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Il primo portale dedicato all'investitore italiano in Rep. Ceca e Slovacchia

sabato 30 luglio 2016

Attrazione per la trans: perversione o sentimento?

L. è una mia cara amica. Vegetariana, buddista, pratica yoga da molti anni, lavora in un negozio di abbigliamento di lusso nel centro di Roma, va in giro sempre in bicicletta e va a letto alle 10. È elegante, gentilissima, si fa voler bene da tutti.
Quasi vent'anni fa, in un'altra vita, L. si chiamava Giuseppe. Ogni giorno L. sopporta con gran classe piccole e grandi umiliazioni. Non c'è volta che, entrando in un ristorante o al cinema, non ci sia qualcuno che dia di gomito al vicino o faccio un commento, (è un uomo? un travestito? ce l'avrà? non ce l'avrà?). Sembra che L. sia trasparente e che si possa parlare indisturbati di quello che ha o che non ha in mezzo alle gambe. Mi chiedo quando verrà l'ora in cui potremo pensare ai transgender, come a delle persone qualsiasi, invece di occuparci solo di quello che hanno deciso di fare con il proprio corpo.
Poche settimane fa la copertina di Time ritraeva Laverne Cox, protagonista trans di una serie tv americana. La notizia è rimbalzata sui media, quasi avessero pubblicato la foto di un marziano in minigonna. Il che dimostra che se ormai abbiamo sdoganato del tutto l'omosessualità - tanto che al gay pride sfilano eserciti di mamme orgogliose delle figliolanze gay, se negli asili nido appaiono coppie dello stesso sesso con figli e nessuno ci fa più tanto caso - i transgender sono davvero rimasti l'ultimo tabù.
Quando non vengono associati a droga, prostituzione, abusi, suicidio o al carcere, dalle stalle si vola direttamente alle stelle : via con le foto della modella trans di Chanel o di Conchita Wurst, la barbuta in abito da sirena. In mezzo a questi due estremi sembra non ci sia spazio per la normalità. E visto che le cose esistono solo quando viene dato loro un nome, fino a che non conieremo un linguaggio per includerle, le persone transgender rimarranno fenomeni da baraccone, che la gente si sentirà autorizzata a deridere o a fissare con avida curiosità.
Solo pochi giorni fa io e L., parlavamo del disagio che anche gli uomini eterosessuali più "evoluti" provano davanti a lei, (generalizzo ma sfido chiunque a darmi torto). L. lo avverte chiaramente : quando possono, evitano di guardarla negli occhi o di rivolgerle la parola. Ho l'impressione che si tratti di una forma di timore, come se L. rappresenti la possibilità - remota, ma non impossibile - che un corpo maschile contenga in nuce quella stessa pelle liscia, quei seni rotondi, quella gestualità aggraziata.
Ma forse, suggerisce L., il disagio dei maschi nasce da una paura ancora più nascosta: quella di poter provare attrazione verso donne che portano dentro di sé il maschio che erano alla nascita. Ed è proprio da questo disagio/terrore diffuso, che spesso nasce l' avversione e a volte persino la violenza contro i trans.
C'è un altro aspetto importante: finché le donne trans saranno un tabù, gli uomini che provano affetto e amore verso di loro, continueranno a nasconderlo e a vergognarsi. Se non riusciamo a comprendere chi sono le persone transgender al di là dei clichet, come possono gli uomini etero comprendere che quello che alcuni di loro provano, non è una perversione ma un sentimento?
La gogna pubblica cui vengono sottoposte persone più o meno famose, "beccate con la trans", contribuisce a peggiorare la situazione. È ora di cominciare a creare le condizioni affinché le persone transgender,
possano non solo condurre una vita normale, (trovare lavoro, affittare un appartamento), senza essere discriminati, ma anche avere relazioni sentimentali alla luce del sole, trovare dei partner che non siano costretti a nascondersi.
Nel frattempo L., sta conducendo quietamente la sua battaglia privata, portando il suo caso davanti ai magistrati per ottenere il cambio di nome. Non essendo operata, per lo stato oggi L. è ancora Giuseppe e, ogni volta che mostra i documenti, (in aeroporto, in albergo, per un controllo della polizia stradale), prova disagio davanti agli sguardi, alle domande, a volte ai commenti che le rivolgono. Per di più, eventualità che lei definisce terrorizzante, se un giorno dovesse finire all'ospedale, verrebbe ricoverata nel reparto uomini.
"Ci penso sempre e la sola idea mi fa morire". La sua è una piccola grande battaglia per un diritto che dovremmo difendere tutti.


