La
genesi di quella che è stata una delle più prestigiose
manifestazioni motoristiche nazionali, raccontata a piena voce dal
suo realizzatore, Arnaldo Cavallari.
Notte
da tabarro. L'aria fredda e pungente sul volto. Il cielo maculato di
stelle. Guardavo e mi guardavo. Un'altra sfida. Un'altra corsa.
Perché
Arnaldo? Perché a cinquant'anni passati non fermarsi un po'? Perché
continuare a correre incessantemente?
"Perché
così fanno le stelle", mi risposi. E ringraziai le stelle.
Arrivavo da un incontro con i dirigenti del Ferrari Club di Taglio di
Po e con alcuni appassionati locali di rally. Erano state gettate le
basi per realizzare un rally nel Polesine. Un rally vero e proprio
dalle nostre parti non si era mai visto.
La
mia esperienza al servizio di un evento particolare, inedito. Un
progetto che identificai in tre messaggi: Polesine, Albarella e
Ciabatta
Polesana,
nata da poco. Cioè coniugare i rally e la vita. Sapevo come si
metteva in piedi un rally. Non per niente avevo frequentato il meglio
anche in questo senso: Stochino (San Martino), Asquini (Alpi
orientali), Rava (Sanremo), Salvay (999 Minuti). Non avevo mai
organizzato, ma mi sentivo pronto a seguire il loro esempio. Mi presi
la responsabilità di tutto. Tanto per cambiare ...
Il
Ferrari Club mise la licenza Csai di organizzatore, necessaria dal
punto di vista formale e legale. Preso dal prurito di vedere crescere
il progetto, non mi resi conto che questo "favore" sarebbe
potuto costarmi caro. Nell'ambiente, un rally nel Polesine suscitò
subito interesse, ma anche perplessità.
"Tutte
strade pianeggianti dalle tue parti, Arnaldo, e che rally puoi
inventarti senza montagne o colline?"
Mi
misi di buzzo buono per farli ricredere. "Trapanai" il
Polesine in lungo e in largo. Scovai stradine sconosciute, sterrate,
piene di curve e di difficoltà. Tutte attorno ad Adria. Disegnai un
percorso come piaceva a me. Prove speciali tortuose. Tra una curva e
l'altra mai più di 50 mt di rettilineo. Fatto il percorso, occorreva
vendere bene il rally. La sana e pragmatica filosofia di sempre.
Era
importante convincere coloro che ci davano una mano economicamente.
Far capire che il rally poteva diventare uno strumento utile per la
loro attività, che la promozione e la pubblicità avrebbero
assicurato un ritorno d'immagine. Io ero l'esempio. Organizzavo, ma
ero anche sponsor, col marchio Ciabatta Polesana.
Non per niente volli che si chiamasse il Rally
del Pane.
La
sponsorizzazione, però, andava seguita, accompagnata, promozionata.
Era quello che predicavo a tutti: ai potenziali sponsor del rally,
come ai piloti che mi chiedevano consigli. La prima edizione del
Rally
del Pane
andò in scena nella notte tra il 31 marzo e il 1 aprile 1984.
La
notte mi è sempre stata amica. Fu un successo straordinario. Un
coinvolgimento generale. Tre giorni, (dal venerdì alla domenica),
agitati, pieni. Tre giorni dentro un frullatore.
Il
molino divenne l'epicentro dell'evento. Stracolmo di gente, di auto
da corsa, (le verifiche tecniche si svolsero lì), di gioia. Una
sezione dell'edificio fu destinata all'area operativa: direzione
gara, segreteria, sala stampa, sezione cronometristi e via
discorrendo. Il cortile evaporava felicità anche dal terreno. Un'aia
festaiola, dove le variopinte auto da corsa sostituivano i trattori.
Un rombo che faceva tremare le finestre e fuggire i colombi da sotto
le pensiline. Il pane, ovviamente, grande accentratore. Grande anima
che accomuna. Usciva a getto continuo dal forno sperimentale e le
maestranze del molino, resesi disponibili spontaneamente, lo
servivano, correndo avanti e indietro per accontentare tutti.
