Si
dice . . . “ menare il can per l'aia “
Significa
parlare di un argomento senza mai arrivare al dunque, o di cercare di
cambiare discorso per evitare un tema spinoso. Il modo di dire è
piuttosto antico e lo si ritrova in un dizionario del XVI secolo, ma
è incerta l'origine della locuzione. Secondo alcuni il cane in
questione è quello da caccia e dunque condurlo in giro per l'aia in
cerca di selvaggina è un'assoluta e inutile perdita di tempo.
Secondo altri chi mena il can per l'aia crea confusione tra oche e
galline e distrae l'attenzione da ciò che conta.
Si
dice . . . “ per filo e per segno “
Si
riferisce a qualcosa da fare o da dire in modo esatto e meticoloso.
Il detto deriva dagli antichi mestieri : un tempo infatti gli
imbianchini e anche i “segantini”, ossia i taglialegna che
segavano i tronchi degli alberi, avevano l'abitudine di battere la
corda, ossia di trattenere sulle superfici del muro o del legno un
filo intinto nella vernice colorata per poi lasciarlo andare di
colpo, così da fargli disegnare una sorta di precisa impronta,
indispensabile per avere il tracciato da segare o il contorno da
imbiancare senza possibilità di errori.
Si
dice . . . “ farsi infinocchiare da qualcuno “
Vuol
dire lasciarsi ingannare, raggirare. Il termine deriva dal
finocchio, il popolare ortaggio che contiene anetolo, un aroma che
tra le altre proprietà possiede quella di alterare il gusto. Per
questo quando un oste o un cantiniere voleva rifilare ai clienti un
vino scadente o prossimo a divenire aceto, aveva prima l'accortezza
di dar loro spicchi di finocchio. E se le pietanze che aveva
intenzione di servire non erano proprio fresche le ricuoceva
condendole con abbondante finocchio. Ecco dunque che il finocchio
recitava suo malgrado il ruolo di ingannatore.
Si
dice . . . “ all'ultimo sangue “
Questa
locuzione, riferita a uno scontro, a un duello o a una sfida
agonistica, vuol dire combattimento estremo, che termina con la morte
o con la resa dello sconfitto. Il detto è riferito alle regole del
duello, sfida all'arma bianca o con armi da fuoco tra due persone, le
cui regole furono introdotte a partire dal XV secolo. Secondo
queste regole prima del duello si stabiliva che esso fosse : 1) al
primo sangue, cioè interrotto quando uno dei duellanti risultasse
ferito ; 2) fermato per l'impossibilità fisica di proseguire da
parte di uno dei contendenti ; 3) all'ultimo sangue, concluso cioè
con la morte di un duellante.
Si
dice . . . “ tagliare la corda “
Vuol
dire scappare, svignarsela ed è presa dal gergo marinaresco, dove ha
il significato di salpare velocemente. Alla base dell'espressione
c'è il suo significato concreto : in caso di emergenza, compiere
l'atto più rapido, che è il recidere la fune che lega
l'imbarcazione per prendere il largo più in fretta. Troviamo
questa frase anche in Virgilio, nel terzo libro dell'Eneide, quando
Enea, ricordando l'episodio del ciclope Polifemo, dice che, alla
vista del mostruoso essere, con i componenti l'equipaggio, “fuggimmo
tutti pieni di paura e in silenzio tagliammo la corda”.
Si
dice . . . “ a bruciapelo “
Si
riferisce a qualcosa che viene posto all'improvviso, alla sprovvista,
senza una possibilità di prepararsi prima : “domanda a
bruciapelo”(a cui si deve rispondere senza riflettere), ne è un
classico esempio. L'espressione trae origine dal gergo dei
cacciatori, in particolare all'uso di sparare alla selvaggina
avvicinandosi il più possibile e colpendola a distanza tanto breve
da bruciarne la pelliccia. E ciò per togliere alla preda ogni
possibilità di scampo.
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