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lunedì 25 luglio 2011

Donne & Design !


Donne & Design : binomio eccitante ma contrastato !

Succede che uno pubblichi un libro e che in due settimane gli accadano le seguenti cose : a) le femministe inglesi lo attaccano dandogli del maschilista ; b) donne di tutto il mondo gli inoltrano via mail foto dei loro seni non più freschi ; c) l'autore del libro è costretto a difendere la sua opera dalle pagine del The Guardian. E' questa la vera storia dell'inglese Stephen Bayley, un'autorità nel campo del design e dell'architettura ( nonché fondatore del London Design Museum ), che in Woman As Design racconta, anche attraverso foto e illustrazioni, come il corpo delle donne funzioni da simbolo ispiratore nel design. “ L'idea è nata quando, discutendo con mia moglie sulle idiozie dei design industriali, lei mi ha detto : “ Il corpo femminile è un'opera di design così brillante, funzionale e seducente allo stesso tempo . . . “”, racconta Bayley. “ Era un' idea perfetta per un libro. Le femministe mi hanno accusato di oggettivare il corpo femminile, ma non è così. In realtà racconto come noi disegniamo il corpo delle donne. E non è un fenomeno che riguarda solo il mondo femminile : sto già lavorando al mio prossimo libro Man As Design !

domenica 24 luglio 2011

Enzo Tortora 7. Il ragioniere rampante.


Questa volta, per un attimo, Tortora abbandona la narrazione in terza persona e la critica televisiva nuda e cruda, per interessarsi di un argomento tuttora in voga : quello dei titoli nobiliari, argomento già da me trattato sui miei blog. Usanza tornata stranamente di voga, negli ultimi tempi, anche se sempre più grande è il numero degli azzeccagarbugli che vi si interessano e che perpetrano dolorose truffe ai malcapitati ed ambiziosi personaggi che trovano sulla loro strada. Parliamoci chiaro : non tutti sono nobili ! Anche se questi personaggi che spesso trovate alle fiere, dotati di computer e software adattati, affermano il contrario. Per ognuno, per ogni cognome italiano, corrisponde un titolo nobiliare e una discendenza diretta a qualche casato nobile d'altri tempi. Tutto falso ! E questo è l'argomento che con la sua pungente ironia e intelligenza affronta anche Tortora. Vi voglio solo ricordare che il racconto è degli anni 70 ; 40 anni sono passati e le cose non sono cambiate per niente, anzi sono peggiorate. Comincio ad avere dei seri dubbi sulla maturità del popolo italiano.


Il ragioniere rampante

E' capitato più o meno a tutti, una volta nella vita. Si rientra stanchi, parcheggiare è un inferno, la giornata il solito rosario di guai. Il portinaio dice “ Buonasera “ ( se lo dice ) a una faccia stanca, logora come un vestito troppe volte indossato. Dalla nostra cassetta delle lettere ( la targa è solo uno sconsolato : Rag. Edilio Porelli ) occhieggia una busta. Dentro c'è un foglietto, scritto in termini cortesi. Da tempo il vostro cognome, per voi così qualunque, ha in realtà suscitato l'interesse degli esperti, che ne hanno discusso a lungo, consultato manoscritti, perfino pergamene, codici miniati del Duecento. Ebbene ( ve lo comunichiamo ovviamente senza impegno, in tutta confidenza ) pare proprio che un Branciforte Porelli, addirittura Duca d' Artois, Visconte di nonsodove, ad interim nientepopodimeno che Burgravio di Magonza, abbia combattuto da prode alla seconda Crociata. Lo sospettavate ? No. Non lo sospettavate. Il ragioniere sale le scale, continua a leggere. “ Una eventuale ricerca ( decifrano i suoi occhi arrossati ) saremo in grado di compierla, restituendo per li rami, il Vostro cognome ai fastigi della primigenia casata Porelli “. Perchè no ? Dopotutto, ricorda il ragioniere, una volta, a un ballo ( roba di trent'anni fa ) una ragazza gli disse : “ tu hai un profilo nobile “. Lui il problema non se l'era mai posto, del resto, anche se quelle mani affusolate, una certa fierezza del tratto, qualcosa insomma, gli facevano presagire. Ma con le memorie di famiglia, non s'era mai spinto più in su del nonno Porelli Oreste, veterinario a Chieti. Più su, solo un Porelli ( pare ) garibaldino. E poi, la notte. Ora invece arriva la lettera, a gettare luce vivissima nel retrobottega familiare : cozzar d' armature, tutto uno sfavillio di gemme marchionali. Il ragioniere raddrizza le spalle, è meno curvo : ha dentro un non so che. Apre la porta ; in tinello la famiglia è come al solito condensata, davanti al video. Danno “ Carosello “. Si vedono spaghetti. Prima le mani, poi la voce di Mina, che dice : “ C'è una gran cuoca in voi, e Barilla lo rileva “. Il ragioniere stringe la sua lettera. Anche la sua lettera, dopotutto, gli sussurra : “ c'è un Visconte in voi, e il nostro ufficio lo rileva “. Il resto è intuibile. Almeno mille italiani, se si fossero decisi a dire la verità, sull'ultimo modulo di censimento, alla domanda “ dove avete passato la notte fra il 23 e 24 ottobre “ avrebbero dovuto rispondere : “ appollaiato sulla fronda di un albero genealogico, diventando Barone “ Perché negarlo ? In ognuno di noi, sonnecchia sepolto da secoli d'obliò, di deluso anonimato, ma pronto a ruggire di nuovo, “ dopo accurate indagini “, in elmo e corazza, pennacchio e spadone, un Branciforte o un Idelfonso, insomma uno che dava del tu a Carlo V, uno cui Papa Clemente poteva dire sottovoce : “ Duca mio, portatemi questo pacchetto ad Avignone “. A questo mondo, tutto sommato bello, e perfino poetico, ho pensato di dedicare un po' di spazio tipografico. Parrà strano, ma è un argomento difficile. Vedrete : si arrabbieranno in molti. E mi dispiacerà, perché al ragioniere rampante mi sono accostato con profonda simpatia. Addirittura con umiltà. Vedrete che parecchi uffici di Araldica ( ce ne saranno una ventina nel nostro paese ) mi accuseranno di faciloneria, di innata tendenza al colore, di ironizzare sulla loro benemerita attività. Metteremo dunque, una volta per tutte, le mani avanti : non ci proponiamo affatto rivelazioni clamorose. Non cerchiamo scandali. Gli uffici, o gli istituti di Araldica, quelli che fanno ricerche e vi consentono di cucire una corona a non so quante fronde sul cuscino, o di esporre in bella vista una pergamena scritta in gotico in anticamera, per noi vanno benissimo. Sono talmente utili che, se non esistessero, al limite bisognerebbe proprio inventarli. Sono preziose emoteche : vi fanno tempestive, provvidenziali trasfusioni di sangue blu, in un particolare momento di anemia psicosociale. Non scoraggerò nessuno, giuro. Quello dei ragionieri rampanti è un mercato del resto che non conosce crisi : ne conoscerà sempre meno, anzi, con il passar del tempo. Da quando la Costituzione della Repubblica, all'articolo 14 delle “ disposizioni transitorie e finali “, ha affermato che i titoli nobiliari non sono riconosciuti, è avvenuto esattamente il contrario di quello che era lecito attendersi. Forse eccitati dal fatto che il settore, giuridicamente, ha la rilevanza di un fervido scambio di iridescenti bolle di sapone, tutti ci si tuffano con voluttà e frenetico scambio di “brevi ”, di ceralacche, di liocorni, di riferimenti a feudi, vassalli, valvassori e valvassini. Perché il ragioniere in Italia vuole “ rampare “ ? Questo, mi sono chiesto. E' un viaggio a metà fra la cronaca e l'inconscio : e, gli araldisti me ne daranno atto, io riferirò con puntuale esattezza le loro tesi, in molti casi perfettamente plausibili. E' andato per esempio in onda, e molti specialisti me ne hanno parlato in termini indignati, un telefilm di Ermanno Olmi che trattava ( mi dicono, perché ne ho visto solo le sequenze finali ) di un tipo, tra il truffaldino e lo svampito, che nominava Duca il proprio portinaio, incoronava Principessa la propria ragazza. Un innocuo sognatore, che finiva in gattabuia. Se è così me ne duole : i poeti non dovrebbero mai finirci, per prima cosa. E poi il nostro è un paese libero : nessuna legge ci impedisce di supporre di essere legati, per filo diretto, magari alla stessa barba di Carlo Magno. Il bello è che molte volte sul serio lo siamo, come si vedrà. Giocano parecchi fattori, parecchie motivazioni, in questa disperata ricerca di una promozione genealogica. Gli inglesi coniarono il termine di “ snob “, cui Thackeray dedicò un bellissimo libro, per indicare coloro che, sui registri della favolosa, mitica Università di Cambridge, al posto del rituale titolo dopo il cognome, erano costretti a vedersi rubricati con uno “ s.n.o.b. “, abbreviazione glaciale che, in quella scrittura settecentesca, ancora latina, significa “ sine nobilitate “, cioè “ non nobile “. Molta acqua è passata, da allora, non solo sotto i ponti del Tamigi, ma sotto tutti i ponti. Soprattutto sotto i ponti delle interminabili ferie italiane. Più gli uomini dicono siete uguali, e alle volte glielo insegnano con slogan, comizi, altoparlanti, più agli uomini piace immaginarsi diversi. Quasi una rivincita sulla massificazione, le umiliazioni quotidiane, il vicino di casa col biglietto con su scritto “ N.H. “, anche se è semplice dipendente della N. U., leggasi Nettezza Urbana. Insomma, è un meraviglioso amalgama di incubi, di dolci vendette, di adorabili debolezze, in qualche caso di tracotanza, in altri di superbia, di disarmante cretineria. C'è l'uomo, dentro. Tutto intero : perché non cercare di raccontarlo ? Confesso che l'altro giorno, a Milano, dopo aver svelato l'idea di un paio di questi articoli a un valente araldista, ebbi un brivido. Costui, che mi disapprovava, cavò dalla biblioteca un polveroso librone, e alla voce Tortora, come da un meraviglioso cilindro di prestigiatore, cominciò a estrarre ipotesi affascinanti. Potevo essere Duca d' Amalfi ? Non si sentiva, a priori, di escluderlo. Deglutivo. Conte del Salento ? Nemmeno. Uscirono almeno cinque, sei possibilità alternative, tutte basate sui vescovati, corti, castelli dai merli ghibellini. A stento mi trattenni dal dirgli : “ Conte ( costui era Conte, è quasi sottinteso ), Conte, ricerchi ! Indaghi ! Mi restituisca al maniero, al ponte levatoio, all'archibugio di famiglia ! “ Sentivo suonare, nei precordi, chiarine di giostre e di tornei, ebbi perfino la fuggevole visione, evocato dalle remote dogane della specie, del Duca d' Avalos in persona che mi diceva, abbracciandomi con bicipiti di ferro : “ Figlio, alfin ti riconosco ! “ Insomma, fu duro resistere. Perché negarlo ? Sono miraggi insidiosi, per l'utente di un cognome qualunque. Tornai a casa per mettermi alla macchina da scrivere. Non potei vietarmi dal pensare che in quarant'anni, dopotutto, non m'avevano fatto neppure Cavaliere. Mica giusto, andiamo.