Una
mortadella da mezzo quintale restò ore e ore in balia di
un'affettatrice. Vennero "seccate" un numero incalcolato di
damigiane di vino locale. Tutti mangiarono e bevettero. Piloti,
navigatori, accompagnatori, meccanici, giornalisti, cronometristi, lo
staff organizzativo del rally, paesani, curiosi e visitatori.
Ricordo
una coppia che addentò una lunga ciabatta imbottita. Uno di qua,
l'altra di là. Una specie di gara. Finirono col togliersi il pane di
bocca.
Il
palco partenza in piazza, davanti alla cattedrale. Una girandola di
luci e di sorrisi. La premiazione si svolse nel ridotto del teatro
comunale di Adria. Un'apoteosi. Autorità, personaggi, premi per
tutti i concorrenti. Conclusi stanco, ma felice. Ero riuscito ancora
una volta ad aggregare, a
far stare bene tanti.
Il
Rally
del Pane
divenne qualcosa di eclatante. L'anno dopo coinvolsi come sponsor
nientemeno che l'AGIP. I responsabili marketing dell'azienda
petrolifera, erano rimasti sorpresi dal successo registrato. L'AGIP
era conosciuta come partner della Ferrari. Non sponsorizzava altro.
Nel 1985, invece affiancò il suo marchio sia alla Ferrari, sia al
Rally
del Pane.
Il suggello perfetto. Avevo lavorato bene. Il Comune di Adria per la
premiazione non mi diede il ridotto, bensì tutto il teatro comunale.
Aveva capito.
Andò
avanti così per quattro anni. In un crescendo che sembrava perpetuo.
Il Rally
del Pane
me lo sentivo nelle ossa, nella pelle. Invece di affievolirsi,
costante delle cose che si ripetono, l'ebbrezza aumentava ogni anno.
Era amato anche dai panettieri miei clienti. Si sentivano parte
integrante di un avvenimento. Poi finì tutto. Sciolto come neve al
sole. Un paio di mesi prima di dare il via alla macchina
organizzatrice della quinta edizione, quelli del Ferrari Club vennero
da me.
"Quest'anno
il rally lo organizziamo noi", dissero a bruciapelo. Subito
rimasi senza parole. Finché chiesi: E io? "Non abbiamo più
bisogno di te. Ci piacerebbe che continuassi a fare lo sponsor. Ma
per l'organizzazione ci arrangiamo. Non c'entri più".
La
meschinità umana, accidenti. Ancora una volta sulla mia strada.
Nonostante fornissi puntualmente e dettagliatamente ai miei
interlocutori i conti che riguardavano il rally, si erano convinti
che nascondessi qualcosa. Insomma, che speculassi. Mi girarono le
spalle anche molti di quelli che ritenevo amici. Velocissimi a salire
sul carro di chi prometteva.
La
mia reazione li lasciò di stucco: "Bene, vado al mare. Saluti".
In
realtà, la faccenda mi rodeva. Mi avevano sottratto il giocattolo.
Mi avevano tolto un pezzo di vita. E, per di più, usando
l'insinuazione, il sospetto, la cattiveria gratuita. Sapevo che da
soli non avrebbero fatto molta strada. Per realizzare certe cose ci
voleva la passione che loro non avevano. E ci volevano i soldi. Il
rally costava circa 150 milioni di lire. Un centinaio arrivava dagli
iscritti e dagli sponsor. Ma il resto lo metteva il marchio Ciabatta
Polesana.
Erano soldi che tiravo fuori volentieri, rappresentando un ottimo
veicolo pubblicitario. Adesso dovevano cercarli da un'altra parte, ed
era una bella somma. Mi sentivo offeso, dopo tutto quello che avevo
fatto. Non poteva finire così. Non potevo dargliela vinta.
In
primo luogo, li diffidai dall'usare la denominazione Rally
del
Pane.
