All'inizio
degli anni 80 i grandi magazzini Bonwit Teller sulla Fifth Avenue di New York, chiesero ad alcuni stilisti di creare
dei look per le loro vetrine. Le indicazioni: "Che cosa
indosseremo nel 2000?".
Anziché
disegnare un vestito, io dipinsi una stampa leopardata su un
manichino. Mai avrei pensato che gli abiti a portafoglio che stavo
producendo all'epoca, avrebbero continuato a essere rilevanti nel XXI
secolo. Mi stupisce che, alla vigilia del 40º compleanno di quel
vestito, nel 2014, la mia piccola creazione venga ancora indossata
dalle giovani donne di tutto il mondo.
Poiché
la moda è un'energia indescrivibile che incarna lo spirito del
tempo, è impossibile prevedere che direzione prenderà. Se però
guardo avanti e mi chiedo che cosa potrebbe essere ancora rilevante
nella moda tra qualche anno, mi tornano alla mente le epoche in cui a
definire lo stile era la libertà.
Sono
così felice di essere stata giovane negli anni 70 e aver preso parte
al movimento femminista, con tutto ciò che ha significato. La mia
generazione si è comportata come se la libertà fosse una sua
invenzione.
Fu
un'epoca, quella, tra la scoperta della pillola e l'epidemia
dell'AIDS, in cui il sesso si faceva per divertimento e con
spensieratezza. All'epoca noi stilisti cercavamo l'ispirazione
tornando indietro di quarant'anni, negli anni 30. Amavamo i loro
mobili e la loro architettura, tutto rigorosamente minimalista, e lo
stile leggero dell'abbigliamento. Anche se erano tempi bui, che
precedevano l'inizio della guerra, i 30 esprimevano un senso di
libertà e di possibilità infinite.
E
oggi i giovani in cerca di ispirazione sembrano rivolgere lo sguardo
ai 70, altra epoca di libertà.
Con
l'avvicinarsi del XXI secolo, nel mondo hanno cominciato a
serpeggiare l'incertezza e la paura del Millennium
bug,
che in teoria avrebbe dovuto provocare enormi disagi. Ma era una
paura infondata, passata la quale ci siamo anzi tuffati in pieno
nella rivoluzione globale digitale.
La
tecnologia ha reso possibile copiare le cose molto velocemente, e a
mano a mano che le stampanti 3D diventeranno più accessibili, la
gente sarà in grado di produrre a casa proprio tutto ciò che vorrà.
Chi
si guadagna da vivere producendo oggetti, dovrà adattarsi a questa
novità. Il che però non significa che tutto questo distruggerà la
qualità del design. La moda non scomparirà per colpa delle
stampanti 3D. La moda è ovunque: nel cibo, nelle case, nei nostri
comportamenti.
E da sempre chi produce per vendere alle masse, ha
riconosciuto il valore degli stilisti, contribuendo a diffonderne le
idee.
Ma
se anche gli stilisti dovessero smettere di disegnare, la moda
continuerebbe lo stesso. Le tendenze nascono per strada, attraverso i
comportamenti, come quando tutt'a un tratto, i giovani cominciarono a
calzare anfibi militari. La moda va avanti comunque.
Non
sono in grado di prevedere come ci vestiremo nel futuro, se
torneranno in voga le spalline imbottite o se il mio abitino
portafoglio continuerà a vivere, ma sono sicura che la tecnologia e
la moda convivranno fianco a fianco in armonia
La
tecnologia migliorerà il nostro modo di produrre la moda e
distribuirla.
Con
Instagram, Facebook e Twitter siamo diventati più creativi, ci siamo
aperti e siamo diventati trasparenti. Per chi finge, il mondo è
diventato un posto che fa paura. A tutti gli altri questa apertura ha
regalato più libertà. E la vera rivoluzione sta proprio in questa
apertura. Sta nella distribuzione delle cose, più che nelle cose
stesse.
Chi
l'avesse previsto? Proprio un'icona degli anni 70: Andy Warhol. Aveva
intravisto il mondo in cui tutti noi stiamo entrando. Ha vissuto il
primo dei reality show, capito le icone e il branding molto prima di
chiunque altro. Le sue immagini della coca-cola, di Jackie Kennedy o
delle minestre Campbell hanno segnato l'inizio di ciò che viviamo
ora. È facile immaginare Andy che usa Instagram o Facebook ...
Diane von
Furstenberg
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