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giovedì 22 febbraio 2018

Come si vota nel mondo.


In Gambia, per le elezioni politiche, si vota con un sistema basato su pentole e biglie. In Australia, invece, presentarsi ai seggi elettorali è obbligatorio per legge. Mentre il Bel Paese è in pieno fermento elettorale, facciamo il punto della situazione su alcune delle curiosità riguardo alle elezioni politiche nel mondo.

Il prossimo marzo il popolo italiano è nuovamente chiamato alle urne per votare la XVIII legislatura, che, nel migliore dei casi, governerà il paese per il prossimo quinquennio. Le scommesse su quest'ultimo punto rimangono ampiamente aperte, visti i turbolenti trascorsi politici degli ultimi anni. Se ultimamente la politica italiana è stata caratterizzata da instabilità, non resta quindi che aspettare le prossime elezioni e sperare in un risultato che porti più certezze. Nell'attesa vi voglio intrattenere andando alla scoperta delle peculiarità, o a piacimento delle imperfezioni, delle elezioni politiche nelle altre nazioni in giro per il mondo.
Per la serie chi va piano va sano e va lontano, le elezioni politiche in India durano normalmente più settimane. Con un pubblico di oltre ottocento milioni di persone aventi diritto al voto, il paese sembra rappresentare la più grande democrazia esistente a livello mondiale. L'ampio pubblico elettorale richiede grandi sforzi organizzativi, nonché ingenti costi, con le elezioni che si svolgono per diverse settimane se non addirittura mesi.
Nell'ultima tornata elettorale del 2014, ad esempio, che ha eletto 543 membri del Parlamento, le elezioni hanno avuto luogo in nove giorni diversi nell'arco di oltre cinque settimane, ottenendo il primato come le più lunghe elezioni nella storia della nazione, e del mondo aggiungo io.
Votare già a 16 anni è possibile in alcuni paesi tra cui Brasile, Austria, Nicaragua e Argentina, mentre la soglia dei 17 anni è fissata per Indonesia e Sudan. Similmente, alcuni Stati della Germania, permettono a chi ha più di 16 anni di votare per le elezioni locali, mentre in Scozia la votazione per i più giovani, ovvero sedicenni e diciassettenni, è stata ammessa per la prima volta per il referendum sull'indipendenza del 2014.
Inoltre, tra i must della maggior parte delle nazioni al mondo, il voto nel weekend è di norma preferito alle votazioni nei giorni settimanali, con la domenica eletta come giorno per eccellenza. Tuttavia, in alcuni paesi di lingua anglofona, la regola trova la sua eccezione.
Ecco quindi che in Canada si vota solitamente di lunedì, in Inghilterra di giovedì, mentre in America, per tradizione, il giorno delle votazioni cade di martedì.
Un meccanismo di voto obbligatorio esiste in alcune nazioni, tra le quali Argentina, Australia, Belgio, Brasile, Grecia e Lussemburgo. In questi paesi, con piccole differenze locali, registrarsi e presentarsi al voto è obbligatorio per i cittadini di almeno 18 anni. In caso di assenza al voto, ogni paese stabilisce sanzioni diverse, tra cui anche azioni penali e multe.
Inoltre, in alcuni casi, i cittadini che non si presentano ai seggi in più elezioni possono perdere il diritto di voto per un determinato periodo di tempo, o incontrare difficoltà nell'ottenere un impiego pubblico.
Nei paesi a basso tasso di alfabetizzazione, i legislatori devono trovare soluzioni alternative per permettere ai cittadini di esprimere il proprio voto. In Gambia, ad esempio, fin dal 1965 gli elettori non votano con una normale scheda elettorale, bensì con una biglia. Questa dev'essere fatta cadere in una delle pentole colorate che sono preparate nei seggi e associate alle foto dei candidati alle elezioni. Non appena la biglia cade nella pentola del candidato prescelto, un meccanismo fa suonare il campanello di una bicicletta a indicare che il voto è stato eseguito correttamente e senza brogli.
Infine, partecipare al voto sembrerebbe sempre di più un optional a livello globale.
Secondo l'Institute for Democracy & Electoral Assistance (IDEA), nonostante il numero degli aventi diritto al voto sia aumentato nel tempo, l'affluenza alle urne è in continua diminuzione.
Se la partecipazione popolare mondiale superava in media di poco il 75% negli anni 50', nel periodo 2011-15 lo stesso dato ha raggiunto solo il 66%. Il declino maggiore sembrerebbe essersi registrato proprio in Europa, con un calo pari al 20% dai soli anni 80'.
In controtendenza, per una volta in positivo, la performance italiana alle elezioni del 2013, con un'affluenza pari al 75%, che non ha fatto sfigurare il Bel Paese. L'appuntamento è ora a domenica 4 marzo: riuscirà la penisola a mantenere tale risultato?

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