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venerdì 27 settembre 2013

Enzo Tortora 8. Incontro con la senatrice Merlin.

Questa volta il buon Tortora abbandona i panni del narratore fantastico ed ironico, per indossare quelli più convenzionali, si fa per dire, del giornalista. Lo fa con tutta l'intelligenza e l'acume di cui è capace, visto poi l'argomento alquanto “spinoso” che inevitabilmente si è portati a discutere con il suo interlocutore : la senatrice Lina Merlin, l'autrice della famosa legge “chiudi casini”.
L'intervista dovrebbe essere grossomodo del 73', quindi siamo in pieno marasma post sessantottino, una delle pagine più buie della storia d'Italia. Dopo qualche anno sarebbe nato “Portobello”, con la sua rubrica “Cuori solitari”; ve l'ha ricordate ?
Chissà, forse ispirata proprio dalla senatrice Merlin.
Ogni sera verso le 21, all'angolo di via Respighi, entra in “servizio” per il suo turno, un travestito. Lo chiamano Dolly. Sulla carta d'identità c'è scritto idraulico. Ogni sera alle 21, a pochi passi, chiude invece pudica i suoi cancelli la “Casa della Laureata”. È una pensione-albergo per signorine e signore di buona famiglia. Al secondo piano vi abita, e ha da poco festeggiato il suo 81º compleanno, quella che fu chiamata la Giovanna d'Arco delle case chiuse. Non è difficile incontrarla, la senatrice Merlin. Basta avvisare il portiere, che citofona solerte, e subito arriva, i capelli di neve, esile, un po' curva per gli acciacchi, ma vivace come un cardellino.
Sono passati giusto 15 anni, dall'entrata in vigore della sua legge. Era il 20 settembre 1958. “La breccia di Porta Merlin”, dice sorridendo quella che non nasconde d'essere stata la personalità politica più vituperata degli ultimi anni. "Ma chiariamo subito”, precisa stringendomi la mano, “che la legge, la mia legge, non si tocca. E nemmeno si ritocca. La si applica, e basta."
Penso al travestito che è fuori, a meno di 5 metri dal luogo, una saletta soggiorno, dove stiamo chiacchierando. Applicarla, come, questa benedetta legge ? "Con intelligenza", replica pronta Lina Merlin. Per il momento, tuttavia, l'intelligenza, una intelligenza sottile, vivace, proteiforme, dimostra di averla il mondo della malavita. Ai sensi della legge Merlin, per esempio, può essere semplicemente fermato chi adesca in modo scandaloso e molesto. Il travestito in servizio lì fuori per esempio, si accarezza semplicemente la parrucca. Lo proteggono le leggi: non ancheggia, non dondola, non scodinzola. Non parla nemmeno. Non può essere, una recente sentenza della Cassazione lo ha affermato, neppure imputabile di alterazione di stato. Sta lì. Con gli occhioni parlanti: ma non è reato.
"Ma chi mai", irrompe la senatrice, che non ha perso un grammo della sua carica polemica, "chi ha mai preteso di eliminare la prostituzione ? Non certo io. Questo è un bell'equivoco. Tempo fa, in televisione, (è stata la mia ultima sortita pubblica, perché qui non vedo più televisione, non leggo neppure i giornali), polemizzai addirittura con un gesuita, padre Perico. Gli dissi che non aveva le idee chiare sulla mia legge, e neppure sulla Bibbia.
Se a eliminare il peccato non c'era riuscito Iddio, prima del Diluvio Universale e poi con le tavole delle leggi date a Mosé, dovevo riuscirci io, povera senatorina ? Non debbono ritenermi così ingenua. La prostituzione è un male antico come il mondo. Non ho mai inteso aggredirlo con uno strumento inadeguato come una legge. Il mio obiettivo era diverso; liberare la donna, salvaguardare la sua dignità, affermare la sua indipendenza, la sua parità assoluta con l'uomo."
Penso, ma scaccio subito il pensiero, che gli anni ruggenti di quelle battaglie sono un po' lontani. La parità dei diritti l'ha raggiunta anche il battone all'angolo: si chiama Dolly, e fa l'idraulico.
"Non dica sciocchezze", precisa la senatrice, "il mezzo c'era anche prima della mia legge. Non si faccia incantare dalle cifre. Fuori da quelle case pullulava un mondo marcio esattamente simile a quello di oggi. Prima di presentarla, la legge, feci un giro per Milano, in centro. Prostitute a migliaia. Forse un po' meno di oggi, ma l'aumento è imputabile a diversi fattori".
Chiedo a lei, che è stata legislatrice, che intende per "eccitamento". Ne ho una risposta singolare: "ma non so, tutte queste urlatrici, per esempio. Queste ragazzine che si truccano da Mina, da Milva, che so io: mi pare che sia una corsa sfrenata verso la volgarità, un addio ai valori autentici".
Cara, candida senatrice. Dopo averla conosciuta, è rigorosamente impossibile non volerle bene. Se le sottopongo i referti, agghiaccianti, fornitimi dagli uomini che hanno in una metropoli italiana, contatti col mondo del vizio, risponde esattamente come un italiano "che se la prende con la legge Merlin". Soltanto, è evidente, lei trascura di essere Lina Merlin. Dice per esempio: "pulire le strade! È diventato uno sconcio! Le strade si puliscono, l'importante non è schedare. Non ci devono essere cittadini o cittadine di seconda categoria. Si fermino gli scandalosi e i molesti ".
Le replico che detto così, con quel dolce accento veneto, sembra semplice. Ma la polizia, gli uomini del Buon Costume, i questori, sudano freddo. Lei parlava di povere donne per esempio. Lo sa, la senatrice, che le povere donne oggi guadagnano una media, per le meglio dotate, di 200.000 a sera ? Lo sa ! "E sono perfettamente d'accordo sulla necessità di tassarle, esattamente come tutti i cittadini. È ingiusto che le prostitute non riempiano il modulo Vanoni. Le si tassino, le si tassino, altroché. D'accordissimo".
Le chiedo, con una punta di ironia, che dovranno mettere sul modulo Vanoni, alla voce “professione”. Non raccoglie, perché si lancia subito in un'altra, solo apparentemente sconcertante, proposta. Sconcertante perché proviene da una socialista, (non di destra o di sinistra precisa, “perché per me nel socialismo destra e sinistra sono buffonate”): ed ecco la proposta. "Io tasserei anche le donne di servizio. Scusi: facciamo i conti. Qui a Milano una cameriera prende sulle 100.000. Ha spese pagate di vitto e alloggio. Ora prendiamo una povera maestra, o una povera professoressa. Alla stessa somma pulita non ci arriverà mai. E dunque tassino anche le cameriere".
Le ricordo, è recentissimo, che in Francia 40 deputati gollisti si sono affrettati a chiedere il ripristino delle maisons. "Follie", dice seccamente. E se oso ricordare che una senatrice francese, Marthe Richard, autrice di una legge abolizionista precedente alla sua, è stata definita dalla stampa italiana la “Merlin francese”, ha uno scatto di rabbia inaudito. "Non mi parli di quella donna. La Richard è stata spia dei nazisti. Ed ha un passato dinanzi al quale quello di molte ospiti delle maisons che ha fatto chiudere è liliale".
Scopro così che detesta, cordialmente, la senatrice Richard che ha ora ottant'anni come lei. L'idea di queste due vegliarde, che hanno fatto voltare una pagina al costume europeo, e che si oltraggiano a distanza, è singolare.
"Ma io sono così", dice la senatrice, "sincera. Ho mandato al diavolo il partito, con una lettera molto secca, dopo che, sgambettata al Senato, ero riuscita in barba a certi compagni a farmi eleggere alla Camera. E scoprii che volevano fisicamente distruggermi, obbligandomi a fare visite a cinquantine di paesi in pochi giorni. Politica basta. Socialismo sempre".
C'è un altro aspetto del problema, legato, (lei dice senza “giustificazione alcuna”), alla sua legge: l'aumento vorticoso delle malattie veneree. Lo dicono quei medici che, nei giorni roventi del progetto lei aveva definito “falsi medici” forse, o meglio senza forse, con una punta di generosa ingenuità. "Le malattie si curano", dice lapidaria. "Occorre una coscienza sanitaria. Invece di emettere lamenti, il paese potrebbe dotarsi di un libretto sanitario obbligatorio per tutti; e non per specifiche categorie. Ma lei mi dice: la lue. Ho fatto indagini, (dice proprio indagini), e ho scoperto che è stato l'uomo, e non la donna, ad inventare la sifilide. Un uomo che, nei tempi antichi, ebbe contatti con una capra".
È una vecchia storia, glielo dico io. Qui è inutile prendersela con l'uomo, come dice la generosa senatrice. È come litigare sul problema dell'uovo e della gallina. D'altronde, le dico, se in una famiglia torna a casa un ragazzo con la lue addosso, è semplicemente stolto che sua madre, anche se socialista, se la prenda con un antenato di suo marito, marinaio di Cristoforo Colombo, che cinquecento anni fa ebbe stravaganti effusioni con un ovino.
Il problema c'è, è atroce, bisogna affrontarlo senza palleggiarsi responsabilità fra Adamo ed Eva. "Certo ", replica la senatrice, "ma ripeto che io non c'entro. Non mi sento minimamente corresponsabile di tanti orrori e di tante brutture. Ci sono medici, ci sono attrezzature sanitarie che devono entrare in funzione. Lo si faccia, una buona volta, senza sospirare sulle persiane chiuse. Il problema è quello della profilassi. E' forse anche quello della continenza, per il maschio latino".
Anche continenza è una parola curiosa, in questo mondo. Esco dall'incontro con la senatrice e mi ripeto: continenza, microgonna, dignità. All'angolo c'è ancora il travestito. Estremamente dignitoso, mormora soltanto: "10.000".




domenica 24 luglio 2011

Enzo Tortora 7. Il ragioniere rampante.


