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martedì 2 dicembre 2014

A Natale chi aiuto ? Attenzione a mendicanti professionisti e poveri occasionali.

Mi guardano con occhi disperati, sopra ventri gonfiati dalla fame. Mi strappano il cuore nel pallore del male che combattono. Mi tendono la mano scarnificata sotto scialli logori. Hanno bisogno di me, del mio aiuto e mi chiedono di giocare a Dio : chi devo scegliere? Chi devo aiutare? Chi ignorare? Questa è la stagione dello straziante ricatto della filantropia, che si fa travolgente nell'avvicinarsi del Natale e il mio nome è ormai risucchiato nel grande vortice della beneficenza.
Tutto era cominciato in maniera banale, con pochi dollari. Arriva un'ambulanza in casa, per soccorrere una persona caduta è ferita. Sono volontari di una squadra di soccorso di quartiere. Non vogliono nulla ma se non sei un verme, un arpagone o un poveraccio senza un centesimo, mandi un contributo alla loro attività.
Invia 100 dollari alla Cheavy Chase Bethesda Rescue Squad, come
si chiamava. Mi arrivò la lettera di ringraziamento con l'avvertenza che quei 100 dollari erano detraibili dalle tasse. Buon cuore e buon affare.
Non sapevo, come disse l'ammiraglio Yamamoto nel 1941 dopo aver bombardato Pearl Harbor, che avrei svegliato un gigante che dormiva. Il mio nome era finito dentro il tenero, implacabile, insaziabile colosso delle "donations", passato è rivenduto, frullato dalle banche dati. È tutto a fin di bene e il bene è implacabile, non conosce pentimenti.
Sono ormai nell'immenso corpo dei finanziamenti volontari caritatevoli, che negli Usa pesa 300 miliardi di dollari l'anno e supplisce al gracilissimo, anoressico corpicino dell'assistenza pubblica.
Mi mandano appelli dozzine di questi enti caritatevoli. Sulla scrivania o richieste dell'Unicef, (il braccio dell'Onu che si occupa di bambini), Medici Senza Frontiere, Emergency, la Società per la lotta alla fibrosi cistica, la Croce Rossa, la Associazione degli orfani dei poliziotti, la marcia dei Dimes per i bambini ancora non nati, la fondazione per la fauna dell'Alaska (?), l'ospedale pediatrico di San Giuda, la fratellanza dei bambini ciechi, la fondazione per la prevenzione dei suicidi, la Società per la lotta all'artrite e tutti i gruppi che lottano contro i tumori della mammella.
Sono un milione e mezzo le organizzazioni caritatevoli non-profit negli Stati Uniti e quando si avvicina il Natale, il tempo del rimorso per i soldi buttati, si mobilitano in massa. La mia cassetta della posta trabocca di appelli, ai quali si aggiungono le richieste di elemosine politiche a partiti e candidati vari, da quando mia moglie versò incautamente 50 dollari alla campagna elettorale di Obama nel 2008.
Da allora ricevo appassionate lettere della first-lady Michelle : perché non ho più tue notizie, dear Vittorio ?
Chi scegliere? È meglio, cioè è peggio, l'AIDS o la Croce Rossa, Medici Senza Frontiere o le ambulanze volontarie del quartiere? Devo commuovermi più per i bambini autistici o diabetici? Stacco assegni per la lotta al tumore della mammella o per la vaccinazione dei figli di immigranti illegali? Quale tragedia del giorno è più tragica, le Filippine o il tornado che ha divorato la prateria, i monsoni del sud-est asiatico o l'ultimo terremoto killer, (ce n'è sempre uno)?
Si deve scegliere. A chi molto è stato dato dalla vita, come a me, molto è richiesto, ma neppure i Rockfeller o i Gates possono contribuire a tutto.
Quale degli occhioni sgranati che mi guardano dalla foto è più commovente? Il rischio è quello di premiare il fotografo più bravo, anziché il bambino più malato.
Ci chiedono di giocare a Dio, al Signore della misericordia con bonifico, assegno o carta di credito, (negli Usa ci viene almeno risparmiata la filantropia della pigrizia via SMS).
Con il cuore trafitto, butto fasci di appelli nel cassonetto della carta. Mi aggrappo al bene generico, per non dover pronunciare sentenze di vita o di morte specifiche, stacco assegni per l'Unicef, per Medici Senza Frontiere, per Emergency, per la Croce Rossa. Si preoccupino loro di scegliere poi chi aiutare.
Getto invece senza rimorsi tutte le richieste di donazione a partiti politici, sperando che almeno loro la piantino di tormentarmi. Non ne posso più di ricevere lettere strazianti da Michelle Obama.

Vittorio Zucconi



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