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venerdì 29 gennaio 2016

3 carabinieri morti e gli intrighi di Adria.

Mai avrei pensato che proprio ad Adria, il paese dove sono nato, dove ho trascorso la maggior parte della mia giovinezza e della mia vita adulta, proprio ad Adria accadessero cose simili. E commesse da persone con le quali, bene o male, ho persino una conoscenza diretta. Con questo scritto cerco di fare chiarezza su una brutta storia che vede 3 ragazzi morti, ed inconcepibili abusi da parte di numerose amministrazioni comunali adriesi. “La vita ha spesso una trama pessima. Preferisco di gran lunga i miei romanzi”, diceva Agatha Christie. Buona lettura.


Viste dal di fuori le istituzioni sembrano praticamente inattaccabili. Baluardi di onestà e di giustizia. Però se al loro interno si genera un batterio, un virus, che le attacca inesorabilmente, ecco che iniziano ad indebolirsi mostrandoci la loro vera faccia, che non corrisponde per nulla a quell'ideale di onestà di cui vi scrivevo.
Ora nel nostro caso quel batterio, quel virus, risponde al nome di Francesco Pantano.

Chi è Francesco Pantano
Francesco Pantano era un uomo dello stato, un uomo delle istituzioni,
un uomo che ha indossato la divisa perché credeva in quella divisa e in quello che essa rappresentava agli occhi della collettività. Perchè credeva in quell'ideale di giustizia e onestà che le divise, di qualsiasi paese, sono portatrici. Ora Francesco Pantano non crede più a nulla.
Francesco Pantano
Francesco Pantano, classe 40', originario della bassa padovana, arriva ad Adria nel marzo del 1983 per ricoprire il ruolo di comandante della polizia locale, dopo aver ovviamente vinto regolare concorso. Trova il suo vice, tale Giuseppe Cascone proveniente dalla polizia stradale di Ferrara. Come mai Giuseppe Cascone abbia abbandonato la polizia stradale di Ferrara per venire a fare il vigile urbano ad Adria non ci è dato a sapere, per il momento, però potrebbe dircelo lui stesso o potrebbe essere l'argomento di un prossimo post.

I segnali inventati da Giuseppe Cascone
Immediatamente dopo aver preso servizio, Francesco Pantano comincia a notare numerose irregolarità sui segnali stradali presenti in città. Addirittura tantissimi erano inventati, completamente fuorilegge. Anche la segnaletica orizzontale risultava carente o irregolare. Individua il fautore di tutto ciò in Giuseppe Cascone, che arrivando ad Adria prima del 1979, sostituisce fino all'arrivo di Pantano, il vecchio comandante Ugo Cacciatori, quindi avendo carta bianca per oltre 4 anni.
Un segnale inventato da Cascone
Ovviamente fa notare questo in maniera soft, sia al suo vice Cascone che all'amministrazione comunale e mi racconta che l'allora sindaco Franco Grotto (PSI) gli rispose : “Ma sior comandante, co tuti i problemi caghemo
in Adria el va drio i segnali...” Questa risposta mi sembra sintomatica di come ragionano certi amministratori soprattutto perché il Pantano, con lettera regolarmente protocollata, fa gentilmente notare al sindaco e alla giunta tutta che (cit.) “ … Tali segnali non consentono la riscossione di somme di denaro per violazioni amministrative per evitare contestazioni che sarebbero fondate. Tutto ciò con grave danno economico per l'amministrazione comunale...”
Giuseppe Cascone
Ma il sindaco Franco Grotto, la giunta tutta e il vice Giuseppe Cascone rimangono sordi e tutto ciò contribuisce a costruire attorno al Pantano una strana aureola, quella del rompicoglioni per capirci, sia nei rapporti con l'amministrazione comunale che con il vice Cascone, proprio dentro il comando della polizia locale.
I segnali stradali inventati da Giuseppe Cascone saranno oggetto di un prossimo post, dove ne pubblicherò una selezione fotografica.
Rimasti ad Adria fino al 1990 circa, ma presenti ancora oggi in gran numero a Taglio di Po, Porto Viro e Rosolina, (comune convenzionato con la P.L. di Adria), vi daranno la possibilità, se siete stati contravvenzionati e riuscirete ad esibire idonea documentazione, di presentare regolare ricorso contro il comune, con vittoria di spese e quant'altro. Io e Pantano ci rendiamo disponibili a fornirVi assistenza.