Francesca Marciano

sabato 23 luglio 2016

Oltre 10 milioni l'anno i cani abbattuti.

In foggia di villa mediterranea fortificata, con torri, spalti, muri stuccati, tegole e cancelli di ferro battuto, dalla casa di Tristan si vede il mare all'infinito e il sole sorgere dalle acque oltre le dune.
È uno fortunato, Tristan, anche perché la sua piccola rocca gli è costata appena 50mila dollari, un affare per il mercato immobiliare della Florida.
Anzi, in realtà non gli è costato neppure quelli, perché Tristan, di suo, non ha un centesimo. Situazione che sarebbe difficile per altri, ma non per lui, che è un cane. Tristan, un barboncino bianco, è soltanto uno di quegli animali che negli Stati Uniti, e non soltanto negli Stati Uniti, entrano nella classifica delle creature più fortunate del mondo, quei cani, gatti, cavalli, pesci, uccelli che confermano una regola tanto scandalosa quanto ferrea della vita, che "dove nasci" è molto più importante di chi sei e di che cosa sai fare.
Lui è soltanto un piccolissimo cittadino di un regno che costa ormai i quasi 60 miliardi di dollari all'anno spesi negli USA per nutrire, accudire, curare e viziare quelli animali domestici che sono adottati da "genitori" - così vanno chiamati oggi i padroni - con abbastanza soldi da rovesciare su di loro. E, in realtà, su se stessi.
È ovvio che a Tristan l'architettura della casa importi assolutamente nulla, perché i barboncini, per quanto svegli, raramente sanno distinguere fra lo stile mediterraneo, il neogotico, il coloniale o un wigwam indiano di pelli e stecchi. Se dipendesse da lui, scommetterei che preferirebbe dormire nel letto della padrona, voglio dire mamma, impeluccandolo. Ma la slavina di soldi e di cura che i "genitori" degli animali riversano su di loro, sono in realtà tributi alla vanità di chi li spende.
Nella "Casa di Pietra", una grande villa del New Jersey nella città di Alpine, a ovest di New York, i proprietari, (della villa), hanno fatto costruire accanto alle loro, una mini doccia perfettamente piastrellata per il loro Griffone, che nonostante il nome è un simpatico cagnetto dalle modeste dimensioni. In Florida, funziona un "resort", un albergo di ultra lusso per cavalli, dove gli animali possono svernare in ampie residenze che chiamare stalle sarebbe un'offesa, per 16.000 dollari al mese, aria condizionata compresa.
Cavalli fortunati, ma proletari se paragonati a Tapit, lo stallone bianco, bellissimo, il cui solo compito nella vita è mangiare, riposarsi, trotterellare su soffici radure verdi e occasionalmente "uscire" con le più belle signore della sua specie, senza neppure dover pagare il conto della cena. Tapit, che ha un pedigree rispetto al quale i Windsor sembrerebbero immigrati rotolati da un barcone, si fa pagare 150.000 dollari alla volta, record. Non che a lui, a parte il breve sollazzo, entra in tasca un solo dollaro.
In California, sopra Los Angeles, un supermiliardario si è fatto scavare un lago artificiale alimentato di acqua salata, nel quale fa nuotare non banali carpe, pur tanto care all'imperatore giapponese, ma i Cypselurus Poecilopterus, i pesci volanti del Pacifico occidentale. Per popolare il suo lago artificiale se li è fatti mandare dall'Australia in una grande tanica a temperatura regolata, con un assistente di volo specialissima, una biologa marina, su un jet privato ristrutturato all'interno, per far spazio ai pesci davvero volanti.
Le stravaganze degli ultra ricchi sono, appunto, stravaganze. Ma le fortune spese dal resto degli umani per prendersi cura dei loro parenti con diverso numero di zampe o pinne, testimoniano di una passione che è il polo opposto della ferocia e della indifferenza con la quale altri trattano gli animali domestici.
Per un Tristan o per quei pesci volanti, (che sarebbero rimasti benissimo a svolazzare nel Pacifico), ci sono 4 milioni di cani messi a "dormire" ogni anno nei canili, dove non c'è più posto per loro e dai quali nessuno li salva, perché devono fare posto ad altrettanti, se non più numerosi, abbandonati, circa 5 milionil'anno.
Soltanto un cane o un gatto su dieci nati, trova una casa che gli ospiti. Perfettamente felici di vivere non in mini ville o stalle con l'aria condizionata, ma con una vaschetta di sabbia come toilette e una scodella di acqua e pappa.

