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domenica 29 giugno 2014

Orizzonte rosa. Convenzioni ammuffite e morale retrograda : la deriva antifemminista europea.

Un giorno mia figlia, 18 anni, torna da scuola e annuncia che una
compagna di classe ha una storia con il suo professore di filosofia, che di anni ne ha 49. Le altre mie figlie - in tutto ne ho tre - saltano su ed esternano il loro ribrezzo: "Che cosa immonda! Mamma, ma è disgustoso!". La loro condanna è stata talmente violenta da spingermi a riflettere su questo tema e, in seguito, a scriverci un romanzo.
Mi sono domandata: in un mondo in cui un numero considerevole di uomini maturi - nella maggior parte dei casi famosi - si rifanno una vita al fianco di donne di almeno trent'anni più giovani, senza che nessuno ci trovi qualcosa da ridire, perché mai l'amore tra due esseri umani tutt'altro che celebri, riesce a provocare una simile reazione di disgusto tra dei liceali? Che sia la spia del fatto che un desiderio femminile fuori dagli schemi canonici destabilizzi e dia fastidio?
Confrontandomi sul tema con colleghi e amici, sono giunta alla conclusione che l'aria che si respira in Europa di questi tempi, ha perso da tempo la sua freschezza. Verrebbe voglia di spalancare la finestra per liberare l'atmosfera da questa zavorra di convenzioni ammuffite e morale retrograda. Non mi stupisce che alcuni oggi vedono nel testo di Nabokow un apologo alla pedofilia. Riuscirebbe a trovare un editore nel 2014? Non ne sono poi tanto sicura.
In Francia, quest'aria viziata la respiriamo quotidianamente. Poco tempo fa, un'amica lesbica mi raccontò di essere andata in piazza in occasione delle recenti manifestazioni contro la nuova legge sulla famiglia, (maternità surrogata e fecondazione assistita per le coppie gay). Di fronte alla mia espressione sorpresa, mi ha spiegato che lo ha fatto perché voleva farsi un'idea precisa, di cosa fosse questa "manifestazione per tutti". E comprendere la violenza che ne scaturiva: "Volevo vedere in faccia quelli che preferirebbero vedermi morta piuttosto che sposata". "E quindi?", le ho chiesto. "E quindi sono ancora qui che cerco di capire, e non ci riesco. Ho come la sensazione di trovarmi nell'epoca sbagliata".
Nel frattempo, cedendo alla pressione della destra conservatrice, il governo Hollande ha fatto ritirare il progetto di legge. Con il contributo di una manifestazione più massiccia, la destra riuscirà a riportare in campo la questione dei matrimoni gay e a trasformare la mia amica in una calamità sociale?
L'impressione di trovarmi nell'epoca sbagliata ce l'ho anch'io, quando vedo quello che accade in Spagna sull'aborto.
Questo paese era il portabandiera dei diritti delle donne durante il governo Zapatero. È evidente che quei tempi sono finiti. A Madrid come a Parigi e in corso una vera e propria regressione, se la svolta passa le spagnole non avranno più il diritto di abortire se non dopo uno stupro o per motivi di salute.
E l'influenza della Chiesa resta forte anche in Italia, dove - nonostante l'apertura di papà Francesco sui gay è sulle coppie divorziate - ha sottolineato che non può ritrattare i suoi insegnamenti in tema di omosessualità, aborto e contraccezione.
L'Europa ha cominciato a remare al contrario? In un mio saggio
precedente, Ho studiato economia e me ne pento, avevo stigmatizzato l'assenza dell'etica nell'insegnamento del capitalismo.
Quello che sembrava il solo luogo dove la morale è assente. Mi sembra invece che altrove la morale torni a palesarsi nella sua forma più passatista e pericolosamente antifemminista.
Se le donne non hanno più il diritto di amare chi vogliono, e non sono libere di fare del loro corpo ciò che ritengono più giusto per loro, non è insensato temere che un domani anche gli scrittori che raccontano le vite di queste creature, "liberamente" verranno messi sotto inchiesta.
Devo aspettarmi che il mio racconto di una giovane ragazza un po' vivace, capace di traviare e ricoprire di vergogna un vecchio signore innocente, mi varrà, come ai tempi di Flaubert e Baudelaire, l'onta pubblica e i fulmini della Chiesa?