Muoiono 3 giovani carabinieri
Succede purtroppo la tragedia. Il 3 febbraio 1987 muoiono 3 giovani carabinieri in servizio di leva, travolti dal treno sul passaggio a livello in via Don Sturzo a Valliera di Adria, clicca QUI.
La tragedia – considerata disastro ferroviario ex art. 449 c.p. - crea molta commozione in città e non solo. Quali sono le cause della morte di quei 3 ragazzi? Semplice e fatale disattenzione oppure qualcos'altro? E qui c'è il colpo di scena: il dicembre del 1986, quindi 2 mesi prima della tragedia, la direzione compartimentale delle FS di Bologna, le Ferrovie dello Stato ora RFI, invia una lettera raccomandata al comune di Adria, denunciando la mancanza e l'incompletezza della necessaria ed obbligatoria segnaletica verticale ed orizzontale in prossimità dei passaggi a livello di via Don Sturzo, quello della tragedia, e del vicinissimo di via Scolo Branca, proprio a Valliera. Le FS chiedono inoltre che il comune di Adria provveda a regolarizzare la segnaletica (cit.) “... favorendo un cenno di conferma a lavoro ultimato.”

Questa è la fotocopia della raccomandata con il timbro di arrivo in comune di Adria il 31 dicembre 1986 : 
per vederla meglio clicca QUI
Ora vi risparmio il rimpallo di lettere raccomandate, post tragedia, tra comune di Adria e provincia di Rovigo per stabilire la competenza su chi doveva piazzare la segnaletica, competenza che spettava inequivocabilmente al comune di Adria, datosi che via Don Sturzo a Valliera è classificata come strada comunale; l'intero carteggio è in mio possesso.
Ma quello che mi sembra più importante è che il comandante Pantano dichiari di essere stato all'oscuro di quella raccomandata, cioè non ne sapeva l'esistenza fino a tragedia avvenuta.
Chi ha nascosto la raccomandata delle FS al comandante Pantano? Anche in questo caso Francesco Pantano non ha dubbi: è stato il suo vice Giuseppe Cascone, se non altro per nascondere ai suoi occhi un'ennesima gravissima mancanza. E questa volta anche tragica, aggiungo io.

La fine della carriera di Francesco Pantano
Dopo la morte di quei 3 poveri ragazzi, la corda già tesa tra Pantano, Cascone e l'amministrazione comunale, si spezza definitivamente. Se non altro perché Pantano comincia a fare la voce grossa, in merito a
tutte le irregolarità che aveva denunciato negli anni e all'occultamento di documenti ufficiali di cui è stato vittima. E questo non piace per nulla al comune che con la delibera 844, del 12 giugno 1987, allontana definitivamente il dott. Francesco Pantano dal comando della polizia locale, affidandoli l'incarico fittizio di “Capo sezione scuola cultura tempo libero e sport”, che tradotto significa “addetto alle fotocopie in scantinato”, mentre destina in maniera definitiva il signor Giuseppe Cascone alle funzioni di comandante dei Vigili Urbani, di fatto non avendone i requisiti previsti per legge.
Ora è interessante farVi notare che tale delibera, considerata antisindacale dalla segreteria CGIL-CISL-UIL, come denunciato da una lettera inviata al sindaco in data 17 giugno 1987, viene addirittura, la delibera 844, annullata dal CORECO, Comitato Regionale di Controllo di Rovigo, con un'ordinanza del 7 luglio 1987 perché (cit.) “... il provvedimento è illegittimo per carenza di presupposti soprattutto nella parte in cui provvede a sollevare il dipendente dalle proprie funzioni e per errata applicazione dell'istituto della mobilità ...”
Ora pensate che il comune di Adria accetti l'ordine del CORECO e ripristini Pantano alle sue funzioni? Niente affatto! Il comune di Adria se ne frega altamente dell'ordinanza e anzi fa scrivere, per mano dell'allora assessore al personale Sandro Gino Spinello (PCI), che di li a poco diventerà sindaco, che il signor Giuseppe Cascone (cit.) “... è autorizzato a proseguire nell'espletamento delle funzioni di comandante dei vigili urbani.” Il carteggio è in mio possesso.
Altri segnali inventati
Francesco Pantano è stato messo fuori gioco, ma non si arrende. Inizia una battaglia legale a suon di denunce e di carte protocollate. Tutto finisce archiviato dal tribunale di Rovigo. Non solo: Sandro Gino Spinello, soprannominato ad Adria “Gino busia”, (Gino bugia in italiano, forse perché ha promesso posti di lavoro a tutti senza mai rispettare tali promesse), diventato sindaco, lo denuncia anche per peculato perché utilizzava, come sta scritto sul capo di imputazione, “il fotocopiatore del comune per scopi personali” e (cit.) “... l'atteggiamento di Pantano costituisce un continuo elemento di turbativa e di cattivo funzionamento all'interno degli uffici comunali.”
Pantano viene condannato in primo grado a 2 mesi di reclusione e assolto in appello perché il fatto non sussiste.