Vittorio Zucconi

domenica 17 luglio 2016

Chi ha dato l'OK al tentato golpe turco?

Abbiamo appreso della fuga di Erdogan e del suo lunghissimo volo notturno sui cieli della Turchia mentre a terra i militari congiurati sparavano contro i lealisti e contro la polizia. Parliamo dello stesso Erdogan che, ha bene evidenziato “La Repubblica”, qualche anno fa faceva disperdere la folla con gli idranti e a manganellate e che aveva provato a trattare i social network come i suoi dirimpettai iraniani: con la censura, ispirata al “vecchio” modello cinese. Un bel campione di democrazia. Ma pure a laicità il Nostro non è messo benissimo: islamico conservatore (il che potrebbe non essere quel gran male), Erdogan ha dialogato con le parti più retrive, e potenzialmente più pericolose, del filone sunnita. Protagonista di una cinica e spregiudicata “realpolitik”, il presidente scampato per un soffio ha combinato un bel po’ di guai. Ne elenco qualcuno: ha aperto il dialogo formale coi curdi del suo paese per usarli come spina nel fianco dei vicini iracheni e iraniani (visto che il Kurdistan si trova a cavallo tra Turchia, Iran e Irak); ha dato fastidio a più riprese alla Russia di Putin; si è comportato coi piedi durante la crisi siriana, a danno di Assad che, al netto delle atrocità, è laico oltre ogni dubbio. Le ambizioni di Erdogan, ha correttamente notato qualche osservatore, sono di tipo ottomano. Il che non poteva non suscitare malumori in buona parte dell’esercito che, col tentativo di golpe, ha almeno ribadito il suo ruolo di forza nazionale e ha dato un altolà a certe ambizioni imperiali, insostenibili anche per la seconda forza militare della Nato. Nel loro rassicurante
comunicato, gli ammutinati di Istanbul e Ankara avevano evocato i cardini, riveduti e corretti, del kemalismo “canonico”: laicità, democrazia e diritti umani. Di cui, a loro dire, il populista Erdogan non sarebbe un tutore credibile. Di più: i golpisti hanno lanciato messaggi a tutti, soprattutto all’Ue, alla Russia e agli Usa. Il che fa riflettere ancor più su alcuni dettagli della notte appena trascorsa: il presidente, prima di postare il suo video, avrebbe cercato di atterrare in Germania e poi in varie parti dell’Ue, Italia inclusa. E gli sarebbe stato risposto picche. Solo a golpe sventato, Angela Merkel e Obama si sono sbilanciati in un laconico «stiamo con la democrazia». Un po’ poco, per un paese in cui la democrazia è stata seriamente a rischio. Ora, c’è una lunga tradizione di golpe, realizzati e tentati, da cui si può ricavare almeno una regoletta: nessuno prepara un colpo di Stato se non ha le spalle coperte, in parte del proprio paese e all’estero. Siccome tra un golpista e un pazzo c’è sempre una differenza (e c’è da dubitare che i militari di carriera siano tutti pazzi), è sicuro che qualcuno abbia dato la “luce verde” fuori dalla Turchia. In questi casi, e le reazioni tardive di tutta la comunità internazionale lo confermano, di solito ci si comporta così: si invoca il principio della sovranità internazionale e si sta a guardare. Poi, di solito, si legittima, in un modo o nell’altro, il vincitore. È accaduto ai colonnelli greci e a quelli argentini, è accaduto a Pinochet e tutto fa pensare che sarebbe accaduto ai militari turchi se il golpe fosse riuscito. 
In questi casi alcuni studiosi di politica e di diritto internazionale usano un termine piuttosto cinico: “dog fight”, combattimento di cani: si sta albordo del ring e a distanza di sicurezza e si applaude, con più o meno imbarazzo, il vincitore. Non c’è da dubitare che, l’avessero spuntata, i golpisti avrebbero tirato fuori un bel dossier sulle presunte nequizie di Erdogan. E non c’è da dubitare che, dal processo a carico dei militari rivoltosi, difficilmente avremo una verità non di comodo: le corti marziali, specie quelle che applicano la pena capitale, non amano dibattere a porte aperte e, in certi casi, si impegnano pure a “coprire”. Già: quando l’animale che perde è ferito gravemente, di solito lo si abbatte senza troppi complimenti. In tutto questo, ci sono almeno due certezze. Prima certezza: all’Occidente e all’Europa serve una Turchia stabile e ordinata che faccia da tappo e da filtro ai fremiti integralisti. Una Turchia meno ottomana e più kemalista, insomma. Seconda certezza: il kemalismo è più forte nell’esercito e negli apparati statali che non nella società civile, dove i radicali islamici hanno più d’un sostenitore e d’un complice. Ciò per ripetere che i congiurati non erano proprio andati allo sbaraglio ma che qualcuno li avesse incoraggiati e, forse, rassicurati. Chi, ovviamente, non lo sapremo mai. A meno che, vista l’impossibilità di una risoluzione politica di questa vicenda, certi dossier non escano fuori lo stesso. 

