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mercoledì 5 ottobre 2011

Modi di dire 4


Modi di dire . . .

Si dice . . . “ in bocca al lupo “

L'espressione augurale “ in bocca al lupo “, a cui di solito si risponde “ crepi ! “ è riservata a chi deve sostenere una prova importante ( un esame, in colloquio di lavoro ecc. ) e ha valore di scaramanzia : augurare il peggio per esorcizzarlo. L'origine del motto è controversa. C'è chi sostiene venga dal mondo dei pastori per il quale il grande predatore di pecore era il peggior nemico. C'è chi lo attribuisce al linguaggio dei cacciatori ( il lupo era la preda più prestigiosa ). Tra le altre attribuzioni, la più suggestiva è quella riferita alla leggenda di Romolo e Remo : abbandonati in una cesta nel Tevere, i fratellini vennero salvati e poi allattati da una lupa che li portò in bocca in una grotta : dunque un augurio di fortuna.

Si dice . . . “ non avere grilli per la testa “

Vuol dire avere maturità ed equilibrio rifiutando eccentricità, fantasie, idee strane e bizzarre, desideri stravaganti o capricciosi. L'origine del motto rientra nell'immaginario popolare. Il grillo è, per le sue caratteristiche peculiari, protagonista in positivo o in negativo in tutte le antiche culture regionali italiane. In questo caso ciò che colpisce è la capacità di spuntar fuori dal nulla grazie alla capacità di fare salti anche di diversi metri. Di qui la metafora di qualcosa di incontrollabile che balza fuori all'improvviso dalla testa di qualcuno.

Si dice . . . “ nessuno è profeta in patria “

Deriva dalla locuzione latina Nemo propheta in patria ( sua ) che indica la difficoltà a emergere e ad avere riconosciuti dei meriti in un ambiente in cui si è familiari, rispetto ad un ambito in cui si giunga da estranei. La frase viene dai Vangeli e viene attribuita dai 4 evangelisti a Gesù allorchè si reca in visita a Nazareth, la città in cui è cresciuto. Quando egli nella sinagoga legge le profezie di Isaia e le riferisce a se', viene rifiutato dai presenti in quanto egli è conosciuto solo come figlio del concittadino Giuseppe, andato in giro a predicare invece di essere rimasto in casa ad aiutare la famiglia, e suscitano in lui l'amaro commento.

Si dice . . . “ essere il mentore di qualcuno “

Vuol dire fare da consigliere fidato, da guida saggia, da precettore. Il termine deriva dal latino “ mentor “ che vale come consigliere, colui che sa, ma l'ispirazione primaria è Mentore, il personaggio dell' Odissea a cui Ulisse affida il figliolo Telemaco prima di partire per la guerra di Troia. Mentore era per Telemaco una sorta di precettore fidato e dietro le sue sembianze si nascondeva la voce guida della dea Atena ( per i latini Minerva, la dea della guerra e della saggezza ). Il termine si diffuse nel '700 in Europa grazie al romanzo di F. Fenelon : “ Les adventures de Telemaque “.

Si dice . . . “ mettere una pulce nell'orecchio “

Vuol dire insinuare un dubbio anche angosciante, suggerire qualcosa che metta sull'avviso un ignaro circa un fatto o una situazione fin li non considerata. L'espressione ha origine dalle cosiddette leggende metropolitane, e cioè dalla convinzione, assai raramente supportata dai fatti, che determinati insetti, in questo caso le pulci, ma il discorso si può estendere anche a zanzare, mosche, forbicine o vespe, si possano insinuare dentro i padiglioni auricolari arrecando punture e danni vari. E quindi disagi che catturano l'attenzione, fin li rivolta altrove, del malcapitato.

Si dice . . . “ seppellire l'ascia di guerra “

Vuol dire ricomporre un contenzioso, concludere un conflitto con la pace. Il motto è la traduzione della frase idiomatica inglese “ Bury the Hatchet “. Questa frase ebbe origine nel XVIII secolo e si riferisce all'usanza dei nativi nord americani che seppellivano nella terra, nascondevano o distruggevano un tomahawk, ossia un'ascia di guerra come gesto simbolico per sancire un accordo di pace tra tribù. Secondo la tradizione, la pratica ha avuto origine con gli Irochesi, un popolo formatosi dall'unione di varie tribù in conflitto tra loro che suggellarono la pace seppellendo le armi sotto un pino bianco.

Si dice . . . “ rimandare alle calende greche “

Vuol dire differire un evento o un appuntamento a una data del tutto vaga, meglio dire mai. La frase, scherzosa, si riferisce al fatto che il calendario degli antichi greci non prevedeva le “ calende “ come i romani chiamavano il primo giorno del mese. E proprio nell'antica Roma che fu inventata la locuzione, ( il biografo Svetonio ironizzava sui debitori che pagavano “ ad calendas Grecas “ ), che sbarcò nell'italiano moderno nel XVI secolo grazie a un traduttore di Svetonio, Paolo del Rosso.

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