Era mia. L'avevo registrata. Le lettere degli avvocati fioccarono. E
siccome quei signori avevano già dato il via alle pubblicazioni,
utilizzando proprio quel nome che faceva comodo, dovettero gettare
tutto alle ortiche. Ma non bastava. Uscire di scena non è mai stata
la mia specialità. Così mi venne un'altra idea.
Con
una decina di amici veri, fuoriusciti dallo staff organizzativo del
rally, ideai la prima edizione del Rally
del Pane per auto storiche,
quinto
Rally del Pane,
primo
trofeo Ville Venete.
Un revival sotto l'egida dell' Historic Racing Cars.
Sponsor
della gara, Ciabatta
Polesana
e AGIP. Sostenitori, Albarella e Comune di Adria. Tanto per far
capire da che parte stavano ... Allestii un happening in grande
stile. Pressoché perfetto. Per una settimana il rally e il pane si
integrarono. Furono organizzati incontri, convegni, uno in
particolare d'interesse internazionale: il pane del Duemila.
Per
quanto riguarda il rally, basta con tanti tratti cronometrati e
avanti invece con un percorso che toccava tutti e sette i capoluoghi
del Veneto. All'apparenza, un tracciato facile, dunque. In realtà,
nascondeva un'insidia che pochi concorrenti intuirono. Sulle strade
aperte al traffico, infatti, il codice della strada imponeva una
media non superiore ai 50 all'ora. Facile a dirsi, impossibile a
farsi sulle viuzze che avevo scelto, lungo le prealpi venete, da
Bassano a Verona, tortuose all'inverosimile e per giunta, disseminate
di controlli orari ravvicinati. La gara si sarebbe decisa lì, ai
controlli orari. Infatti, fu così. I concorrenti prima rimasero
spiazzati, poi apprezzarono la mia trovata.
Fu
un trionfo. Agonistico e coreografico. Auto d'altri tempi. Un
remarque da brivido. Lo splendore mozzafiato delle ville venete.
L'arte che si fondeva nell'arte. Motori e architettura. Tanta gente
sbracciante lungo il percorso. Una sorta di Mille Miglia. E i molini
adriesi a fare da collante.
La
premiazione, la domenica sera, fu qualcosa che ad Adria ricordano
ancora oggi. Il teatro comunale si specchiava nei suoi giorni
migliori. Come quando ospitava i cantanti e gli artisti più
importanti del mondo.
Ricordo
che entrammo in teatro accolti dall'Aida. Le strutture, i muri
fremevano sotto i tamburi della marcia trionfale. Fu commozione
generale.
Il
proscenio trasformato in palco partenza del rally. A sua volta
sferzato da luci baluginanti. Sembrava una visione. Una
fantasticheria da fiaba. La bellezza sensuale di Eleonora Vallone,
madrina della manifestazione. Io volteggiavo sul palco come fossi su
una nuvola. Giacca verde e camicia bianca. I colori ufficiali del
rally, indossati anche da tutti i miei collaboratori e
collaboratrici, compresa Miss rally, eletta nel frattempo.
All'esterno,
Adria aveva preso le sembianze di Disneyland. Fuochi d'artificio,
laser luminosi stravolgevano una realtà sottratta alla sua abituale
intimità. I negozi rimasero aperti. Una processione di luci.
Centoventotto commercianti supporter del rally. Partecipando,
distribuendo materiale informativo e pubblicitario del rally.
Elettrizzati per esserci. Elettrizzati per aver aderito al mio
suggerimento. Mi feci tanti altri amici. E dimenticai le amarezze
provate. Un rally così, doveva rappresentare il top, il meglio. Di
conseguenza, non potevo concedere repliche. Molti di quelli che
c'erano, si risentirono della mia decisione.
"Ma
come, ci hai dato lo zuccherino è adesso ce lo togli? È ingiusto
..."
"No,
è giusto", rispondevo, "così il Rally
del Pane
resterà per sempre un piacevole ricordo. Per voi e per me".
Arnaldo
Cavallari da “Una vita nel sole”
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