 Saverio Paletta

sabato 16 luglio 2016

Integralismo e barba unione deleteria. #PrayForNice

Sarà che ho sempre avuto poca barba. Sarà pure perché, nonostante qualche problema non leggerissimo alla vista, non porto gli occhiali. Infine, sarà perché non ho mai tollerato la gente che, da un pulpito e in nome di qualche fede, dice al prossimo quel che deve fare. Io, questi imam da quattro soldi, circonventori di sfigati di ogni risma, capaci, mettendosi in bocca Dio, di trasformare gli idioti in assassini, non li ho mai potuti nasare (e sì che naso ne ho). 
Si somigliano tutti. Occhialetti e barbe certi sessantottini che, delirando in termini beceromarxisti, hanno rotto i suddetti per oltre un decennio a chi avesse il torto di pensarla altrimenti. Occhialetti e barbe certi rabbini integralisti che, mentre le autorità laiche preparavano i piani per la pace, hanno contribuito a ritrasformare il Medio Oriente in una polveriera peggio di prima. Occhialetti e barbe, infine, certi popi ortodossi che, durante le guerre nei Balcani, si sono dati da fare alla grande per sobillare gli ultrà trasformati in paramilitari (barbuti anch’essi). Non ce l’ho coi mussulmani. Ne conosco e stimo tantissimi: colti, lavoratori e col viso ben rasato. Stesso discorso per i preti: più sono civili e progrediti, più si rasano. La dico tutta: chi si fa crescere troppo la barba ha qualcosa da nascondere, al minimo una faccia brutta. Vi faccio l’esempio di un barbuto di successo: John Lennon. Quando i Beatles facevano “solo” rock’n roll e beat, lui era glabro come gli altri e non era un granché. Anzi, spariva al cospetto di Paul McCartney, ottimo frontman e compositore più prolifico di lui (e sempre o quasi coerentemente glabro). Lennon decise di svoltare, tra un acido e l’altro, e si diede al profetismo veterotestamentario: anche lui con occhialini e barba.
Il problema vero restano questi pazzi di matrice biblica, talmudica, coranica od evangelica che sia. Questi folli, soprattutto mussulmani (perché l’Islam non ha autorità dottrinarie che li bollino come eretici e gli diano un salutare stop), che predicano arcaismi dalla rete, convertono i disgraziati - che, spesso, fino al giorno prima evitavano di pregare per ignoranza e noia - e ne fanno dei kamikaze. A danno non di gente più armata e cazzuta di loro, come nel caso dei militari giapponesi (i quali, non a caso, si radevano scrupolosamente) che assaltavano torpediniere e portaerei di tutto rispetto, ma di inermi. Come i bambini morti ieri a Nizza.
