Si dice . . . “ venire dalla gavetta “
Si riferisce di solito a una persona che abbia raggiunto una posizione di carriera professionale di rilievo basandosi sulle proprie capacità e partendo dalle mansioni più semplici. Questo modo di dire ha origini militari : la gavetta è il recipiente di alluminio o di lamiera zincata, in cui i soldati consumano il pasto giornaliero, (il rancio), e venire dalla gavetta veniva riferito ad ufficiali che fossero arrivati al proprio livello risalendo tutti i vari gradi dal più basso senza aver frequentato l'accademia militare.
Si dice . . . “ essere di mezza tacca “
Vuol dire essere persona di poco conto, che ha scarsa personalità o, in senso fisico, essere di bassa statura. L'origine del modo di dire risale alla tradizione commerciale. La “tacca” infatti, era il contrassegno che i mercanti fiorentini apponevano sulle stoffe di importazione per indicarne il prezzo d'origine e il costo del trasporto. La tacca dimezzata era dunque l'indicazione di una merce di scarso valore.
Si dice . . . “ avere l'argento vivo addosso “
Si riferisce a chi è vivacissimo, in continuo movimento, al limite dell'agitazione. Il riferimento è alle caratteristiche proprie del mercurio, in latino “Hydrargirium”, (simbolo Hg), che a sua volta deriva dal greco hidrargyros, composto di hidros, (acqua), e argyrion, (argento). Con l'aspetto di argento liquido a temperatura ambiente si presenta infatti il mercurio che anticamente era chiamato proprio argento vivo. Questo metallo è inoltre mobilissimo e sgusciante, si frantuma in goccioline ed è praticamente inafferrabile tra le dita se si disperde nell'ambiente. Ecco dunque l'accostamento con la personalità umana.
Si dice . . . “darsi ai bagordi “
Vuol dire eccedere nel mangiare e nel bere, darsi agli eccessi. La locuzione è di origine medioevale. Veniva infatti definita “bagordo”, la lancia usata dai cavalieri antichi per giostrare nei tornei, (dal provenzale behort, giostra, termine di origine germanica). L'accostamento non sembri curioso : queste manifestazioni cadevano di solito in occasione di feste e sagre popolari e comunque si trattava di eventi che coinvolgevano la popolazione e in cui spesso venivano distribuiti cibo e bevande per tutti. Ecco che l'uso del “bagordo” diventò sinonimo di divertimento.
Si dice . . . “ patire il supplizio di Tantalo”
Vuol dire desiderare molto qualcosa senza poter raggiungerla. L'origine del motto sta in un mito greco. Tantalo era un semidio, figlio di Zeus, che godeva del benvolere degli Dei. Egli però si macchiò di diverse offese ai Numi, tra cui il ratto del bel Ganimede, caro a Zeus stesso. Per questo Tantalo finì nell'Ade legato ad un albero carico di frutti, in mezzo ad un lago la cui acqua li giungeva al mento. Se provava a bere il lago si ritirava e se voleva mordere un frutto i rami si scostavano lasciandolo in un' eterna inedia.
Si dice . . . “ lupus in fabula “
Tradotta, vuol dire, “il lupo nel discorso” e si usa per far notare l'improvvisa comparsa della persona di cui si sta parlando in quel momento. L'espressione deriva da antiche credenze secondo le quali il solo nominare il lupo, (che allora rappresentava la malvagità, come il diavolo), equivarrebbe ad evocarlo. La credenza era favorita dalle famose favole di Fedro, (20 a. C. - 50 d. C.), che derivano da quelle del favolista greco Esopo, (VI sec. a. C.). In queste storielle l'animale incarna si il male, ma è anche il fulcro stesso della narrazione, per cui al suo comparire il fato si compie.
Si dice . . . “ attaccare bottone “
Significa fermare o trattenere qualcuno a lungo con discorsi lunghi e prolissi fino alla noia. L'espressione, che in origine aveva una valenza negativa, si ispira alle mosse di un sarto o di una massaia che attacchi davvero un bottone su un indumento indossato da qualcuno : il sarto deve tenere l'interessato immobile per tutto il tempo di un'operazione elaborata e ripetitiva in cui l'ago viene ripassato più e più volte attraverso la stoffa perchè il bottone resti alla fine bene attaccato. L'immagine ben si presta alla metafora del chiacchierone.
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