Quella
che leggerete è una piccola storia dell'Italia "per male".
L'Italia è diventata per bene, infatti, dopo l'abolizione in
ossequio alla Convenzione Internazionale dell'Aja, delle "case
chiuse". Ha rinunciato, cioè, a regolamentare con sue leggi
quello che oggi, sulle pubbliche strade, avviene invece liberamente
alla luce del sole o, dei lampioni, ed è solo ormai costume di
melanconici cronisti di provincia definire "losco traffico".
Altro
che traffico. La parola non è adeguata. Traffico, infatti, fa
pensare al piccolo cabotaggio, a un fenomeno marginale, a una
trascurabile frangia di affari. E invece siamo su piani ambulanti
altamente organizzati : siamo già al "trust", alla fase
più spericolatamente industriale del vizio.
"C'è
la differenza", mi dice Giancarlo Fusco, "Che passa tra
un'epoca arcaica, artigianale, e quella della Lamborghini e dei jet.
La parola tolleranza, d'altronde, applicata a quei posti, era un pò
truce ma benevola, conciliante. Quasi una strizzatina d'occhi, una
specie di “va beh” statale, una quisquilia. Ma se quella che
indignava, era l'epoca della tolleranza, questa di oggi come
chiamarla? “Questa è solo atroce" , Fusco mi informa, cosa
sulla quale molti sono d'accordo, "Che il taglio abolizionista
avvenne in modo forse troppo netto. Il paese era, ed è ancora,
affezionato - in molte sue zone - a modelli culturali vecchi, che
entrano immediatamente in frizione con la realtà nuova, così aperta
della legge. Perché qui, caro mio, a cercare la storia delle prime
case, si hanno sorprese a non finire".
Sentiamole.
"La legge Merlin fu applicata nel
1958, sul numero 55 della Gazzetta Ufficiale. Le case a quella data,
in Italia, erano 717.
Ma la prima, accidenti, risaliva addirittura al
1432. Lo sapevi?".
No.
Non lo sapevo. "Ma tu pensa alla data : 1432. Luigi Pulci era
appena un lattante. Lorenzo il Magnifico un'adolescente pieno di
brufoli. Leonardo da Vinci, interrogato sull'età sua, rispondeva
vispo: "Ventenne". Accadde a Messina, sotto il re Alfonso d'Aragona.
Fu un certo Puccio di Simone il primo tenutario, come si diceva già allora. Chiedeva al re, ed
era un dritto della malora, in riconoscimento dei propri servigi
fedelmente prestati, una reale patente, a ogni riguardo esercitabile,
per aprire un pubblico lupanare. "Stabile
civile ove le femmine consuete al meretricio possansi concedere
all'ospite con pace e decoro, ricevendo io Puccio di Simone la metà
del prezzo pattuito come roffiano patentato, con buona pace della
femmina, dell'ospite suo e dei gendarmi".
E
questa, mi fa notare Fusco, l'alba delle case. La loro prima Magna
Cartha, la prima traccia che lasciano su documenti di pergamena.
Notare che fin d'allora il Puccio aveva fiutato l'affare. Non
chiedeva oro, decorazioni, ricompense. Ma la licenza. Fu il primo
“pappa”
della storia ma, tenuto conto della percentuale, (half and half,
andava all'americana), era di un'onestà a prova di bomba. Oggi un
protettore non pretende percentuali : spolpa, letteralmente, come un
pesce piranha, la sua protetta. "Le riduce all'osso", mi
dice Fusco, "E lui gira in Maserati. Oggi il vero problema è
quello dei leoni, di fronte ai quali Puccio di Simone, e molte
maitresse del tempo antico, erano istituti di pubblica beneficenza.
Chiamalo
come vuoi, magnaccia, ruchetè, come ti pare. Ma lui è il Rothschild
della situazione".
Questo
lo sanno tutti. Quello che non sanno, probabilmente, è che oggi, a
Milano, ci sono protettori che non si accontentano di un solo
salvadanaio di carne : ma hanno addirittura, una scuderia di sette,
otto, anche 15 ragazze che comanda a bacchetta, (per modo di dire :
in realtà sono ceffoni e botte a non finire), e che spostano con
vari automezzi, in centro e in periferia.
