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domenica 16 ottobre 2011

Pellegrino Artusi


Commemoriamo i 100 anni dalla morte
di Pellegrino Artusi

Artusi era nato a Forlimpopoli, nel cuore della Romagna, tra Forlì e Cesena, il 4 agosto 1820. Morì a Firenze il 30 marzo 1911. Figlio di un droghiere benestante, era nato in una famiglia numerosa (aveva 12 fratelli). Come molti ragazzi di buona famiglia, compì gli studi nel seminario della vicina Bertinoro. Frequentò poi ambienti studenteschi bolognesi (in un brano afferma di essere stato iscritto all'università) e, nella locanda “Tre Re”, conobbe il patriota romagnolo Felice Orsini. Ma personalmente rimase sempre lontano dalla politica attiva. La sua politica la fece a tavola. Tornato nel paese natale, intraprese con successo il mestiere di droghiere, ma la vita della famiglia Artusi venne sconvolta per sempre dall' incursione del 25 gennaio 1851 a Forlimpopoli del brigante locale Stefano Pelloni, detto “il Passatore” (poeticamente definito da Giovanni Pascoli “Passator cortese”). Costui prese in ostaggio, nel teatro della città, tutte le famiglie più in vista, rapinandole una per una, compresa quella degli Artusi. A raccolto concluso, i banditi stuprarono alcune donne tra le quali Gertrude, sorella di Pellegrino, che impazzì per lo choc e dovette essere ricoverata in manicomio dove rimase fino alla morte. Così, l'anno dopo, tutta la famiglia Artusi decise di trasferirsi a Firenze. Qui Pellegrino si dedicò all'intermediazione finanziaria e al commercio (rilevando anche il magazzino di tessuti Coen) e contemporaneamente sviluppò le sue due più grandi passioni : la letteratura e l' arte della cucina. Sposate le sorelle e morti i genitori, potè infine vivere di rendita grazie alle tenute che la famiglia possedeva in Romagna. Acquistò una casa in piazza D' Azeglio, dove tranquillamente condusse la sua esistenza fino al 1911, quando morì, a 91 anni. Celibe (ma c'è chi disse che frequentasse molto da vicino alcune delle tante signore che da tutte le parti d' Italia gli inviavano le loro gustose ricette . . . ), visse con un domestico del suo paese natale e con una cuoca toscana. Riposa nel cimitero di San Miniato al Monte. “ La scienza in cucina e l' Arte di mangiar bene “, l' opera che gli diede la fama immortale, già nel titolo rivela chiaramente la sua matrice positivistica. Artusi esaltava il progresso ed era fautore del metodo scientifico e fu questo metodo che egli applicò anche nel suo libro. Il suo, infatti, può essere considerato un manuale “scientificamente testato” : ogni ricetta fu il frutto di prove e sperimentazioni, compiute direttamente davanti ai fornelli di casa sua e sulla sua stessa tavola, dove a realizzare le ricette e a “verificarle” erano i suoi due domestici, Francesco e Marietta (che egli ricompensò con un lauto lascito testamentario e, a Marietta, in segno di ulteriore riconoscenza, i diritti d' autore del suo manuale). Prima del suo libro c' erano già stati parecchi ricettari, però scritti in francese oppure in un linguaggio troppo ricercato e di difficile comprensione. Artusi, invece, inventò un modo quasi colloquiale di raccontare le ricette, condendole con aneddoti, curiosità e facezie e facendone prima di tutto un libro di lettura, piacevole, erudito e formativo. Eppure 120 anni fa, non fu affatto facile riuscire a trovare un editore disposto a pubblicare il suo Manuale, come egli stesso ci ricorda in uno scritto. Artusi fece però in fretta a “vendicarsi” di chi non aveva creduto nel suo lavoro, poiché il libro (pubblicato nel 1891) già nel 1931 poteva vantare ben 32 edizioni, mentre oggi le copie vendute possono essere stimate in oltre 1 milione e 200.000. Le sue 790 ricette comprendono brodi, minestre, antipasti (da lui chiamati “principii”), secondi, rifreddi, dolci, elisir e rosoli. Non tutti territorialmente ripartiti in egual modo, a dir la verità, vista la prevalenza della cucina bolognese e romagnola rispetto alle altre, tra le quali bisogna lamentare la pressoché totale assenza di piatti marchigiani, sardi e pugliesi. Ma i tempi erano quelli, e parlare e scrivere davvero in termini di Italia unita non era facile, non essendocene neanche la consapevolezza oltre che l' adeguata conoscenza. E poi, insomma, Artusi alle sue origini romagnole ci teneva, anche se, una volta trasferitosi a Firenze, in Romagna non fece più ritorno.

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