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domenica 10 agosto 2014

La recessione picchia duro. Nascono gli euro-naufraghi espatriati.

Isabel a quarant'anni e padroneggia quattro lingue : inglese e francese,
spagnolo e arabo. In due di queste lingue scrive così bene che il lettore di "Le Monde" sa che lei è francese, mentre chi la legge a Madrid dà per scontato che è spagnola.
È stata un'inviata di guerra su alcuni fronti caldi del medio oriente. Io l'ho conosciuto al seguito di Barack Obama, di Mitt Romney e di altri candidati nelle ultime campagne elettorali qui negli Stati Uniti. È quel che si dice una reporter d'assalto, nel senso più positivo possibile. Aggressiva, determinata nel dare la caccia alle notizie.
Da molti mesi Isabel è diventata, dal suo punto di vista, una "travet", una passacarte, un'impiegata con un lavoro di routine. Si è trovata un contratto a termine all'ufficio stampa delle Nazioni Unite qui a New York, dove perlopiù deve mettere in bella prosa dei comunicati ufficiali.
Per come è fatta lei, questo lavoro equivale a una specie di “morte civile”. Con tutto il rispetto per il mestiere degli uffici stampa, posso capirla : per una che era abituata a non avere orari, ad ammazzarsi di lavoro pur di ottenere l'intervista giusta, lo scoop, o semplicemente per scrivere un articolo più ricco e informato dei concorrenti, trovarsi a timbrare il cartellino dalle 9 alle 18 tutti i giorni, in una gigantesca organizzazione burocratica, è un ripiego.
Ma Isabel deve vivere, pagare le bollette della luce, l'affitto, l'assicurazione sanitaria. I contratti a termine dell'Onu sono la sua scialuppa di salvataggio.
Il giornale che la stipendiava come corrispondente dagli Stati Uniti, che fu un quotidiano spagnolo importante, non esiste più. Per un paio d'anni, dopo la bancarotta di quel giornale, Isabel ha girato come un'anima in pena fra Madrid e Parigi, cercando di rimettersi sul mercato, offrendo il suo know how di corrispondente dall'estero. Ora sta cercando di ottenere una Green Card, il permesso di residenza permanente negli Stati Uniti. Non si sente americana, anzi è molto critica verso questo paese. Ma si rassegna a questa realtà : per lei, tornare indietro non è più un'opzione. Non oggi, non domani, forse mai più ?
Ne conosco tante e tanti, come Isabel. Non sono classificabili sotto l'etichetta "fuga dei cervelli", che è un fenomeno diverso. Isabel era qui al servizio dei suoi lettori spagnoli, quando la sua casa madre è sparita in un'implosione. Quelli come lei assomigliano piuttosto a dei naufraghi alla deriva, la cui terra d'origine è stata sommersa da uno tsunami. In un film di fantascienza sarebbero degli astronauti su una base spaziale, dove le comunicazioni con la terra sono interrotte, e cominciano a chiedersi se la terra esista ancora.
È una nuova fauna umana, questa degli "euro-naufraghi espatriati",
alla deriva. Vittime della crisi internazionale dell'euro zona, dove in diversi paesi la depressione economica raggiunge livelli quasi analoghi a quella degli anni 30'. Nel caso di Isabel si incrociano due crisi, quella della Spagna è quella della carta stampata, ma questo è un altro discorso.
Mi accorgo che diventano sempre più numerosi, questi europei abbandonati al loro destino qui a New York, da un'Europa che non può più permettersi i loro servizi. Sono diversi dai talenti in fuga, non certo perché le vicende dei nostri cervelli emigranti siano meno drammatiche.
Il giovane ricercatore scientifico italiano o francese, che lascia il proprio paese e approda qui, fa una scelta, spesso obbligata, provocata dai tagli ai fondi per le università ; sa che la sua partenza forse è senza ritorno. Approda nel paese più ricco del mondo per i finanziamenti alla scienza.
Quelli come Isabel erano qui a servizio del loro paese, di un pubblico che dall'altra parte dell'Atlantico avrebbe bisogno di saperne di più, di capire dove sta andando il mondo "che cresce".
Isabel sta pensando di usare il proprio spagnolo per riconvertirsi come giornalista della stampa messicana o argentina o colombiana. E anche questo un segno dei tempi : qui a New York i mass-media che reclutano giornalisti vengono dai paesi emergenti e si chiamano Al Jazeera, Rt (televisione russa), o Cctv (cinese).


Federico Rampini

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