C'era
una volta il milanese stressato, quello degli stereotipi, che dopo
anni di frenesia, smog e superlavoro decideva, (o sognava), di aprire
un agriturismo in campagna. Ecco, dimenticate quel milanese : i
bionieri
sono
ben altro. O forse ne sono un'evoluzione naturale e assai radicale.
Il
nome è intuitivo, accorpa pionierismo e bio. In Italia, lo
troviamo in rete sul sito bionieri.ning.com,
dedicato a creare networing tra coloro che ambiscono, come recita il
sottotitolo, a vivere “ai confini tra selvatico e coltivato”.
In inglese si dice bioneer, esiste come termine dagli anni 90' e, su Facebook, il gruppo omonimo conta oltre 17mila iscritti.
Ma
chi sono questi bionieri
? Potremo dire che sono i nuovi contadini, soprattutto giovani, con
forte coscienza sociale, vocazione alla sussistenza, attenzione alle
pratiche di sostenibilità. Si ispirano a ideali come la
“decrescita felice”, (consumare meno, autoprodursi e abbracciare
stili di vita più armoniosi), il downshifting, (meno frenesia
lavorativa e più qualità della vita), e l'alimentazione etica. Ma
soprattutto, anche se isolati in campagna/montagna, sono organizzati
in una rete internazionale.
Un
movimento globale dunque, anzi glocal : dalla profonda provincia
italiana a quella americana passando dai social network.
Colpiscono
i dati Coldiretti : nel secondo trimestre del 2012, i giovani
agricoltori sono aumentati del 4,2%, registrando il primo aumento
dopo 10 anni. Lo conferma Nicola Motolese, presidente dei giovani
di Confagricoltura : “Oggi più che di contadini parliamo di
imprenditori agricoli, le cui imprese spingono su innovazioni e
tecnologia, su energie rinnovabili e bio. E sono guidate da giovani
con un alto grado di formazione”.
La
campagna con il suo carico di lavoro manuale, non è più
un'alternativa allo studio : tra gli agricoltori con meno di 30 anni,
i laureti sono il 36,5%, mentre il 56% ha un diploma di scuola media
superiore. Quasi 60.000 aziende agricole, oggi, sono guidate da
giovani sotto i 35 anni, secondo Unioncamere.
L'attenzione
dei bionieri
alle buone pratiche di coltivazione è incentivata anche dal mercato.
L'attenzione a ciò che mettiamo nei nostri piatti è sempre più
alta. E anche l'Unione Europea tende a finanziare le nuove imprese
agricole che scelgono di coltivare bio. Lo conferma Andrea Furlan,
del programma di Sviluppo Rurale dell'Emilia Romagna : “L'agricoltura
è finanziata di più se c'è un certo tipo di consapevolezza
ambientale e circa il 95% delle aziende bio riceve anche i
finanziamenti del programma”.
Certo,
i bionieri
sono ancora solo una goccia nell'oceano : “E' vero che sono
aumentati i giovani agricoltori, ma la maggior parte sono figli di
contadini e imprenditori agricoli : pochi ancora quelli che scelgono
la campagna provenendo da altre esperienze”, sottolinea Furlan.
“In fondo però anche il bio è cominciato così, come un
microscopico movimento negli anni 80'. Ma da nicchia è diventato
un vero fenomeno”, conclude Andrea Furlan.
A
caratterizzare i bionieri
è l'uso del web. Per scambiarsi informazioni pratiche, confrontare
esperienze, suggerirsi libri, nonché dibattere i temi più caldi.
Si va dalla permacoltura, (un metodo di coltivare la terra il più
possibile in armonia con l'ecosistema), allo scambio di semi, (una
pratica diventata “sovversiva”,
da quando una direttiva della CE ha riservato la commercializzazione
e lo scambio di sementi alle multinazionali dei brevetti sementieri,
vietandolo agli agricoltori), dal veganesimo alla decrescita.
C'è
anche chi utilizza la rete per raccontare la propria esperienza.
Come Nicola e Noemi di Orti di Carta, una fattoria progetto nata a
Lessolo, in provincia di Torino. Lui lavorava nella ristorazione,
lei come architetto, poi la svolta : dal capoluogo piemontese si sono
spostati in campagna, prima cercando di sperimentare tutti i tipi di
autoproduzione poi costituendo un'associazione.
Tutte
le fasi del loro cambio di vita sono condivise su un sito raffinato www.ortodicarta.eu
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