Questa volta, per un attimo, Tortora abbandona la narrazione in terza persona e la critica televisiva nuda e cruda, per interessarsi di un argomento tuttora in voga : quello dei titoli nobiliari, argomento già da me trattato sui miei blog. Usanza tornata stranamente di voga, negli ultimi tempi, anche se sempre più grande è il numero degli azzeccagarbugli che vi si interessano e che perpetrano dolorose truffe ai malcapitati ed ambiziosi personaggi che trovano sulla loro strada. Parliamoci chiaro : non tutti sono nobili ! Anche se questi personaggi che spesso trovate alle fiere, dotati di computer e software adattati, affermano il contrario. Per ognuno, per ogni cognome italiano, corrisponde un titolo nobiliare e una discendenza diretta a qualche casato nobile d'altri tempi. Tutto falso ! E questo è l'argomento che con la sua pungente ironia e intelligenza affronta anche Tortora. Vi voglio solo ricordare che il racconto è degli anni 70 ; 40 anni sono passati e le cose non sono cambiate per niente, anzi sono peggiorate. Comincio ad avere dei seri dubbi sulla maturità del popolo italiano.


Il ragioniere rampante

E' capitato più o meno a tutti, una volta nella vita. Si rientra stanchi, parcheggiare è un inferno, la giornata il solito rosario di guai. Il portinaio dice “ Buonasera “ ( se lo dice ) a una faccia stanca, logora come un vestito troppe volte indossato. Dalla nostra cassetta delle lettere ( la targa è solo uno sconsolato : Rag. Edilio Porelli ) occhieggia una busta. Dentro c'è un foglietto, scritto in termini cortesi. Da tempo il vostro cognome, per voi così qualunque, ha in realtà suscitato l'interesse degli esperti, che ne hanno discusso a lungo, consultato manoscritti, perfino pergamene, codici miniati del Duecento. Ebbene ( ve lo comunichiamo ovviamente senza impegno, in tutta confidenza ) pare proprio che un Branciforte Porelli, addirittura Duca d' Artois, Visconte di nonsodove, ad interim nientepopodimeno che Burgravio di Magonza, abbia combattuto da prode alla seconda Crociata. Lo sospettavate ? No. Non lo sospettavate. Il ragioniere sale le scale, continua a leggere. “ Una eventuale ricerca ( decifrano i suoi occhi arrossati ) saremo in grado di compierla, restituendo per li rami, il Vostro cognome ai fastigi della primigenia casata Porelli “. Perchè no ? Dopotutto, ricorda il ragioniere, una volta, a un ballo ( roba di trent'anni fa ) una ragazza gli disse : “ tu hai un profilo nobile “. Lui il problema non se l'era mai posto, del resto, anche se quelle mani affusolate, una certa fierezza del tratto, qualcosa insomma, gli facevano presagire. Ma con le memorie di famiglia, non s'era mai spinto più in su del nonno Porelli Oreste, veterinario a Chieti. Più su, solo un Porelli ( pare ) garibaldino. E poi, la notte. Ora invece arriva la lettera, a gettare luce vivissima nel retrobottega familiare : cozzar d' armature, tutto uno sfavillio di gemme marchionali. Il ragioniere raddrizza le spalle, è meno curvo : ha dentro un non so che. Apre la porta ; in tinello la famiglia è come al solito condensata, davanti al video. Danno “ Carosello “. Si vedono spaghetti. Prima le mani, poi la voce di Mina, che dice : “ C'è una gran cuoca in voi, e Barilla lo rileva “. Il ragioniere stringe la sua lettera. Anche la sua lettera, dopotutto, gli sussurra : “ c'è un Visconte in voi, e il nostro ufficio lo rileva “. Il resto è intuibile. Almeno mille italiani, se si fossero decisi a dire la verità, sull'ultimo modulo di censimento, alla domanda “ dove avete passato la notte fra il 23 e 24 ottobre “ avrebbero dovuto rispondere : “ appollaiato sulla fronda di un albero genealogico, diventando Barone “ Perché negarlo ? In ognuno di noi, sonnecchia sepolto da secoli d'obliò, di deluso anonimato, ma pronto a ruggire di nuovo, “ dopo accurate indagini “, in elmo e corazza, pennacchio e spadone, un Branciforte o un Idelfonso, insomma uno che dava del tu a Carlo V, uno cui Papa Clemente poteva dire sottovoce : “ Duca mio, portatemi questo pacchetto ad Avignone “. A questo mondo, tutto sommato bello, e perfino poetico, ho pensato di dedicare un po' di spazio tipografico. Parrà strano, ma è un argomento difficile. Vedrete : si arrabbieranno in molti. E mi dispiacerà, perché al ragioniere rampante mi sono accostato con profonda simpatia. Addirittura con umiltà. Vedrete che parecchi uffici di Araldica ( ce ne saranno una ventina nel nostro paese ) mi accuseranno di faciloneria, di innata tendenza al colore, di ironizzare sulla loro benemerita attività. Metteremo dunque, una volta per tutte, le mani avanti : non ci proponiamo affatto rivelazioni clamorose. Non cerchiamo scandali. Gli uffici, o gli istituti di Araldica, quelli che fanno ricerche e vi consentono di cucire una corona a non so quante fronde sul cuscino, o di esporre in bella vista una pergamena scritta in gotico in anticamera, per noi vanno benissimo. Sono talmente utili che, se non esistessero, al limite bisognerebbe proprio inventarli. Sono preziose emoteche : vi fanno tempestive, provvidenziali trasfusioni di sangue blu, in un particolare momento di anemia psicosociale. Non scoraggerò nessuno, giuro. Quello dei ragionieri rampanti è un mercato del resto che non conosce crisi : ne conoscerà sempre meno, anzi, con il passar del tempo. Da quando la Costituzione della Repubblica, all'articolo 14 delle “ disposizioni transitorie e finali “, ha affermato che i titoli nobiliari non sono riconosciuti, è avvenuto esattamente il contrario di quello che era lecito attendersi. Forse eccitati dal fatto che il settore, giuridicamente, ha la rilevanza di un fervido scambio di iridescenti bolle di sapone, tutti ci si tuffano con voluttà e frenetico scambio di “brevi ”, di ceralacche, di liocorni, di riferimenti a feudi, vassalli, valvassori e valvassini. Perché il ragioniere in Italia vuole “ rampare “ ? Questo, mi sono chiesto. E' un viaggio a metà fra la cronaca e l'inconscio : e, gli araldisti me ne daranno atto, io riferirò con puntuale esattezza le loro tesi, in molti casi perfettamente plausibili. E' andato per esempio in onda, e molti specialisti me ne hanno parlato in termini indignati, un telefilm di Ermanno Olmi che trattava ( mi dicono, perché ne ho visto solo le sequenze finali ) di un tipo, tra il truffaldino e lo svampito, che nominava Duca il proprio portinaio, incoronava Principessa la propria ragazza. Un innocuo sognatore, che finiva in gattabuia. Se è così me ne duole : i poeti non dovrebbero mai finirci, per prima cosa. E poi il nostro è un paese libero : nessuna legge ci impedisce di supporre di essere legati, per filo diretto, magari alla stessa barba di Carlo Magno. Il bello è che molte volte sul serio lo siamo, come si vedrà. Giocano parecchi fattori, parecchie motivazioni, in questa disperata ricerca di una promozione genealogica. Gli inglesi coniarono il termine di “ snob “, cui Thackeray dedicò un bellissimo libro, per indicare coloro che, sui registri della favolosa, mitica Università di Cambridge, al posto del rituale titolo dopo il cognome, erano costretti a vedersi rubricati con uno “ s.n.o.b. “, abbreviazione glaciale che, in quella scrittura settecentesca, ancora latina, significa “ sine nobilitate “, cioè “ non nobile “. Molta acqua è passata, da allora, non solo sotto i ponti del Tamigi, ma sotto tutti i ponti. Soprattutto sotto i ponti delle interminabili ferie italiane. Più gli uomini dicono siete uguali, e alle volte glielo insegnano con slogan, comizi, altoparlanti, più agli uomini piace immaginarsi diversi. Quasi una rivincita sulla massificazione, le umiliazioni quotidiane, il vicino di casa col biglietto con su scritto “ N.H. “, anche se è semplice dipendente della N. U., leggasi Nettezza Urbana. Insomma, è un meraviglioso amalgama di incubi, di dolci vendette, di adorabili debolezze, in qualche caso di tracotanza, in altri di superbia, di disarmante cretineria. C'è l'uomo, dentro. Tutto intero : perché non cercare di raccontarlo ? Confesso che l'altro giorno, a Milano, dopo aver svelato l'idea di un paio di questi articoli a un valente araldista, ebbi un brivido. Costui, che mi disapprovava, cavò dalla biblioteca un polveroso librone, e alla voce Tortora, come da un meraviglioso cilindro di prestigiatore, cominciò a estrarre ipotesi affascinanti. Potevo essere Duca d' Amalfi ? Non si sentiva, a priori, di escluderlo. Deglutivo. Conte del Salento ? Nemmeno. Uscirono almeno cinque, sei possibilità alternative, tutte basate sui vescovati, corti, castelli dai merli ghibellini. A stento mi trattenni dal dirgli : “ Conte ( costui era Conte, è quasi sottinteso ), Conte, ricerchi ! Indaghi ! Mi restituisca al maniero, al ponte levatoio, all'archibugio di famiglia ! “ Sentivo suonare, nei precordi, chiarine di giostre e di tornei, ebbi perfino la fuggevole visione, evocato dalle remote dogane della specie, del Duca d' Avalos in persona che mi diceva, abbracciandomi con bicipiti di ferro : “ Figlio, alfin ti riconosco ! “ Insomma, fu duro resistere. Perché negarlo ? Sono miraggi insidiosi, per l'utente di un cognome qualunque. Tornai a casa per mettermi alla macchina da scrivere. Non potei vietarmi dal pensare che in quarant'anni, dopotutto, non m'avevano fatto neppure Cavaliere. Mica giusto, andiamo.