L'idea che mi sono fatto
Semplicemente: E TUTTA UNA PORCHERIA!
Un funzionario solerte e competente denuncia delle irregolarità da parte di un comune, di una istituzione, che deve rappresentare il massimo esempio di legalità. Per questo viene buttato fuori, cacciato. Ma non gli viene abbassato lo stipendio. Parliamoci chiaro: Francesco Pantano ha percepito per 15 anni, dall'87 fin quando è andato in pensione nel 2002, lo stipendio pieno di comandante della polizia locale senza aver mai lavorato, facendo solamente atto di presenza in comune. Della serie stai buonino, stai a cuccia, che i tuoi soldini li prendi sempre. Ma lui buonino, a cuccia, non c'è mai stato, forse perché è troppo onesto e quello che ha subito semplicemente non gli va giù.
E' vero che sia il TAR che il Consiglio di Stato si sono espressi alcune volte sfavorevolmente nei confronti di Pantano, approvando parzialmente l'operato del comune di Adria, ma non dimentichiamoci che queste strutture hanno come unico scopo quello di difendere sempre gli interessi dello stato, anche quando questi sono basati su palesi violazioni di norme e abusi. Voi avete letto l'esatta evoluzione degli eventi, fate quindi voi le Vs. valutazioni e a riprova di tutto vi pubblico la prima denuncia presentata da Pantano nel 1988, clicca QUI, e l'ultima presentata nel 2012, clicca QUI.
E di quei 3 ragazzi morti al passaggio a livello? Se ne sono dimenticati tutti, tranne Pantano e io.
E' vero, c'è stata un'inchiesta, come succede sempre dopo un disastro ferroviario, ma guarda caso è finita archiviata anche questa. E d'altronde non poteva che finire così. Vi immaginate se dall'inchiesta fosse scaturita, come è oggettivamente, anche la parziale responsabilità del comune di Adria e quindi fosse stato condannato a pagare i danni alle famiglie? Vi immaginate lo stato che condanna se stesso a pagare? Ricordatevi che “cane non mangia cane”!
E comunque anche su queste 3 terribili morti, Francesco Pantano non ha dubbi, e come ha sempre scritto su tutte le denunce che ha presentato in tribunale “Giuseppe Cascone è stato, è e sarà sempre, il diretto responsabile della morte di quei 3 ragazzi”.
Non aggiungo altro. 

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sabato 23 gennaio 2016

Nasce "Pane pulito italiano" by Arnaldo Cavallari.

Arnaldo Cavallari ci fa assaggiare il suo nuovo pane, 100% biologico e dal prezzo anti-crisi e ci parla del suo nuovo progetto, “Ciabatta Village”, per rivalutare Adria che ama follemente, assieme alle donne e alle macchine ovviamente.

