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sabato 1 marzo 2014

Modi di dire 19.

Si dice . . . “ andare in solluchero “

L'espressione popolare “andare, (o mandare), in solluchero” è scherzosa e descrive la sensazione di intimo, grande godimento che si prova nel vedersi soddisfatti nei propri desideri o anche stuzzicati nella propria vanità, nel sentirsi lusingati. L'origine del termine, che viene utilizzato in pratica soltanto in queste locuzioni, deriva da un verbo popolare toscano, “sollucherare”, che a propria volta trae origine dall'antico “lucherare”, che vuol dire “strabuzzare gli occhi per la gioia”.


Si dice . . . “ stare freschi “

L'espressione ironica “stare freschi” vuol dire trovarsi nei guai, navigare in cattive acque per il determinarsi di una certa situazione. L'origine probabile del motto è letteraria e si riferisce a due versi del XXXII canto dell' Inferno de “La Divina Commedia” : “Io vidi – potrai dir – quel da Duera là dove i peccatori stanno freschi”. Li pronuncia Bocca degli Abati che si trova, come gli altri traditori della patria, conficcato nel ghiaccio del lago di Cocito. Egli invita Dante a fare il nome di Buoso da Duera, traditore di re Manfredi di Svevia. Come si vede l'ironia è già nel poeta.


Si dice . . . “ prendere per i fondelli “

L'espressione vuol dire prendere in giro, raggirare, turlupinare qualcuno. La locuzione, che ha origine francese, si riferisce ai fondelli che sono i pezzi di stoffa utilizzati, specie in passato, per rinforzare o rattoppare i punti di maggiore usura degli abiti, in particolare il fondo dei pantaloni. L'immagine è in questo caso allusiva, (in riferimento al più volgare “prendere per il culo”), e ben fotografa un gesto di mancanza di rispetto per la dignità, e in senso figurato per la buona fede della persona.


Si dice . . . “ avere l'argento vivo addosso “

L'espressione “avere addosso l'argento vivo” o “essere un argento vivo” indica qualcuno che abbia tale vivacità e brillantezza di carattere da raggiungere l'irrequietezza. L'espressione “argento vivo” è un antico modo di definire il mercurio (Hg), il metallo dal color argenteo che a temperatura ambienta si presenta in forma liquida e sembra animato di vitalità propria. Inoltre, gli antichi alchimisti erano persuasi fosse uno degli elementi primordiali e che, con opportuni trattamenti, avesse la capacità di trasformarsi in diversi altri metalli tra cui l'oro.


Si dice . . . “ tra il lusco e il brusco “

L'espressione di origine tosco-emiliana, ma diffusasi anche in altre parti d'Italia, fa riferimento a quei momenti di penombra o di crepuscolo che precedono l'alba, oppure successivi al tramonto, in cui la luce è incerta e i contorni delle cose appena percepibili. La locuzione indica in senso figurato una situazione vaga e confusa, difficile da decifrare, o anche un'espressione del viso indefinibile, tra il benevolo e il severo. L'etimologia dei termini rimanda al latino : luscus stava per guercio, orbo di un occhio, e bis-luscus voleva dire completamente cieco.


Si dice . . . “ avere le ginocchia che fanno Giacomo Giacomo “

Vuol dire avere la tremarella per stanchezza o paura. C'è chi fa risalire l'espressione alla rivolta dei contadini francesi nel XIV secolo in cui i rivoltosi, (che vestivano la jacque), venivano definiti Jacques bonhomme, “Giacomo il semplice”, e accusati di vigliaccheria. Per altri si tratta di onomatopea : “giac-giac” riproduce il suono delle articolazioni che tremano. Una terza versione si rifà invece al lungo cammino dei pellegrini verso San Giacomo di Compostela e alle preghiere al santo per vincere la stanchezza.


Si dice . . . “ per un punto Martin perse la cappa “

Questo antico detto si usa per sottolineare che a volte basta poco per trasformare un successo o un progetto ben meditato in un fallimento. Il motto deriva da un aneddoto del Medioevo. Martino, abate di Asello, volle sulla porta del suo monastero un'iscrizione in latino : “Porta patens esto. Nulli claudaris honesto”, (Porta resta aperta. Non chiuderti a nessun uomo onesto). Ma chi eseguì il lavoro sbagliò la posizione del punto : “Porta patens esto nulli. Claudaris honesto”, (Porta, non restare aperta a nessuno. Chiuditi all'uomo onesto). Così scritta la frase destò scandalo e Martino perse la cappa di abate.


Si dice . . . “ fare le cose alla Carlona “

L'espressione significa agire alla buona, senza particolare cura e con molta approssimazione. Più anticamente, (il modo di dire è attestato nella letteratura italiana sin dal XV secolo), si diceva “fare le cose alla maniera del Re Carlone”. Il quale altri non è che Carlo Magno, (742-814), che nei poemi cavallereschi più tardivi è descritto come uomo semplice e alla buona e che anche dopo l'incoronazione a Imperatore del Sacro Romano Impero, (che avvenne il 25 dicembre dell'800), non rinunciò mai alle sue abitudini un po' grezze e ai suoi abiti piuttosto grossolani.


Si dice . . . “ fare come i capponi di Renzo “

L'espressione “fare come i capponi, (o i polli), di Renzo” significa azzuffarsi inutilmente in una situazione disperata. I capponi del detto sono i 4 pennuti descritti da Alessandro Manzoni, (1785-1873), nel 3° capitolo de I promessi sposi. Li reca a mano, a testa in giù, Renzo Tramaglino come dono al dottor Azzecca-garbugli così da avere udienza e aiuto per i suoi problemi. E pur in quella posizione le povere bestie “si ingegnavano di beccarsi l'un l'altra, come accade troppo sovente tra compagni di sventura ”. Lo stesso commento dell'autore dà significato all'immagine.

Si dice . . . “ cavalcare la tigre “


L'espressione significa gettarsi in un'impresa assai difficile pur capendo i rischi e a condizione di non rinunciare fino al raggiungimento dell'obbiettivo, pena guai ancora maggiori. L'immagine, che deriva da un antico detto cinese, è molto incisiva in quanto la tigre per la sua forza e la ferocia è un animale temibilissimo e quindi cavalcarlo è impresa rischiosa. Tuttavia, recita il moto cinese, è ancora più pericoloso scendere dalla groppa del felino, in quanto si andrebbe incontro a morte quasi certa. E dunque meglio resistere nella pur scomoda posizione.

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