venerdì 22 luglio 2011

Il Capitalismo !

Dal film capolavoro di Sidney Lumet " Quinto Potere ", questo interessante brano che da un'interpretazione assolutamente originale sul Capitalismo, le nazioni, le società e i popoli. Da vedere e conservare !

lunedì 18 luglio 2011

Magda ! Tu mi adori ?

Magda ! Tu mi adori ? Allora vedi che la cosa è reciproca !

Anche i bagni all'autogrill fanno schifo !

sabato 16 luglio 2011

Melissa P. e l'odore dei testicoli !


Melissa P. : nei testicoli l'inconfondibile odore degli uomini !

Ricordo più con il naso che con gli occhi e capita nei momenti più imprevedibili, mentre faccio la spesa o stendo il bucato, che l'immagine olfattiva di un evento mi riempia le narici di ricordi. Il primo ricordo è su mia madre. Ricordo anche il momento in cui riconobbi il suo odore. Eravamo al supermercato. Lei spingeva il carrello dentro il quale stavo seduta, ancora capace di entrare in una di quelle sedute per bambini di cui sono provvisti i carrelli. Il mio naso attaccato al suo petto. “ Odori di tonno umano “, le dissi, e non so che cosa intendessi dire. Ancora oggi è l'unico aggettivo olfattivo che mi viene in mente per descrivere l'odore di mia madre. La riconoscevo lì, in quell'essenza dal significato misterioso. Il secondo ricordo olfattivo riguarda le bambole. Sbrodolina odorava di vaniglia chimica. La Barbie odorava di protesi dentale. Il Pinocchio di legno, alto più di me, odorava di legno, appunto, di faggio. Il terzo ricordo è su un ragazzino che si chiamava Adriano e aveva undici anni come me. Come per “ tonno umano “ non riesco a spiegare perché mi piacesse l'odore dei suoi occhi. Li aveva gialli e profumavano di fiori. Io ad Adriano volevo baciare gli occhi, ma lui non voleva e mi baciava le labbra deliberatamente serrate. Dei miei cinque sensi, quello più sviluppato è l'olfatto. Non mi piace catalogare gli odori, dividerli in buoni e cattivi. Piuttosto, riconosco la bontà di una persona e di un oggetto dall'odore che emana. Non mi fido degli occhi, ma dell'odore. Mi innamoro di un uomo solo se ha un odore convincente. Non mi interessa che si cosparga di costosi profumi, anzi, se sono in confidenza lo spingo ad abbandonare la malsana pratica di profumarsi con essenze comprate in profumeria. Normalmente l'odore vero e sincero di un uomo si sprigiona dal suo collo. E' l'unica parte incontaminata. Ma, anche in questo caso, se si entra in confidenza, è possibile riconoscere il suo odore originale annusando alla base dei testicoli. Come è vero che ogni individuo è diverso dall'altro, è altrettanto vero che non esiste odore di testicoli uguale all'altro. Ho allontanato molti uomini validi per via del loro odore, o meglio per la mancanza di odore. Se non mi arriva alcun tipo di aroma, so che per quanto impegno possa dedicare alla mia storia, non riuscirò mai a condividere una piena intimità con l'altro. Al contrario ho amato moltissimo uomini poco raccomandabili carichi di magnifico odore, al punto che anche quando la storia era finita mi sembrava assurdo dover fare a meno del loro profumo più che di loro stessi. L'odore individuale può cambiare, dipende dalla condizione psicofisica in cui ci troviamo. O, ancora, può cambiare la percezione olfattiva che abbiamo dell'altro. Il mio primo grande amore mi convinse ad amarlo concedendomi il suo collo. Mi innamorai di lui grazie al suo profumo, e adorai quel profumo fino a che rimasi innamorata, diversi anni dopo. Quando smisi di amarlo come dovrebbe amare un'amante, il suo odore cominciò a disturbarmi al punto da sentirmi a disagio ogni volta che mi avvicinavo per abbracciarlo. Non era puzza, ma in quell'odore io non riconoscevo più lui. Mi chiedo spesso che effetto faccia il mio odore sugli altri. Io non uso profumi e preferisco i saponi neutri senza aromi aggiunti, così come gli shampoo. Mi piace che gli altri mi sentano esattamente per quello che sono. Mi piace l'odore del mio sudore, ma posso capire che qualcun altro possa non apprezzare. Mi odoro spesso le ascelle e mi piace sentire l'odore delle mie mutande usate. Annuso le mie spalle, strofinandoci contro il naso. Quando ero bambina e capace di contorsionismi eccezionali mi annusavo i piedi. Sono atti di riconciliazione con la mia intima natura, gesti d'affetto verso la secrezione spontanea della mia privata natura. Da bambina avevo paura che, crescendo, il mio naso sarebbe diventato come quello di mia madre e di mio nonno, narici profonde e fumanti furia. Non ho un'esatta percezione visiva del mio naso, giacché, come per tutti accade, osservarsi il naso allo specchio è un'impresa non facile. Bisogna mettersi di profilo e per gli occhi è uno sforzo, e non si riesce comunque ad avere una visione esatta. Fotografare il proprio naso è molto difficile, è l'unica protuberanza del nostro corpo, l'unica parte veramente tridimensionale non poggiata su un piano. Io, il mio naso, è come se non lo avessi. Intendo nella mia faccia. Quando penso alla mia faccia non la penso mai provvista di naso. Però odoro.

Melissa P.

martedì 12 luglio 2011

Lezioni di buon cinema italiano !

Match Monicelli - Moretti, parte prima
Match Monicelli - Moretti, parte seconda



 Il grande maestro Mario Monicelli insegna cosè il cinema ad un allievo presuntuoso e indottrinato come Moretti.  Peccato che quella lezione non li è servita a nulla !



sabato 9 luglio 2011

Nazisti ad Adria !


Nazisti ad Adria !

Dalle ultime elezioni comunali, che hanno visto la riconferma del sindaco Massimo Barbuiani, la rete adriese è stata solcata da un cosiddetto “ non personaggio “ un “ freak “, ( definito così da un suo adepto ), che avrebbe l'ambizione di fare satira, di sbeffeggiare il potere, di essere un collettore tra la cittadinanza e le amministrazioni, un paladino della cosi detta cittadinanza attiva. Questo “ non personaggio “ sfrutta comunque l'anonimato, celandosi dietro un nome di fantasia, ( Juanin Mcnamara ), per sbeffeggiare, deridere e punzecchiare costantemente l' amministrazione di centro-destra. Ora, premettendo che ad Adria abbiamo avuto 36 anni di giunte “ rosse “, che certamente non hanno contribuito allo sviluppo di questa realtà, perché l'oggetto della cosiddetta satira è solamente la giunta Barbuiani ? Chiarisco di non avere nessun interesse con la giunta Barbuiani, ma di conoscere il Sindaco e di reputarlo una brava persona. Altro punto : in un video messaggio, il nostro ambizioso “ non personaggio “, ha dichiarato di scegliere l'anonimato per non poter essere ricattabile e corruttibile. Ma è esattamente il contrario ! E' proprio nella sua scelta di essere anonimo che dimostra di essere corrotto. Il fatto stesso che la sua libertà sia limitata inducendolo all'anonimato, è la dimostrazione lampante della sua corruzione intellettuale. E poi è anche una questione di coraggio ; un uomo si definisce tale per il coraggio e la consapevolezza delle sue azioni. Chi non ha il coraggio delle proprie azioni e si cela dietro una maschera, ( che sia un falso profilo Facebook o un passamontagna ), è sempre un vigliacco. Ma questo argomento l'ho già trattato sull'altro mio blog su splinder alcuni mesi fa quando Juanin ancora non esisteva, ( ersiliogallimberti.splinder.com, categoria “ identificarsi please “ ). Ora è chiaro che di fronte a una sua arroganza e presunzione nel concludere certi argomenti, costantemente applaudito dai suoi adepti, io, sfruttando le possibilità della rete, non rimasi impassibile. Perciò, spesso e volentieri, mi sono messo a commentare e replicare i suoi pensieri,nel bene e nel male, esclusivamente dalla bacheca di Facebook. Ovviamente scatenando il finimondo, poiché nella concezione democratica e di partecipazione diretta del Juanin, “ distrattamente “ non rientra la contestazione al leader, al capo, in una parola sola : il dissenso. Finchè, giunti all'apoteosi, dietro la colossale cazzata millantata dal Juanin, e cioè di aver realizzato 22.000 contatti nel suo blog in pochi mesi, io sono scattato come una molla, asserendo che, vista la limitatezza del suo bacino di pubblico e la brevità della sua permanenza in rete, 22.000 contatti è una cifra impossibile. D'altronde 22.000 contatti non li fanno nemmeno Virgin, Sony o Mercedes in 6 mesi di permanenza in rete. Non sia mai detto, non è possibile contestare il “ freak “ ! E allora, aggrappandosi a qualcosa, il pagliaccio, immette su Facebook la foto della statistica di blogspot, visibilmente taroccata, dove cerchia in rosso questo fantomatico dato di 22.000 pagine viste, che è differente dai contatti. Questa è la foto :