Non smette mai di stupirci il nostro Arnaldo cittadino che ad 83 anni suonati reinventa il modo di fare pane, il modo di mangiare pane.
Nasce infatti “Pane pulito italiano”, marchio e ricetta doverosamente registrati e copyright che è un pane totalmente biologico, assolutamente sano, prodotto interamente da farina selezionata naturale ottenuta da grano non trattato.
E' proprio questo il segreto di “Pane pulito italiano”: l'assoluta genuinità degli ingredienti. O meglio dell'unico ingrediente, cioè la farina, che non deve subire nessun tipo di trattamento al di fuori di quello strettamente necessario per renderla lavorabile.
Sono banditi totalmente qualsiasi tipo di additivo o di sostanza chimica.
Quindi massimo impegno del mugnaio, e controllo di tutte le fasi, ma massimo controllo anche del fornaio, che deve ottenere l'impasto e cuocerlo secondo le direttive fornite da Arnaldo stesso.
Proprio la filiera garantita e un ferreo disciplinare di produzione, sono i punti chiave per ottenere l'autentico e ottimo “Pane pulito italiano”, che in fondo in fondo è un ritorno alla tradizione. Infatti Arnaldo ci tiene a chiarire che lui fondamentalmente non ha inventato nulla, ha solamente riportato la natura e la tradizione nel fare il pane.
Troppo spesso i fornai sono tentati ad utilizzare le cosiddette “polverine”, come le chiama Arnaldo, che altro non sono che miglioratori chimici il cui unico scopo è quello di sviluppare l'impasto per ottenere così più pane. L'uso di tali prodotti chimici, che sembra tollerato dalla legge, è particolarmente sgradito dal nostro stomaco, perché rende il prodotto finito poco digeribile per alcuni e addirittura intollerabile per altri.
Pane pulito italiano”, lo dice il nome stesso, non è niente di tutto questo. E' solamente buono e sano pane come lo faceva la nonna, quindi completamente digeribile e tollerabile per tutti, che dura anche parecchi giorni, mantenendosi tenero e gustoso nel tempo, e garantendo anche un'ottima resa per i fornai, come illustra Arnaldo stesso su una brochure a loro riservata. Se la farina è buona e naturale infatti, si ottiene un impasto ottimo e in gran quantità ad un costo molto basso. “Pane pulito italiano” potrà essere commercializzato attorno ai 3 euro al Kg, che è un prezzo assolutamente basso considerandone la qualità.
E perché “Pane pulito italiano”?, chiedo ad Arnaldo, e lui mi risponde: “Ma perché devo tenermi sempre attivo, devo lavorare continuamente, devo sperimentare sempre. Devo sempre migliorare quello che già esiste. Insomma devo sentirmi vivo”.
Bravo Arnaldo! Poi a denti stretti mi dice che voleva escogitare un'alternativa alla Ciabatta, oramai sputtanata per il semplice fatto che pochi hanno applicato quel famoso, ferreo ma necessario, disciplinare di preparazione.
La Ciabatta si trova ormai da tanti anni, anche in Repubblica Ceca e in Slovacchia, ma si chiama così solamente perché la forma richiama quella della calzatura, cioè bassa, tozza e larga. Ma il sapore è inaccettabile, per noi che conosciamo il vero gusto dell'autentica Ciabatta.
Si è la grandissima soddisfazione di Arnaldo. Prodotta in tutto il mondo, ha superato per popolarità persino la “baguette” francese e in Sud Africa, il forno industriale che la produce in esclusiva dietro licenza di Arnaldo, conta oltre 150 dipendenti e sforna tutti i giorni tonnellate di Ciabatte.
Un successo mondiale per Arnaldo, ma anche per Adria, visto che le ha dato i natali e ovunque si citi la Ciabatta, inevitabilmente si cita anche Adria. Adria, grazie ad Arnaldo e alla Ciabatta, è diventata la “Città del pane”.
E si … Adria, questo paesino sul delta del Po, che ha fatto innamorare tanti viandanti, che assurge al rango di città proprio grazie ad Arnaldo. E proprio ad Adria, Arnaldo intende realizzare il suo piccolo capolavoro: il Ciabatta Village. Ce lo racconta proprio alla conferenza stampa del 20 gennaio.
Nella grande area ormai dismessa dove sorgevano i molini adriesi, in via Cà Cima, rimasta ancora nella totale disponibilità di Arnaldo, egli vuole creare un polo commerciale e culturale, con negozi, un ristorante, una sala polivalente al servizio della cittadinanza e ovviamente una rivendita di buon pane.
Un progetto veramente ambizioso, visti i chiari di luna del momento, ma certamente originale e importante per ridare slancio a un paese per troppo tempo sofferente, anzi agonizzante, ma che riflette purtroppo la situazione di tanti altri centri, piccoli e grandi della nostra penisola.
Arnaldo ci crede e tutti noi ci crediamo, affascinati dalla sua impareggiabile “arte” oratoria. Se non altro perché quando ce lo racconta li brillano gli occhi, e si capisce subito che le parole partono dal cuore.
Arnaldo, sei proprio buono come il pane. Anzi, buono e pulito come “Pane pulito italiano”.

venerdì 15 gennaio 2016

Orizzonte rosa. Il difficile mestiere di genitore.

