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sabato 27 settembre 2014

Cavour fa le tariffe. Storia della prostituzione in Italia.

Quella che leggerete è una piccola storia dell'Italia "per male". L'Italia è diventata per bene, infatti, dopo l'abolizione in ossequio alla Convenzione Internazionale dell'Aja, delle "case chiuse". Ha rinunciato, cioè, a regolamentare con sue leggi quello che oggi, sulle pubbliche strade, avviene invece liberamente alla luce del sole o, dei lampioni, ed è solo ormai costume di melanconici cronisti di provincia definire "losco traffico".
Altro che traffico. La parola non è adeguata. Traffico, infatti, fa pensare al piccolo cabotaggio, a un fenomeno marginale, a una trascurabile frangia di affari. E invece siamo su piani ambulanti altamente organizzati : siamo già al "trust", alla fase più spericolatamente industriale del vizio.
"C'è la differenza", mi dice Giancarlo Fusco, "Che passa tra un'epoca arcaica, artigianale, e quella della Lamborghini e dei jet. La parola tolleranza, d'altronde, applicata a quei posti, era un pò truce ma benevola, conciliante. Quasi una strizzatina d'occhi, una specie di “va beh” statale, una quisquilia. Ma se quella che indignava, era l'epoca della tolleranza, questa di oggi come chiamarla? “Questa è solo atroce" , Fusco mi informa, cosa sulla quale molti sono d'accordo, "Che il taglio abolizionista avvenne in modo forse troppo netto. Il paese era, ed è ancora, affezionato - in molte sue zone - a modelli culturali vecchi, che entrano immediatamente in frizione con la realtà nuova, così aperta della legge. Perché qui, caro mio, a cercare la storia delle prime case, si hanno sorprese a non finire".
Sentiamole. "La legge Merlin fu applicata nel 1958, sul numero 55 della Gazzetta Ufficiale. Le case a quella data, in Italia, erano 717.
Ma la prima, accidenti, risaliva addirittura al 1432. Lo sapevi?".
No. Non lo sapevo. "Ma tu pensa alla data : 1432. Luigi Pulci era appena un lattante. Lorenzo il Magnifico un'adolescente pieno di brufoli. Leonardo da Vinci, interrogato sull'età sua, rispondeva vispo: "Ventenne". Accadde a Messina, sotto il re Alfonso d'Aragona. Fu un certo Puccio di Simone il primo tenutario, come si diceva già allora. Chiedeva al re, ed era un dritto della malora, in riconoscimento dei propri servigi fedelmente prestati, una reale patente, a ogni riguardo esercitabile, per aprire un pubblico lupanare. "Stabile civile ove le femmine consuete al meretricio possansi concedere all'ospite con pace e decoro, ricevendo io Puccio di Simone la metà del prezzo pattuito come roffiano patentato, con buona pace della femmina, dell'ospite suo e dei gendarmi".
E questa, mi fa notare Fusco, l'alba delle case. La loro prima Magna Cartha, la prima traccia che lasciano su documenti di pergamena. Notare che fin d'allora il Puccio aveva fiutato l'affare. Non chiedeva oro, decorazioni, ricompense. Ma la licenza. Fu il primo “pappa” della storia ma, tenuto conto della percentuale, (half and half, andava all'americana), era di un'onestà a prova di bomba. Oggi un protettore non pretende percentuali : spolpa, letteralmente, come un pesce piranha, la sua protetta. "Le riduce all'osso", mi dice Fusco, "E lui gira in Maserati. Oggi il vero problema è quello dei leoni, di fronte ai quali Puccio di Simone, e molte maitresse del tempo antico, erano istituti di pubblica beneficenza.
Chiamalo come vuoi, magnaccia, ruchetè, come ti pare. Ma lui è il Rothschild della situazione".
Questo lo sanno tutti. Quello che non sanno, probabilmente, è che oggi, a Milano, ci sono protettori che non si accontentano di un solo salvadanaio di carne : ma hanno addirittura, una scuderia di sette, otto, anche 15 ragazze che comanda a bacchetta, (per modo di dire : in realtà sono ceffoni e botte a non finire), e che spostano con vari automezzi, in centro e in periferia.