A parte la contestazione sui numeri, guardate in alto a sinistra, sotto la scritta RivolTiamo Adria. Vedete che ci sono delle strisciate di un'altra tonalità di blu ? Probabilmente, il “ freak “, ha utilizzato la schermata statistiche di un altro blog, cancellandone il nome e rimpiazzandolo con quello di RivolTiamo Adria. Ma a chi crede di darla a bere ? Probabilmente ai suoi adepti, una massa di pecoroni, la maggior parte anonimi anch'essi, ( utilizzano nomi di fantasia ), accecati da questo pseudo-paladino dell'onestà. A questo punto io insorgo su Facebook, invitandolo altresì a rendere pubblico il suo contatore visitatori, ( funzionalità prevista da blogspot ), invito sparato all'aria poiché a tutt'oggi questo contatore rimane riservato e non pubblico. Morale della favola, sprezzante, mi blocca e mi cancella dalla lista amici. Onoratissimo, devo dire la verità ! Onoratissimo di non immischiarmi con un elemento del genere, un falso, ipocrita e cialtrone. E soprattutto vigliacco, poiché gli anonimi sono sempre vigliacchi. E comunque intollerante, insofferente al parere contrario, accecato dall'ambizione di essere il datore della verità, in una parola : un nazista ! Nazista lui e tutti i suoi adepti. Spesso si dice “povera Italia “ ma in questo caso è più corretto dire : “ povera Adria ! “ Per fortuna che esiste la rete che mi da la possibilità di esprimere la mia opinione e di smascherare pubblicamente tutte le truffe che taluni personaggi, inneggiando al populismo e alla libertà, sono invece tuttaltro che liberi, liberali e democratici. Sono invece o marionette in mano a non meglio specificati poteri o esibizionisti malati di frenesia di apparire che sempre la rete, nella sua attuale impostazione, consente tramite l'anonimato, di esplicarsi in show e tragiche carnevalate. Se dobbiamo pensare che ad Adria, o in qualsiasi altro comune d'Italia, si applichino cittadinanza attiva e partecipazione popolare grazie agli imput di taluni buffoni, siamo veramente alla frutta. Invece la mia paura e che questi personaggi, celandosi dietro la maschera della satira, nel totale spregio di una determinata realtà, generino sentimenti anti-istituzionali, di disaffezione verso la politica, di rassegnata impotenza verso l'evolversi del governo in senso lato. Io, sinceramente, sono stufo di ridere e scherzare, di vedere “ satireggiare “ tutto. Voglio essere ben amministrato e governato, perchè solamente in questa maniera posso avere la tranquillità in ambito lavorativo e sociale. Continuo a pensare che in questo paese, l' Italia, si possa veramente un giorno maturare un sentimento comune di prosperità e benessere, senza rincorrere gli interessi personali, di partito e di questo o quello. Sarò un visionario e probabilmente andrò a vivere all'estero, ma per il momento lasciatemi scrivere questo pensiero.

Concludo pubblicando un intervento di Daniele Damiani sulla bacheca Facebook, strenuo sostenitore e fan sfegatato del Mcnamara, che replicando a un mio commento, esplicita chiaramente qualè il pensiero e il livello di tolleranza di questa gente. Anche se so che verrò considerato dal Damiani un “ tuttologo “, lascio a voi l'ardua sentenza. Se io sia e mi comporti da tuttologo o solamente da una persona normale che esprime un parere su un determinato argomento. E che poi venga taciuto solamente perchè questo parere non va bene alla “ Maestà “.
Ode a Juanin, il " non personaggio ", di Daniele Damiani

I ruffiani ci sono quando questi, con il loro comportamento, sperano di ottenere privilegi e vantaggi. Dimmi tu adesso cosa ci si guadagna ad "idolatrare" Juanin (ammesso che ci sia qualcuno che lo idolatri). Juanin non è un idolo, è un freak, è uno scherzo, è un nessuno che ha la grandissima dote di accalappiare gonzi che lo prendono sul serio e che perdono il loro tempo a disquisire su chi è e su chi non è. Se è il Barone sotto mentite spoglie, se sono io o Pino Sbando, se è maschio o femmina (ma dimmi te la gente quanto tempo ha da buttare via...). Juanin se non l'hai capito è un "non personaggio" che ha semplicemente tirato su un blog pieno di troiade, fatte solo con l'intento di far sorridere (magari con un po' di ironia) e talvolta per scoprire qualche altarino nostrano. Poi però arrivano i "tuttologhi" che si sentono sempre in dovere di sentenziare e di giudicare cosa è giusto e bello e cosa fa schifo ed è sbagliato. Di questi "tuttologhi" personalmente penso se ne possa fare a meno. Ma se poi insistono nel voler dire la loro pazienza, il mondo è bello perché è vario. Con i loro commenti, visto che siamo in un paese libero, però ci si può anche pulire il c..o.



Millantato credito

Leggo il Gazzettino tutte le mattine al bar, perchè per scelta, non compro nessun giornale per non finanziare bugie e cattiverie. Il Gazzettino poi, è un giornale noto in tutta la provincia di Rovigo, per essere un concentrato impressionante di bugie e sciocchezze. Trovo interessante invece la penultima pagina del Gazzettino di Rovigo, quella dedicata alle lettere dei lettori. Leggete un po che cosa ho trovato venerdì 8 luglio a firma di Flores Tovo, che vorrei tanto conoscere e sfrutto questo blog per farlo. Riporto testualmente :

Millantatori : creativi e disperati allo stesso tempo

In una famosa serie televisiva di molti anni fa, intitolata “ Il brivido dell'imprevisto “, v'era un episodio interpretato da uno straordinario attore shakespeariano, sir John Gielgud, in cui si narrava di un antiquario londinese, che, travestito da prete, girava per la campagna inglese in cerca di mobili di legno pregiato, che gli ignoranti contadini tenevano magari nei pollai, senza sapere del loro, a volte, grande valore. Al fine, dopo le ingannevoli trattative, comprava i suddetti mobili per pochissime sterline. La storia, ad un tempo comica e drammatica, per l'esito appunto imprevisto, trattava per lo più della credibilità che il vestito indossato attribuiva al protagonista. Veniva illustrato perciò un classico esempio di millantato credito, e cioè di uno spacciarsi per una persona degna di fiducia o con lo scopo di estorcere con l'inganno un guadagno illecito ( con la complicità della vittima ) o di ottenere una reputazione fasulla sempre col fine di gabbare quelli che in gergo si chiamano i merli. Si confermava ancora una volta che l'abito fa il monaco. A dire il vero ai nostri dì, se uno si spaccia per prete o anche per cardinale, dopo tutto quello che hanno combinato in questi anni, non è che sia più tanto credibile a livello popolare ; resta comunque il fatto che il millantato credito è comunque un esercizio praticato da moltissimi italiani, che, spesse volte, si spacciano per quello che non sono. Verrebbe a dire che trattasi di uno sport nazionale, sebbene questa pratica, nei casi di estorsione o di circonvenzione sia un reato previsto dal nostro codice penale ( art. 346, che prevede una pena da 1 a 5 anni, più multa ). Nella realtà quotidiana il millantatore agisce in diverse, mai innocenti, forme : si va dal classico esempio che consiste nello sfrecciare con auto, quali SUV di marche prestigiose come Mercedes, Porsche, BMW, o fuoriserie superveloci come la Ferrari, prese in affitto temporaneo, ma fatte credere come proprie ; oppure ci si presenta come esperti in un qualcosa chessò, di economia e finanza, oppure come politici ( caso frequentissimo ) o psicologi ( la psicologia, che come scienza è solo un surrogato di tante altre, è però molto in auge e da' la patente di intellettuale ), e talvolta, ma ciò è poco redditizio, come filosofi o storici ( basta aver fatto le scuole superiori ). Come sé già detto, la nostra Italia in questi ultimi 30 anni è diventata la Milano da bere, l'Italia degli imbonitori e dei mercanti che vanno dalle vannemarchi ai Roberto ( quello con l'asma) ai berlusconoidi ( senza essere però come l'originale ). Anche se pare che il vento stia cambiando. Rimane però sospesa la domanda filosofica : perchè tutto questo ? E non si creda che nelle altre parti del cosiddetto mondo sviluppato sia avvenuto qualcosa di diverso : forse noi italiani siamo semplicemente più bravi, ecco. La risposta non è semplice. Infatti il millantato credito nasconde la realtà di molti bisogni inespressi o inappagati da parte di tantissimi individui, che nella loro dimensione esistenziale quotidiana, non riescono a soddisfare. I più vivono in modo anonimo, servile, sottomesso. I rapporti socio-economici li schiacciano dentro questa condizione : in altre parole la competizione capitalistica li relega nello scantinato della superfluità. I millantatori, in un certo qual modo, sono dei ribelli mal riusciti. Non trovando nella società nessuna ideologia aggregatrice, ne valori spirituali od etici elevati, in quanto tutto è ridotto a merce e denaro, essi, facendo leva su di una energia personale comunque notevole, dirottano il loro agire verso ciò che vorrebbero essere, poiché non accettano il loro status quo. Sono, in fondo, dei creativi e dei disperati allo stesso tempo. Il guaio è che talvolta hanno successo.

