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venerdì 5 aprile 2013

Alla riconquista della terra : i "bionieri".


C'era una volta il milanese stressato, quello degli stereotipi, che dopo anni di frenesia, smog e superlavoro decideva, (o sognava), di aprire un agriturismo in campagna. Ecco, dimenticate quel milanese : i bionieri sono ben altro. O forse ne sono un'evoluzione naturale e assai radicale.
Il nome è intuitivo, accorpa pionierismo e bio. In Italia, lo troviamo in rete sul sito bionieri.ning.com, dedicato a creare networing tra coloro che ambiscono, come recita il sottotitolo, a vivere “ai confini tra selvatico e coltivato”. In inglese si dice bioneer, esiste come termine dagli anni 90' e, su Facebook, il gruppo omonimo conta oltre 17mila iscritti.
Ma chi sono questi bionieri ? Potremo dire che sono i nuovi contadini, soprattutto giovani, con forte coscienza sociale, vocazione alla sussistenza, attenzione alle pratiche di sostenibilità. Si ispirano a ideali come la “decrescita felice”, (consumare meno, autoprodursi e abbracciare stili di vita più armoniosi), il downshifting, (meno frenesia lavorativa e più qualità della vita), e l'alimentazione etica. Ma soprattutto, anche se isolati in campagna/montagna, sono organizzati in una rete internazionale.
Un movimento globale dunque, anzi glocal : dalla profonda provincia italiana a quella americana passando dai social network.
Colpiscono i dati Coldiretti : nel secondo trimestre del 2012, i giovani agricoltori sono aumentati del 4,2%, registrando il primo aumento dopo 10 anni. Lo conferma Nicola Motolese, presidente dei giovani di Confagricoltura : “Oggi più che di contadini parliamo di imprenditori agricoli, le cui imprese spingono su innovazioni e tecnologia, su energie rinnovabili e bio. E sono guidate da giovani con un alto grado di formazione”.
La campagna con il suo carico di lavoro manuale, non è più un'alternativa allo studio : tra gli agricoltori con meno di 30 anni, i laureti sono il 36,5%, mentre il 56% ha un diploma di scuola media superiore. Quasi 60.000 aziende agricole, oggi, sono guidate da giovani sotto i 35 anni, secondo Unioncamere.
L'attenzione dei bionieri alle buone pratiche di coltivazione è incentivata anche dal mercato. L'attenzione a ciò che mettiamo nei nostri piatti è sempre più alta. E anche l'Unione Europea tende a finanziare le nuove imprese agricole che scelgono di coltivare bio. Lo conferma Andrea Furlan, del programma di Sviluppo Rurale dell'Emilia Romagna : “L'agricoltura è finanziata di più se c'è un certo tipo di consapevolezza ambientale e circa il 95% delle aziende bio riceve anche i finanziamenti del programma”.
Certo, i bionieri sono ancora solo una goccia nell'oceano : “E' vero che sono aumentati i giovani agricoltori, ma la maggior parte sono figli di contadini e imprenditori agricoli : pochi ancora quelli che scelgono la campagna provenendo da altre esperienze”, sottolinea Furlan. “In fondo però anche il bio è cominciato così, come un microscopico movimento negli anni 80'. Ma da nicchia è diventato un vero fenomeno”, conclude Andrea Furlan.
A caratterizzare i bionieri è l'uso del web. Per scambiarsi informazioni pratiche, confrontare esperienze, suggerirsi libri, nonché dibattere i temi più caldi. Si va dalla permacoltura, (un metodo di coltivare la terra il più possibile in armonia con l'ecosistema), allo scambio di semi, (una pratica diventata “sovversiva”, da quando una direttiva della CE ha riservato la commercializzazione e lo scambio di sementi alle multinazionali dei brevetti sementieri, vietandolo agli agricoltori), dal veganesimo alla decrescita.
C'è anche chi utilizza la rete per raccontare la propria esperienza. Come Nicola e Noemi di Orti di Carta, una fattoria progetto nata a Lessolo, in provincia di Torino. Lui lavorava nella ristorazione, lei come architetto, poi la svolta : dal capoluogo piemontese si sono spostati in campagna, prima cercando di sperimentare tutti i tipi di autoproduzione poi costituendo un'associazione.
Tutte le fasi del loro cambio di vita sono condivise su un sito raffinato www.ortodicarta.eu


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