Tutto è cominciato rivedendo, ancora una volta, i film della Mummia. Sono tre e generalmente, se si parte con il primo che risale al 1999, è obbligatorio, per i quattro maschi di casa, concludere la trilogia in stretta sequenza, in modo da non uscire mai dall'avventuroso spirito archeo-horror.
Eravamo tutti sul divano, in assetto cinematografico, davanti al secondo episodio della serie. O, meglio, loro erano in assetto cinematografico. Io, come accade sempre negli ultimi tempi, stavo inesorabilmente scivolando nel sonno, tra un ipercinetico figlio di mezzo e un protettivo ultimogenito che, al fine di risparmiarmi le scene splatter, mi copriva occhi, orecchie e, per mal riposto eccesso di zelo, anche naso e bocca.
Stavo per perdere conoscenza, non ricordo se per il sonno o per la mancanza di ossigeno, quando ho colto una sfumatura didattica nella voce del pater familias, quella riservata alle lezioni di vita, perle di saggezza da elargire, per fortuna con una certa moderazione, alla prole. "Spesso le coppie che si amano troppo e sono più concentrate su di sé che sul mondo intorno, sono pessimi genitori", stava dicendo l'economista marxista barese che rappresenta metà della mia coppia da oltre vent'anni. "Vedete? I due protagonisti, papà e mamma, sono troppo impegnati ad amoreggiare e a seguire la passione l'uno per l'altra, oltre che per l'archeologia, per riuscire ad accudire e ad amare veramente Alex, il loro bambino, che è abbandonato a se stesso. Vedete com'è infelice e solo, poveraccio?".
"Papà, dai! Si sta risvegliando il re Scorpione! Chi se ne importa se il bambino è triste perché i suoi genitori non lo amano abbastanza?!", Lo ha zittito il primogenito, archiviando così questa pillola paterna di psicologia della famiglia e, soprattutto, della coppia. Io invece, vinta dal sonno, mi sono persa il risveglio del re Scorpione. Ma non ho archiviato nulla.
Così, qualche sera dopo, prima di dormire, ho scoperchiato un vaso che mi stava a cuore. "Senti ... Ma ... Secondo te, noi due ...". "Quando inizi così mi fai paura". "No, dicevo ... Noi due, come genitori, come siamo?". "Dove vuoi arrivare, Elasti?". "Rispondi alla mia domanda. Che genitori siamo?" "Siamo, direi, attenti, presenti, affettuosi ..." "Ci definiresti dei bravi genitori?" "Sì, direi di sì. Ogni tanto sbagliamo, come tutti, però i nostri figli sono solidi, sereni e non sembrano nascondere buchi neri nell'anima. Quindi sì! Siamo bravi genitori". "Ho capito". "Cos'è quella faccia adesso? Cosa hai capito?" "Che non ci amiamo abbastanza. Che come coppia siamo due pesci freddi. Che la passione, la dedizione reciproca, la fiamma che ci accendeva e ci faceva vivere l'uno per l'altra sono morte, sepolte, dimenticate sull'altare di quei tre piccoli ingrati ... Che tristezza. Mi viene quasi da piangere".
"Che stai dicendo?" "Lo hai detto tu, parlando dei genitori di Alex. Loro sì che si amavano e ogni momento era buono per abbandonarsi al desiderio". "Sei pazza! Chi è Alex?" "Il bambino della Mummia 2". "Ma non stavi dormendo?".
La verità è che io sono d'accordo con lui. Per essere bravi genitori bisogna distogliere lo sguardo dall'ombelico della coppia e farsi famiglia. Imparare ad accogliere, includere e aprirsi, talvolta anche a scapito di quella magia dell'innamoramento esclusivo, inebriante e totale che ci trasforma in monadi estatiche.
E un po' rimpiango quel periodo lì, in cui eravamo solo noi due, persi nel nostro amoroso egocentrismo.
E un po' mi avvilisco quando ci trasformiamo in Furio e Magda del film di Verdone, intenti a far quadrare l'organizzazione di una famiglia, troppo somigliante a una piccola impresa, impegnati in immortali conversazioni ragionieristiche, invece di amoreggiare incuranti del resto, come facevamo a vent'anni.
Esiste un equilibrio?
"Non vedo l'ora di andare in pensione". "E perché?" "Per fidanzarmi con te e tornare a somigliare ai protagonisti della Mummia". "Forse noi due avremo bisogno di una vacanza ..."


Elasti

sabato 9 gennaio 2016

La Voce di Rovigo? "Cacata carta" diceva Catullo.

Il giornalismo italiano è in crisi, l'Ordine dei giornalisti non serve a nulla e non tutela la professionalità, clicca QUI. Sono tutti argomenti triti e ritriti per chi come me si ostina ancora a leggere qualche quotidiano e naviga in rete. D'altronde in Italia abbiamo concepito i “giornali partito”, ben foraggiati dai contributi di stato sull'editoria, casse di risonanza e macchine di propaganda dei partiti politici e autentici contenitori di pseudo giornalisti servi umili e accondiscendenti, ai quali non viene chiesta professionalità e competenza, ma bensì assoluta ubbidienza e totale dedizione alla causa politica.
Noi in Polesine, che non ci facciamo mancare proprio nulla, abbiamo il nostro bel giornale partito, organo ufficiale o tazebao che dir si voglia, del partito comunista polesano, in Italia si chiama PD, che corrisponde al nome de “La Voce di Rovigo”.
Nata dalle macerie de “La Risposta” e la “Nuova Rovigo”, definite canali di finanziamento occulto del PCI-PDS – clicca QUI QUI QUI e QUI – non ha perso, ma semmai amplificato, la sua connotazione di strumento di propaganda politica.
Sulla questione soldi, finanziamenti e fatturazioni “particolari” volutamente non scrivo, perché potranno essere l'argomento di un prossimo post.
Io “La Voce” non la compro, costasse anche 1 centesimo, ma per principio non intendo pagare le bugie, le falsità e le cattiverie degli altri. La leggo al bar. Il mio euro preferisco darlo ad un barista, che mi trasmette professionalità, capacità e anche simpatia, e così non contribuisco a finanziare apparati di staliniana memoria.
L'attrito tra me è “La Voce di Rovigo” è storia vecchia. Dalla loro pagina Facebook, che anni fa era aperta, ora non più, li ho sempre punzecchiati sulle varie cazzate che quotidianamente pubblicavano, la redazione in generale e i collaboratori in particolare.
Nell'ultimo anno, anno e mezzo poi, ci stanno letteralmente fracassando i cosi, con tutte le beghe interne del PD polesano – perché i comunisti si sa, sono talmente ignoranti che non riescono a mettersi d'accordo su nulla - e la messa in luce del suo giovane e intraprendente segretario, tale Julik Zanellato, il cui nome è tutto un programma, ovviamente futuro candidato sindaco al comune di Adria.
E proprio l'amministrazione comunale di Adria, del centro destra, il bersaglio principale della redazione; bisogna screditare l'avversario sempre, comunque e dovunque, questo è l'ordine impartito dal Politburo.
Per questo non fanno ovviamente sfoggio di particolare intelligenza e fantasia. Quella delle sciagure meteorologiche e dell'esaurimento nervoso è per loro autentica ossessione: “Assesore nella bufera...” “Centrodestra nella bufera...” “Nervi tesi in consiglio comunale...”. Le
shoot che pubblico sono abbastanza esaustive e pensate che sono andato indietro nel loro sito di solo un mese.
Ora hanno trovato l'occasione di scrivere malignità sul mio conto in merito alla questione ex vigilessa Laura Fusetti ed ex avvocato Edoardo Longo.
I 2 personaggini mi hanno infatti denunciato per diffamazione a fronte dei miei post, la cui cosa mi onora e lusinga badate bene. C'è stata un'udienza filtro il 18 dicembre 2015 dove ho chiesto di impugnare il processo e di andare quindi a dibattimento il giorno 21 di ottobre 2016.
Questa era eventualmente la notizia da riportare; dico eventualmente, perché con tutto quello che succede tutti i giorni in Polesine, tra furti, droga, rapine e violenze, la notizia della Fusetti e del Longo assertivamente diffamati dal Gallimberti fa solo ridere.

