Munch dipinse la sua angoscia e creò
l'opera d'arte simbolo dell'uomo moderno. Ne “l' Urlo”, come in
ogni capolavoro, tutti vi trovano quel che cercano. Chi non è mai
entrato in un museo, o non ha mai visto un quadro, avverte il terrore
e la disperazione dell'artista, perché è quella che prima o poi
ogni uomo conosce, a cui reagisce, o si lascia trascinare nel gorgo
della depressione, come dalle pennellate violente e avvolgenti di
Munch. “l' Urlo” andrà all'asta da Sotheby's a New York, il 2
maggio, e si prevede che raggiungerà almeno gli 80 milioni di Euro.
L'apparente facilità del quadro spiega la sua popolarità, e l'uso
e l'abuso a cui è stato sottoposto, come la “Monna Lisa” che
troviamo sulle scatole di cioccolatini. Nei giorni di carnevale, a
Venezia, a Viareggio, o a Colonia e Magonza, per strada si incontrano
maschere che riprendono il volto della figura de “l' Urlo”, quasi
ridotta a un teschio, eppure sempre disperatamente viva. Anche nel
film “Scream”, urlo appunto, il protagonista ha una maschera che
ricorda il quadro di Munch. Ma le opere d'arte resistono a ogni
violenza, non solo a quella del consumismo. E “l' Urlo”, skrik
in norvegese, per poco non finì distrutto dai nazisti. Adolf
Hitler lo giudicava arte degenerata, insieme con quasi tutte le opere
d'arte contemporanee. Una versione de “l' Urlo”, non quella che
andrà all'asta, fu rubata alla Nationalgalleriet di Oslo nel 1994, e
recuperata un anno dopo. Il quadro fu dipinto a 30 anni da Edvard
Munch nel 1893, ma già avvertiva forse gli orrori del secolo che
stava per iniziare. La storia de “l' Urlo” è anche una storia
della nostra Europa. “ Credo che dipingerò solo la donna “,
disse adolescente, ma il padre, il puritano Christian, gli bruciò le
prime tele peccaminose. Appena gli fu possibile evase dalla
provincia norvegese, andò a Parigi, come in pellegrinaggio, ma la
sua nuova patria fu Berlino, dove continuò a tornare tutta la vita.
Oppure andava a Warnemunde, sul Baltico, dove lo ricordano seduto
per ore in silenzio, all'osteria, a bere birra e acquavite. E in
quell'anno, il 1893, che Munch conosce il primo successo, con la
mostra alla Kunstlervereins, l'associazione degli artisti, nella
Wilhelmstrasse. “L' Urlo”, che continuerà a dipingere in
diverse versioni, quasi identiche eppure diverse, suscita ammirazione
e disgusto. E' un'offesa all'arte, Munch è privo di talento e si
atteggia ad artista. Ma i detrattori sono in minoranza. “
Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò –
Munch così racconta la nascita del quadro – il cielo si tinse di
rosso sangue. Mi fermai, i miei amici continuavano a camminare e io
tremavo di paura . . . e sentivo che un grande urlo infinito
pervadeva la natura “. “L' Urlo” è messo all'asta da Petter
Olsen, che appartiene a una nota famiglia di armatori. Il padre
Thomas, fu amico di Munch e suo mecenate, e li comprò diverse tele.
Altre, in tutto 28, le salvò dalle mani dei nazisti. I quadri
dell'artista norvegese erano stati tolti dai musei tedeschi, ma i
nazisti decisero di venderli a Oslo, per ottenere valuta pregiata.
Olsen le acquistò a buon mercato, e dopo pochi anni, quando nel 1940
la Norvegia fu occupata dalle divisioni di Hitler, riuscì a
nasconderle. “ Le ho salvate da sicura distruzione “, diceva.
La storia degli Olsen e dei quadri di Munch è a suo modo
romanzesca. Thomas Olsen nel 1955 scivola sulla scalinata di marmo
nella sua villa, e rimane paralizzato. La compagnia passa nelle
mani del figlio Fred, che entra in conflitto con Petter. La madre
Henriette per ricompensare il figlio minore gli affida i capolavori
di Munch. Una decisione che continua a dividere i due fratelli.
Una vicenda che appassiona da decenni i norvegesi. Il ricavato de
“l' Urlo” servirà a finanziare un nuovo museo dedicato a Munch,
almeno questo è quello che è stato detto ufficialmente.
R. G.
Domanda: chi andrà a visitare il nuovo museo su Munch che però non conterrà l'urlo? L'arte vive di icone e l'urlo è una di quelle. Il grande pubblico non capisce nulla di arte, ma vuole vedere imagini famose, per riconoscerle e sentirsi gratificato. Potremmo mettere su un museo raffinatissimo, pieno di meravigliosi e sconosciuti reperti, ma in assenza di un'icona familiare sarebbe un flop.
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