Tutte
cose che a Puccio di Simone sarebbero magari parse "horrorose e
diaboliche". Anche per le case intendiamoci, c'erano i
collocatori.
Ma era un giro più tranquillo : si chiamavano alla francese, i
placeurs.
Oggi la legge Merlin, che non considera reato la prostituzione che di
fatto non lo è, se la prende invece, e molto giustamente, con i
cosiddetti protettori. Pur dimostrandosi implacabile con lo
sfruttatore, non ce la fa. È un esercito che aumenta ogni notte. È
come un'armata che rinnovi, ad ogni plenilunio, i suoi comandanti in
capo.
L'impegno
della polizia, oggi è soprattutto teso stroncare questo terribile,
indegno fenomeno. "Era forse indegno che se ne occupasse lo
Stato, d'accordissimo. Ma c'era allora, almeno, una specie d'austera
e se vuoi un po' comica regolamentazione. Con tanto di ceralacca,
timbri, sigilli. Prendiamo il primo re che se ne occupò, per
esempio. Proprio quell'Alfonso d'Aragona che nei libri di scuola è
chiamato "Magnanimo". Si occupò personalmente dello
stabilimento di Puccio di Simone, e spinse il suo scrupolo a imporre
fissandole di sua mano, le tariffe. Era un benefico calmiere, tra
l'altro. Confessiamolo. Certo, fin da allora, fin dal 1432, si
segnava il destino di quelle donne : quello di essere scelte e di non
poter scegliere. Alfonso d'Aragona stabiliva infatti che le "femmine
ivi allogate non hanno diritto a preferenze in fra questo o
quell'ospite, ma tutti quelli che si presentano debbono ricevere
gradevolmente e contentare, eccezion fatta per i leprosi, i briachi
fuori di senno, e quei che mostrassero pustole et piaghe repugnanti
all'eccesso".
Era
una condizione atroce. Basterebbe questa norma, fra l'altro,
(e
valeva, leprosi a parte, per tutte le ospiti di case fino al 1958), a
mettere in più benigna luce la famigerata legge Merlin. Anche se non
è limitare poi troppo, fa osservare qualcuno, la libertà di un tipo
di scelta globale, che quelle sciagurate avevano già fatto per conto
loro, optando per quel tipo di vita.
Ogni
notte a Piazza Fontana c'è una ragazza che tutti soprannominano “la
divina”. Se uno s'accosta, fa versi sdegnosi. "Va via",
dice agitando mollemente una mano : "Va via, non sei il mio
tipo". È la libertà, ammettiamolo, in fondo è anche questa. È
probabile che lei, intendiamoci, “la divina”, lo faccia non tanto
per motivi estetici o ideologici quanto per aumentare il suo prezzo.
L'italiano in caccia o in safari notturno è sostanzialmente cretino
: si sente sottovalutato e spara immediatamente il doppio. Possono
farlo, e lui, e lei, e non c'è nulla da dire. Lo Stato, sollevato
dei suoi impegni, se ne infischia. Al massimo concede, (e perché mai
gratis se una vettura qualunque non può sostare in certe zone senza
multa?"), interi marciapiedi e giardini a questo dilagante ma
solidissimo commercio.
"Altra
incongruenza", dice Fusco, "Questa che è l'Italia dei
permessi, esige un numero infinito di licenze per mettere una
bancarella modestissima, di stringhe di scarpe o di pesce fresco
sulla pubblica via. Arrivano subito, se osi, 200 vigili urbani. E ti
cacciano. Ora io dico : cacciano uno che per campare vende pesce
fresco, e lasciamo indisturbate queste bancarelle ambulanti di carne
avariata. È uno dei tanti misteri d'Italia".
Lo
è di fatto. Il fenomeno dell'occupazione di suolo pubblico, e non
solo a Milano, ma in tutte le grosse città, da parte di legioni di
falene e ora anche di travestiti, (un intero parco, il Ravizza, qui a
Milano è diventato il loro intoccabile reame), preoccupa tutti.
Allarma gli inquilini di case attigue, offende, e non a torto, il
senso civico della cittadinanza. Per le strade ingorghi,
rallentamenti : spesso vetture che tamponano, con feriti, perché nei
pressi c'è un'”isola amatoria”. Qualcuno ha persino proposto, se
questa realtà è intoccabile davvero, che se ne occupi finalmente
l'Automobile Club. Istituendo nuovi cartelli, la cui simbologia
diventerebbe popolarissima, che segnalino con una "R.M.!"