Ma i solerti “funzionari” de “La Voce di Rovigo” mi hanno dedicato un trafiletto senza firma sull'edizione del 19 dicembre, scrivendo una serie di stronzate e violando altresì quello che è il codice deontologico giornalistico, che stabilisce l'esatta proporzione tra accusa e difesa e la necessaria formula dubitativa preliminare nell'esposizione del fatto. Ma questo si sforzano di fare i giornalisti veri, non certo i funzionari de “La Voce di Rovigo”. Ecco il trafiletto :
Ora pubblico la mail che immediatamente dopo il fatto, inviai alla redazione del giornale e dalla quale non ebbi nessuna risposta.
Tanto meglio.
Mi fa piacere che la leggiate Voi e che riusciate a farVi un'idea su che razza di persone gestiscono l'informazione:

Spett Redazione “La Voce di Rovigo”

Relativamente all'articolo senza firma comparso nell'edizione de “la Voce di Rovigo” di sabato 19 dicembre 2015, a pag. 25, titolato: “ADRIA – A processo un 45enne – Offende nel suo blog avvocato e vigilessa”, sono a contestare nel merito e nel modo con cui è scritto poiché fortemente viziato, quindi sbagliato e non completamente corrispondente alla realtà dei fatti.
Sul merito stiamo parlando di un'ex vigilessa, (Laura Fusetti), rimossa ormai da anni dal corpo di polizia locale del comune di Adria, a fronte di sue continue intemperanze nei confronti dei colleghi e soprattutto dell'utenza.
Altresì stiamo parlando di un avvocato “ad intermittenza”, (Edoardo Longo), poiché lo stesso è stato sospeso due volte dall'Ordine degli Avvocati di Pordenone, una a fronte della pubblicazione di scritti anti-semiti, (si auto-definisce intellettuale revisionista di fatto nega l'esistenza delle camere a gas e afferma che lo sterminio degli ebrei non è mai esistito), due per avere subito una condanna per furto di documenti da un fascicolo processuale che lo riguarda nel marzo 2015 e un'altra condanna definitiva per diffamazione aggravata nell'ottobre 2014.
Volutamente tralascio di scrivere sulla terza persona coinvolta, “... un altro cittadino...”, perché trattasi di un collaboratore del Longo.
Ora l'ipotesi accusatoria scaturita dalle denunce di parte e si diffamazione, ma all'udienza filtro, ripeto filtro, del 18 dicembre, a cui maldestramente si riferisce l'articolo, il denunciato, cioè il sottoscritto, forte della bontà del suo operato, non ha scelto alcun rito abbreviato o alternativo, riservandosi la facoltà di presentare ulteriori documentazioni e testi. A questo punto il giudice altro non poteva fare che fissare udienza, questa volta di primo grado, per il giorno 21 ottobre 2016.
E questo viene omesso dal contesto dell'articolo poiché si scrive in maniera aprioristica “Offende nel suo blog...”, “... nel suo blog ha offeso...”, “... ha usato con molta leggerezza lo spazio da lui gestito...”, inoltre “... accusando la vigilessa di essere una donna poco seria e dedita alle peggiori abitudini sessuali...”, questo passaggio non esistente nei post in oggetto, (presenti in rete sul mio blog), è scaturito dal capo di imputazione redatto su indicazione dei denuncianti e al quale il “compositore” dell'articolo in questione si è esclusivamente e quindi erroneamente affidato.
Quindi manca nell'articolo, o meglio in questo “esercizio di giornalismo”, oltre che la corretta presentazione del fatto, anche la necessaria e obbligatoria proporzione tra accusa e difesa, stante nella sua attuale e pubblicata versione, la percezione, (e mica poi tanto percezione), che il denunciato, cioè io, sia di fatto un diffamatore e che abbia scritto delle frasi che in realtà non ho mai scritto.
Che io sia un diffamatore o uno che “Offende nel suo blog...”, si potrà in parte dire dopo l'udienza del 21 ottobre 2016, (perché in Italia, vi ricordo, esistono tre gradi di giudizio), ma non assolutamente in questa fase processuale.
Per tutti questi motivi, a fronte dei dati oggettivi facenti parte integrante della vicenda processuale e invocando altresì la legge sulla stampa che stabilisce criteri precisi di pubblicità e di parità tra accusa e difesa, sono a pretendere che entro Natale, venga redatto un nuovo articolo, riportante la giusta dimensione del fatto.
In caso contrario agirò volentieri in maniera molto sgradevole nei Vs. confronti.
Se non sapete fare la cronaca, continuate a scrivere di Julik Zanellato e delle beghe interne del PD.