Flores Tovo

giovedì 7 luglio 2011

Sottoinformazione italiana e rete

stampa italiana

I giornali e l'informazione italiana raccontati da Giorgio Terruzzi

Di cosa parlano i quotidiani italiani ? Di sciocchezze. Con una frequenza e un'ampiezza sconcertanti. Il tutto in sinergico abbinamento con quanto viene inserito nelle scalette dei telegiornali. Il che porta a un'offerta depistante, come se una gamma sterminata di questioni superflue, finisse per occupare gran parte dell'attenzione. Il tema è molto complesso e per molte ragioni connesso alla questione ( spalancata ), della libertà di stampa. Perché non si tratta semplicemente di discutere sull'autonomia dell'informazione, ( autonomia comunque subordinata a una proprietà e quindi a una ideologia, per non parlare del potere degli inserzionisti ). Si tratta, ( si tratterebbe ), di dibattere su ciò che va in pagina o in video a scapito di cos'altro. Non solo in termini di politica interna, s'intende. Procedo con una provocazione : il meteo, i cuccioli appena nati o salvati, il flirt dell'attrice o dello sportivo, ma anche settimane di dibattito-spot su Santoro e il suo programma. Per non parlare dei quotidiani, che fanno di questi temi i “ grandi temi “ da sparare per giorni in prima pagina e dunque funzionano allo stesso modo : occupano spazi spropositati, togliendo spazio ad altro. A cosa ? Alla verità ! Cioè a una gamma di informazioni per nulla spettacolari, semplici e semplicistiche, che permetterebbero di comprendere quanto ci circonda e accade, roba per nulla semplice e semplificabile. Ora, a parte lo sconcerto e lo sconforto, trattasi di depistare questa sorta di colossale linea editoriale che tende a trattarci tutti come bamba. I più giovani specialmente, chi ha il diritto e, ora come mai, il dovere di formare una propria cultura, un proprio indirizzo. C'è soltanto un'alternativa possibile : moltiplicare le fonti, scegliere le fonti, dedicare tempo all'approfondimento, secondo procedimenti autarchici ma ormai indispensabili. Lo scopo ? Difendersi, non farsi fregare, non farsi anestetizzare ma determinare, provare a incidere su ciò che ci circonda attraverso una conoscenza e, quindi, un'autentica competenza. Certo, è così da sempre. Ma oggi un atteggiamento del genere diventa quasi rivoluzionario. Mentre siamo qui a discutere senza limiti di tempo e spazio sul Presidente del Consiglio, mentre seguiamo passo dopo passo la Canalis, mentre ci lasciamo prendere dal panico per un'influenza, accade altro. E' quest'altro che ci riguarda davvero. Solo, servirebbe saperne di più per comprendere meglio e per muoverci di conseguenza. Tocca fare per conto proprio, faticosamente, visto che l'informazione a portata di mano e di orecchio, soli, in definitiva, ci ha lasciati.


La rete : un'oasi nella sotto-informazione italiana ?
La TV è luogo di leggende, di miti. E' ovvio che sia così, in un posto dove non esiste il vero e non esiste il falso, ma solo il finto. E' faccenda praticamente quotidiana che si citi la televisione come una cosa oggettiva, di cui si può teoricamente andare a rivedere tutto per avere conferma. Questo alimenta la leggenda che “ ciò che è passato in TV è successo davvero “, per il semplice fatto che si può rivederlo. Eppure, nonostante questa pretesa oggettiva del mezzo, i miti restano, le leggende prosperano. “ Abbiamo la registrazione ! “, esulta o minaccia il conduttore contraddetto sui fatti, l'ospite a cui vengono attribuite cose mai dette . . . Ma la registrazione, in realtà, non si rivede mai, nessuno la tira fuori, nessuno la esibisce in TV. E' strabiliante come la prova schiacciante prodotta da un media, la TV, su quel media compaia rarissimamente, e così ecco le varie pistole fumanti diventare il cuore di un altro media, la rete. Più veloce, meno verticistico, più democratico e con eccellente memoria. Del resto, che la TV possa facilmente ingannare è noto. Dalle truffe più abili alle pecionate fatte per risparmiare due soldi, una vera vergogna : si va dal falso ideologico alla piccola truffa alla Toto. Esempio. Il Tg 1 ( settembre 2003 ) riprende brani del discorso di Silvio Berlusconi all' ONU. Ma la platea è semivuota, apatica e annoiata, e così vengono montati sul discorso del Premier italiano gli applausi scroscianti, la platea piena e addirittura le standing ovation suscitate da Busch due ore prima. Chiaro esempio di depistaggio mediatico a favore del potere. Altro esempio : Studio Aperto ( settembre 2009 ) manda in onda le terribili immagini dello tsunami alle isole Samoa ; immagini in cui molto spettatori riconoscono una più casereccia tromba d'aria a Mestre di due anni prima. Esilarante figuraccia. Insomma, truffe e falsità non mancano in un mezzo che è unanimemente ( e a torto ) considerato oggettivo. Non si può chiedere alla TV di smascherare se stessa : nessun potere così potente è tanto fesso da denunciarsi da solo. E allora ci deve pensare la rete, in quella sua “ tivù dal basso “, magari precaria e traballante, ma mille volte più vera. You Tube e i numerosi derivati e siti simili rappresentano una TV capace di clonare la TV generalista per esaltarne le cose buone e sputtanarne le falsità. La rete come un cane da guardia dell'etere ? C'è di più, molto di più. C'è uno stravolgimento dei valori quantitativi che né chi fa la TV né chi la finanzia ( i pubblicitari ) ha capito. Perché i brandelli di TV che si possono pescare in rete trasfigurano il meccanismo dell'audience e lo disinnescano. Lo sketch che quando va in onda raggiunge meno di un milione di spettatori, raddoppia o triplica il pubblico una volta diffuso e cliccato in rete. Tutti vedono tutto, e l'ascolto non è più lo stare seduti davanti all'apparecchio, come ancora credono i preistorici “ soloni “ dell'audience. Hai visto il programma ? No. Hai visto quel pezzettino di programma ? Si, è in rete, accessibile da tutti. Ora si che si può dire : “ Abbiamo la registrazione ! “

rete internet   

mercoledì 6 luglio 2011

Io amo Sandra Adom !

Da qualche tempo il mio cuore è turbato da una celestiale presenza nel Web. Quando lei è on-line il mio corpo è percorso da un fremito di incommensurabile piacere ; la mia mente deriva verso lontani paradisi di caldo e voluttuoso piacere. Sento quel meraviglioso sentimento chiamato amore, penetrarmi fino all' anima, donandomi attimi di gioia. Non mangio più, non bevo più, non dormo più, non vado più al gabinetto e tutto per lei ; per quell' angelo elettronico che con i suoi deliziosi GB naviga nella banda adriese. Avrò mai un giorno il godimento sublime di accarezzare la sua tastiera, di contemplare il suo screen, di baciare il suo mouse ? Potrò sentire i suoi beep, i suoi avvisi di chiamata, l' odore dei suoi microchip soffiati fuori dalla ventola di raffreddamento a massimo regime ? Poiché la temperatura è sempre altissima, anche per te, mia sublime creatura del Web, musa ispiratrice del Palo Alto ( California ), orizzonte infinito di click e mi piace ! A proposito, non mi ha ancora messo il “ Mi Piace “ su est consulting. Ma lo so ! La sua è una dolce sofferenza che vuole perpetrarmi ! Un dolce patimento amoroso che accetto impassibile ! Anche lei ha letto il mio post su Sacher-Masoch, e ha ormai imparato l'arte del dolce martirio, della dolce sofferenza, del bondage elettrotecnico ! Ah . . . Quale cerebrale piacere riesce a trasmettermi ! E anch'io, come te, fedele agli insegnamenti del maestro Masoch, stipulo questo contratto di schiavitù elettronica, dove immolo il mio Ram all' unica creatura capace di formattarmi l' hardware ! Perchè si sappia, oggi e sempre, che :
IO AMO SANDRA ADOM !


