est consulting

est consulting
Il primo portale dedicato all'investitore italiano in Rep. Ceca e Slovacchia

mercoledì 1 ottobre 2014

Orizzonte rosa. Le nostre borse parlano di noi.

Un aspirante attrice, senz'arte né parte, si presenta al provino per un
film. Il regista la fa accomodare: "Mi mostra cosa ha nella borsa?". "Nella borsa?". "Sì". Perplessa, lei va a prendere la borsa, appesa all'attaccapanni. "Tiri fuori a caso un oggetto è poi mi racconti cosa ci fa, perché è lì, che cosa le ricorda". Lei inspira, espira, fa un risolino nervoso, dichiara: "Sa, non c'è niente di straordinario" e comincia a estrarre pezzi della vita, da quella borsa appoggiata sulle sue ginocchia.
Un portamonete, un portacipria, una mela, un anello troppo impegnativo per essere indossato, la cartolina di un'amica suora che ha deciso di sposarsi, pastiglie per l'insonnia, la fotografia del fidanzato che dorme, un libro, una spilla, un'armonica. Ogni oggetto esce inanimato e acquista consistenza, forza, fascino e storia nelle mani e nelle parole della ragazza, che ha occhi grandi e lo sguardo sognante di chi schiude per la prima volta lo scrigno del tesoro.
La borsa di una signora è un luogo curioso e conturbante. Banale e misterioso insieme. "Via le mani di lì! È un posto privato!".
Credo che i miei figli pensino che lì dentro possa esserci qualsiasi cosa: caramelle, pennarelli, un gatto, un Kalashnikov, il Santo Graal. Tutto è possibile, dentro la borsa di una signora.
Dopo 15 minuti, il provino finisce. Lei si alza, saluta, riprende il suo cappotto e se ne va.
La borsa però, resta lì, nuovamente appesa all'attaccapanni. "Ehi, la ragazza ha dimenticato la sua borsa!", grida il regista. "No, non ce l'aveva". Quella borsa, con il portamonete, il portacipria tutto il resto, non era della ragazza, così come non era della ragazza tutta la vita, vibrante e inventata, che ne era uscita.
Lei, con la sua stoffa acerba di attrice consumata, si chiamava Emilie Muller ed era la protagonista dell'omonimo cortometraggio in bianco e nero, che vidi la prima volta al cinema, una ventina di anni fa.
Mi è tornata in mente, questa bellissima storia di borse, di vite degli altri, di oggetti nascosti capaci di aprire squarci luminosi su esistenze anonime, quando ho letto di un'indagine condotta da un grande magazzino londinese secondo cui in media, (su che campione?), La borsa di una donna, al netto di contanti e telefonino, contiene un valore di 1200 sterline, circa 1400 euro.
Già, tutti lì dentro, sottobraccio. Perché, pare ci si trovino, tra le altre cose: una sciarpa, un profumo e un siero di bellezza, ognuno da 60 euro circa, un ombrello, degli occhiali da sole, (che, a ben guardare, sono accessori meteorologicamente incompatibili), una spazzola, un mascara, un rossetto è un tablet.
"Come ti permetti di ravanare tra le mie cose?" Sottraggo il mio tesoro dalle grinfie di mio figlio di mezzo, improvvisamente galvanizzata dal ricordo della borsa delle meraviglie altrui, raccontata da Emilie e dalla nuova consapevolezza del valore medio dei nostri forzieri a tracolla.
Schiacciata tra la fantasiosa Emilie e la sofisticata signora londinese, o l'urgenza di toccare anche io con mano il mio tesoro. Ci trovo briciole di biscotti, fazzoletti di carta appallottolati, scontrini sbiaditi, due lucine intermittenti per la bicicletta, un ragno molliccio di gomma rosa, una salviettina un tempo umidificata, il bollettino per pagare la refezione
scolastica, l'orario della palestra, un assorbente, una chiavetta USB, un cioccolatino, un fondotinta, una matita per gli occhi, un burro di cacao, Spiderman e Darth Vader.
Le nostre borse parlano di noi. Di quanto siamo ricche, dentro e fuori,
di cosa ci piace e di cosa ci affligge. Possiamo fingere di essere quel che vogliamo ma lì dentro veniamo inchiodate a noi stesse. Forse è solo per salvare la faccia che le teniamo sempre chiuse e che ci siamo inventate che sono sacre e inviolabili.
Il prossimo passo sarà dimenticarla su un attaccapanni a caso, afferrarne un'altra per sbaglio, piena di ombrelli e occhiali da sole, e fingere di essere chi non siamo, almeno per lo spazio di un provino.


Claudia “Elasti” De Lillo

Nessun commento:

Posta un commento