lunedì 4 luglio 2011

Enzo Tortora 6. Le confessioni di un telegenario.


Il buon Tortora affronta il fenomeno dell'interferenza della televisione nella vita di tutti i giorni, immaginando un babbo-televisore che impartisce gli insegnamenti parafrasando gli spot di Carosello o i “jungle” degli annunciatori. Fenomeno questo già preoccupante per Tortora negli anni 70, e che sfocierà, con tutta la sua drammaticità, ai giorni nostri. Non esagero infatti quando scrivo drammaticità, poiché è noto a tutti, ormai, il potere suggestionante che l'ex tubo catodico ( ora LED o Plasma ) ha per la stragrande maggioranza delle persone . . .


Le confessioni di un telegenario

Nacqui all'epoca dei televisori a tromba, del primissimo video a petrolio. Butto giù queste note perchè, ormai venticinquenne, e quindi al tramonto di quella che in una pubblicazione dei Fratelli Fabbri Editori ( a proposito, eredi : restano 300 rate ) ho visto essere definita “ la vita “, mi pare giusto annotare quei fatti, quegli stati d'animo, quelle note cosiddette di costume che un giorno, chissà, magari potranno anche incuriosire i posteri. Tutti pensano ai posters, invece. Io no. Nacqui di venerdì, in posizione che il ginecologo definì “ ortopodalica “, cioè, per dirla breve, usciì di chiappa, anziché di testa, e c'è un perchè. Venni alla luce ( anzi, alla penombra ; mia madre delibava, pietrificata dall' ombelico in giù, un protoromanzo sceneggiato sul sofà del salotto buono ) ventiquattr' ore dopo l'arrivo, in casa mia, e la conseguente messa in opera, di un ciclopico catafalco a manopole, con cristallo convesso, che fu subito collocato tra il controbuffet e la vaschetta dei pesci rossi. “ Prendilo così ti svaghi “, disse mio padre alla gestante. Furono le sue ultime parole. Data la mancia a un tecnico della Marelli, che installò l'apparecchio ottenendovi subito lattiginose fosforescenze, mio padre non s'è più visto. Fuggì, a quanto pare, con una domatrice di colombe del Circo Eros : lo appresi molto più tardi, quando, durante un pomeriggio di Natale ( in televisione a Natale danno sempre in diretta il circo, subito dopo il Papa ) mia madre, vedendo uno in campo lungo, la giacca piena d'alamari, che spazzava la cacca delle tigri, disse “ è lui, porco ! “, ed ebbe un deliquio. Telefonammo, dopo le gocce di coramina, addirittura alla Direzione Programmi di Corso Sempione, e non lo nascondo che ero emozionato, la mamma continuava a dire : “ eccolo, eccolo, il porco ! Adesso è dietro le foche, in primo piano, quelle che suonano la tromba : presto, fai presto, che dopo c'è Aurelio Fierro, dice il Radiocorriere ! “ E io nella fretta sbagliavo i numeri, perché ero solo alle prime lezioni di “ Telescuola “, il numero 8 il maestro per esempio non l'aveva spiegato ancora, e il numero della RAI di Corso Sempione è addirittura 38.88. Quando si dice il destino ! Insomma, telefonai che già, effettivamente, sul video c'era questo Aurelio Fierro, ( una specie di babà alla crema, paffuto, con una paglietta, che cantava “ Scapricciatiello “) e nel mio cervellino di bimbo avvertivo oscuramente che si perdevano minuti preziosi. Comunque quando entrai in contatto con la Direzione Generale Programmi per i Bambini e spiegai il caso, che poi era semplice, cioè vedere se quel boemo che toglieva le pallottole ai felini era per caso mio padre, prima mi dissero di fare domanda a Roma, poi che non avevano capito bene di che trasmissione si trattava, poi che dovevo venire accompagnato dal padre ( e qui ci fu un equivoco penoso ) “ o da chi ne fa le feci “, e giù li a perder tempo, e a dire che se giustappunto il padre lo cercavamo, non poteva logicamente accompagnarmi, e che le feci le faceva casomai la tigre, lui forse all' incontrario era proprio quello li bruno col secchiello pronto dietro le sbarre, e che insomma vedessero un po' se potevano aiutarci. Ci dissero, dalla Direzione Programmi per Bambini, che forse alla “ Sezione Natale “ qualcuno poteva darci chiarimenti, ma giustappunto era Natale, i funzionari erano tutti a sciare a Cervinia col CAR ( Circolo Ricreativo Aziendale ) e, insomma, basta. Mia madre, che respirava a fatica, mi gridò “ chiedigli se almeno hanno l'ampex “. Io ripetei “ almeno avete l'ampex ? “, senza nemmeno sapere che cos'era, mi risposero che figurarsi se tenevano l'ampex per il circo, al massimo solo per Fanfani ( lì per lì credevo fosse un vocabolario ), e che di orfani era pieno il mondo, mica potevo star lì tanto a rompere le balle. Tanto più che stavano preparando, alla Sezione Bambini, un bellissimo sceneggiato, “ Dagli Appennini alle Ande “, di un certo De Micis, che lo vedessi e che per consolazione mi avrebbero fatto telefonare dall' Ufficio Opinioni per appurare l'indice di gradimento. Telefonarono, infatti, ma io e la mia mamma, è comprensibile, restammo sul freddino. Indice zero virgola cinque, non ci facemmo commuovere neppure dal dottor Vecchietti che diceva : “ ma come ! Non v'è piaciuta neppure la maestrina dalla Penna Rossa ? Neppure Garrone ? Ma che famiglia siete, col cuore di leopardo ? “ E la mia mamma allora a gridare alla cornetta che la botte dà il vino che ha, e che se il nucleo d'utenza gli faceva schifo, amen, la vergogna vera era che qui c'erano un orfano e una vedova bianca solo perché in Corso Sempione non tenevano l'ampex, che poi ho appreso essere un pezzo di celluloide magnetica con il nucleo anche della voce, e che ha i visi delle trasmissioni familiari estinte. Si può perdere un babbo per l'ampex che non c'è ? Si può ? Io l'ho perduto. Dico meglio : l'ho perso. Altro che De Micis. “ Che poi siete anche ipocriti “, diceva la mia mamma, “ perchè se volete, l'ampex, per i Sottosegretari, salta fuori. Quando il Presidente del Consiglio, con licenza, piscia, allora gli mettete anche la moviola alla cannella, gli mettete. E noi li a vedere tutto. Goccia a goccia. “ La mamma s'alterava, lo capivo dal colore viola che, in “Orizzonti della Scienza”, era stato definito, la sera prima, da livello di guardia, e che ora le imporporava le gote. Questa storia della moviola è vera, la mamma aveva ragione. Lo controllai anch'io. Quando vogliono, una immagine al rallentatore dura perfino sei ore. Entro in casa, faccio un esempio, che Mariano Rumor dice “ arco “, mi spoglio, prendo lo yogurt, faccio i compiti, e Rumor è ancora lì che non ha finito di dire “ democratico “. Quindi, ammettiamolo : un pizzico di cattiva volontà c'è stata. Le ricerche del mio babbo non furono mai effettuate. Non sono Pinocchio, purtroppo, e la Fatina dalle Antenne Turchine non mi assiste. Ma ormai lo so : chi può, l'ampex e la moviola c'è l'ha. Eccome. Boninsegna c'è l'ha, la moviola. Paolo VI, anche. La volta che andò nelle Filippine, il Telesanto Padre, mi ricordo ancora quando quel pazzo sciagurato voleva accoltellarlo all'aeroporto, beh, fecero vedere la scena duecento volte, con la moviola anche all'incontrario, e il coltello andava lento lento, c'era il telecronista che sembrava quello della Domenica Sportiva, il Sommo Pontefice zompava leggero, soffice ( con tutto il rispetto sembrava Gigirriva, toh, Chinaglia, che incorna, in area ) e il telecronista che diceva, con la voce triste : “ ora seguite la traiettoria del coltello : si vede benissimo, all'incrocio dei Paoli “. Ma chiudiamo la parentesi. Venni alla luce così. Che anni. La sera, al tramonto, quando suonavano i sacri bronzi di “ Carosello “ ( che poi sarebbe l' Angelus del doppio brodo), io pregavo intensamente, non lo nascondo. E' un'ora dolce, quella delle campane di “ Carosello “. Può un bimbo non intenerirsi ? Un bimbo col babbo rapito dall'ampex, poi ? E allora, non mi vergogno a ripeterlo, in quell'ora mistica, pregavo. “ Petrus “, dicevo, “ tu che sei l'Amarissimo che fa benissimo, fammi ritrovare il mio papa. Oppure : Robiolina, tu che sei tanto pura, aiutami. “ Niente. Sorrideva l' Amaricante, sembrava incoraggiarmi il Permaflex, il Falqui continuava a dire “ basta la parola “, ma io questa parola santa (BABBO) non l'ho proprio sentita mai. Scrissi persino, una sera, al dottor Enzo Biagi. Ma era fuori stanza, e poi il caso non era nemmeno troppo “ thrilling “, lo riconosco. Vivemmo dunque così : io, quella santa donna di mia madre ( per mantenermi agli studi concorreva ai punti qualità, persi purtroppo la quinta quando il Salumificio Molteni ebbe delle noie con degli insaccati sospetti ) e il televisore, che fu il mio secondo padre. I miei ricordi sono tutti legati a lui. A sei anni, cominciò Canzonissima. Feci la prima comunione il giorno in cui la vinse Modugno. La rosolia la feci a letto, e cantava Nunzio Gallo. Gli orecchioni ? Cantava Tony Dallara. Diciassette anni così, diciassette inverni. Mi innamorai di una figlia di un teleutente che cantava Orietta Berti. Canta ancora. Non è cambiato niente. Non so come dire, questo mi da un sentimento di sicurezza. Vent'anni di Canzonissima, con Pippo Baudo e la signorina Goggi che mi pare che dicano sempre le stesse cose, dal 1955 non è cambiato niente : votate, votate, per chi volete ma votate, e ora la parola alle giurie. Ci colleghiamo adesso con Pescara. A voi Pescara. Qui Pescara. Pescara, mi senti ? Pescara effettivamente alle volte non si sente ( e qui avevo un brivido : che sarà mai successo, a Pescara ? ), ma poi ecco il “ Qui Pescara “, virile, che rasserena. C'è ancora giustizia e la patria è una. Il mio nuovo papa' è tutto d'un pezzo. A poco a poco mi ci sono affezionato. Non esce mai. E' sempre in casa. Ha una parola buona per tutti. “ Rinnovate il canone “, dice a primavera. “ Avete ancora un giorno di tempo, per evitare la sopratassa erariale “. E' generoso : ci fa evitare di andare in mora. La sopratassa, la mamma ( che cuce, e agucchia per Bassetti le federe del Consiglio Regionale ) l'ha sempre evitata. Poveri si : morosi mai. Il mio nuovo babbo è profondamente buono. D'estate, dice : “ abbassatemi il volume “ e aggiunge, “ potreste infastidire i vicini “. Mi insegna il francese, fa le previsioni, poi, nelle pause del suo dire, ci mostra anche Gubbio ( Palazzo dei Priori ), oppure Orvieto ( particolare del rosone del Duomo ), e, quand'è in vena, anche la cascata delle Marmore. Insomma, ci si contenta. La mamma anche. Ma capisco, quel che la accora. Lo ama. Ma, per rispetto al mio primo babbo, dormono ancora in stanze separate.