Florence Noiville

domenica 22 giugno 2014

Vespa Piaggio: compie 70 anni ma è ancora una bambina.

Da settant'anni il suo rombo scoppiettante mette il buonumore a tutti gli appassionati, facendo inumidire gli occhi dei più nostalgici. Le sue forme sinuose, del tutto prive di spigoli, le hanno permesso di trovare estimatori anche all'esterno delle officine, spalancando di fatto le porte dei più importanti musei di design del mondo.
Il trionfo della Vespa è iniziato nel periodo postbellico, quando la voglia di lasciarsi alle spalle il ricordo della povertà, generò nelle persone un'esigenza di mobilità individuale sconosciuta fino a quel momento, che tuttavia dovette scontrarsi con i forti limiti economici che ancora affliggevano la popolazione.
Conscio di queste difficoltà, l'intraprendente ingegnere Corradino d'Ascanio, approfittò della dismissione degli apparati industriali della Piaggio destinati alla produzione di aerei militari, che aveva prodotto grandi quantitativi di materie prime, macchinari e utensili, che giacevano inutilizzati nei magazzini di Pontedera e che si sarebbero potuti usare per creare prodotti commerciabili per il mercato civile.
Con questi materiali nel 1946 l'ingegnere d'Ascanio progettò e costruì un nuovo tipo di scooter. Si dice che al momento della presentazione Enrico Piaggio commentò: "Sembra una Vespa".
Il successo fu talmente grande che in pochi mesi dalla produzione del primo esemplare, la Vespa 98 ronzava già in tutta Italia. L'estrema manovrabilità che la contraddistingueva, il limitato peso dell'alluminio di cui era fatta e il costo abbordabile, la resero in poco tempo un mezzo di trasporto adatto ad ogni necessità ; lo stesso dottor Piaggio ne sottolineò l'estrema facilità di guida con la frase : "Questo veicolo e l'ideale anche per donne preti".
Con una velocità infinitamente superiore rispetto a quella massima di 60 km/h che poteva raggiungere, il successo dello scooter "dalla vita stretta tanto da sembrare una Vespa" oltrepassò i confini nazionali, per fare innamorare tutta l'Europa.
La spinta definitiva alla conquista anche del pubblico più diffidente, venne da un'azzeccata campagna pubblicitaria, capace di comunicare perfettamente la leggerezza e la mobilità che la Vespa portava con sé e che riuscì a far vendere in un colpo solo la produzione di un anno intero ; vero è proprio cult divenne il frivolo calendario con le ragazze hawaiane che nel 1950 raggiunse una tiratura di circa 300.000 copie e che ancor oggi alletta collezionisti e appassionati di tutto il mondo, disposti a pagare cifre elevatissime per poterlo esporre in posizione privilegiata sul proprio muro.
Ma nessuna pubblicità, per quanto bella fosse, fece aumentare la visibilità della Vespa come il cinema ; memorabile è infatti la scena di "Vacanze Romane" in cui Gregory Peck e AudreyHepburn percorrono le strade della capitale cavalcando una Vespa bianca, permettendo così allo scooter di lasciare il suo segno nella storia del cinema, proprio come gli attori che trasportava lo impressero sulla Hollywood Walk of Fame.
Ad oggi sono circa 17 milioni gli esemplari di Vespa prodotti. Il modello capace di battere ogni record in termini di risultati di vendita fu senza dubbio la Vespa PX, di cui, tra il 1977 e il 2008, vennero prodotti oltre 3 milioni di esemplari.
Nonostante il grande numero di esemplari nel corso dei decenni, la disponibilità di vespe da collezione attualmente sul mercato è molto bassa, tant'è vero che i collezionisti sono disposti a pagare cifre che si aggirano tra i 15.000 e i 20.000 euro per aggiudicarsi uno dei modelli degli anni 50 e 60, purché sia in ottime condizioni.
Il modello più richiesto, e decisamente il più costoso, rimane il primo del 1946, seguito a ruota - rigorosamente una 3.00 × 10 - dai modelli
SS50 e SS90. Molto ricercate dai collezionisti sono anche le vespe prodotte su licenza al di fuori della madrepatria, tra cui spicca per particolarità quella fabbricata negli Stati Uniti dal 1951 al 1966, che vide il marchio "All State" campeggiare sulla parte anteriore dello scudo, oppure il modello TAP56, creato ad hoc in Francia per l'esercito francese. Per i modelli più recenti il prezzo si abbassa molto, raggiungendo anche i 2000 o 3000 euro.
Avere una Vespa oggi, che sia d'epoca o più recente, vuol dire possedere non soltanto un mezzo di trasporto, bensì un oggetto cult, capace di concentrare nei suoi 60 kg i più elevati standard in termini di meccanica e design.
E se ancora dovesse esserci qualcuno poco entusiasta del fascino Vespa bisogna ricordare che : Chi vespa mangia le mele !