Il provvidenziale "Rallentare Mondane!"
"Tutti
fenomeni", chiosa il Fusco con ironia, "Che a quei tempi
non si sognavano neppure. C'era pieno? A una fessura dell'uscio
compariva una vecchia servente, diceva esaurito, e buona notte ai
suonatori in ritardo. Ma arrivo a dire che lo Stato ci teneva tanto
all'ordine, come in tutte le sue cose, che nel 1888 propose un
articolo, il 196, dell'allora nuova legge di pubblica sicurezza, che
diede a Montecitorio momenti oratori da spanciarsi dal ridere.
L'articolo proponeva di "vietare
nei locali di pubblico meretricio i giochi, i balli, le feste di
qualunque sorta, e lo spaccio di cibi e bevande"”.
Fino
al 1888, infatti, era una specie di self-service. Fu Cavallotti a scagliarsi in pieno parlamento contro quel repressivo articolo.
Così tuonava, testualmente, in aula, il “bardo della democrazia”
: "Onorevoli
colleghi, togliere in quelle case perfino la possibilità di un
onesto bicchier di vino, di uno spuntino, di una ghitarra e di un
canto, significa davvero ridurne la funzione a quella di brutali
sfogatoi della libidine popolare".
"La
vocazione alla lirica, in Italia, è
davvero
irresistibile".
Replicava invece, per far passare l'articolo restrittivo, l'onorevole
Vigoni.
Nobile tempra di cattolico, dava questa inorridita relazione
all'assemblea di una sua visita, ("sfuggevole, giovanile,
costretta, e, oh, quanto mai lontana!"), a quei posti malfamati.
E così declamava in pieno parlamento : "Onorevoli
colleghi. Risparmio a questa severa assemblea la descrizione delle
femmine che si aggiravano tra i visitatori, abbigliate come ninfe o
baccanti da strapazzo. Ciò che mi colpì maggiormente, in quella
breve ed unica visita, fu l'andare e venire di bevande alcoliche, di
fritture, di affettati e di formaggi!".
Così il Vigoni : e fu tanto efficace, che dal 1888 tolsero i
formaggi negli harem di Stato.
Nulla
da eccepire : lo Stato faceva sul serio! Era stato Cavour del resto, fin dal 1860, a mettere le prime "tariffe
savoiarde" : "case
di prima classe lire cinque, di seconda classe dalle cinque alle due
lire, di terza classe sotto alle lire due".
Ma il vero colpo di
genio del regolamento lo ebbe il ministro dell'interno Rattazzi,
subito dopo la morte di Cavour, che specificò "come
le reali tariffe vadano, com'è naturale, riferite ad un semplice
trattenimento. Ove l'intrattenente si chiedesse di prolungare il suo
colloquio, si intende che il suo esborso crescerebbe in proporzione
alle unità di tempo consumate".
E
arrivò persino, con circolare apposita, a stabilire che "l'unità
di tempo medio, per un colloquio semplice, è da consumarsi in minuti
20 circa".
Meglio
o peggio? Questo è il dilemma. Dalla farsa dell'italietta che
misurava i colloqui a livello ministeriale, s'è passati a un tempo
diverso, dove tutto, perché la materia non è degna della carta
bollata, finisce sul ricettario dello specialista di
dermosifilopatia. Piangere sulle case è
stolto. Ma rifiutarsi di prendere atto della nuova, impressionante
realtà è altrettanto pericoloso. Oggi la prostituta che esercita se
non adesca in modo scandaloso - e si tratta di un'impressione
estremamente soggettiva - è intoccabile.
Se
munita di regolari documenti, e nessuna ne è priva, non può essere
neppure fermata. Neppure invitata, per un colloquio in Questura. È
una grossa concessione della libertà, diceva la senatrice Merlin.
Può darsi. "Perfino l'India", aggiungeva, "ha abolito
le sue case".
Ma
qualcosa ci accomuna, ancora, nonostante tutto all'India. Abbiamo
ormai infatti, in pieno centro, le nostre "vacche sacre".
Bell'articolo.
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