Che
Fabrizio Corona si sia messo di nuovo nei guai, non mi meraviglia:
capita a tutte le teste calde che credono di godere di qualche
speciale impunità. Non parlo di impunità giudiziaria, intendiamoci:
quel che doveva pagare, Corona finora l’ha pagato, anche se con
qualche sconto. Ma mi riferisco a quel particolare impatto che quelli
come lui hanno sui media, nessuno dei quali, finora, l’ha
crocifisso, al contrario di ciò che capita sistematicamente a tanti
“pesci piccoli”, per esempio ai pusherini di quartiere, sbattuti
in pagina sol perché trovati in possesso di un po’ d’erba. Anzi:
Corona è stato vezzeggiato, carezzato e vellicato da tv, quotidiani
e rotocalchi.
In
fondo, il personaggio “tirava”: figo, trasgressivo, in perenne
compagnia, dolce e non, di “bone”, a partire dalla
supercoscialunga Nina Moric e menefreghista di tutto e di tutti. Un
antieroe 2.0, a misura dei sogni bagnati di ragazzine piene di voglia
di trasgredire a buon mercato. E poi, i suoi reati presunti e reali,
che colpivano ricchi altrettanto impuniti e volgari nel loro
esibizionismo, erano poca cosa, se paragonati agli atti aberranti di
altri antieroi. Per capirci, Corona non era Pietro Maso, il ragazzo
che ottenne negli anni ’90 una forte notorietà mediatica dopo aver
ammazzato i genitori in maniera barbara e per futili motivi. Maso,
che ricevette in carcere parecchie lettere d’amore, divenne una
star negativa. Finché poi i media, allora meno degradati, non
decisero che fosse troppo e staccarono la spina ben prima che la
magistratura scrivesse, con una condanna sonora, la parola fine su
tutta quella vicenda orribile.
Nel
caso di Corona, neanche paragonabile (per fortuna) all’orrore di
Maso, è accaduto l’inverso: i media, partiti da una vicenda
boccaccesca in cui c’era di tutto (presunti lenoni, ex re
puttanieri più estorsori), hanno ingigantito il personaggio del
paparazzo oltre i suoi meriti, pochi o nulli, e le sue colpe, non
così pesanti come le considera parte dell’opinione pubblica. Ed
ecco che, da semplice estorsore che viveva del sottobosco della
Milano by night, Corona è diventato un maitre-a-penser del
politicamente scorretto. Troppa grazia.
Ci
siamo sorbiti per anni le sue pose da palestrato in cella, le sue
parolacce e i suoi insulti a chi lo inquisiva. Ora, si può pure
ammettere che il Nostro è stato un po’ sfigatello e ha beccato un
magistrato, Woodcock, noto per riuscire a ottenere rinvii a giudizio
e condanne anche in tempi “lampo”. Però da qui a lamentarsi ne
corre.
«La
legge non è uguale per tutti e quello che è scritto nelle aule di
giustizia è una fesseria», ha detto Corona. Ha ragione: a quanti
carcerati, costretti a dividersi una cella in sei, è stato concesso
di gingillarsi coi pesi davanti alle telecamere? Quanti imputati, per
affermazioni meno gravi rivolte a chi li giudicava, si sono beccati
l’accusa di vilipendio? Quanti giornalisti sono stati condannati
per semplici errori professionali? E il tutto nel silenzio più
assoluto e senza ricevere la minima solidarietà?
Corona
ha avuto più di un’occasione per rifarsi. E sbaglia chi ora dice
che, in seguito all’ultimo arresto è diventato indifendibile,
perché indifendibile, Corona, lo era sin dall’inizio. Gli auguro
due cose: di uscire prosciolto e di finire nell’anonimato. Chissà
che, alle prese con un lavoro vero e distante da quel jet set in cui
è nato e ha sgomitato, non metta la testa a posto. E, magari, visto
che c’è, impari pure un po’ di buone maniere
Saverio
Paletta
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