Questi imam da quattro soldi sono grossolani persino nella scelta dei simboli: con una rozzezza fuori dal comune, hanno scelto una pacifica provincia francese per “dissacrare” l’anniversario della presa della Bastiglia, data cardine della civiltà liberale, a suon di infanticidi. Questi idioti, tra l’altro, sono così ignoranti da non capire che, se non ci fosse stata la Rivoluzione Francese e fosse rimasto il “loro” mondo, a quest’ora farebbero i teologi di quarta fila nel caravanserraglio di qualche califfo decadente e non potrebbero atteggiarsi a intellettuali rivoluzionari. Ma tant’è: la differenza tra un conservatore e un reazionario è nell’intelligenza. Il primo è sempre più sveglio del secondo, che invece vive chiuso in un sistema tutto suo, prossimo all’autismo. E per l’autismo intellettuale, a differenza di quello psichico, non ci sono terapie.
Ecco, io rivolgerei, al riguardo, una richiesta ad Angelino Alfano, che non è un’aquila e non ha neppure un rigore a prova di bomba, ma almeno è più che glabro, visto che somma la calvizie alla rasatura: imponga agli imam di radersi e di togliersi il turbante. I più civili reagiranno subito come molti nostri preti, a cui non è parso vero di scambiare la tonaca col clergyman (e qualcuno spera di poter dir messa in jeans). Già: che bello sarebbe sbarbarsi e non accumulare la forfora sotto quelle fasciature, inconcepibili al di fuori del deserto.
In fondo, tra i tanti liberticidi tentati da questo governo, la rasatura coatta sarebbe il male minore. Poi non dico che ci si debba rasare a forza ad alzo zero: andrebbe bene pure una barbetta ben curata alla Kabir Bedi. Però otterremmo due cose utili: un alt all’orribile estetica dell’integralismo e una nuova dignità ai barbieri, non più costretti a camuffarsi da parrucchieri.
E io mi prenderei la mia bella rivincita contro tutti i calvi che mi danno del capellone e si fanno crescere la barba per colmare i vuoti del cranio.
Già, non ho quasi barba e la rado regolarmente: io, a differenza di certi residui delle oasi, non sono un barbaro. E me ne vanto. E gli occhialini? Suvvia, le lenti a contatto costano meno.


Saverio Paletta

sabato 9 luglio 2016

Vacanze per single, ottima idea.