Biografia d'Ascanio

Nato nel 1891 a Popoli, Corradino d'Ascanio, dopo una laurea in ingegneria industriale meccanica, un periodo al fronte nell'arma del Genio è un'esperienza come progettista alla Pomilio, iniziò a lavorare alla progettazione di un prototipo di elicottero che, purtroppo, rimase incompiuto. Passato alla Piaggio venne coinvolto nel progetto del primo scooter italiano di Enrico Piaggio, il quale gliene affidò la realizzazione. Nel 1946 nacque la prima Vespa e, inconsapevolmente, venne posata la prima pietra per la costruzione del mito.


domenica 15 giugno 2014

Presteresti la tua casa ad uno sconosciuto ?

Ho sempre pensato che fosse una pratica bellissima. Ho sempre ammirato tutti coloro che lo fanno. Perché, diciamocelo, occorre essere generosi, curiosi, aperti, incuranti, rilassati e impavidi. Perché bisogna avere una grande disponibilità a condividere, e a mettersi in gioco. Perché è necessario affrancarsi da quell'attaccamento insano alle cose. Perché non bisogna avere paura di perdere pezzetti di sé, condividendo i propri oggetti nella propria tana.
Ho sempre pensato che scambiare la propria casa con quella di sconosciuti, affittare, o, ancora meglio, prestare i luoghi in cui si vive abitualmente a qualcuno di cui non sai nulla, sia un atto di libertà. Perché, in fondo, quel senso di possesso esclusivo e viscerale rende tutti un po' schiavi.
Ho sempre predicato bene e razzolato malissimo. Io, casa mia, non l'ho mai scambiata con nessuno, non l'ho mai prestata a ignoti né tantomeno affittata a estranei paganti. Casa mia è mia, mi dice la pancia. E mio il letto in cui dormo, sono mie le lenzuola, mio il cuscino, mio il bagno, miei i cassetti, mie le memorie e la biancheria che ci stanno dentro, mio il comodino con sopra il romanzo che sto leggendo, mio il divano, mie le fotografie che raccontano la mia storia, mio il tavolo della cucina, mia la libreria, mio il rosso psichedelico con cui ho dipinto la parete della sala da pranzo, mia l'aria sopra il mio pavimento e sotto il mio soffitto. Non va bene.
Sono territoriale come un gatto, possessiva e gelosa come la più nevrotica delle massaie, meschina come chi non riesce a elevarsi oltre il proprio ombelico.
Anche quest'anno trascorriamo l'estate nella città di A, in Massachusetts, dove mio marito lavora tra economisti marxisti ed emarginati come lui: e noi - prole ed io - cerchiamo il nostro ubi consistam, con alterni risultati.
"Paul, il mio collega, ci presta casa sua. Starà via tre mesi. Dice che gli fa piacere se stiamo da lui", ha annunciato mio marito. "Lo sa che abbiamo tre figli maschi e piccoli?". "Certo". "Sa che useremo i suoi letti, la sua cucina, il suo bagno?". "Credo che lo immagini".
Così, Paul mi ha dato una grande lezione e ci ha accolto, in cinque nel suo mondo, con generosità, disinvoltura, naturalezza e coraggio.
Non ho mai incontrato Paul. E neppure sua moglie. Né i suoi due figli, poco più grandi dei miei. Ma vivo a casa loro.
Di loro so che amano camminare in montagna a fare picnic, perché ho visto le fotografie appese ai muri. So che amano il jazz e hanno una collezione di dischi in vinile che ascoltano con un giradischi d'epoca, che mi ha ricordato l'infanzia e ha suscitato la morbosa curiosità dei miei figli.
So che amano i tè esotici e non si scompongono se sono pieni di farfalline. So che leggono libri di fantascienza e nel garage hanno sette
biciclette, tre monopattini e un paio di trampoli. Non hanno neppure uno specchio in cui guardarsi tutti interi. Probabilmente la domenica fanno il barbecue e tagliano l'erba del giardino. Forse hanno fatto un viaggio in Africa e hanno portato indietro delle maschere paurose.
Mangiano gelatina alla menta che ha un colore verde smeraldo, giocano a scacchi e su un albero hanno costruito una casa. Hanno un pianoforte e una cartina del mondo, appesa in bagno, proprio accanto al gabinetto, ed è un bel modo per ripassare la geografia e coltivare i propri desideri di fuga.
Percorriamo le loro tracce, lasciamo che il loro mondo ci inghiotta, che la loro presenza impalpabile, ma prepotente, ci avviluppi.
Cerchiamo di essere discreti e rispettosi, consapevoli del privilegio di abitare il contenitore di vite altrui. Questo posto mi ha convinto: aprirò un giorno la mia casa a un Paul di passaggio, metterò a tacere la massaia possessiva e gelosa e condividerò le mie tracce e le mie cose. Perché è un bel modo per lasciarsi andare, per liberarsi dei propri egoismi un po' gretti, per scoprire quali e dove sono le cose importanti.