Il signor Ersilio Gallimberti, nato a Sambruson del Dolo, residente a Mardimago e domiciliato ad Adria, si impegna sul suo onore con la signora a diventare lo schiavo di lei e a obbedire senza condizioni per 6 mesi a ogni suo desiderio o comando. Per parte sua, la signora Sandra Adom si impegna a non pretendere da lui azioni contrarie all'onore, ovverosia azioni che potrebbero intaccare il suo onore di cittadino e di uomo, ( come fare la pipì in P.zza Castello o i gestacci ai vigili ). Gli concederà inoltre 6 ore di libertà al giorno, affinché egli sia in grado di espletare il suo lavoro, ( andare dai “ Cordari “ e mangiare il mezzo panino con ombra bianca ) e garantisce che non leggerà né la sua corrispondenza privata né i suoi scritti letterari. L'amante-padrona, Sandra Adom, ha il diritto di punire il suo schiavo Ersilio Gallimberti in tutte quelle maniere che le sembreranno opportune per ogni suo sbaglio, negligenza o delitto di lesa maestà, ( escluse ventilazioni intestinali e russate notturne ). In breve, lo schiavo deve concedere alla sua padrona la più intera e servile obbedienza, e accettare quale squisita condiscendenza di lei ogni trattamento benigno ella vorrà riservargli ; egli riconosce di non possedere il minimo diritto all'amore di lei e rinuncia a qualsiasi pretesa propria di un amante. Dal canto suo, Sandra Adom, gli garantisce che ogni qual volta le sarà possibile indosserà le sue pellicce ( o, in alternativa, le felpe dei cinesi in vendita al mercato ), in specie quando si sentirà spinta dal suo stato d'animo a essere crudele. Il periodo di schiavitù avrà termine allo scadere di 6 mesi dalla firma di codesto contratto e, allorché tale termine sarà spiato, non sarà permessa alcuna allusione al suddetto periodo di schiavitù, ( a parte quattro chiacchiere all' Altolà, tra uno spritz e l'altro ). Tutto ciò che potrà essere avvenuto dovrà venire dimenticato, e si tornerà alle precedenti relazioni amorose. I 6 mesi di durata potranno anche non essere continuativi, ma subire delle interruzioni più o meno prolungate, di cui la padrona stabilirà inizio e fine. Le firme dei contraenti sanciscono in calce codesto contratto . . . “

Il “ contratto di schiavitù “ è tratto da : “ Venere in pelliccia “ di Leopold von Sacher-Masoch.


martedì 5 luglio 2011

de Sade & Masoch


Il “ divino marchese “ de Sade

Donatien-Alphonse-Francois, marchese de Sade, signore di La Coste e di Saumane, co-signore di Mazan, luogotenente generale per le provincie di Bresse, Bugey, Valromey e Gex, nacque a Parigi, nel palazzo Condè, il 2 giugno 1740. Fra i suoi nobili avi contava la celebre Laura cantata dal Petrarca. Fra il 1744 e il 1755, egli risiedette a Saumane, dove gli fu precettore lo zio paterno, lo studioso di storia, abate de Sade d' Ebreuil. A dieci anni entrò in collegio presso i gesuiti, per uscirne nel 1754 ed essere ammesso a far parte dei cavalleggeri. L'anno dopo passa nel reggimento del Re, fanteria ; nel 1757 è alfiere nel corpo dei carabinieri. Partecipa quindi alla guerra dei Sette Anni e si conquista sul campo di battaglia, in Germania, il grado di capitano. In quel periodo, avrebbe viaggiato ( forse nel corso di una licenza ) fino a Costantinopoli. Riformato, tornò a Parigi : il suo comportamento, pur mentre prestava servizio come ufficiale, era stato improntato a un deciso libertinaggio, tanto che suo padre nel 1763 minacciò di diseredarlo qualora non avesse rinunciato ai suoi facili amori per sposare la figlia di un ricco magistrato, Renèe-Pelagie Cordier de Launay de Montreuil. Il matrimonio venne celebrato quello stesso anno, e Sade ebbe da quella moglie che non amava e non rispettava due figli e una figlia. Cinque mesi dopo le nozze, il marchese fu imprigionato per 15 giorni a Vincennes per libertinaggio spinto, bestemmie e profanazione della immagine del Cristo. Sade continua a comportarsi a modo suo : nel 1765 diventa l'amante di M.lle Colette, attrice del Theatre-Italien e ha parecchie relazioni con diverse giovani danzatrici dell' Academie Royale de Musique ; nel 1766 “ affitta “ la cortigiana Beauvoisin Dorville ; con la Beauvoisin si reca a Lione nel 1767, lasciando a Parigi la moglie incinta di 5 mesi. La vita di Sade, che suscita lo scandalo di quanti ne sono al corrente, non si limita a questo, ma consiste in una continua caccia ai piaceri che si svolge tra la capitale, Versailles, Arcueil e La Coste. Il 3 aprile 1768, egli pesca in place des Victoires a Parigi una certa Rose Keller ( una bella vedova di 36 anni, filatrice disoccupata da un mese ) che sta facendo la questua e l'invita nel suo “ buen retiro “ di Arcueil ; qui giunti, la fa spogliare, la flagella più volte, la rinchiude poi in una camera. La Keller riesce a fuggire da una finestra, dà l'allarme, suscita l'indignazione contro il marchese, affermando di aver creduto alla possibilità di trovare un lavoro. Il 7 aprile le viene versata una somma notevole perchè desista dalla sua accusa. Ma denuncia e processo vanno avanti ugualmente ; c'è dell'ostilità nei confronti di Sade. Questi, che possiede alcune “ Lettere d'abolizione “ ( cioè documenti firmati dal Re che cancellano qualsiasi delitto commesso ) non se ne avvale, e viene incarcerato prima a Saumur e in un secondo tempo nella fortezza di Pierre-Incise : il che impedisce ai magistrati di averlo tra le mani ; per volontà del Re, la sua prigionia dura fino al novembre di quell'anno. Nel 1771, il marchese si trova con la moglie al castello di La Coste, in Provenza ; con loro c'è anche la giovane cognata, la bella canonichessa Anne-Prospere de Launay, e il nostro la seduce, anche per vendicarsi dell'odiatissima suocera, la presidentessa di Montreuil. Nel giugno 1772, a Marsiglia, combina una serie di pasticci con donne di malaffare : gli episodi principali sono un'orgia con 4 ragazze e il domestico-complice Latour, in cui vengono effettuate pressoché tutte le esperienze sessuali possibili, e l'offerta di confetti all'anice e alla cantaridina. Una prostituta, cui Sade fa visita la sera dello stesso giorno in cui è avvenuta l'orgia, ne inghiotte troppi, si sente male e denuncia il suo cliente. Il marchese viene accusato di avvelenamento e sodomia. Fugge allora in Italia con la cognata Anne-Prospere, che asserisce esser sua moglie. Condannato a morte in contumacia, viene giustiziato in effige il 12 settembre ad Aix. Rifugiatosi a Chambery in ottobre, l' 8 dicembre viene arrestato per ordine del Re di Sardegna ( il quale agisce in conseguenza di una richiesta fattagli dalla suocera di Sade, presidentessa di Montreuil ), e condotto nella fortezza di Miolans da cui evade il I° maggio 1773, grazie all'intervento di un gruppo di armati al soldo di sua moglie. Ripara quindi a Grenoble. Dal 1774 al 1777, egli risiede nel suo castello di La Coste, salvo che per un breve viaggio in Italia nel 1775 che ha scopi “ prudenziali “, ma è interrotto dalla mancanza di fondi. Non si è certo calmato, anzi : allo spettacolo delle orge di La Coste ( e in particolare a quelle che hanno fra le protagoniste della ragazze reclutate a Lione e a Vienne, cui si aggiunge il giovane segretario di Sade ), assiste anche la marchesa de Sade, non si sa quanto passivamente. Di passaggio a Parigi nel febbraio 1777, viene preso e cacciato a Vincennes a motivo di un'ordine d' imprigionamento ottenuto dalla presidentessa di Montreuil. Nel giugno 1778 viene ricondotto ad Aix, dove viene annullata la precedente sentenza alla pena capitale, non avendo compiuto il principale fatto imputatogli, cioè il tentativo di avvelenamento. Teoricamente libero, ma “ tenuto a disposizione del Re “ e scortato dalla polizia, riesca a scappare durante il viaggio di ritorno ad Aix, mentre si trovava a Valence, rifugiandosi a La Coste, dove viene tratto in arresto il 26 agosto. Riportato a Vincennes, vi resta dal 7 settembre 1778 al 29 febbraio 1789, quando viene trasferito alla Bastiglia. Qualche giorno prima del 14 luglio, fatto uscire dalla fortezza, è condotto presso i religiosi di Charenton-Saint-Maurice ; liberato il 2 aprile 1790, 2 anni più tardi è, ( o sembra ), immerso fino al collo nei problemi della rivoluzione, come segretario della Sezione delle Picche, di cui diviene presidente nel 1793. Passa quasi tutto il 1794 in prigione e scampa di poco alla morte sotto il Terrore. Durante il Direttorio, Sade ( che non si occupa più di politica ) riceve spesso in rue du Pot-de-Fer-Saint-Sulpice, dove si è sistemato ; al suo fianco fa da padrona di casa una donna che gli è devota fin dal 1790, la pallida, malinconica e distinta Marie-Constance Quesnet, che egli a volte chiama “ Justine “. Bisogna notare che dal 1790 sua moglie, staccatasi in modo definitivo da lui, aveva ottenuto una sentenza che equivaleva al divorzio. In difficoltà economiche, Sade tentò la fortuna non solo come romanziere, ma anche e soprattutto come commediografo, arrivando a recitare ( per 40 soldi al giorno ) nel suo dramma “ Oxtiern, ou les malheurs du libertinage “ nel dicembre 1799 il personaggio di Fabrice, un saggio albergatore, un uomo virtuoso che riuscirà a sventare i piani del malvagio conte Oxtiern. Nel mese di luglio del 1800 appare un romanzo a chiave, “ Zoloè e i suoi due accoliti “, in cui vengono satireggiati il Primo Console, Josephine da Beauharnais, Tallien e sua moglie, Barras e altri ; lo si attribuisce a Sade, forse a torto. Napoleone è irritatissimo : il 5 marzo si decide di arrestare l'ex marchese quale autore dei 2 libri “ Justine “ e “Juliette “ ; la cattura avviene mentre egli è in visita presso il suo editore. Rinchiuso prima a Sainte-Pelagie, di li trasferito all'ospedale di Bicetre, come pazzo, è infine relegato nell'ospizio di Charenton il 27 aprile 1803. A Charenton ottiene di avere vicino la sua compagna, Marie-Constance Quesnet. Muore il 2 dicembre 1814 : nel suo testamento, scritto nel 1806, aveva scritto minuziose disposizioni per una sepoltura atta a occultare la sua tomba, ed espresso la speranza di poter essere dimenticato dagli uomini.

