Me
lo diceva, la mamma, di non mordicchiarmi i polpastrelli. Non ho
mai
smesso. Ma adesso la questione esula dall'aspetto estetico e perfino
dallo stigma sociale, e si è fatta più complessa: quella che per me
- e per buona parte del genere umano - è una piccola nevrosi, (certo
dolorosa, soprattutto se si deve intagliare il legno o armeggiare dei
bottoni, ma non è il mio caso), secondo una nuova edizione del DSM,
il manuale che usano gli psichiatri di tutto il mondo per fare le
diagnosi, diventerà una patologia psichica ufficiale, insieme ad
altri comportamenti che fino ad oggi avevamo considerato "normali".
Il
DSM, la cui quinta edizione sarà pubblicata a maggio, (a oltre un
decennio dalla precedente), è più noto con il nome esteso di
Manuale Statistico Diagnostico dei disturbi mentali. Edito dall'APA,
la potente associazione di psichiatri americani, è la bibbia del
settore, in ogni parte del mondo. Fin dalla prima versione, datata
1952, classifica le patologie della mente, è uno strumento
fondamentale per la ricerca sui farmaci e soprattutto per gli
specialisti, perché stabilisce i criteri secondo i quali
identificare il disturbo in un ambito medico che spesso è "ancora
privo di test biologici, dove la diagnosi è basata su una
descrizione, quindi soggettiva e vulnerabile alla critica",
spiega il professor Claudio Mencacci, presidente della Società
Italiana di Psichiatria.
Questa
edizione numero cinque è stata curata da una task force di 1500
scienziati da 39 paesi, tra cui un italiano, il Prof. Mario Maj
dell'Università di Napoli, a capo anche della World Psichiatric
Organization : interpellato, si è dichiarato prima disponibile per
una intervista salvo poi rimandarla. Sulla base delle indiscrezioni e
della pubblicazione a dicembre di alcune novità sul sito ufficiale
dell'APA, il DSM-5 è stato criticatissimo, ed è già oggetto di un
dibattito molto aspro, che sta travalicando l'ambito accademico per
entrare in quello sociale.
Dove
avrà notevoli conseguenze: per esempio, verrà modificata la
diagnosi di autismo. La nuova etichetta di Disturbo di Spettro
Autistico incorporerà le diverse diagnosi del DSM-4, Sindrome di
Asperger, Disturbo Disintegrativo dell'Infanzia, Disturbo Pervasivo
dello Sviluppo non altrimenti specificato.
"Considero
la diagnosi un aspetto fondamentale del nostro lavoro", spiega
Vittorio Lingiardi, psichiatra e psicoanalista, ordinario alla
sapienza di Roma dove dirige anche la scuola di specializzazione in
psicologia clinica. "Ma la diagnosi non è solo un problema di
nomi: e anche un atto relazionale sociale. La riformulazione
dell'autismo spingerà i medici a essere più selettivi nel
diagnosticare il disturbo, (alcuni dicono fino al 50% di diagnosi
meno)".
Ovviamente però così si rischia di trascurare dal
punto di vista dell'assistenza scolastica o da quella assicurativa,
bambini che presentano forme lievi del disturbo.
Negli
Usa e nel resto del mondo, le proteste contro semplificazioni come
queste vanno avanti da tempo, sostenute e argomentate in conferenze,
articoli di giornale, scritti scientifici e blog divulgativi
soprattutto per opera di un noto scienziato, il professore Allen
Frances, professore emerito alla Duke University e capo della task
force che ha redatto la versione precedente del DSM, la 4.
"L'inclusione
del lutto nella diagnosi di depressione maggiore significa
riconoscerlo come evento stressante, ma anche medicalizzarlo",
lasciando troppo spazio a soluzioni di tipo farmacologico, continua
Lingiardi. Di spazio per i farmaci in ambito psichiatrico anche in
Italia ce n'è molto: mentre dal 2000 al 2010 il consumo di
antipsicotici è diminuito dal 3,28% al 2,80%, quello di
antidepressivi è passato dall'8,18 al 35,72% (Rapporto Osservasalute
2011).
"Non
si può fare un manuale diagnostico marginalizzando la psicologia",
continua Lingiardi, che con Franco Del Corno ha curato l'edizione
italiana del Manuale Diagnostico
Psicodinamico (ed. Cortina). Riprende: "Ma il
fatto più clamoroso del DSM-5 è il fallimento nel campo dei
disturbi della personalità. Era stata annunciata una rivoluzione, ma
nulla cambierà. La promessa era che si potesse valutare l'intensità
di un disturbo, non solo la sua presenza-assenza, e invece questa
promessa non verrà mantenuta".
Concorda
Gary Greenberg, psicoterapeuta americano e autore del libro-inchiesta
Manufacturing Depression e di un altro volume, The Book
of Woe, proprio sul DSM-5, in uscita a maggio per Penguin: "Ci
stiamo muovendo verso una medicalizzazione della normalità. Sempre
di più le nostre umane sofferenze sono catalogate con nomi medici e
curate con i farmaci".
In
questo senso, la marcia indietro di Frances, che anche lui ha un
libro in uscita sul DSM-5 il prossimo aprile, è chiarificatrice.