Claudia “Elasti” De Lillo

domenica 8 giugno 2014

Medaglie e onorificenze : grande divertimento e investimento sicuro.

Quando Heinrich Wascher la mattina presto entra nel mercato delle
pulci di Monaco di Baviera, non lo fa per semplice curiosità, né per gettare la classica occhiata distratta agli oggetti malamente disposti sulle bancarelle. L'archeologo tedesco è un appassionato di medaglie. Ciò che lo spinge "è innanzitutto il desiderio di comprendere il momento storico in cui la medaglia venne assegnata e tentare di capire quali azioni resero la persona degna di ricevere una simile onorificenza" e poi "l'incentivo finanziario dato dai collezionisti i quali, indipendentemente dalla congiuntura economica, sono sempre disposti a versare delle cifre ingenti pur di accaparrarsele".
La maggior parte delle onorificenze che è possibile trovare nelle esposizioni e nelle fiere, risale al 19º o 20º secolo. Le più rare e costose sono quelle concesse per brevi periodi e a pochi meritevoli.
Già nell'antico Egitto era prassi premiare funzionari e soldati con un bracciale o una catena interamente d'oro, consegnata direttamente dalle sacre mani del Faraone. Nell'antica Grecia invece le medaglie più ambite spettavano agli atleti delle Olimpiadi, alle comunità organizzatrici e agli abitanti del luogo la cui disponibilità aveva permesso la buona riuscita della manifestazione.
Non meno importanti delle onorificenze sportive erano quelle assegnate per meriti militari. In questo caso venivano fissate ai paramenti del cavallo, delle mezzelune d'oro o d'argento della dimensione di un palmo di mano che ricordavano i successi ottenuti dal soldato nelle battaglie.
Oggi l'esempio migliore e più duraturo di onorificenza proviene dalla Francia, in cui la maggiore decorazione consiste nella Legion d'Onore. Creata per ricompensare sia militari che civili, è costituita da un distintivo a cinque punte sul quale è posta una corona di alloro, sostenuta da un nastro rosso; al centro, a sottolinearne l'importanza, si ha il volto della Marianne, il simbolo della Repubblica francese.
Ad oggi è stata assegnata a presidenti, politici, scienziati, intellettuali ed atleti per i grandi risultati ottenuti nei rispettivi campi di competenza.
Si tratta di un'onorificenza molto richiesta: Wascher ammette con una punta di orgoglio, che stride con gli ideali di "honneur et patrie" incisi sul retro della medaglia stessa, che "anni fa ne acquistai una riproduzione per 50 euro e riuscì a rivenderla negli Stati Uniti per 1000 euro".
Creata da Napoleone Bonaparte nel 1802, sostituiva gli antichi ordini ed estendeva anche ai civili un onore che fino a quel momento veniva riservato solo i militari. A determinarne l'assegnazione era soprattutto il lustro che si era dato alla Francia. L'ordine si compone di diversi gradi. Il rango più basso e quello dei cavalieri, che indossano un normale distintivo costituito da una croce maltese laccata in argento e coperta di pasta di vetro, che si regge al taschino della giacca grazie a un nastro di colore rosso.
