumi?
Poiché, al giorno d'oggi, gli interpreti qualificati che non siano psicoterapeuti sono praticamente scomparsi, e' ad essi che bisogna rivolgersi. Dallo psicologo o dall'analista ci si reca, tuttavia, solo nei casi in cui si sia afflitti da turbe patologiche o, in preda a gravi crisi depressive, difficilmente per il semplice desiderio di scoprire il significato dei propri sogni. Benché personalmente sia del parere che l'indagine psicoanalitica, applicata alle persone sane e cosiddette “normali”, si dimostrerebbe positiva e giovevole, (per identificare i
molteplici risvolti della personalità e cercare di armonizzarli, per prevenire il manifestarsi di conflitti, per ampliare e compensare l'unilaterale immagine che abbiamo di noi stessi), l'ingiustificata ma diffusa diffidenza verso queste terapie, la possibilità di un loro uso improprio, le mode che, specie recentemente, vi si sono sovrapposte, le confusioni dovute ad un'inadeguata divulgazione, nonché l'impegno, anche economico, che esse richiedono, costituiscono degli ostacoli tanto più resistenti quanto più forte è la vischiosità dei pregiudizi che li motiva.
Se escludiamo le chiavi dei sogni che, come abbiamo più volte ripetuto, nella loro interpretazione generalizzata e frammentaria non permettono di collegare i contenuti onirici con la specifica personalità del sognante, le alternative non sembrano molte.
Tra queste ce n'è una che andrebbe, a mio avviso, tenuta in maggior conto di quanto generalmente si faccia, ed e' l'auto-interpretazione. Pur non raccogliendo il favore degli addetti ai lavori per i suoi evidenti limiti, l'auto-interpretazione, se usata con le necessarie cautele, potrebbe, a mio avviso, essere uno strumento per intendere almeno una parte del messaggio onirico, soprattutto per impedire che esso sfugga alla memoria della mente vigile. Ricordare i sogni è il primo passo per dar loro uno spazio, per porsi dalla parte dell'inconsapevole, per accogliere la poesia involontaria che essi racchiudono.
Per tentarla bisogna tuttavia avere ben chiaro che essa non può in nessun caso essere terapeutica, non può cioè sanare processi patologici, né risolvere nevrosi, blocchi o censure.
L'auto-interpretazione non è un'alternativa all'indagine psicoanalitica. Può essere, per l'appunto, un processo ausiliario adatto a nutrire l'immaginazione, ad ampliare il potenziale creativo, una possibilità di affacciarsi sul ciglio di quell'ignoto, di quell'altro di noi che i sogni ci segnalano.
In questo senso va letto il glossario di simboli proposti in appendice. Si tratta di un elenco tutt'altro che completo da cui abbiamo escluso le immagini oniriche che si configurano in forma di persone, la cui interpretazione non può prescindere dal vissuto, dunque dal colloquio con il sognante, nonché gli archetipi della madre e del padre che per l'ampiezza dei contenuti richiederebbero un volume a parte.
L'elenco inoltre non arrischia e non pretende di dare una spiegazione dei sogni, né tantomeno una casistica delle loro molteplici implicazioni. Si limita al tentativo di individuare il rapporto tra i simboli e le immagini oniriche.
Così, per esempio, se sogno un leone, questo leone non ha né può
avere lo stesso significato del leone sognato dal mio vicino o da altre innumerevoli persone. Tuttavia, è innegabile il significato simbolico che mantiene in tutti i sogni.
Compito dell'interprete sarebbe dunque di mediare il significato dei due leoni: il simbolico il soggettivo, o, meglio, rifarsi al simbolico per comprendere il soggettivo.
Interpretare i sogni vuol dire comprenderli. E per comprenderli dobbiamo trovare un punto di contatto tra la forma che il pensiero assume nel sogno e quella che esso ha nello stato di veglia. Le immagini che il nostro io notturno produce, per quanto incongruenti e bizzarre, provengono dalla medesima mente che di giorno segue tutt'altri meccanismi. Questo punto di contatto, non potendo collocarsi nella realtà, va cercato nella trasposizione simbolica, che, come abbiamo più volte ripetuto, non determina ma sollecita, suggerisce, evoca.
Ecco allora che l'ombra, il doppio, l'inconscio, gli abissi e le vette della nostra psiche possono arricchirsi di un materiale che altrimenti andrebbe perduto.
Rivivere un sogno con la stessa emozione che si è provata sognandolo, per riconoscervi una parte di sé, assumerne il messaggio è il miglior modo, forse l'unico, per raccoglierlo e comprenderlo.
Nei sogni accade un qualcosa che la nostra mente stenta a capire: per quanto siano soggettivi, i sogni contengono il richiamo, sovente la rivisitazione, di idee, percezioni, esperienze comuni a tutti gli esseri umani. Sembra quasi che gli archetipi per passare attraverso il canale dell'io individuabile, un canale forzatamente angusto, debbano restringersi, adattarsi alla personalità del singolo, per poi dilatarsi di nuovo nel sogno, nell'immaginazione creativa che gli è propria.
Questa potrebbe essere una delle ragioni per cui il sogno presenta quel grande gioco del rovescio, (i santi sognano i diavoli, i saggi anche le sciocchezze, i criminali non solo i delitti, i galantuomini anche malvagità), un gioco che conferma la dialettica degli opposti di cui è fatta la vita.


Serena Foglia da “Il sogno e le sue voci”, Rizzoli.

Nessun commento:

Posta un commento