Si
dice : “ essere un'arpia “
Significa
essere una donna cattiva e malevola. L'espressione è riferita alla
mitologia dell'antica Grecia. Le arpie, (dal greco antico
“harpazein”, “rapire”), erano creature mostruose, con viso e
chiome di donne e corpo d'uccello. Forse all'origine
personificazioni delle tempeste, ma dedite ai rapimenti e ai
dispetti, sono citate fra l'altro nell'Odissea, nell'Eneide e poi
riprese da Dante nell'Inferno, che situa i loro nidi nelle isole
Strofadi, al largo del Peloponneso. Da notare che fu chiamata arpia
la più grande aquila vivente nelle Americhe, che quando è irritata,
rizza le penne bianche del capo.
Si
dice : “ camminare come un gambero “
Vuol
dire andare all'indietro, regredire, anche in senso figurato, in una
attività. L'immagine si riferisce al modo di muoversi dei gamberi,
crostacei di mare e d'acqua dolce, le cui dimensioni variano da
qualche millimetro a più di 20 cm. di lunghezza, e che si trovano
prevalentemente sui bassi fondali. I gamberi si spostano nuotando,
arrampicandosi o scavando tra i sedimenti del fondo, e grazie alla
contrazione dell'addome, possono spostarsi con rapidi scatti anche
all'indietro, per sfuggire ai predatori, oppure per catturare i
minuscoli animali di cui si nutrono.
Si
dice : “ avere il sangue blu “
Vuol
dire essere di origine nobile, di alto lignaggio. L'origine di tale
espressione, che deriverebbe dallo spagnolo “sangre azul”, non è
certa. Si sa però che in Spagna, l'antica nobiltà di origine
germanica, discendente dai Visigoti, (giunti tra il V e il VI secolo
d. C.), era fiera di distinguersi nei tratti e nella carnagione
diafana, dalla più olivastra plebe di ascendenza latina e poi araba.
In ogni caso, peculiarità della casta nobiliare, è stata per
secoli quella di non esporsi direttamente ai raggi solari, (sventura
che toccava ai servi della gleba), e di potere quindi mostrare, sotto
la pelle candida, il blu delle vene, (in realtà un effetto della
rifrazione della luce), quello che si riteneva fosse il colore del
loro sangue.
Si
dice : “ dormire all'addiaccio “
Dormire,
(o rimanere), all'addiaccio, vuol dire dover dormire all'aperto,
sottointendendo così di essere esposti alle intemperie. Il termine
addiaccio, (più raramente “agghiaccio”), che deriva dal latino
adiacere, (giacere in vicinanza), trova origine nel mondo della
pastorizia. Si intende con questa definizione, infatti, un tratto
di terreno scoperto e delimitato da una rete, in cui i pastori
chiudono il bestiame di notte, specie quando accompagnano greggi e
armenti in pascoli fuori dalle fattorie. In seguito
“all'addiaccio”, venne a far parte del gergo militare come
alloggiamento all'aperto di truppe o anche di escursionisti.
Si
dice : “ gettare la spugna “
Vuol
dire arrendersi, rinunciare alla lotta. L'espressione origina dal
regolamento della boxe, in cui il getto della spugna, (o meglio il
lancio dell'asciugamano che serve per detergere gli atleti), sul
ring, da parte del secondo, equivale a una richiesta di interruzione
del match, per salvaguardare la salute del proprio atleta, ancora in
piedi ma in balia dei colpi dell'avversario. Il getto della spugna
rientra tra le sconfitte per knock-out tecnico, ed è stato
introdotto nel XX secolo per aumentare la sicurezza dei boxer. Un
celebre lancio della spugna avvenne a Montecarlo l'8/5/1971, nel
match di rivincita per il mondiale dei pesi medi tra Monzon e
Benvenuti, quando l'italiano era ormai alla mercè del rivale.
Si
dice : “ avere le ali ai piedi “
Vuol
dire correre o muoversi con rapidità impensata, e in senso figurato,
anche con grande entusiasmo. Questa immagine è riferita a
Mercurio, (per gli antichi greci Hermes, figlio di Zeus e della ninfa
Maia), adorato dagli antichi romani come dio dell'eloquenza, della
comunicazione e del commercio, protettore dei viaggiatori, dei ladri
e portatore dei sogni. Avendo come suo compito principale, essere
messaggero degli dei, Mercurio era ritratto con le ali ai piedi a
simboleggiare la rapidità con cui era in grado di spostarsi.
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