Ersilio Gallimberti – Adria

Io aggiungo solo 3 cose: la prima è che aspetto con ansia il 21 ottobre 2016 per andare a dibattimento e interrogare i denuncianti. Non mi preoccupo per l'Edoardo Longo, autentico abituè delle aule di tribunale e del quale constato un tracollo professionale e personale senza precedenti. Un tipo del genere, nazista e negazionista, poteva solo finire in maniera miseranda.
L'ex vigilessa Laura Fusetti
Mi preoccupa non poco, invece, la Laura Fusetti, l'ex vigilessa, la cui vita professionale e privata sarà praticamente messa a nudo, e non era assolutamente quello che volevo quando con ilarità e simpatia scrissi il pezzo oggetto del contendere – clicca QUI . Ma si vede che spogliarsi le piace …
La seconda cosa riguarda le aziende che comprano spazi pubblicitari su “La Voce di Rovigo”: fate una riflessione e considerate bene a chi date i Vostri denari.
La terza cosa che voglio scriverVi e che esistono ancora, rari devo dire la verità, esempi di buon giornalismo. Cliccate sul link e leggete l'articolo che hanno scritto, sullo stesso argomento, i giornalisti di “Rovigo Oggi”; addirittura la citazione alla “Colonna Infame” di Manzoni mi ha commosso.


Pseudo giornalisti de “La Voce di Rovigo”, imparate a scrivere SOMARI !!!!!!!!!!!!!

sabato 2 gennaio 2016

Nando l'uomo più "dolce" di Adria.