Il “ divin marchese “ e la psicanalisi

La scienza medica, o per meglio dire quella parte della medicina che s'interessa della psicologia, si è interessata piuttosto tardi di de Sade e di certi fenomeni, mentre il “ divin marchese “ è stato il primo non solo a narrare diffusamente episodi di aberrazione sessuale, ma ad attribuire a essi importanza, classificandoli a uno a uno, e trovandoli altrettanto naturali di qualsiasi altro atto umano. Tra la fine dell' 800 e il principio del secolo, fu uno psichiatra tedesco ad aprire la fila ( che si sarebbe presto ingrossata ), degli studi, delle analisi dedicate a de Sade e in genere a quella che oggi si chiama sessuologia : era il dott. Iwan Bloch, che prudentemente si firmò Eugen Duhren per i 2 libri “ Der marquis da Sade und seine Zeit “ e “ Neue Forschungen uber den marquis de Sade und seina Zeit “. Nel 1901 apparve “ Le marquis de Sade et son oeuvre devant la science medicale et la litterature modene “ del dott. Jacobus X ; nel 1902 Bloch pubblicò “ Beitrage zur Actiologie der Psychopathia sexualis “ ; solo nel 1903 apparve il testo fondamentale di Krafft-Ebing, “ Psycopathia sexualis “, cui si attribuisce comunemente il merito di aver trattato in maniera affatto originale sia del “ sadismo “ che del “ masochismo “. In effetti, già Duhren-Bloch, riferendosi agli scritti di Sade, aveva affermato : “ Queste opere sono soprattutto istruttive per il fatto stesso che ci mostrano tutto ciò che nella vita si trova strettamente connesso all'istinto sessuale, che, come ha riconosciuto il marchese de Sade con innegabile perspicacia, influisce sulla quasi totalità dei rapporti umani in una qualche maniera. Qualsiasi investigatore voglia determinare l'importanza sociologica dell'amore dovrà leggere le opere principali del marchese de Sade “. Lo stesso Duhren pubblicò nel 1904, in una edizione assai scorretta, il manoscritto che si credeva perduto delle fondamentali “ Centovento giornate di Sodoma “, in cui sono descritte appunto in dettaglio le varie combinazioni possibili e immaginabili dei rapporti amorosi a 2, a 3, a 4 ecc., dalle più dirette alle più indirette, dalle più semplici alle più mostruose, dalle piccole stravaganze ai delitti più efferati. Dopo di allora, la psicologia ha scavato a fondo in questo terreno, e se anche ha conservato il nome di sadismo a un certo tipo di comportamento ha scoperto, com'era logico, che esso non era stato inventato da Sade, il quale, sotto il profilo materiale, era rimasto parecchio indietro rispetto a vari individui che hanno attirato l'attenzione degli psicologi e degli psichiatri. In breve elenco dei “grandi sadici” comprende, ad esempio, Sawney Bean, la sua compagna e i loro 14 figli che per 25 anni infuriarono in una zona della Scozia, mangiando le loro vittime, e furono giustiziati a Edimburgo nel 1435 ; Blaise Ferrage, che intorno al 1780, catturava i viaggiatori sui Pirenei, per farli a pezzi e divorarli, e che sembra abbia costituito il modello di Sade per il suo gigante Minski nella “Juliette” ; Remrick Williams che lacerò 30 donne col pugnale, 1790 ; il sergente Bertrand, arrestato nel 1849 e soggetto a lieve condanna, il cui maggior piacere consisteva nello smembrare cadaveri dissotterrati a bella posta ; lo sventratore di Bozen (1892) e Jack lo sventratore che infieriva sulle prostitute di Londra, amputando loro gli organi sessuali ; Menesclou, Bichel, Garayo e Vetzeni, che facevano a pezzi le fanciulle loro vittime e inclinavano tutti all' antropofagia o al vampirismo ; il necrofilo Victor Ardisson, arrestato nel 1901, il quale aveva profanato, per i suoi bisogni sessuali, i cadaveri di un centinaio di persone dell'altro sesso, dai 4 ai 60 anni d'età ; per non parlare né dei mostri recenti, né di quelli in cui allo stimolo sessuale si aggiungeva la sete di potere o l'intrigo politico. La psicanalisi ha fornito nuove interpretazioni del fenomeno, tanto più accurate in quanto essa riallacciava ogni comportamento umano ai caratteri, più o meno repressi, dell'istinto sessuale. In un primo tempo, la psicanalisi definì il sadismo come una tendenza aggressiva e, sul piano pratico, come un'esperienza di eccitazione sessuale, e di soddisfacimento nel mentre si provoca in un'altra persona qualche specie di dolore, per lo più fisico. Solo in un secondo tempo, Freud giunse a considerare il sadismo, secondo una traccia che esisteva negli scritti del “ divin marchese “, come uno spostamento da sé all'altro di una originaria tendenza auto-distruttiva.


Che cos'è in realtà il sadismo ?

Oltre che un modo di comportamento, e una malattia della mente, il sadismo è un'idea letteraria e anche una concezione del mondo. Innanzitutto esso distingue 2 categorie di individui : da un lato gli “ insensibili “ ai più complessi stimoli della carne e della coscienza ( che talvolta Sade chiama sprezzantemente “ i virtuosi “) e dall'altro coloro che, per non suicidarsi, per avere una sensazione di potenza, per sentirsi rivivere ogni giorno, hanno bisogno di trovare uno sbocco a tutte le loro energie. Questo spartire in 2 l'umanità veniva dai filosofi razionalisti come La Metrie che, nel suo “L'uomo macchina “, dopo un elogio delle doti proprie degli animali, scriveva : “ La natura ci aveva dunque fatti per stare al di sotto degli animali, o almeno perchè prendessero un giusto risalto i prodigi dell'educazione, che sola ci trae da quel livello e ci eleva infine al di sopra di essi. Ma si vorrà accordare la medesima distinzione ai sordi, ai ciechi nati, agli imbecilli, ai pazzi, agli uomini selvaggi, o che son stati cresciuti nei boschi insieme con le bestie, a quelli la cui affezione ipocondriaca ha guastato l'immaginazione, infine a tutte quelle bestie dalla figura umana, che non palesano altro se non l'istinto più grossolano. No, tutti questi uomini per il corpo, e non per lo spirito, non meritano di appartenere a una classe particolare “. C'è chi ha detto che questa maniera di considerare quasi reietti o peggio moltissimi individui, e di applicare a essi, o ad altri di maggior pregio i principi e le tecniche della crudeltà, fa di Sade un anticipatore del nazismo. A parte le innegabili componenti sado-masochiste della personalità di Hitler, dei Goebbels, degli Himmler, ciò non è del tutto esatto, primo : perchè il “divin marchese” è da considerarsi uno studioso di certi fenomeni, nel momento stesso in cui ne patisce ; secondo, perchè quando egli ebbe il potere politico, come abbiamo visto, non mescolò la sua voluttà all'esercizio di questo potere. In realtà, più che un mediocre scrittore, egli è un pessimo filosofo : in quanto non gli riesce né di abbattere il sistema che detta legge, né di costruirne un altro plausibile, né di applicare nella vita quotidiana i suoi concetti. Sade mette la natura al posto di Dio, ma la natura è ancora Dio, sia pure alla rovescia, difatti la natura è la fonte di tutti gli interdetti e di tutte le trasgressioni : ossia, egli ha bisogno, per agire, del senso del peccato ; senza di che, la sua aggressività si spegne o si ritorcerebbe contro di lui. Si deve sempre tener conto, nel caso di Sade, che il suo pensiero ha preso forma via via mentre si trovava solo con se stesso o almeno recluso : sembra che nulla ecciti e alimenti l'erotismo come la solitudine, o la prigionia, o il peso di tali emozioni che costringono chi le prova, a sentirsi isolato dal resto dell'umanità, spingendolo a gesti di violenza o all'appagamento di voglie angoscianti o alla ricerca di sensazioni insolite o brutali, quasi per sentirsi in tal modo partecipe dell'umanità, o per dimenticare le emozioni da cui è turbato. E' nei conventi, nei collegi, nelle carceri, nei manicomi, nei sanatori, nelle plaghe deserte cui approdava affranto un naufrago che han preso consistenza di volta in volta le più straordinarie manifestazioni dell'erotismo : sovente esso non aveva alcun oggetto terreno cui indirizzarsi, e s'innalzava verso la divinità, ma con altrettanta frequenza trovava prima o poi sfogo in un azione concreta. Oggi ciò può accadere nel mezzo delle grandi città, in cui è sempre più difficile stabilire un contatto autentico con i nostri simili : l'amore che portiamo in noi può allora volgersi a nostro danno o a danno degli altri, della comunità. In questo senso si può accettare Kafka, il quale ha definito Sade “ il vero e proprio patrono del nostro tempo ! “.



