Per Fellini, per quel film, “ La
dolce vita “ è un titolo ironico, meglio ricordarlo, per
suscitare, nel paradosso di una distorsione, l'amarezza di una
condizione, esistenziale e sociale. Eh, tu fai la dolce vita,
diciamo ancora oggi. In realtà, con il frastuono delle eredità,
quanto siamo lontani-vicini da un mondo che era una promessa e un
progetto. Alla fine del pamphlet di Oscar Iarussi “ C'era una
volta il futuro – L'Italia della dolce vita “, ( ed. Il Mulino ),
sulla pervasiva veggenza del film, c'è lo sguardo inerte del cetaceo
di Fellini : “ Il mostro acquatico spiaggiato, pesce di Giona o di
Pinocchio, lì sotto gli occhi della triste compagnia reduce dai
bagordi, è una rappresentazione dell'Italia che verrà, il futuro a
portata di mano eppure già agonico, con l'occhio sbarrato sul Grande
Nulla “. In questa parvenza di progresso ambiguo che ci portiamo
dietro, dentro, profondamente, la fragilità della nostra differenza
morale è nelle coppie temporali evidenti, la Freccia del Sud
Agrigento-Milano, ( 1955-2010 ), e l'invito del consigliere Lega Nord
a bloccare una maratona per evitare “ che continuino a vincerla
atleti africani o comunque extracomunitari in mutande “, ( 2011 ),
l'euforia dell'Ina-Casa e dell'edilcrazia anni 50' e il crollo
omicida delle coste liguri e delle case abruzzesi, gli sputi davanti
al cinema Capitol contro “ l'infame film di Fellini “, ( 5
febbraio 1960 ), e le urla a cute livida e canini assetati del
talk-show immanente. La vitalità sociologica, ( vogliamo spingerci
a dire : politica ? ), del capolavoro di Fellini non è solo nel
plasmare, oggi, la nostra percezione del presente, lasciandoci
consapevoli di un futuro compiuto nelle nostre mani, ed esterrefatti
per la fantomatica intuizione di un destino, nella prova di verità
della battuta di Flaiano : “ La stupidità ha fatto progressi
enormi “. Sarebbe una visione drammatica, dominata dall'oscurità,
sterilmente apocalittica, priva del tragico di realtà, cioè del
senso di sconfitta e fallimento davanti alle generazioni nuove, che
invece alimenta una spinta al riscatto. “ La dolce vita “ è e
sarà un proiettile. La vitalissima scorribanda passato-presente di
questo film, il raccordo-accordo degli anni migliori-peggiori della
nostra vita, la lucida dialettica negativa spinta a cogliere la
paralisi dello spirito di Marcello, accoppiato all'inazione di Amleto
e all'accidia di Oblomov, ( due diversi tragici ), lanciano una
freccia di liberazione. E' un film inequivocabile sulla fragilità
storica delle nostre illusioni civili, richiamate al test di realtà.
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