Tutte cose che a Puccio di Simone sarebbero magari parse "horrorose e diaboliche". Anche per le case intendiamoci, c'erano i collocatori. Ma era un giro più tranquillo : si chiamavano alla francese, i placeurs. Oggi la legge Merlin, che non considera reato la prostituzione che di fatto non lo è, se la prende invece, e molto giustamente, con i cosiddetti protettori. Pur dimostrandosi implacabile con lo sfruttatore, non ce la fa. È un esercito che aumenta ogni notte. È come un'armata che rinnovi, ad ogni plenilunio, i suoi comandanti in capo.
L'impegno della polizia, oggi è soprattutto teso stroncare questo terribile, indegno fenomeno. "Era forse indegno che se ne occupasse lo Stato, d'accordissimo. Ma c'era allora, almeno, una specie d'austera e se vuoi un po' comica regolamentazione. Con tanto di ceralacca, timbri, sigilli. Prendiamo il primo re che se ne occupò, per esempio. Proprio quell'Alfonso d'Aragona che nei libri di scuola è chiamato "Magnanimo". Si occupò personalmente dello stabilimento di Puccio di Simone, e spinse il suo scrupolo a imporre fissandole di sua mano, le tariffe. Era un benefico calmiere, tra l'altro. Confessiamolo. Certo, fin da allora, fin dal 1432, si segnava il destino di quelle donne : quello di essere scelte e di non poter scegliere. Alfonso d'Aragona stabiliva infatti che le "femmine ivi allogate non hanno diritto a preferenze in fra questo o quell'ospite, ma tutti quelli che si presentano debbono ricevere gradevolmente e contentare, eccezion fatta per i leprosi, i briachi fuori di senno, e quei che mostrassero pustole et piaghe repugnanti all'eccesso".
Era una condizione atroce. Basterebbe questa norma, fra l'altro,
(e valeva, leprosi a parte, per tutte le ospiti di case fino al 1958), a mettere in più benigna luce la famigerata legge Merlin. Anche se non è limitare poi troppo, fa osservare qualcuno, la libertà di un tipo di scelta globale, che quelle sciagurate avevano già fatto per conto loro, optando per quel tipo di vita.
Ogni notte a Piazza Fontana c'è una ragazza che tutti soprannominano “la divina”. Se uno s'accosta, fa versi sdegnosi. "Va via", dice agitando mollemente una mano : "Va via, non sei il mio tipo". È la libertà, ammettiamolo, in fondo è anche questa. È probabile che lei, intendiamoci, “la divina”, lo faccia non tanto per motivi estetici o ideologici quanto per aumentare il suo prezzo. L'italiano in caccia o in safari notturno è sostanzialmente cretino : si sente sottovalutato e spara immediatamente il doppio. Possono farlo, e lui, e lei, e non c'è nulla da dire. Lo Stato, sollevato dei suoi impegni, se ne infischia. Al massimo concede, (e perché mai gratis se una vettura qualunque non può sostare in certe zone senza multa?"), interi marciapiedi e giardini a questo dilagante ma solidissimo commercio.
"Altra incongruenza", dice Fusco, "Questa che è l'Italia dei permessi, esige un numero infinito di licenze per mettere una bancarella modestissima, di stringhe di scarpe o di pesce fresco sulla pubblica via. Arrivano subito, se osi, 200 vigili urbani. E ti cacciano. Ora io dico : cacciano uno che per campare vende pesce fresco, e lasciamo indisturbate queste bancarelle ambulanti di carne avariata. È uno dei tanti misteri d'Italia".
Lo è di fatto. Il fenomeno dell'occupazione di suolo pubblico, e non solo a Milano, ma in tutte le grosse città, da parte di legioni di falene e ora anche di travestiti, (un intero parco, il Ravizza, qui a Milano è diventato il loro intoccabile reame), preoccupa tutti. Allarma gli inquilini di case attigue, offende, e non a torto, il senso civico della cittadinanza. Per le strade ingorghi, rallentamenti : spesso vetture che tamponano, con feriti, perché nei pressi c'è un'”isola amatoria”. Qualcuno ha persino proposto, se questa realtà è intoccabile davvero, che se ne occupi finalmente l'Automobile Club. Istituendo nuovi cartelli, la cui simbologia diventerebbe popolarissima, che segnalino con una "R.M.!" Il provvidenziale "Rallentare Mondane!"