Attenzione: in questo post non parleremo di villaggi per single in cerca di avventure. Partiamo da questa premessa perché alla dicitura "vacanze per persone sole", molti pensano immediatamente a quelle
strutture turistiche organizzate sugli incontri, sul divertimento sfrenato e sulla promiscuità. Non che ci sia qualcosa di male, intendiamoci. Ma questa volta vogliamo parlare d'altro: di hotel, resort e villaggi di alta qualità, che vengono incontro alle esigenze di chi viaggia da solo, senza necessariamente trasformarsi in un contesto "fuori controllo", offrendo comfort e attenzioni per rilassarsi, conoscere nuove persone ed evitare di sentire la mancanza della "dolce metà".
Il problema di chi viaggia senza un partner, infatti, è ritrovarsi in villaggi da sballo o in alberghi pieni di famigliole, bambini o coppie innamorate che, diciamolo, pur offrendo una piacevole e allegra compagnia, non contribuiscono certo a migliorare l'umore o ... lo stato di famiglia.
In alternativa, per avere la certezza di incontrare altri giovani o adulti non accoppiati, i single sono costretti a partecipare a mirabolanti viaggi in giro per il mondo, o a vacanze avventurose in cima all'Himalaya. Invece, chi non è accoppiato ha tutto il diritto di rilassarsi, come gli altri, in una bella spiaggia o in una spa di montagna. Semplicemente, preferirebbe avere l'occasione di conoscere non solo coppiette, ma persone nella stessa situazione sentimentale.

Per conoscere la persona "giusta".

"Sono sempre stata un po' scettica nei confronti della vacanze per soli single: mi sembravano contesti un po' tristi, dove adulti non accoppiati
arrivavano al punto di fare cose sciocche, pur di farsi notare da qualcuno dell'altro sesso", racconta Silvia P., 45 anni di Milano. "Poi, per l'estate dei miei 40 anni, mi sono detta: prima di rinunciare del tutto all'idea di trovare un partner per la vita, ci provo. E ho prenotato una crociera per single sul Mediterraneo. Beh, lì ho conosciuto l'uomo che oggi è mio marito e il papà del mio bambino". Sono tante le testimonianze come queste, raccolte dai siti che organizzano vacanze per single. Nella pagina dedicata ai racconti di viaggio, si trovano commenti entusiastici e tante storie di amicizie e di amori.
Tutte descrivono l'iniziale diffidenza, il timore di trovarsi in un brutto ambiente e, infine, la grande soddisfazione al termine della vacanza. Tanto che oggi sono proprio le donne, a detta dei tour operator, a chiamare di più per informazioni e prenotazioni.

Tour operator, siti e contatti.

A organizzare weekend, settimane, viaggi in Italia e all'estero per adulti senza partner, ci pensano numerose agenzie e tour operator su internet è che a condizioni agevolate, (ad esempio, non dover pagare un supplemento di prezzo per la camera singola), raccolgono prenotazioni fino a formare dei gruppi, i più possibile omogenei per età, provenienza, interessi eccetera.
Le più importanti e serie sono da anni www.singleinvacanza.it e www.speedvacanze.it che garantiscono un accompagnatore, attività specifiche per favorire conoscenze e amicizie, una linea diretta per segnalare problemi o necessità e tante proposte di viaggio diverse, adatte a tutti.

E poi ci sono le crociere.

Prima ancora delle vacanze, dei viaggi e dei tour, la prima formula di vacanza solo per single è stata fin dagli anni 80' la crociera, ancor oggi la scelta numero uno di chi non è in coppia e ha voglia di non stare solo durante le ferie.
Tutte le principali compagnie ne organizzano numerose per le festività e per i mesi estivi, da MSC a Costa Crociere a Royal Caribbean, segnalando le date e le destinazioni ai tour operator on-line che si occupano di raccogliere prenotazioni e organizzare i gruppi. I siti di riferimento per trovare le mete e le crociere destinate solo a chi è senza partner sono, oltre a quelli già citati precedentemente, www.crocierepersingle.it , www.crocieresingle.it , www.crocierelines.it 
E se volete imbarcarvi, non perdete tempo: le prenotazioni per l'estate sono già aperte!


Elena Goretti