Enrico Dulciora


venerdì 1 luglio 2011

Enzo Tortora 5. La pista al mercurio.


Assolutamente delizioso questo racconto che, complice anche il movimentato periodo storico non solo in Italia ma bensì in tutta Europa, ironizza sul mitico Colonnello Bernacca dipingendolo come l'immaginario mandante di un colpo di stato. Celeberrime le sue citazioni meteorologiche utilizzate nel lanciare messaggi di rivolta e misteriosi segnali a fantomatiche colonne armate. Da leggere !


La pista al mercurio, ovvero, Denuncia a un Sostituto Procuratore della Repubblica

Illustre Signor Sostituto Procuratore,
il sottoscritto Ignazio Corrente del Golfo, di N. N., utente televisivo purtroppo non in regola con il canone, ma tuttavia non privato dei diritti civici e quindi, dal 1957, votante sia per il Senato ( o Camera Alta ) sia per Canzonissima, si premura, dopo un intimo travaglio, e adeguata preparazione, di rendere noto quanto segue. Il sottoscritto, sia per la propria dolorosa condizione, suaccennata, di figlio adulterino, sia per una concomitante forma emorroidale contratta per cause di servizio, dopo un ventennio passato in poltrona a seguire teleromanzi sceneggiati, trascorre ( come si evince più sopra ) lunghe ore immobile nella propria abitazione, in muto colloquio notturno con un Philips 709, di provenienza che mi si assicura olandese, pollici 18, e munito di civico secondo canale. Trattasi, Illustre Signor Sostituto Procuratore, di apparecchio non recentissimo, ma neppure fatiscente, prova ne sia che l'occhio del moderatore Giorgio Vecchietti risulta ancora vivido, la farfallina di Vittorio Orefice felicemente vibratile, e l'incarnato del vaticanista Masina addirittura sano. Solo la faccia di Mario Pastore è cupa, lugubre, jettatoria, assolutamente insostenibile. Ho chiamato un tecnico, previo notevole esborso, ma mi ha assicurato purtroppo non trattarsi di guasto del tutto imputabile all'apparecchio. Ciò premetto, Illustre Signor Sostituto, all'unico fine di dimostrarLe che i fatti, gravissimi, che sto per esporLe non provengono dalle fallaci chimere, oserei dire dalle fantasime emanate da un televisore che si dibatte negli spasimi dell'agonia, con un tubo catodico ridotto a cicca. Ciò, implicitamente, affermo, anche per replicare alle ironie dei miei vicini di pianerottolo, i terroni Ficarra, sempre pronti al dileggio, in dodici in un appartamento e con le donne perennemente incinte. Non più tardi di ieri sera, Signor Sostituto Procuratore, appunto una delle tetre baccanti Ficarra, reduce dal Supermarket Esse Lunga, mentre io ero interessato a conversare con il veggente o sensitivo olandese signor Croiset, mi piombò in casa, e, battendosi le mani sul ventre gonfio ( è al settimo mese ) disse “ il suo televisore fa schifo. Vedrà fra due mesi ! Per fortuna, io aspetto un Philco “ Sono un uomo pacato, Eccellenza. Restai immobile, e non raccolsi nemmeno lo slogan apertamente provocatorio. E veniamo al punto. Ella avrà osservato, Signor Sostituto Procuratore, come praticamente l'estate in corso sia stata contrassegnata da un fatto, a dir poco, clamoroso. Dall'assenza, appunto, della stessa estate in oggetto. Dov'era l'estate, Eccellenza ? Dov'era finita ? Nessun organo competente, è quasi incredibile, mentre sui nostri bei litorali, sulle nostre amene colline, sui nostri specchi lacustri, su quella terra insomma descritta così efficacemente dall' Abate Stoppani, infuriava il maltempo, oserei dire il fortunale, nessun organo competente, dicevo, ha mai pensato di svolgere indagini, di avviare una parvenza di adeguata, almeno embrionale inchiesta. Nulla. Luglio pareva novembre, e le autorità nicchiavano. Agosto aveva la faccia dell' Epifania, e al Ministero degli Interni ( mi si passi il bisticcio ) ci si dava al buontempo. Mali antichi, Eccellenza. Ma sarebbe stolto invocare le solite disfunzioni preunitarie, le eterne paralisi burocratiche. Qui, detto “ apertis verbis “ ( mi conceda l'espressione dialettale, sono di famiglia sarda ) si vuole coprire qualcosa e qualcuno. Questo qualcosa glielo dico subito, cos'è : il colpo di Stato. Questo qualcuno glieLo dico pure, chi è : il Colonnello Edmondo Bernacca. Da tempo, eccellenza, a ciò costretto dalla inqualificabile carenza degli organi tutorii, tengo d'occhio questo militare, questo calvo dittatore delle basse pressioni. E la sua lenta, ma costante, insidiosa infiltrazione nel tessuto sociale repubblicano. Come Ella sa, Eccellenza, e come ben ci ricorda spesso Sua Eccellenza Mariano Rumor nei propri interventi, il nostro è un paese in tumultuosa trasformazione, che passa, per così dire, da una preistoria agricola ( quella dei fagioli al fiasco sociologici ) a una violenta spinta industrializzata ( quella degli opifici, dei computers, dei preservativi pressurizzati ). Per farla breve, Eccellenza, vorrà convenire che prima dell'avvento del Colonnello Bernacca l'ottanta per cento della popolazione di questo sciagurato paese il variare della temperatura non lo desumeva affatto da moderne apparecchiature. Si fidava esclusivamente della voce dei calli. Eravamo all'antica, fruivamo di arcaici proverbi, tipo “ rosso di sera, bel tempo si spera “ : e scrutavamo, ansiosi, soprattutto il volo delle rondini. Volavano basse ? Piove. So di intere famiglie miseramente travolte dall'uragano, in Lucania, per essersi fidate di un altissimo, ma fallace, girotondo di rondoni. Eredi dei latini, e prima ancora degli etruschi, avevamo, dei fenomeni atmosferici, una concezione magica, tribale, quasi religiosa. Superstizione e terrore : c'era gente che si succhiava un dito e intuiva gli alisei, o il vento di nord -est, soltanto dal frizzare della saliva. Un nonno reumatizzato, prima dell'arrivo del Colonnello, era un autentico tesoro. Gli doleva la spalla ? Nubi sulla Val Padana. Il nonno diceva “ sto benone ? “ Tuffi in Versiglia. C'erano degli artritici che campavano, decorosamente, soltanto di previsioni. Spazzò via tutto lui, questo ingordo Zeus tecnologico dei piovaschi. In apparenza fu l'ordine, la scienza, l'illuminismo, la logica in un paese arretrato, che prima di partire per le ferie era ridotto ancora a interrogare, tastandolo, un proprio piede. Ma fu Bernacca, mi creda, a rovinare, in realtà, questo popolo. Un popolo sinallora sano, che, quando pioveva, diceva giustamente : “ governo ladro “. Bene : il Bernacca ( è tipico dei Colonnelli ) sollevò per prima cosa il governo da questa ormai stratificata serie di oltraggi. Resa antistorica, inutile, questa serie di liberatorie invettive. Le sue pubbliche, granitiche profezie ( l'Italia è interessata da un regime, ecc. ecc. ) fecero improvvisamente cambiare indirizzo ai nostri moccoli, ai nostri anatemi. Non si protestava più col governo. Ma solo con lui, o al massimo, con l'anticiclone. Fu lui a insegnarci infatti le prime parole sconce, come “ linee isobariche “, “ cirri cumuliformi “, “ perturbazioni equinoziali “. Eccellenza, rifletta, La prego, sulla lucida determinazione di questo piano. Rendere servigi al governo è tipico di una casta militare : piano piano si rende insostituibile, e addio. Solo Bernacca, ammettiamolo, poteva convincere gli italiani che il governo è tutt'altro che ladro. Dove fallirono Giolitti, Salandra, Mussolini, De Gasperi, Andreotti, riuscì invece lui : con un anemometro e una semplice colonnina di mercurio. A poco a poco, in questo paese che beve tutto, l'uomo d'armi ( avrà notato che il Colonnello impugna sempre una canna, pericolosa quanto un bazzoka ) riuscì a diventare insostituibile. Fu la Cassazione, la Suprema Corte del bello stabile o della turbolenza. Questo popolo che vive all'aperto, questo popolo solare, mediterraneo, lo si soggioga soprattutto col terrore dell'acqua su Inter-Milan, o con l'incubo di dover rimaner tappato in casa. Si annoierebbe a morte. In casa ? E a che fare ? Non ha niente da dirsi. Da millenni. Giocò di psicologia. E mandò in pensione i vecchi lunari, i Barbanera, i pescatori di Chiaravalle, i frati Indovini. Rovinò della brava gente insomma. Ma passi. Quello che è intollerabile è che il Colonnello, agendo in regime di aperto monopolio barometrico, avendo accentrato l'intero potere, giorno dopo giorno, nelle proprie mani, è diventato attualmente di una pericolosità terribile. Basta la sua parola ( Falqui ha un bel controbattere ! ) per sovvertire, nelle viscere, il paese. Paralizzarlo addirittura. Se quest'uomo, Signor Sostituto Procuratore, dice “ è in arrivo il ciclone delle Azzorre “, qui nessuno esce più di casa. E magari arrivano i sovietici, o, diononvoglia, i Fascisti. Se quest'uomo, Signor Sostituto Procuratore, si mette insomma in testa di far fallire la libera industria degli impermeabili, delle galosce, dei trench, a solo beneficio di un'industria “irizzata” di ombrelli di Stato ( con capitale eventualmente moroteo ), ebbene, lo può. Può rovinare albergatori, mandare all'ospizio operatori turistici, agenzie di viaggio, può dirottare voli charter. Il Colonnello ha capito tutto. Qui solo la pioggia può soffocare le ideologie. Solo il ferragosto ammosciare le nobili tensioni politiche. Un maoista, a ferragosto, è solo un bagnante che rosola sulla sabbia. Un fascista, a metà novembre, solo un signore che starnuta. Il Colonnello Bernacca ha capito questo, cioè l'essenziale : per arrivare al centro, ai gangli vitali del paese, ormai è inutile puntare ai Ministeri degli Interni o a quelli della Difesa : basta occupare, con un pizzico di decisione, il Dicastero delle Minime e delle Massime. Le dirò di più, Eccellenza. E' chiaro che costui riceve sovvenzioni. Per forza. Un colpo di stato non si organizza senza fondi. Ed è chiaro che da lui dipendono, ormai, interi settori della vita industriale : produttori di costumi da bagno, gelatai, monopolisti del “ ramo neve “, maglifici, pelliccerie, fabbriche di antipiretici ( è noto il cinismo dei farmaceutici ), osti con pergolato e annesso gioco di bocce, arene, stadi, camping, parchi nazionali, porticcioli, funivie, eliporti. E vengo al sodo. L'incredibile estate che abbiamo vissuta, Eccellenza, è infatti solo il frutto di un callido disegno del Colonnello. Costui, com'è noto, improvvisamente ha preso le ferie. Astutamente, ha messo al posto suo uno sprovveduto sostituto, un patetico e farfugliante “ vicenuvola “, impacciato e continuamente contraddetto dai tuoni e dalle folgori che si scatenavano non appena costui , timidamente ( e per conquistarsi una platea ) accennava a dire : “ oggi farà bello “. Il diapason della catastrofe ha coinciso, ripeto, con l'assenza del graduato, del losco ufficiale che alla vigilia della partenza, dopo aver previsto nell'intimo suo non solo il settembre nero, ma addirittura l'agosto, il luglio, il giugno color ebano, ha tagliato la corda. Dov'è andato ? Il Ministero ha mai tentato un sia pur cauto accertamento ? GlieLo dirò io Eccellenza, dov'è andato Bernacca. In Israele. E poi a Madrid. Due località, insieme alla Grecia ( Bernacca è stato anche avvistato a Corinto, lo sapeva ?) dove il sole, fulgido, quest'anno splendeva in modo addirittura oltraggioso. Fiorivano pompelmi, sul lago di Tiberiade, Eccellenza ! Esplodevano melograni, Signor Sostituto, sulle colline di Siviglia ! E vendevano allegramente vasi, a Samo, senza dir delle nottole, Signor Sostituto Procuratore, che caprioleggiavano lascivamente ad Atene ! E dunque ? Dunque siamo al disegno, alla macchinazione, al piano infernale. E' una pista al mercurio precisa, inequivocabile. Questo sprezzante eliocrate fa i fatti suoi, e qui ci si bagna. Brontola l'inquietudine, alle frontiere europee. Infittiscono gli eserciti, al di là di Trieste e di Ventimiglia, e di Pantelleria. E le chiavi, le chiavi dei sacri confini, oggi le ha in mano soltanto lui. Un suo “ piove al Brennero “, se ci distrae le vedette e gli stanziali ? Un suo “ rovesci sulla costa ligure “, se ci intorpidisce i doganieri ? Perchè oltre l'invasione, c'è il problema del contrabbando. E se lui, mentre noi apriamo l'ombrello, chiude invece un occhio ? Andiamo, Signor Sostituto Procuratore. Non siamo nati ieri. Le leggi ci sono. Non resta che applicarle. Lo capisco : pioviggina. Ma non dimostriamo di essere di debole Costituzione. Si proceda.

In fede, Suo devotissimo :
Ignazio Corrente Del Golfo

giovedì 30 giugno 2011

Enzo Tortora 4. Ultimo tango ad Assisi.


Questa volta Enzo Tortora si diverte, scherza, gioca, ironizza veramente a 360 gradi sui personaggi famosi della televisione del suo tempo. E prende come spunto quello che rimane un tabù secolare nella cultura italica : l'esposizione delle nudità ! Oggi si direbbe : fa alzare l'odience ! Vedete quindi come, passando gli anni, la televisione sia riuscita a riconvertire, perlomeno in parte, alcuni suoi ostacoli culturali e di costume, in occasioni di spettacolo. Tralasciando ovviamente il buon gusto e la buona educazione. Il racconta termina comunque con quello che sembra, a mio avviso, quasi un augurio : “ Tutte le televisioni del paese sono inservibili ! Sembrerebbe che una potenza oscura si sia attivata nell'intento di far passare agli italiani delle serate diverse “. Quale fantastico complotto . . .



