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domenica 14 aprile 2013

Dal Titanic alla Concordia. Inizio e fine di un secolo.


101 anni fa, il 14 aprile 1912, affondava il Titanic. Il Novecento iniziava con un naufragio, ma il secolo era così baldanzoso che fu appena un inciampo e la tragedia fu convertita all'istante nella pubblicità al telegrafo.
Il 16 aprile il London Times scrisse : “Il segnale di pericolo del mostro ferito risuonò per le latitudini e le longitudini dell'Atlantico, e da ogni parte le sue sorelle, grandi e piccole, s'affrettarono in suo soccorso.”
Il New York Times proclamò : “Se non fosse per l'uso quasi magico dell'aria, la tragedia del Titanic sarebbe rimasta avvolta in quel mistero che fino a poco tempo fa era il potere del mare.” Il mistero era svanito.
Nel 1912, un secolo fa, il nostro tempo iniziò. Nessuno poteva fermare il futuro. Gli aerei decollavano, le grandi navi salpavano e una rete di voci avvolgeva il pianeta. Le macchine inghiottivano spazio e tempo. A ottobre a Parigi si sarebbe tenuta la Conferenza Internazionale sul Tempo e gli umani, in ogni parte del mondo, incominciarono a vivere secondo un unico tempo uniforme.
La motivazione era economica. Merci e persone dovevano spostarsi con qualche certezza sull'orario. L'ora diventò legale. “Intorno al 1870”, scrive Stephen Kern in Il tempo e lo spazio (Il Mulino), “se un viaggiatore da Washington a San Francisco avesse voluto regolare il suo orologio in ogni città per la quale passava, avrebbe dovuto farlo oltre 200 volte”.
Il I° luglio 1913 alle ore 10 del mattino, la Tour Eiffel lanciò il primo segnale orario mondiale. Dopo millenni di più o meno, era nata la puntualità. Qualcuno provò a protestare. Nel 1881, in American Nervousness, il medico George Beard si scagliò contro gli orologi da polso : “Un ritardo di pochi attimi potrebbe distruggere le speranze di tutta una vita”. Un cronista profetizzò : “Gli uomini saranno accecati dall'eccesso di luce elettrica e impazziranno per il ritmo delle comunicazioni”.
Qualcuno pensò di ribellarsi. L'Agente Segreto di Conrad ruota intorno al progetto di un attentato dinamitardo contro il meridiano di Greenwich.
Forse tutto finì il 28 aprile 1912, quando la polizia uccise Jules Bonnot, l'anarchico che con la sua banda, qualche mese prima, aveva realizzato la prima rapina in automobile della storia, (che fu anche, grazie a un cineamatore di passaggio, la prima a essere filmata).
Se il Novecento iniziò nel 1912, nessuno può ancora dire quando è finito. E quando è iniziato il 2000. Forse siamo ancora dentro un secolo fa. Il tempo, però, è cambiato. Procede a scatti. Ha smesso di scorrere. Gli orologi meccanici sono passati di moda e le lancette sono state sostituite dai numeri al quarzo. “La sera mi piace caricare il mio orologio”, scrive il poeta Junichiro Kawasaki all'amico Gafyn Llawgoch, “Quando giro la rotella tra pollice e indice mi pare di riavvolgere il passato e di preparare il futuro. Mi pare che la giornata trascorsa si arrotoli e inizi a dipanarsi il domani.”
Il presente”, scrisse il filosofo William James, “non è un filo di coltello, ma un tetto a due spioventi, dotato di una certa sua ampiezza, su cui sediamo appollaiati, e da cui guardiamo nel tempo in due direzioni”.
Oggi lo spiovente pende solo da una parte. Verso il passato. Il futuro è svanito. Il tempo si presenta come una raffica di fotografie che per un secondo occupano il campo visivo e invadono la nostra attenzione, ma poi scompaiono sostituite da altre e da altre e da altre ancora.
E' un infinita successione di diapositive slegate, che non possono formare sequenze, soltanto violenti shock istantanei. E' difficile perfino affondare. Anche il naufragio è un fermo immagine. Da mesi una nave immensa se ne sta addormentata a poche metri da terra, reclinata su un fianco. Sulla riva la gente si mette in posa e si fa fotografare.

G.P.



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