Il grado superiore al cavaliere è l'Ufficiale, che si fregia del titolo esponendo sul petto la stessa croce maltese dei cavalieri sostenuta anch'essa da un nastro rosso, il quale però presenta un particolare drappeggio in rilievo.
I commendatori, invece, hanno l'obbligo di esporre la stessa onorificenza intorno al collo.
Il Grande Ufficiale si riconosce da una medaglia d'argento che viene appuntata ed esibita con fierezza sul petto.
Segue la Gran Croce : la medaglia è simile a quella del Grande Ufficiale, ma è placata in oro e si contraddistingue per la vistosa fascia - in passato chiamata "Gran Cordon" - del medesimo rosso dei nastri che supportano le onorificenze inferiori, che viene indossata a tracolla nelle parate e nelle occasioni ufficiali.
Il grado più elevato è il Grain Maitre che, assegnato d'ufficio al presidente della Repubblica francese, da a quest'ultimo la possibilità di indossare il collier da 16 maglie, e altresì, di nominare i nuovi membri che faranno parte dell'ordine.
Come ogni branca del collezionismo, anche le medaglie generano una sorta di dipendenza. Per quanto possa essere allettante il controvalore finanziario, persone come Heinrich Wascher non si dedicano alla raccolta per il mero fattore economico, ma per il piacere della ricerca e per il sapore della scoperta : la soddisfazione di passeggiare tra le bancarelle, tra polvere e ferri vecchi, e scoprire qualche rarità non ha prezzo.
Come ogni collezionista che si rispetti, Heinrich Wascher non interromperà quindi mai la propria ricerca ; per quante medaglie possa trovare per quante ne possa possedere, ce ne sarà sempre una mancante, ci sarà sempre una teca vuota da riempire con una nuova storia da raccontare.

Le più richieste dai collezionisti

La croce di ferro del re prussiano Federico Guglielmo III, assegnata per la prima volta nel 1813, subisce forti variazioni di prezzo a seconda del grado della medaglia. Essendo state consegnate a milioni di soldati durante le due guerre mondiali, i gradi inferiori hanno valori economici risibili. Al contrario, la Stella di Gran Croce della Croce di Ferro, essendo stata consegnata solo due volte, può essere valutata anche fino a 10.000 euro. Molto ricercata e anche la medaglia di Federico I "Il Grande", la cui rarità spinge gli appassionati a versare anche 8000 euro pur di aggiungerla alla propria collezione.

In Italia

L'ordine coloniale della Stella d'Italia venne istituito nel 1914 da Vittorio Emanuele III di Savoia dopo la conquista della Libia, per celebrare i successi ottenuti dall'Italia nelle sue scorribande coloniali nell'Africa del nord. Creato per premiare i coloni che con il loro operato portavano lustro alla colonia e all'Italia, venne abbandonato quando crollò l'impero coloniale italiano. Il prezzo al dettaglio di queste medaglie può aggirarsi intorno ai 700 euro.



lunedì 2 giugno 2014

Hollywood : tutte donne nella stanza dei bottoni.