Ultimo tango ad Assisi

Laudato sì, mi Signore,
per nostra Sora Antenna,
che è umile, et pretiosa, et casta . . . “
( da un cantico di telespettatore umbro )

Illustrissimo Signor Ministro delle Poste e Telecomunicazioni,
facendo seguito alla Sua richiesta, Le allego un esauriente e dettagliato rapporto sui fatti, prima sconcertanti, poi dolorosi, poi ancora sconvolgenti, che hanno colpito purtroppo il nostro paese. Inutile nascondersi la gravità della situazione : da Bolzano a Capo Passero la paralisi del mezzo è oggi totale, e i sistemi per rimediarvi scarsi, se non addirittura inesistenti. E' opinione dello scrivente, Signor ministro (sentiti anche i pareri, concordi, delle Questure, delle Prefetture, dei sindacati liberi, delle Pie Dame di San Vincenzo, dei tecnici, degli elettricisti, e soprattutto del detective Tom Ponzi col quale ho a lungo conferito questa notte) che ci si trovi ormai di fronte a una macchinazione oscura, ma di vastissima portata, con ramificazioni che possono oscillare dai servizi segreti di potenze straniere (Cuba o San Marino, è controverso) fino ai maneggi tenebrosi del “ Circolo Amici della Lettura “, sodalizio sulla cui natura è per il momento bene sorvolare. Veniamo ai fatti, Illustre Signor Ministro, affinchè le sia possibile rispondere con cifre, dati, statistiche, alle sempre più fitte interpellanze e interrogazioni che Le vengono rivolte dai banchi, ormai in perenne tumulto, del Parlamento. Tutto cominciò alle ore 21.34 di giovedì, 11 marzo 1975. Su ciò non esistono dubbi, in quanto fa fortunatamente fede l'esposto dell appuntato Percuoco Carmelo, della Tenenza Carabinieri di Gubbio, località umbra universalmente nota alla maggioranza (anche di base) del suo partito. “ Ormai abbrunava “, scrive il Percuoco con felice espressione, “ e il sottoscritto si trovava pattugliante in località affollata assai di civili abitazioni, di pubblici locali, e di spacci anche di generi liquorosi : ma tutti debitamente autorizzati. “ Seguiremo ancora il Percuoco, che forse eccessivamente dettaglia, per breve, ma essenziale tratto. “ L'urlo “, precisa infatti subito dopo il Percuoco, come tutti gli uomini della Benemerita, di infallibile e quasi magnetico senso dell'orientamento, “ risuonò proveniende (il finale in ende è tipico del graduato, Signor Ministro) dal bicamere monoservizio di tale Bragaloni Serafina, vedova, nullatenente. “ Fermiamoci per un attimo qui, Signor Ministro. Siamo al tramonto, in Gubbio, nobile città medioevale, nel dedalo quindi di quelle viuzze che di per se stesse danno al viaggiatore un brivido, anche se di carattere storico e culturale. Comprensibile quindi che il Percuoco, animo semplice, non nutrito certo di solide letture, faccia mostra invece di meravigliarsi per la natura del grido che la Bragaloni Serafina, vedova, probabilmente anche devota, in quel frangente emetteva. Dice infatti il Percuoco, nel suo provvidenziale quanto documentatissimo rapporto : “ la Bragaloni, nullatenente, ma discinda e in vestaglia di color albicocca, urlava al lupo ! al lupo ! “ Una piccola chiosa sarà qui ancora necessaria. Qualora di pattuglia quella sera, si fosse trovato un graduato di categoria appena superiore, non oso dire un Tenente, ma un Brigadiere, proveniente però dai previsti corsi di cultura generale istituiti dal Ministero degli Interni, costui non si sarebbe certo impressionato per il contenuto del grido della donna. Le apparizioni del lupo in Gubbio ( Agobbio, si trova anche detto in antiche pergamene ) hanno infatti illustri e frequenti precedenti. Tipico, mi pare ( cito a memoria ) il caso di un lupo calato in centro dalle sovrastanti montagne, avido di preda, ferocissimo, e provvidenzialmente ammansito da tale dottor Franceschi, ora defunto, e, se non vado errato, noto professionista di Assisi. Sia Lei che io, Signor Ministro, avremo dunque pensato ad un abbaglio, a un incubo di carattere mistico-storico ( la Bragaloni, vedova, risulta per di più essere nel pieno di quella tempesta ormonale definita “ climaterio “) e con un sorriso, magari con qualche parola di incoraggiamento, come “ su, su, buona donna, non facciamo i fioretti ( sono un tascabile di franco Zeffirelli, come certo Le è noto ) “ avremmo tranquillamente tirato via per la nostra strada. Non così l'appuntato Percuoco Carmelo, nativo di Castropietro in provincia di Agrigento, impermeabile, anzi del tutto immune da suggestioni culturali, e proprio alla cui sorgiva innocenza, al contrario, dobbiamo la descrizione unica della nascita del “ caso “. Dice infatti costui : “ Precipitatomi nella di lei abitazione, trovai la Bragaloni riversa, le poppille di fuori ( forse le pupille Signor Ministro : data l'età della Bragaloni non è ipotizzabile altrimenti ) e con la mano, e con la voce affannande, che indicava il televisore. Guardai direttamente, e, come mio stretto dovere, “ continua il verbalizzante, “ scrutai con franchezza il televisore stesso. Nulla di anormale in esso. Vi compariva in quello istante il noto attore Alberto Lupo, in frak, o simile legante indumento di gala, che recitava, con la sua inconfottibile voce ( forse il verbalizzante intendeva dire inconfondibile ) una poesia della quale ora non raccapezzolo il senso. In essa comunque si ripeteva trecentosei volte la parola “ ti amo “ ma con superchia musica nel mezzo “. Questa dunque, Signor Ministro, la situazione. Sia Lei che io, a questo punto, avremo capito tutto : un banale qiuz-pro-quo, come dicono i latini. Un penoso equivoco. E come avremo fatto, Lei ed io ? Avremmo sorriso. Per la verità, diamogliene atto, sorride anche il Percuoco che, povero giovane, così continua : “ Immantinendi sorrisi. Trattavasi, chiaramente, di un quivoco, di un lapis mendale ( lapsus mentale, probabilmente ) e pertanto spiegai, alla Bragaloni Serafina, che essa aveva confusionato, erroneamente, forse perchè agitata, il lupo animale zoologico con il Lupo signor Alberto, attore candante e gradito ospite d'onore umano. Ciò spiegato, tuttavia, la Bragaloni Serafina “, e qui, Signor Ministro, inizia il vero dramma, la genesi del tragico episodio che ci travaglia, “ continuava a dire che no, che no, che era overo, overo, che non aveva confusionato, e, indicando sempre lo schermo diceva il lupo ! Il lupo ! Poi la Bragaloni mi disse, testualmente, fesso e stronso sarai tu – data l'eccidazione evidente non verbalizzai nemmeno l'oltraggio - e la predetta Bragaloni svenne. Spensi il televisore “, continua il Percuoco, “ e approndai alla vedova le prime cure del caso “. Il resto, Signor Ministro, è ancora più interessante. Mentre il Percuoco, rianimata la signora, uscito quindi dalla di lei abitazione, pedalava perplesso in sella al nuovo cicloveicolo “ Sabratha “, con catarifrangente posteriore, e in dotazione recentissima all' Arma, udì distintamente altro grido di “ il lupo ! Il lupo ! “ proveniente dalla frazione detta Buon Ritiro, e, precisamente, dal remoto convento delle Monache Clarisse. Qui, dietro le grate, in ferro battuto, solidissime, insomma nelle intime stanze di quelle Sante Conventuali, muratesi in clausura, il Percuoco udì pure qualcosa. “ Origliai “, dice infatti il Percuoco, “ e capii meglio quello che forse prima, orinariamente ( forse il verbalizzante intende all'origine ) non avevo capito : le monache gridavano eccitate il lupo ! Il lupo ! Chiesi immantinenti se stavano bisognose di quaccosa “, continua il Percuoco, “ ma ne ebbi diniego e, addirittura, sospetta ripulsa “. Abbandoniamo, Signor Ministro, l'appuntato e il suo prezioso incartamento al loro destino. I fatti, in quella notte, presero purtroppo, e col ritmo prima dello stillicidio, poi della valanga, la piega che Lei ben sa. Addirittura sette telefonate, ed entrambe lontanissime da Gubbio ( una da Todi, una da Narni, due da Perugia, ma tre persino da Montevarchi ) rendevano nota l'atroce verità. Per un istante brevissimo, ma dall'evidenza fulminea e solare, all'attore Alberto Lupo, effettivamente in frak, effettivamente recitante ( come fu appurato ) una poesia di genere amoroso, erano calati misteriosamente i pantaloni, idem dicasi per le sottostanti mutande tipo “ Eminence “, e, per un fenomeno ancora tecnicamente incomprensibile ( Lei sa che ancor oggi la direzione tecnica della TV lavora senza tregua all'impossibile soluzione del caso ) al Lupo Alberto si era clamorosamente visto, con licenza parlando, tutto. Ci fu persino, per un decimo di secondo ( la segnalazione pervenne da un Direttore Didattico che osservava con le proprie figliole, dopo cena, ad Anghiari, la trasmissione ), una mostruosa “ zumata “ su ciò che i testi di educazione sessuale, Signor Ministro, definiscono “ gli attributi “. Poco dopo, nella notte, squillavano i telefoni delle Questure, dei giornali, delle sedi RAI di tutto il paese. Ciò che la Bragaloni per prima, a Gubbio, aveva denunciato confusamente, era purtroppo una triste realtà : settecento utenti avevano “ visto “. Con lo choc psicologico che si può intuire. Ci furono risse, voci che gridavano “ vedete anche voi ? “, e altre voci ( spesso di anziane signore ) che rispondevano : “ io no, peccato “. Perchè il fenomeno, all'inizio, parve sporadico, quasi un'infezione misteriosa ma controllabile, con adeguata cintura sanitaria. Furono esaminati infatti i trasmettitori e i ripetitori sulle alture : tutti in ordine. Ma il mistero permaneva. E che non di un caso si trattasse si vide dopo quando un giorno di quiete ( Mike Bongiorno apparve correttissimo, e, forse presago, con ampia cintura a borchia metallica alla vita ), quarantotto ore dopo, al telegiornale delle 20.30, il dottor Sergio Telmon, sempre così impeccabile, seduto al suo tavolo, ebbe il secondo incidente. Vestito di sobria flanella inglese, dovendosi momentaneamente alzare per sollecitare un collegamento con Praga, fece gridare d'orrore l'utenza intera. Questa volta si : in tutto il territorio nazionale. L'utenza infatti vide, atterrita , ciò che non nomino, Signor Ministro. E neppure, come nel caso di Alberto Lupo, con almeno precedente obsolescenza di mutanda : no. Col dottor Telmon si arrivò subito, brutalmente, al dunque. E mentre il poveretto, ignaro, stava dicendo “ il momento è dunque delicato : Citterich, sei d'accordo ? “, nei bar, nei tinelli, nei salotti, scoppiava il caos. Dopo pochi minuti compariva ( fu la prima volta ) il terribile cartello : “ la trasmissione sarà ripresa non appena passabile “. Si riprese, in effetti. Il dottor Telmon, un po' pallido, era di nuovo al telefono. Di nuovo coi pantaloni e tutto. Disse sobriamente “ ci scusiamo per l'interruzione “, e ogni cosa sembrava andare per il meglio quando Tito Stagno, l'esperto in capsule lunari, mentre, con la bacchetta, indicava il pianeta Giove, fu visto repentinamente nelle istesse condizioni. Ma il culmine si raggiunse ( e a Torino al bar Zatterin ci fu una rivolta, come Lei sa, dolorosamente repressa ) quando Mario Pastore apparve addirittura nudo, e con i solo occhiali ! La visione fu insostenibile. Da allora, come Le è noto, l'escalation è cominciata. Gli uomini, si vedono tutti nudi. Le donne, per un motivo parimenti incomprensibile, invece no. Normalissime, vestite come sempre. Nel telegiornale solo la signora Golda Meir faceva eccezione. Lei sa che ci furono, purtroppo, anche casi di suicidio. Elementi della TV, disposti a tutto, pur di affacciarsi sul video, e che per farlo avevano superato ostacoli inenarrabili, ecco che dovevano rinunciare per la prima volta a comparirvi, e a causa non già della fatica, ma del sedere. Lei sa quale deplorevole effetto si ottenne tentando di trasmettere “ Tribuna Politica “. Anche quelli. I collegamenti col Quirinale, aboliti. Abolito tutto. Nel periodo che precedette l'interruzione ( ora totale ) delle trasmissioni, Lei sa che “ l' Approdo “ sembrava un autentico balletto verde. Oggi il televisore è un oggetto inutile. Qualcuno già lo usa come contenitore per libri. Perchè, come già Le accennavo all'inizio, c'è il sospetto che qui ci sia qualcuno che ha realmente deciso di costringere gli italiani a trascorrere in modo un po' diverso la serata. Ma non è detta l'ultima parola. Indaghiamo, Eccellenza. Indaghiamo.

