C'è
da sperare, scrivevo la settimana scorsa, che le aziende si attengano
alle nuove, chiare norme del garante per la privacy sulla
"profilazione" on-line, (l'analisi delle abitudini dei
consumatori a scopi pubblicitari) : ma bisogna anche augurarsi che,
se proprio vogliono profilarci, almeno lo facciano bene.
Alcuni
lettori concordano sul fatto, che la riservatezza dei dati e
l'esigenza della precisione pubblicitaria, possano essere conciliate.
Altri sono convinti del contrario : non si può avere la botte piena
e la moglie ubriaca. Tutti però vogliono approfondire l'argomento.
Qualcuno
porta l'esempio dei
selfie.
È una buona idea perché, effettivamente, gli autoscatti sono
immagini rivelatrici delle nostre preferenze e rappresentano dunque
una miniera di dati importanti per chi sappia estrarli, portarli alla
luce e valorizzarli. Quante informazioni possono dare la camicia che
indossiamo, gli occhiali che portiamo o la bibita che stiamo bevendo
?
Non
a caso - ha ricordato Gaia Rubera della Bocconi sul Corriere -
Google, Yahoo e Twitter hanno acquistato società specializzate in
questo tipo di studio delle immagini. In America, ad esempio,
Gatorade si è accorta che le sue bevande energetiche venivano
consumate, sempre più spesso, durante la colazione del mattino e non
solo alla fine di una corsa nel parco. Un'informazione preziosa, che
ha spinto l'azienda a creare un prodotto specifico per il breakfast.
Società
specializzate hanno scoperto che molte persone, postano foto di sè
mentre mangiano lo yogurt in macchina : Chobani, una marca
statunitense, ha deciso così di sviluppare confezioni apposite per
il consumo di yogurt in automobile.
In
sostanza, secondo Gaia Rubera, le aziende possono ottenere quattro
tipi di informazioni : in quali situazioni usiamo i prodotti, quali
altri prodotti abbiniamo ai nostri, quali marchi sono più popolari,
chi sono i consumatori "evangelici", (gli apostoli non
c'entrano : sono i fan di un certo marchio, che fidelizzano anche i
loro amici).
E
i consumatori che vantaggi possono trarne ? Prodotti più adatti ai
propri gusti, in primo luogo. Se possono dare o negare, con una
procedura semplice, un consenso informato, l'uso dei dati on-line -
come prescrivono, appunto, le nuove regole del garante - tra
marketing innovativo e privacy non c'è conflitto. Anche quando ad
essere "profilata", è la nostra faccia.
Certo,
resta aperto il tema della suddivisione del valore dei dati
personali, tra aziende e consumatori. Alcuni ritengono sia troppo
sbilanciata a favore delle prime. Concordo. Si potrebbero, forse,
trovare soluzioni di “baratto” : ad esempio il consenso alla profilazione, in cambio di sconti sui prodotti.
Lo
accetterebbero gli inserzionisti o riterrebbero di poter fare
tranquillamente a meno del nostro si ? Il dubbio è legittimo.
Edoardo
Segantini
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