Leopold von Sacher-Masoch e il masochismo

Leopold von Sacher-.Masoch fornì, con le sue vicende personali e con gli elementi contenuti nel suo romanzo a fondo autobiografico “ Venere in pelliccia “, il materiale di base a Krafft-Ebing per definire “ masochismo “ un comportamento sessuale in cui il piacere dipende in tutto o in parte dalle sofferenze che si patiscono per mano di qualche complice o della persona amata. Egli nacque nel 1836 a Leopoli in Galizia, da una famiglia di origine spagnola. Suo padre era il capo della polizia locale, la madre una nobildonna polacca appartenente all'illustre casato dei Masoch. Il piccolo Leopold fù iniziato all'erotismo dapprincipio dai racconti della sua bambinaia ( Venere, ecc. : “ Fui colpito da un particolare sovraeccitamento allorquando, circa a 10 anni, mi capitarono fra le mani le leggende dei santi ; mi ricordo di averle lette con un orrore che in realtà era una sorta di estasi per come essi languivano nelle carceri, venivano posti alla graticola, trafitti dalle frecce, immersi nella pece bollente, dati in pasto alle fiere, crocifissi. E tutte queste atrocità essi le accettavano quasi con gioia. Il soffrire dolori e tormenti atroci mi sembrò fin da quell'epoca un godimento, soprattutto se le torture venivano inflitte da una bella donna, giacché da sempre ai miei occhi ogni demonsimo e ogni poeticità si erano concentrati nella donna. Trasformai codesto atteggiamento in un vero e proprio culto “). In un secondo tempo a instradarlo furono le sregolatezze di una zia paterna, come descrive ( sotto il pretesto romanzesco ) nella Venere : “ . . . Una mia lontana parente, una specie di zia, venne a far visita ai miei genitori. Era una donna di grande bellezza, maestosa, dal sorriso provocante ; io la detestavo, poiché in famiglia godeva la fama di una Messalina e nei suoi confronti mi comportavo in modo assai villano, essendo il più possibile irriguardoso e scortese. Un giorno, i miei genitori si recarono nella città vicina. La zia decise di approfittare della loro assenza per sottopormi a processo. Apparve, inaspettata, con al seguito la cuoca, la sguattera e la servetta che avevo respinta. Senza perdersi in chiacchiere, mi afferrarono, mi legarono mani e piedi benché opponessi una strenua resistenza : quindi, mia zia, si rimboccò le maniche con un risolino maligno e cominciò a picchiarmi con una robusta verga, ma così forte che sprizzò subito il sangue, e io, nonostante i miei eroici furori, presi a gridare, a piangere, a chiederle mercé. Infine mi fece slegare, ma fui costretto a ringraziarla stando in ginocchio per la punizione subita, e a baciarle la mano. Ma guardate un po' che sciocco trascendentale ero io ! Sotto le vergate di quella bella dama voluttuosa che mi appariva come una regina sdegnata nella sua giacca di pelliccia, si risvegliò in me il desiderio della donna e mia zia mi sembrò subito la femmina più eccitante che ci fosse sulla Terra. “ “ Giovanissimo, andai all'università, che si trovava nella capitale in cui abitava mia zia. “ “ . . . Una mattina . . . andai ( da lei ), che mi accolse amichevolmente, anzì con cordialità e mi dette un bacio di benvenuto, che mi sconvolse i sensi. Adesso era abbastanza vicina ai 40 anni, ma come la maggioranza delle donne di mondo intramontabili, era sempre appetitosa . . . “ Il primo, notevole sentimento d'amore di Masoch s'indirizzò a un'attrice, una certa Kolar, che interpretava di solito le parti di Zarina e di Sultana, indossando magnifiche pellicce tempestate d'oro e di gemme. In letteratura, egli esordì con uno studio storico su “ La ribellione a Gand “, che presentava buone qualità e gli diede subito un certo nome. Docente di storia all'università di Graz, Masoch dette le dimissioni per potersi dedicare interamente alle sue tempestose passioni pervertite, e ai suoi romanzi e racconti che di quelle costituivano lo specchio, suscitando uno scalpore non indifferente. Il suo libro più celebre è appunto “ Venere in pelliccia “, che uscì nel 1870 ; ma sono conosciuti anche “ Falso ermellino “ e “ Storie galiziane “. Nel 1883 ( venticinquesimo anniversario della “ Ribellione a Gand sotto Carlo V “) si svolsero pubblici festeggiamenti in suo onore a Leopoli e Lipsia ed egli ricevette l'omaggio di artisti e scienziati come Ibsen, Pasteur, Gounod e Hugo. In complesso, scrisse una novantina di opere e per qualche tempo fu considerato uno scrittore degno o quasi di essere paragonato a Goethe. Ebbe 2 relazioni piuttosto squallide con 2 donne che han fornito qualche tratto di se alla figura dell'eroina di “ Venere in Pelliccia “ : Anna von Kottowitz e Fanny Pistor. Nel 1869 stipulò un contratto, appunto con Fanny Pistor, che, pur essendo manifestamente assurdo e illegale, si presenta come un documento autentico, e venne regolarmente firmato ; di cui fa ampio cenno anche nel romanzo : “ Il signor Leopold von Sacher-Masoch si impegna sul suo onore con la signora a diventare lo schiavo di lei e a obbedire senza condizioni per 6 mesi a ogni suo desiderio o comando. Per parte sua, la signora Fanny Pistor si impegna a non pretendere da lui azioni contrarie all'onore, ovverosia azioni che potrebbero intaccare il suo onore di cittadino e di uomo. Gli concederà inoltre 6 ore di libertà al giorno, affinché egli sia in grado di espletare il suo lavoro, e garantisce che non leggerà né la sua corrispondenza privata né i suoi scritti letterari. L'amante-padrona, Fanny Pistor, ha il diritto di punire il suo schiavo Leopold von Sacher-Masoch in tutte quelle maniere che le sembreranno opportune per ogni suo sbaglio, negligenza o delitto di lesa maestà. In breve, lo schiavo deve concedere alla sua padrona la più intera e servile obbedienza, e accettare quale squisita condiscendenza di lei ogni trattamento benigno ella vorrà riservargli ; egli riconosce di non possedere il minimo diritto all'amore di lei e rinuncia a qualsiasi pretesa propria di un amante. Dal canto suo, Fanny Pistor, gli garantisce che ogni qual volta le sarà possibile indosserà le sue pellicce, in specie quando si sentirà spinta dal suo stato d'animo a essere crudele. Il periodo di schiavitù avrà termine allo scadere di 6 mesi dalla firma di codesto contratto e, allorchè tale termine sarà spiato, non sarà permessa alcuna allusione al suddetto periodo di schiavitù. Tutto ciò che potrà essere avvenuto dovrà venire dimenticato, e si tornerà alle precedenti relazioni amorose. I 6 mesi di durata potranno anche non essere continuativi, ma subire delle interruzioni più o meno prolungate, di cui la padrona stabilirà inizio e fine. Le firme dei contraenti sanciscono in calce codesto contratto . . . “ Dopo aver cercato una vera dominatrice della propria esistenza nelle 2 citate e con altre sciagurate amanti, nonché in 2 mogli, Masoch venne ricoverato in manicomio a Mannheim nel 1895, e vi rimase fino alla morte, verificatasi nel 1905. A differenza del protagonista di “ Venere in pelliccia “, egli non aveva saputo, o potuto, guarire dalla sua “ insolita “ malattia.


lunedì 4 luglio 2011

Piero Cancaro !


Un ricordo di quel " mezzo amico " di Trombini Natale detto " Piero Cancaro ".  I video sono stati effettuati da me alcuni anni fa e messi in rete grazie all'interessamento dell'amico Renzo.  Divertenti !  Da guardare !

Enzo Tortora 6. Le confessioni di un telegenario.


Il buon Tortora affronta il fenomeno dell'interferenza della televisione nella vita di tutti i giorni, immaginando un babbo-televisore che impartisce gli insegnamenti parafrasando gli spot di Carosello o i “jungle” degli annunciatori. Fenomeno questo già preoccupante per Tortora negli anni 70, e che sfocierà, con tutta la sua drammaticità, ai giorni nostri. Non esagero infatti quando scrivo drammaticità, poiché è noto a tutti, ormai, il potere suggestionante che l'ex tubo catodico ( ora LED o Plasma ) ha per la stragrande maggioranza delle persone . . .