Se diciamo "cinema" e "donne" insieme, il riflesso condizionato corre immediatamente alle inarrivabili bellezze o alle sensazionali attrici che nei suoi 100 anni di storia hanno dipinto di desideri e di invidie lo schermo. Figlie, e insieme madri, delle mode e delle tendenze che hanno condizionato ragazze, donne adulte e ora fortunatamente anche donne di età, sono state e sono il cinema al femminile imposto dalla macchina delle illusioni hollywoodiana.
Ma ci sono ormai molte donne invisibili, e largamente sconosciute, che fanno l'industria del cinema americano quanto le belle e brave che andiamo ad ammirare. E sono uno dei segreti del cinema americano da trent'anni.
Non parlo delle registe, che pure ormai lavorano regolarmente, o delle legioni di sceneggiatrici, scenografe, costumiste, assistenti, operatrici i cui nomi scorrono, tra l'indifferenza generale, nei crediti di coda alla fine del film, che solo i parenti leggono.
Parlo di donne come Sherry Lansing che - sono pronto a scommettere - nessuno dei 24 lettori di queste pagine, (Manzoni ne vantava 25, quindi devo tenermi più basso), ha mai sentito nominare.
Ma se cito i prodotti cinematografici che lo studio da lei presieduto ha sfornato, tutte le lampadine delle memorie si accendono: Sherry, che oggi ha 68 anni ed è in pensione, ha prodotto, fra altri, film come Attrazione Fatale, Titanic, Braveheart e Forrest Gump, per conto della 20th Century Fox.
Ne divenne "Ceo", dunque presidente e amministratore delegato,
quando aveva appena 35 anni, alla metà degli anni 80. Dopo aver detto, in un'intervista al magazine Life, nel 1984, che mai una donna sarebbe divenuta il capo di tutti i capi di un mega studio ad Hollywood.
Non avrebbe potuto sbagliare di più. Da allora i cancelli delle major di Hollywood si sono aperti, come la caverna di Alì Babà, davanti ad altre donne.
Se sullo schermo vedete apparire il famosissimo logo del bambino sognante che pesca seduto su una falce di luna, sappiate che al suo posto dovrebbe esserci una bambina bionda, Stacy Snider. È la signora che a 52 anni magari tanto bambina non è più, ma trasporta molto delle proprie fantasie in film prodotti dalla Dream Works, che lei amministra, come la serie di Shrek, o Shark's Tale, quell'avventura del pesciolino Oscar che ogni genitore ha visto almeno cento volte per accontentare i figli.
O come Madagascar, (uno dei miei preferiti, lo confesso).
Amy Pascal è la co-presidente della Sony Pictures, che s'è arrampicata sulle pareti del successo con Spiderman e ha creato la serie dei Men in Black. E Dawn Steel, alla guida della Paramount prima di morire, giovane nel 1997, lanciò contro il parere dei direttori maschi nel consiglio di amministrazione, un film a basso costo che sarebbe diventato un culto per le generazioni, Harry ti presento Sally, insieme a blockbuster come Top Gun e Flash Dance.
Dawn era perfettamente senza scrupoli moralistici o politici. Era stata a lungo responsabile delle diffusioni del giornale Penthouse, il cugino sporcaccioncello di Playboy, spiegando alle protofemministe sussiegose che "a me non importa nulla se chi compra i miei prodotti sia maschio o femmina, perché i dollari delle femmine valgono esattamente come quelli dei maschi".
La carica delle donne ha battuto il monopolio dei vecchi mogul, i boss dei grandi studios che spesso conducevano i loro casting, la selezione delle protagoniste, direttamente sul divano, sempre presente nei loro uffici.
E se tante donne ormai controllano la grande macchina dell'illusione, non può essere più tanto lontano il momento in cui, dalle case di produzione, qualcuna ascenderà fino all'altra Casa, pilotando quell'altro colossale veicolo di sogni che è la politica americana.
"Sono assolutamente certa", ha dichiarato a metà luglio Sherry Lansing, "che prima di morire vedrò una donna presidente degli Stati Uniti".
Il che significa, avendo lei 68 anni, che questo dovrebbe accadere nelle prossime tre o quattro elezioni al massimo.


Vittorio Zucconi