Voglio raccontarvi una storia dolce dolce, che sa di zucchero filato, di marzapane e mandorle caramellate.
E' la storia di Nando, “l'uomo più dolce di Adria”, “el ciuciaro”, quello che ha la bancarella dei dolciumi tradotto in italiano.
Classe 56', Arcangelo Boccato all'anagrafe, ma per tutti ad Adria è Nando, lavora da oltre 40 anni. Non tutti a vendere dolciumi per la verità. In gioventù ha provato a lavorare in agricoltura, ha fatto l'elettrauto per 4 anni ed è stato pure bagnino in piscina.
Ma alla fine il richiamo a proseguire l'attività di famiglia è stato troppo forte per lui e ormai fa questo mestiere da 35 anni. Si perché Nando è “ciuciaro” da due generazioni. Prima di lui suo padre che gli ha trasmesso la passione del commercio ambulante e soprattutto delle dolcezze.
Certo perché fare il commerciante ambulante non è per tutti: ore ed ore all'aperto, per la strada, con tutti i climi e con tutti i personaggi che ti capitano davanti alla bancarella.
Ma lui non si è mai perso d'animo, anzi, e tutti gli anni gira per le fiere della provincia e non solo con il suo grandissimo banco, una sorta di paese dei balocchi ambulante che fa innamorare tutti i bambini.
E sono proprio i visi, gli occhi affascinati di questi bambini davanti al banco, davanti alle caramelle, davanti ai dolciumi di ogni fatta, davanti ai palloncini, la più grande ricompensa per Nando, che sa di fare un mestiere si faticoso, ma unico e meraviglioso, come lo sono i bambini.
Nando ci tiene a dirmi di non essere legato al denaro, di non pensare ad accumularne senza goderselo. Anzi, tutt'altro. Accantonata la giusta quota da investire per la sua attività, lo spende tutto per far star bene la sua famiglia e concedersi più di qualche divertimento. E come darli torto.
Mi spiega la differenza tra fiera, festa paesana e sagra, perché non sono la stessa cosa e, assoluto auto-didatta del marketing e delle analisi di mercato - a lui i consulenti di Wall Street gli fanno un baffo - mi racconta di non amare le feste politiche, prime fra tutte in Polesine le feste dell'Unità, perché su un transito di 1500 persone, “prende 150Mila lire”, mentre alla fiera di Mazzorno, per esempio, su un transito di 30 persone “prende 500Mila lire”.
La differenza consiste nel fatto che alla fiera paesana come quella di Mazzorno, si va per divertirsi e spendere, mentre alla fiera dell'Unità, che è politica, no.
Mi racconta poi di come si sia evoluto il suo mestiere: “30 anni fa il rapporto con le istituzioni era peggiore”, dice Nando, “Le amministrazioni e la gente non vedevano di buon occhio tutta quell'orda di bancarellari e giostrai che arrivavano con le roulotte. Poi, la fine di certi pregiudizi e leggi più tolleranti, hanno facilitato le cose.”
Ora invece siamo tornati indietro, ma questo lo aggiungo io, non tanto per il ritorno di quei pregiudizi, bensì per l'inasprirsi di leggi, regolamenti, tasse e balzelli che scoraggiano l'attività di commercio ambulante. E Nando ovviamente approva.
Nando mi racconta altresì di non avere mai cambiato l'impostazione della sua bancarella in tutti questi anni di attività. D'altronde bottega che rende non si cambia, e anche questo Nando potrebbe spiegarlo ai guru della finanza.
Mi racconta poi di come sia cambiata l'atmosfera della sagra in tutti questi anni, e questa volta in peggio. “La gente si diverte sempre meno, vengono alla sagra tutti incazzati, si guardano in cagnesco, ridono poco”. E Nando con queste poche parole colpisce nel segno: l'Italia è il Belpaese ma per pochi. Stanno facendo di tutto per toglierci il sorriso, ultimamente è diventato difficile tutto.
E poi l'invasione di comunitari e extra-comunitari che non ha certo migliorato, anzi peggiorato, le condizioni lavorative e la percezione di sicurezza.
Nando ha fatto anche un cartello con scritto: “Bancarella di italiani (de Adria) in via di estinzione”, per denunciare, a suo modo, quello che sta succedendo negli ultimi anni al commercio ambulante italiano, che è poi lo stesso che partecipa a sagre e fiere. Oramai oltre la metà delle bancarelle, tra abbigliamento e casalinghi, sono di proprietà di cittadini cinesi e in minor parte indiani. Ma non pensiamo - io, Nando e tanti altri operatori – che questo corrisponda ad un vero e proprio investimento. Le attività estremamente tassate, non rendono così tanto per giustificare elevati prezzi d'acquisto, che spesso e volentieri venivano liquidati in contanti, per lo meno prima dell'istituzione del tetto. Pensiamo che ci sia qualcos'altro sotto. Ma mi fermo qua.
Nando invece è sempre là, ad Adria, nel periodo delle feste – soprattutto Natale, Epifania e Pasqua - con la sua bancarella di dolciumi, in fianco ai “Cordari” e con la “succursale” gestita dai parenti, in piazza del Duomo. Sono proprio questi, infatti, i periodi dove Nando racimola qualche soldo in più. A Natale e Pasqua perché diventiamo tutti più buoni e regalando dolciumi palesiamo questo status; all'Epifania perché è bella tradizione riempire la calza della Befana con ogni sorta di dolciumi, mentre per i bambini cattivi si mette il “carbone”, che è talmente buono e dolce che ti fa venire la tentazione di fare il cattivo sul serio.
Io penso che fino a che ci saranno bambini, ci sarà sempre un Nando. Non posso pensare a Nando senza pensare ai bambini che fissano i suoi dolciumi e i suoi palloncini che si alzano verso il cielo, anticamera dell'infinito e del sogno immaginifico, sia per noi adulti smaliziati, che per loro bimbi innocenti e incantati.
Mi soffermo un attimo sui palloncini, che sembra non abbiano nulla a che fare con la nostra dolce storia, ma non è così.
Negli anni 70' andavano molto in voga in Italia i cosiddetti “film strappalacrime”. Il più significativo di questi si intitolava proprio “Il venditore di palloncini”, la cui trama, in estrema sintesi, narrava che ad un bambino che doveva morire, apparve Dio sotto le sembianze di un “venditore di palloncini” perché i palloncini donati ai bambini, prima o dopo vanno in cielo come gli angeli e amano e proteggono i bambini.
Ora, la prossima volta che vedete Nando e la sua bancarella, regalate ai vostri figli le caramelle e un palloncino.
Ricordatevi che di battesimo fa Arcangelo e non si sa mai che dietro quella storia, ci sia un barlume di verità.