Felice Lo Presto

domenica 26 giugno 2011

Enzo Tortora 3. Chiamate Fucecchio 31.31


Oggi parliamo della indecenza delle dirette radiofoniche e dei filtri a cui tutte le telefonate vengono sottoposte per poi essere, se casomai si arriva ad accedere alla diretta, opportunamente manipolate o censurate dallo speaker di turno, afflitto da “sindrome microfonica”. Dal mio punto di vista, la “sindrome microfonica” presuppone una tendenza all'omosessualità latente, poiché il microfono, è, inequivocabilmente, un simbolo fallico. Uno speaker radiofonico, ( ma i presentatori televisivi non fanno eccezione), affetto da tale sindrome, è l'antipaticissimo Gianluca Nicoletti, che conduce una mediocre rubrica dalle 10 alle 11, su Radio 24. Vedete come i tempi non sono cambiati, anzi, casomai, peggiorati . . .

Chiamate Fucecchio 31.31

Sono desolata. Son qui che mi limo le unghie, sbadiglio, forse potrei darmi il rimmel ma non lo faccio, potrei fare un po' d'uncinetto ma non lo faccio : è una serata storta, è inutile, sarà magari uno di quei tali giorni. Basta : apro la radio e che ti scopro ? Non c'è più il mio amico, il mio confidente, il mio Principe Azzurro. Dico il dottor Franco Boccagatta, questo grande confessore laico, l'uomo della Provvidenza su onde medie, il consolatore degli afflitti, il difensore dell'orfano, della ragazza madre, della vedova con vene varicose, del capufficio con il complesso di Edipo. E chi ci hanno messo, al posto del mio caro Boccagatta ? Ora ne parliamo. Intanto, l'hanno sospeso a divinis, questo caro Reverendo : gli hanno dato proprio il benservito, caro Padre Boccagatta, dopo anni ed anni di terra di missione, di affannose cure d 'anime, di trivellazioni di tormenti. Come sapeva lenire lui, non leniva nessuno. Che voce ! Un balsamo. Come diceva lui : “Signorina, ora siamo io e lei. Non ci sente nessuno, tranne 10 milioni di persone : non lo prenda più, l'acido. Non la fumi più, la sigaretta con l'erba indiana. Io lo so, io lo so . . . “ diceva sempre don Franco : “ lei è pentita, lei singhiozza, è vero che lei singhiozza ? Cabina di regia . . . “ chiedeva flautato don Boccagatta : “ alzatemi subito il volume del singhiozzo “. Insomma, sentirlo era proprio un rapimento. Un nettare. Un'ambrosia. Come faceva ravvedere l'adultera, come rincuorava lo psicolabile, come ricaricava il vagotonico ! Ora non c'è più, l'uomo che si chinava su di noi, con l'orecchio così vibratile ( “ sono tutt'orecchi, cara signora “, diceva sempre ), e in verità don Boccagatta, nei miei sogni, me lo immaginavo sempre proprio come un immenso orecchio, una specie di colossale imbuto di carne scorrevole, un orecchione dove il paese versava, a litri, a ettolitri, a cascate, i suoi pensieri più cupi e affannosi, magari gli scialletti funebri dei suoi pipistrelli meno biodegradabili. Era insomma un Freud formato famiglia, uno psicanalista spray, gettava luce là dove c'era solo la tenebra, e solo tabù inconfessabili del profondo. E quella volta che fece piangere addirittura un domatore di leoni, ve lo ricordate ? E quell'altra che ritrovò la mamma a un Questore, che la ricercava invano da anni sulle rive dell' Amazzonia, e invece la vecchietta viveva (ignara !) a Metaponto ? Cose da spezzare il cuore. Ora don Boccagatta non c'è proprio più, ho letto su un rotocalco che s'è dato alla pubblicità di una casa di cosmetici, è diventato una specie di manicure dell'anima, di visagista del subconscio. Peccato : lui era l'uomo (il solo) al quale avrei confidato volentieri, anche di mattino, la mia story. Mi avrebbe capita. Mi avrebbe forse detto le parole che attendo. Ma don Boccagatta, purtroppo, ha dovuto arrendersi. Le sue inquietudini davano noia, le sue aperture sociali infastidivano i conservatori. E così l'hanno sostituito con due altri più docili sacrestani. Uno è quel Paolo Cavalluccia, già noto, al telegiornale curlandese delle 13.30, per l'abilità con la quale macellava qualunque nome che non fosse quello, toscano, di “Compiobbi”, o di “Chiesina Uzzanese”. Il Cavalluccia, me lo ricordo come se fosse ieri, davanti alle telecamere si comportava esattamente come ci si comporta in una trattoria con pergolato sul Mugello. Parlando del Vietnam, fate un caso, era sempre come se ordinasse al cameriere la pappa al pomodoro, o la ribollita. Dava anche l'impressione di appisolarsi spesso sulla notizia, poveruomo, e appariva spesso in preda a catarri o a digestioni laboriose. Poi, alla parola “Saigon”, si svegliava di soprassalto, e via col borborigma o il ruttino, dicendo prima, educatamente, “pardon”. Il Cavalluccia, a quegli sventurati telespettatori non nati nell'area etrusca, appare insomma del tutto incomprensibile : dice “dugento”, “un ci raccapezziamo punto”, “la muraglia scinese”, la “Scina”, “Iggiappone”. L'altro compagno di cordata è il Luca Languori, che, a differenza del Cavalluccia, baritonale, è invece sul contralto, e per di più quando parla almeno lo si capisce : l'unico guaio è che, una volta capitolo, si scopre che il Languori non aveva proprio niente da dirci. Appartiene cioè alla “ cellophane-generation “, quella specializzata nel gonfiare il nulla fino a fargli assumere le dimensioni di un Vesuvio di panna montata. Ma si sente, da come le cose son messe, che è il Cavalluccia che tiene il bandolo, insomma è lui che traccia il solco, mentre è il Languori che lo difende. Con lazzi, calembours, bon-mots, chicche ridarelle. Il Cavalluccia invece è sul filosofico, e va anche detto che i suoi pensieri non mancano di profondità. “ La vedrà, la vedrà, la mì signora, “ diceva giusto l'altra sera, “ la ' un s'affligga. Dopo iddolore viene sempre la sgioia, dopo iddolore, ippiacere “. Che son sempre massime fondamentali, da meditare. Cavalluccia mi pare un buon babbo, diciamo un Bartali col rantolo e l'enfisema, dopo lo stress sul Pordoi ai tempi belli, e ora si gode la discesa, facendo prediche morali, mentre il Languori gli succhia la ruota e gli porge la borraccia col Chianti d'annata. Chiusa la parentesi. Maledetto il momento in cui stasera, verso il tramonto, mi son fatta prendere dalla smania emotiva, e sarà magari per via del Cavalluccia che diceva “ ovvia, diobonino, la mi consideri uno di famiglia, sciò un figliolo di diciasett'anni anch'io, la