Le confessioni di un telegenario

Nacqui all'epoca dei televisori a tromba, del primissimo video a petrolio. Butto giù queste note perchè, ormai venticinquenne, e quindi al tramonto di quella che in una pubblicazione dei Fratelli Fabbri Editori ( a proposito, eredi : restano 300 rate ) ho visto essere definita “ la vita “, mi pare giusto annotare quei fatti, quegli stati d'animo, quelle note cosiddette di costume che un giorno, chissà, magari potranno anche incuriosire i posteri. Tutti pensano ai posters, invece. Io no. Nacqui di venerdì, in posizione che il ginecologo definì “ ortopodalica “, cioè, per dirla breve, usciì di chiappa, anziché di testa, e c'è un perchè. Venni alla luce ( anzi, alla penombra ; mia madre delibava, pietrificata dall' ombelico in giù, un protoromanzo sceneggiato sul sofà del salotto buono ) ventiquattr' ore dopo l'arrivo, in casa mia, e la conseguente messa in opera, di un ciclopico catafalco a manopole, con cristallo convesso, che fu subito collocato tra il controbuffet e la vaschetta dei pesci rossi. “ Prendilo così ti svaghi “, disse mio padre alla gestante. Furono le sue ultime parole. Data la mancia a un tecnico della Marelli, che installò l'apparecchio ottenendovi subito lattiginose fosforescenze, mio padre non s'è più visto. Fuggì, a quanto pare, con una domatrice di colombe del Circo Eros : lo appresi molto più tardi, quando, durante un pomeriggio di Natale ( in televisione a Natale danno sempre in diretta il circo, subito dopo il Papa ) mia madre, vedendo uno in campo lungo, la giacca piena d'alamari, che spazzava la cacca delle tigri, disse “ è lui, porco ! “, ed ebbe un deliquio. Telefonammo, dopo le gocce di coramina, addirittura alla Direzione Programmi di Corso Sempione, e non lo nascondo che ero emozionato, la mamma continuava a dire : “ eccolo, eccolo, il porco ! Adesso è dietro le foche, in primo piano, quelle che suonano la tromba : presto, fai presto, che dopo c'è Aurelio Fierro, dice il Radiocorriere ! “ E io nella fretta sbagliavo i numeri, perché ero solo alle prime lezioni di “ Telescuola “, il numero 8 il maestro per esempio non l'aveva spiegato ancora, e il numero della RAI di Corso Sempione è addirittura 38.88. Quando si dice il destino ! Insomma, telefonai che già, effettivamente, sul video c'era questo Aurelio Fierro, ( una specie di babà alla crema, paffuto, con una paglietta, che cantava “ Scapricciatiello “) e nel mio cervellino di bimbo avvertivo oscuramente che si perdevano minuti preziosi. Comunque quando entrai in contatto con la Direzione Generale Programmi per i Bambini e spiegai il caso, che poi era semplice, cioè vedere se quel boemo che toglieva le pallottole ai felini era per caso mio padre, prima mi dissero di fare domanda a Roma, poi che non avevano capito bene di che trasmissione si trattava, poi che dovevo venire accompagnato dal padre ( e qui ci fu un equivoco penoso ) “ o da chi ne fa le feci “, e giù li a perder tempo, e a dire che se giustappunto il padre lo cercavamo, non poteva logicamente accompagnarmi, e che le feci le faceva casomai la tigre, lui forse all' incontrario era proprio quello li bruno col secchiello pronto dietro le sbarre, e che insomma vedessero un po' se potevano aiutarci. Ci dissero, dalla Direzione Programmi per Bambini, che forse alla “ Sezione Natale “ qualcuno poteva darci chiarimenti, ma giustappunto era Natale, i funzionari erano tutti a sciare a Cervinia col CAR ( Circolo Ricreativo Aziendale ) e, insomma, basta. Mia madre, che respirava a fatica, mi gridò “ chiedigli se almeno hanno l'ampex “. Io ripetei “ almeno avete l'ampex ? “, senza nemmeno sapere che cos'era, mi risposero che figurarsi se tenevano l'ampex per il circo, al massimo solo per Fanfani ( lì per lì credevo fosse un vocabolario ), e che di orfani era pieno il mondo, mica potevo star lì tanto a rompere le balle. Tanto più che stavano preparando, alla Sezione Bambini, un bellissimo sceneggiato, “ Dagli Appennini alle Ande “, di un certo De Micis, che lo vedessi e che per consolazione mi avrebbero fatto telefonare dall' Ufficio Opinioni per appurare l'indice di gradimento. Telefonarono, infatti, ma io e la mia mamma, è comprensibile, restammo sul freddino. Indice zero virgola cinque, non ci facemmo commuovere neppure dal dottor Vecchietti che diceva : “ ma come ! Non v'è piaciuta neppure la maestrina dalla Penna Rossa ? Neppure Garrone ? Ma che famiglia siete, col cuore di leopardo ? “ E la mia mamma allora a gridare alla cornetta che la botte dà il vino che ha, e che se il nucleo d'utenza gli faceva schifo, amen, la vergogna vera era che qui c'erano un orfano e una vedova bianca solo perché in Corso Sempione non tenevano l'ampex, che poi ho appreso essere un pezzo di celluloide magnetica con il nucleo anche della voce, e che ha i visi delle trasmissioni familiari estinte. Si può perdere un babbo per l'ampex che non c'è ? Si può ? Io l'ho perduto. Dico meglio : l'ho perso. Altro che De Micis. “ Che poi siete anche ipocriti “, diceva la mia mamma, “ perchè se volete, l'ampex, per i Sottosegretari, salta fuori. Quando il Presidente del Consiglio, con licenza, piscia, allora gli mettete anche la moviola alla cannella, gli mettete. E noi li a vedere tutto. Goccia a goccia. “ La mamma s'alterava, lo capivo dal colore viola che, in “Orizzonti della Scienza”, era stato definito, la sera prima, da livello di guardia, e che ora le imporporava le gote. Questa storia della moviola è vera, la mamma aveva ragione. Lo controllai anch'io. Quando vogliono, una immagine al rallentatore dura perfino sei ore. Entro in casa, faccio un esempio, che Mariano Rumor dice “ arco “, mi spoglio, prendo lo yogurt, faccio i compiti, e Rumor è ancora lì che non ha finito di dire “ democratico “. Quindi, ammettiamolo : un pizzico di cattiva volontà c'è stata. Le ricerche del mio babbo non furono mai effettuate. Non sono Pinocchio, purtroppo, e la Fatina dalle Antenne Turchine non mi assiste. Ma ormai lo so : chi può, l'ampex e la moviola c'è l'ha. Eccome. Boninsegna c'è l'ha, la moviola. Paolo VI, anche. La volta che andò nelle Filippine, il Telesanto Padre, mi ricordo ancora quando quel pazzo sciagurato voleva accoltellarlo all'aeroporto, beh, fecero vedere la scena duecento volte, con la moviola anche all'incontrario, e il coltello andava lento lento, c'era il telecronista che sembrava quello della Domenica Sportiva, il Sommo Pontefice zompava leggero, soffice ( con tutto il rispetto sembrava Gigirriva, toh, Chinaglia, che incorna, in area ) e il telecronista che diceva, con la voce triste : “ ora seguite la traiettoria del coltello : si vede benissimo, all'incrocio dei Paoli “. Ma chiudiamo la parentesi. Venni alla luce così. Che anni. La sera, al tramonto, quando suonavano i sacri bronzi di “ Carosello “ ( che poi sarebbe l' Angelus del doppio brodo), io pregavo intensamente, non lo nascondo. E' un'ora dolce, quella delle campane di “ Carosello “. Può un bimbo non intenerirsi ? Un bimbo col babbo rapito dall'ampex, poi ? E allora, non mi vergogno a ripeterlo, in quell'ora mistica, pregavo. “ Petrus “, dicevo, “ tu che sei l'Amarissimo che fa benissimo, fammi ritrovare il mio papa. Oppure : Robiolina, tu che sei tanto pura, aiutami. “ Niente. Sorrideva l' Amaricante, sembrava incoraggiarmi il Permaflex, il Falqui continuava a dire “ basta la parola “, ma io questa parola santa (BABBO) non l'ho proprio sentita mai. Scrissi persino, una sera, al dottor Enzo Biagi. Ma era fuori stanza, e poi il caso non era nemmeno troppo “ thrilling “, lo riconosco. Vivemmo dunque così : io, quella santa donna di mia madre ( per mantenermi agli studi concorreva ai punti qualità, persi purtroppo la quinta quando il Salumificio Molteni ebbe delle noie con degli insaccati sospetti ) e il televisore, che fu il mio secondo padre. I miei ricordi sono tutti legati a lui. A sei anni, cominciò Canzonissima. Feci la prima comunione il giorno in cui la vinse Modugno. La rosolia la feci a letto, e cantava Nunzio Gallo. Gli orecchioni ? Cantava Tony Dallara. Diciassette anni così, diciassette inverni. Mi innamorai di una figlia di un teleutente che cantava Orietta Berti. Canta ancora. Non è cambiato niente. Non so come dire, questo mi da un sentimento di sicurezza. Vent'anni di Canzonissima, con Pippo Baudo e la signorina Goggi che mi pare che dicano sempre le stesse cose, dal 1955 non è cambiato niente : votate, votate, per chi volete ma votate, e ora la parola alle giurie. Ci colleghiamo adesso con Pescara. A voi Pescara. Qui Pescara. Pescara, mi senti ? Pescara effettivamente alle volte non si sente ( e qui avevo un brivido : che sarà mai successo, a Pescara ? ), ma poi ecco il “ Qui Pescara “, virile, che rasserena. C'è ancora giustizia e la patria è una. Il mio nuovo papa' è tutto d'un pezzo. A poco a poco mi ci sono affezionato. Non esce mai. E' sempre in casa. Ha una parola buona per tutti. “ Rinnovate il canone “, dice a primavera. “ Avete ancora un giorno di tempo, per evitare la sopratassa erariale “. E' generoso : ci fa evitare di andare in mora. La sopratassa, la mamma ( che cuce, e agucchia per Bassetti le federe del Consiglio Regionale ) l'ha sempre evitata. Poveri si : morosi mai. Il mio nuovo babbo è profondamente buono. D'estate, dice : “ abbassatemi il volume “ e aggiunge, “ potreste infastidire i vicini “. Mi insegna il francese, fa le previsioni, poi, nelle pause del suo dire, ci mostra anche Gubbio ( Palazzo dei Priori ), oppure Orvieto ( particolare del rosone del Duomo ), e, quand'è in vena, anche la cascata delle Marmore. Insomma, ci si contenta. La mamma anche. Ma capisco, quel che la accora. Lo ama. Ma, per rispetto al mio primo babbo, dormono ancora in stanze separate.

Enrico Dulciora