Si
dice . . . “fru-fru”
Il
termine fru-fru, anche fru fru o frufrù, è una voce imitativa che
richiama il fruscio delle sottane, lo scalpiccio dei piedi, un
frullio di ali e in genere uno scompiglio, un'agitazione di suoni
sommessi e prolungati. Dalla fine del XIX secolo, usato al plurale,
serve a indicare l'insieme di pizzi, nastri e decorazioni tipici del
vestiario femminile del tempo e, usato come aggettivo, da l'idea di
frivolezza e leziosità di modi e di pensiero, per esempio “un
abitino un po' fru-fru” oppure “una ragazza fru-fru”.
L'origine del termine, oggi internazionale, è francese, frou-frou, e
probabilmente richiama la prima sillaba del verbo frotter,
“sfregare, strofinare”.,
Si
dice . . . “a occhio e croce”
Significa
stimare in modo empirico e non preciso, dare una valutazione
approssimativa di qualcosa. L'espressione deriva dal gergo degli
antichi tessitori e la ritroviamo già nei trattati del XV secolo
sull'arte della tessitura a Firenze. Agli artigiani poteva capitare
che lavorando al telaio si sfilasse l'ordito, (i fili tesi in
verticale), e si perdesse così la forma di croce che esso forma con
la trama, (i fili intrecciati in orizzontale nella lavorazione del
tessuto). In quel caso il tessitore era costretto a riprendere i
fili a uno a uno “a occhio e croce”, cioè senza l'aiuto del
macchinario, per ricostruirne la perpendicolarità e poterli
ridisporre sul telaio.
Si
dice . . . “a tutto spiano”
La
locuzione “a tutto spiano” significa, (riferito per esempio a
lavorare, correre ecc.), il più possibile, a tutta forza, senza
limiti. L'espressione trae origine dall'antico mestiere dei fornai.
Nella Firenze del Medio Evo infatti, lo spiano era la misura della
quantità di grano assegnata a ciascun panettiere dal “magistrato
dell'abbondanza” per preparare il pane di ogni forno o cottura.
Per esempio : “a mezzo spiano” significava poter usufruire di una
quantità ridotta di frumento, mentre “a tutto spiano” era la
quantità massima. “Spiano” deriva da spianare : in antico
“spianare il pane” significava dare la forma dei pani alla pasta.
Si
dice . . . "tutto va bene, madama la Marchesa"
L'espressione
"tutto va bene, madama la marchesa" si usa in genere in
senso ironico, per indicare una situazione molto negativa, in cui non
va bene nulla, ma che si cerca invano di minimizzare. La frase
deriva dal titolo della versione italiana, (interpretata tra gli
altri da Nunzio Filogamo), di una canzone francese del 1934 : "Tout
va tres bien, madame la Marquise". Il testo racconta di una
nobile che si informa al telefono sulla situazione al suo castello,
ricevendo paradossali rassicurazioni dal maggiordomo che intanto
descrive una situazione catastrofica con incendi e suicidi in atto.
Si
dice . . . “non essere né carne né pesce”
Il
detto vuol dire non avere caratteristiche distintive definite e può
indicare qualcuno insignificante o privo di personalità. Il modo
di dire si trova anche in altre culture europee con diverse varianti.
L'origine è gastronomica in quanto un tempo la cucina distingueva
gli alimenti di origine animale, soltanto nelle 2 grandi categorie di
carne o pesce e forse si rifà all'obbligo di mangiare di magro di
venerdì e in Quaresima. Se infatti i cibi dovevano essere
classificati in base al loro utilizzo, qualcosa che non fosse né
carne e né pesce presentava un problema di catalogazione.
Si
dice . . . “essere un istrione”
Il
termine “istrione” indica un attore che recita con enfasi
esagerata per attirare applausi e, per estensione, una persona che
assume pose false, teatrali, esibizionistiche. Il termine ha
origini antiche : viene dal latino histrio-nis,
a sua volta dall'etrusco Histria,
colonia greca sul Mar Nero da cui sarebbero provenuti i primi
giullari e mimi. Era infatti in origine il termine dato agli attori
etruschi che agivano a Roma in spettacoli gestuali, di danza e musica
; in seguito divenne il nome degli attori professionisti. Una
categoria che raggiunse grande importanza e popolarità sotto
l'imperatore Augusto.
Si
dice . . . “alla garibaldina”
L'espressione
indica azioni intraprese senza troppa attenzione e cautela, cose
fatte in maniera forse avventata, ma con slancio e spavalderia.
L'espressione è un chiaro riferimento ai metodi di combattimento di
Giuseppe Garibaldi (1807-1882), “l'eroe dei due mondi” che
costellò la sua vita di imprese militari audacissime sia in
sudamerica che in Europa. In particolare ci si rifà alla
Spedizione dei Mille, (1860), in cui il comandante nizzardo partì
alla volta della Sicilia alla testa di soli 1084 volontari in camicia
rossa nell'intento, in apparenza con scarse possibilità di successo,
di riunificare la nazione italiana.
Si
dice . . . “dare il colpo di grazia”
Significa
infliggere un attacco fatale a qualcuno che si trova già in
condizione di difficoltà. Il riferimento è ad un gesto che si
consumava in guerra o dopo un'esecuzione: era il colpo letale inferto
a un combattente ferito allo scopo di evitargli le atroci sofferenze
di una lenta agonia. Il “colpo di grazia” veniva di solito
inferto a fine battaglia con una particolare daga, chiamata proprio
“misericordia”, in genere da un uomo di chiesa. Più di
recente, con l'introduzione della fucilazione per eseguire una
condanna a morte, il colpo di grazia viene comminato con una pistola
alla nuca, in genere dall'ufficiale a capo del plotone.
Si
dice . . . “dulcis in fundo”
E'
una frase che vuole avere il significato de “il dolce (viene) in
fondo”, ed è usata nel linguaggio comune per indicare una
situazione che si conclude con l'evento più bello. Ma è
utilizzata anche in chiave ironica, per esempio: “Abbiamo fatto
tutta la strada a piedi, eravamo stanchissimi e, dulcis
in fundo,
si è messo a piovere”. Di questa locuzione in latino
maccheronico, forse medioevale, non c'è traccia nella letteratura
classica. Si tratta di un motto popolaresco, il che è confermato
dal fatto che dulcis
non ha in latino il significato di “piatto di dolce”, ma è un
aggettivo e in
fundo
si tradurrebbe non “alla fine”, ma “dentro la tenuta agricola”.
Si
dice . . . “qui casca l'asino”
L'espressione
indica un punto critico, un momento di difficoltà molto duro da
superare. La frase si riallaccia al cosiddetto “ponte
dell'asino”, un passaggio critico da cui i somari, (metafora degli
individui meno dotati), rischiano di cadere. Alla base vi è il
motto latino
pons asinorum
che definiva uno schema di comportamento mentale studiato dalla
Scolastica, (la filosofia cristiana del Medioevo), che consisteva nel
porre un allievo difronte a concetti e problemi astratti di difficile
comprensione o a vere prove di abilità, in modo da valutare così il
livello delle sue capacità intellettuali.
Nessun commento:
Posta un commento