"Tutti fenomeni", chiosa il Fusco con ironia, "Che a quei tempi non si sognavano neppure. C'era pieno? A una fessura dell'uscio compariva una vecchia servente, diceva esaurito, e buona notte ai suonatori in ritardo. Ma arrivo a dire che lo Stato ci teneva tanto all'ordine, come in tutte le sue cose, che nel 1888 propose un articolo, il 196, dell'allora nuova legge di pubblica sicurezza, che diede a Montecitorio momenti oratori da spanciarsi dal ridere. L'articolo proponeva di "vietare nei locali di pubblico meretricio i giochi, i balli, le feste di qualunque sorta, e lo spaccio di cibi e bevande"”.
Fino al 1888, infatti, era una specie di self-service. Fu Cavallotti a scagliarsi in pieno parlamento contro quel repressivo articolo. Così tuonava, testualmente, in aula, il “bardo della democrazia” : "Onorevoli colleghi, togliere in quelle case perfino la possibilità di un onesto bicchier di vino, di uno spuntino, di una ghitarra e di un canto, significa davvero ridurne la funzione a quella di brutali sfogatoi della libidine popolare". "La vocazione alla lirica, in Italia, è davvero irresistibile". Replicava invece, per far passare l'articolo restrittivo, l'onorevole Vigoni. Nobile tempra di cattolico, dava questa inorridita relazione all'assemblea di una sua visita, ("sfuggevole, giovanile, costretta, e, oh, quanto mai lontana!"), a quei posti malfamati. E così declamava in pieno parlamento : "Onorevoli colleghi. Risparmio a questa severa assemblea la descrizione delle femmine che si aggiravano tra i visitatori, abbigliate come ninfe o baccanti da strapazzo. Ciò che mi colpì maggiormente, in quella breve ed unica visita, fu l'andare e venire di bevande alcoliche, di fritture, di affettati e di formaggi!". Così il Vigoni : e fu tanto efficace, che dal 1888 tolsero i formaggi negli harem di Stato.
Nulla da eccepire : lo Stato faceva sul serio! Era stato Cavour del resto, fin dal 1860, a mettere le prime "tariffe savoiarde" : "case di prima classe lire cinque, di seconda classe dalle cinque alle due lire, di terza classe sotto alle lire due".
Ma il vero colpo di genio del regolamento lo ebbe il ministro dell'interno Rattazzi, subito dopo la morte di Cavour, che specificò "come le reali tariffe vadano, com'è naturale, riferite ad un semplice trattenimento. Ove l'intrattenente si chiedesse di prolungare il suo colloquio, si intende che il suo esborso crescerebbe in proporzione alle unità di tempo consumate".
E arrivò persino, con circolare apposita, a stabilire che "l'unità di tempo medio, per un colloquio semplice, è da consumarsi in minuti 20 circa".
Meglio o peggio? Questo è il dilemma. Dalla farsa dell'italietta che misurava i colloqui a livello ministeriale, s'è passati a un tempo diverso, dove tutto, perché la materia non è degna della carta bollata, finisce sul ricettario dello specialista di dermosifilopatia. Piangere sulle case è stolto. Ma rifiutarsi di prendere atto della nuova, impressionante realtà è altrettanto pericoloso. Oggi la prostituta che esercita se non adesca in modo scandaloso - e si tratta di un'impressione estremamente soggettiva - è intoccabile.
Se munita di regolari documenti, e nessuna ne è priva, non può essere neppure fermata. Neppure invitata, per un colloquio in Questura. È una grossa concessione della libertà, diceva la senatrice Merlin. Può darsi. "Perfino l'India", aggiungeva, "ha abolito le sue case".
Ma qualcosa ci accomuna, ancora, nonostante tutto all'India. Abbiamo ormai infatti, in pieno centro, le nostre "vacche sacre".





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