Mentre lo psichiatra americano criticava in ogni sede la redazione
del nuovo manuale, si è assunto le proprie responsabilità,
ammettendo l'errore di aver contribuito ad una iper-medicalizzazione
dell'infanzia quando ha introdotto l'ADHD, la Sindrome da Deficit di
Attenzione e Iperattività nella quarta edizione del manuale: "Da
lì in poi la malattia è stata diagnosticata molto più del dovuto,
negli Stati Uniti, e ciò ha permesso alle aziende farmaceutiche di
guadagnare milioni", ha scritto Frances.
"Da
qualche tempo è partita la campagna Boycott DSM-5, sul cui successo
non so fare previsioni", riprende Lingiardi. "Eppure negli
ultimi sessant'anni, il DSM ha costruito a livello internazionale un
linguaggio diagnostico "condiviso", il che ha ovviamente
condiviso, nel bene e nel male, la concezione di malattia mentale
nell'epoca contemporanea", continua Lingiardi. "Il
potere di costruire una diagnosi è un grande potere: sociale ed
economico, basti pensare all'inevitabile rapporto tra creazione di
diagnosi e produzione di farmaci".
Oltre
al rischio di medicalizzare il lutto e di patologizzare i lievi
disturbi neuro cognitivi dell'anziano, altri comportamenti umani,
secondo Frances e Lingiardi, sono a rischio di iper-medicalizzazione:
le abbuffate di cibo (il binge-eating) come patologia autonoma, la
difficoltà a separarsi dagli oggetti diagnosticata come disturbo da
accumulo, i bambini con persistente irritabilità ed episodi
frequenti di comportamento esplosivo considerati come pazienti
affetti da disturbo distruttivo della disregolazione emotiva, la
combinazione di abuso più dipendenza in un'unica diagnosi, "con
il rischio di confondere i tossicodipendenti cronici con chi fa uso
limitato di sostanze stupefacenti".
"Il
concetto di dipendenze comportamentali, in questo modo, potrebbe
essere esteso fino a far diventare malattia mentale tutto ciò che
agli individui piace di più", sostengono Frances e una buona
parte del mondo scientifico. Mondo che non si può dire che negli
ultimi anni sia rimasto a guardare. "Tutt'altro, gli oppositori
della nuova versione della DSM hanno fatto sentire fortissima la loro
voce", spiega Paolo Migone, psichiatra, ex docente
all'università di Parma e condirettore della rivista Psicoterapia
e Scienze Umane "fino a
costringere l'APA a ritrattare alcune formulazioni, e anche e
soprattutto a uscire allo scoperto, pubblicando su un apposito sito
Web tutte le novità in cantiere: fino a qualche mese fa, infatti, i
lavori delle singole task force erano segretati, e tutti gli
scienziati coinvolti al progetto erano coperti da un patto,
controfirmato, di segretezza".
Le
pressioni internazionali hanno quindi costretto l'associazione ad
"aprire" alle critiche. Appena pubblicate sul Web le bozze,
la direzione è stata sommersa da più di 8000 commenti. "Che
però hanno avuto soprattutto l'effetto di permettere all'APA di dire
che erano disponibili alla discussione. Perché tra le modifiche non
c'è, a oggi, nulla di significativo", specifica Greenberg.
La
quinta versione del DSM passerà alla storia come la più
controversa, la più tecnologica, (il Web ha giocato un ruolo chiave
come gruppo di pressione), e anche come la più cara. "Frances
sostiene che il progetto DSM è costato all'APA 25 milioni di
dollari", continua Lingiardi. "L'APA ha dovuto stringere i
tempi di redazione per uscire in primavera. Erano al collasso
finanziario, e adesso devono monetizzare", aggiunge Paolo
Migone.
Sembra
che il prezzo di copertina dell'edizione in inglese sarà 199
dollari, mentre per quella italiana bisognerà aspettare il 2014,
chiarisce Tiziano Strambini, curatore della traduzione italiana per
la casa editrice Elsevier. "Io dei contenuti non li ho ancora
visti, o solo gestito il contratto con l'American Psychiatric Press è
previsto i tempi di traduzione".
E lo stesso Strambini,
sottolinea come il manuale sia uno dei punti nodali del business
della casa editrice: "L'edizione precedente ha venduto intorno
alle 20.000 copie, anche passando attraverso i circuiti delle case
farmaceutiche. Si deve considerare che non è un oggetto necessario
solo agli psichiatri ma anche a psicologi e neurologi, che hanno una
formazione clinica e possono prescrivere medicine".
Qualche
miglioramento, però, in quest'edizione sembra esserci: "Sui
disturbi dell'identità di genere si è fatto un importante passo
avanti. Il nuovo termine proposto, meno stigmatizzante per la
comunità dei e delle transessuali, è Disforia di Genere",
sottolinea Lingiardi.
Alla
fine anche il giudizio del professor Mencacci è nel complesso
positivo: "Il DSM-5 ha la capacità di portare il più possibile
evidenze scientifiche in un mondo in cui se ne fa spesso a meno.
Porterà a un'attenzione sempre maggiore verso la tematica della
malattia mentale. In Europa il 38,2% della popolazione soffre di
disturbi mentali, e la stessa depressione sottostimata del 40%. Le
novità di questo manuale vanno nella direzione della diagnosi
precoce, il che vorrà dire cambiare il percorso di vita di tante,
tante persone".
Paola
Santoro
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