“ il
fatto stesso che il comandamento ci dica non ammazzare ci rende
consapevoli e certi che noi discendiamo da una ininterrotta catena di
generazioni di assassini, il cui amore per uccidere era nel loro
sangue, come forse è anche nel nostro “
Sigmund
Freud
Può
una curiosa controversia scientifica durare quasi mezzo secolo ?
Si, a giudicare dal caso Chagnon. Napoleon Chagnon, (1938), è uno
dei più celebri e discussi antropologi americani. E dal 1968,
quando pubblicò un saggio di rottura nella storia dell'antropologia,
“Yanomamo. The Fierce People, (Yanomamo. Il popolo feroce)”,
sulla primitiva tribù del bacino dell'Amazzonia con cui aveva
trascorso 4 anni, gli scienziati e i media americani si sono divisi
su di lui e il suo lavoro. Per gli ammiratori Chagnon è uno
studioso che ha raddrizzato il corso dell'antropologia. Per i
detrattori, tra cui eminenti colleghi, è invece un arrivista che lo
ha deviato.
Chagnon,
che seguì poi la tribù per altri 30 anni, ha appena pubblicato le
proprie memorie presso la editrice “Simon & Schuster”, nella
speranza o di regolare i conti in sospeso o di chiudere la
controversia. Ma come traspare dal titolo “Noble Savages (Nobili
selvaggi)” e dal sardonico sottotitolo “La mia vita tra due tribù
pericolose, Yanomamo e antropologi”, per ora il libro ha solo
infiammato di nuovo polemiche che con il tempo potevano sopirsi.
Il
caso Chagnon scoppiò quando l'antropologo, nelle sue ricerche sulla
tribù che abitava una, sino ad allora, impenetrabile regione
amazzonica tra il Venezuela e il Brasile, giunse alla conclusione che
non erano stati l'ambiente e la cultura, ma la genetica e la biologia
a plasmarne la società e la condotta.
Gli
yanomamo, un popolo di circa 23 mila persone distribuite in oltre 100
villaggi, sostenne Chagnon, avevano un'aggressività innata, diretta
non al sostentamento, ma alla procreazione : l'uomo che più uccide è
quello che si procura più donne e più figli, per una sorta di
selezione naturale. A giudizio dell'antropologo e del suo mentore e
compagno nelle ricerche, il genetista James Neel, ex membro della
Commissione dell'energia atomica, il mondo violento e vendicativo
degli yanomamo era il più vicino a quello originario dell'umanità.
A
sostegno della tesi, Chagnon addusse filmati di scontri nei villaggi
e di crudeli cerimonie tribali con allucinogeni, aggiungendo audio di
interviste ai loro protagonisti. E nel libro, che destò clamore e
di cui sarebbero state pubblicate varie edizioni, demolì il mito del
“buon selvaggio”, propagatosi in occidente dall'Illuminismo in
poi.
Ai
fautori dell'antropologia culturale, allora dominante, questi
yanomamo killer su mandato divino e i loro “ratti delle Sabine”
ante litteram non apparvero molto convincenti. Chagnon sembrò ai
più un sociobiologo che a torto premiava la genetica e
l'evoluzionismo, se non un mistificatore che per vanagloria
strumentalizzava un popolo a rischio di estinzione. Contro di lui
insorsero anche molti leader tribali, funzionari governativi
brasiliani e venezuelani, missionari. Chagnon fu costretto a
rettificare il proprio calcolo che il 44 % degli yanomamo fossero
omicidi : la percentuale disse, includeva chi aveva ucciso e chi
pensava soltanto di avere ucciso tramite la stregoneria.
Ma
non si arrese mai, e nel corso dei decenni trovò sempre più insigni
difensori. Ne ebbe bisogno soprattutto nel 2000, quando Patrick
Tierney, un giornalista che aveva denunciato gli esperimenti segreti
condotti dalla Commissione dell'energia atomica con sostanze
radioattive su ignare cavie umane, lo accusò di avere fomentato
insieme a James Neel, deceduto nel frattempo, gli scontri tra i
selvaggi e addirittura di aver volutamente causato un'epidemia di
morbillo.
L'uscita
del libro di Tierney, “Darkness in Eldorado(Tenebre
nell'Eldorado)”, trasformò il caso Chagnon in un giallo. Negli
anni successivi, l'associazione antropologica americana svolse una
serie di indagini sull'operato sia dello studioso sia del
giornalista. Ma mentre il “j'accuse” di Tierney risultò in
prevalenza infondato, soprattutto riguardo alla epidemia di morbillo
che aveva fatto molte vittime, il verdetto su Chagnon non fu unanime.
Per una parte dell'associazione, “Yanomamo. The fierce people”
rimase il resoconto attendibile della vita in una società
primordiale, per un'altra una narrazione intesa a convalidare una
tesi abbracciata a priori.
Nel
2012 l'Accademia Nazionale delle Scienze, accogliendolo quale membro,
il massimo onore tributabile a uno studioso, ha riabilitato Chagnon.
Ma le sue memorie hanno riaperto le vecchie ferite.
Nell'introduzione Chagnon non demorde : il passaggio
dall'antropologia culturale a quella evolutiva, scrive, è obbligato.
Il modo in cui l'umanità è giunta alla società civile e allo
Stato di Diritto, aggiunge, è spiegabile principalmente con la
teoria dell'evoluzione.
Ennio
Caretto