si figuri se 'un la capisco, cara la mi donna “, fatto sta che infilo l'indice nella ruota dei numeri del telefono e ti chiamo il Fucecchio 31.31, com'è giusto e doveroso che s'intitoli la trasmissione. Subito mi risponde una signorina dell' Ufficio filtri, che poi sarebbe il Riparto dove i “casi” (noi tutti che telefoniamo siamo “casi”) sono smistati e inquadrati, perchè in onda mica possono andarci tutti, è naturale. Ognuno di noi, è inutile illudersi, rientra in un settore, in una bolgia, in un girone dove ci son tutti quelli che affondano nello stesso problema. C'è il vecchio nonno col tormento ecologico, la ragazza madre, il prete operaio, il licantropo dell' EMPALS, la primipara ancora frigida, il centravanti al tramonto, lo zio svampito fuggito con gli hippy, la casalinga che ha fatto un passo falso e ha messo le corna all'avvocato, la cuoca con la confrittualità permanente e il problema dell'olio che deve usare per evitare la puzza ( “ma pigli il nostro di ' ollina ! Il nostro di ' ollina, diobonino “, dice sempre il Cavalluccia, senza fallo ) e, insomma, si dà un numero a tutti noi del veglione radio-psicologico, la contromarca, e poi ci dicono “attenda”. Naturalmente se uno vuol parlare di casi che scottano, che so, un po' di scandalo edilizio, i posti letto in ospedale, le ruberie dei politici, le raccomandazioni ignobili per arrivare in certi posti, allora è probabile che l' “attenda” duri un po' a lungo, e passano certo prima altri casi fondamentali, e d'interesse comune, come sarebbe quello di chi ha il problema della calvizie precoce, o di quell'altro che di notte ha la moglie che russa in fa diesis, o della signorina cui, sul terrazzo, non vengono mai rigogliose le ortensie, anche se le annaffia. A tutti, Il Cavalluccia impartisce “ 'onzigli preziosi dimolto “, e ho sentito gente che gorgogliava : “ Dottor Cavalluccia, lei per me è stato una mamma, adesso finalmente so come allevare i criceti in casa senza che sporchino sulla consolle o sul comò “. E com'è trepido, il Cavalluccia, quando raccomanda : “ per i pesci rossi, ricapitolando, solo acqua coi sali minerali, la 'un si faccia incantare con le alghe d' Iggiappone “, e tanti altri consigli che toccano insomma i punti essenziali della vita del paese. Basta, via : fatto sta che telefono, con la mia brava contromarca che diceva : “ concubina con rimorsi “. Tutto in ordine dunque, anche dal punto di vista amministrativo : ero la 709. Ci sarebbe stato magari da aspettare fino al novembre del 1975, ma con una spintarella del mio portinaio ( fa la claque a Canzonissima, è quello che ride forte, per 2000 lire, a tutto quello che dice Pippo Baudo) insomma, arrivo. Ecco che poco dopo trilla davvero il mio telefono, e, oh gaudio, eccoti proprio il Cavalluccia personalmente che mi dice : “ Allora, fra un poino si va in trasmissione, il su 'aso mi pare dimolto umano, mi raccomando, moderiamoci con il concubinaggio, la sua sarà una situazione dolorosa, 'un discuto, e lei sa che la legge sul divorzio forse la 'un la passa, e sci ascoltano tanti onorevoli diccì, noi s'ha famiglia, lei la sci capisce, e dunque le 'ose diciamole 'un dico mica di 'un dirle, le 'ose, ma disciamole velate. D'accordo ? “ “ D'accordo “, faccio io, un po' sull'impermalita, perchè se mi accettano col mio carico di colpe, quelle devono sentire. Comunque, il Cavalluccia mette un valzer triste, poi lo mette subito in sottofondo, e sillaba col suo vocione tutto appallottolato : “ Stasera, cari amisci, un 'aso umano. Ognuno ha i 'asi suoi, d'accordo. Ma iccaso della signorina Amelia . . . è in linea ? “ “ In linea “, dico. “ Ecco, iccaso della signorina Amelia mi pare esemplare. Cominci. Di'a, di'a pure. Quando l'ha conosciuto, l'omo che la fa soffrire ? “ E io pronta, tanto ci ho la data sempre stampata qui, nel cuore : “ Undici anni fa “. E il Cavalluccia, già sul patetico : “ E in quale occasione ? “ E io prontissima, tanto il Riccardo me lo vedo ancora davanti, ai piedi miei : “ In confessionale “. Beh, a questo punto il Cavalluccia manca poco gli venga lo stranguglione. E' tutto una tosse, un rantolo, un alveolo intasato. “ Certo 'un ho 'apito io, la mi signora : lei ha detto in ospedale ? “ E il Cavalluccia si sentiva ch'era invece tutto un sudore diaccio, tutto un fremito d'orrore. “ No no, proprio in un confessionale “, faccio. E il Cavalluccia emette un lamento che era tutto un congedo prematuro al posto, un addio agli assegni famigliari. “ Lei la mi vorrebbe dire dunque che il su Riccardo . . . “, balbettava il poveretto, “ era, era . . . come dire . . . o 'icchè si disce ? . . . era, disciamo, un non laico, disciamo . . . un religioso ? “ E io, argentina : “ Macchè. Lei ha confuso. Ma per carità. Riccardo era solo un bel ragazzo, un bersagliere “. E il Cavalluccia già era tutto racconsolato, e già diceva : “ O tu vvedi che bella storia ! E icchè sci facevate, o ragazzi, in confessionale ? O si pole essere più birbe, si pole ? “ E io allora tiro la botta, che poi è la verità pura, ma quello a momenti e per poco non mi stramazza : “ La storia è questa. Undici anni fa, il prete ero io “. Si sentì alla radio tutto un anfanare, un bisbiglio disperato. E io, tanto è la verità, continuo. “ Mi chiamavo padre Ermete Bertoloni. Esperto in patristica, con una bella barba. Ma fin dall'infanzia, ora posso confessarlo, sentivo dentro di me come una tempesta biologica . . . “ A questo punto il Cavalluccia, che intuiva, nitrisce : “ Basta ! Se ne riparla nell'altra trasmissione ! Via, signora ! La 'un mi faccia inquietare ! “ E io prontissima : “ Ma come inquietare ! Se undici anni fa m'avrebbe chiamata Reverendo ! O che modi sono questi ? Le pare il modo di trattare una signora, anche se ex domenicano ? Sappia, che quando incontrai il Riccardo, che si confessava, e lo assolsi, ci fu una simpatia platonica, ma per lui poco dopo mi dimisi, fui operato a Casablanca, tutto regolare . . . Fuggimmo a Nizza. Lo so : era sposato. Purtroppo era sposato ! Questa è la mia croce, ma mi dica, Cavalluccia, era una colpa ? “ Ma già, dalla cabina di regia, avevan messo lo stacco musicale. Si sentiva, solo “ Il bel Danubio blu”. E il Cavalluccia che respirava col fischio. E il Languori a fargli, come in agonia, il controcanto.
Fucecchio, dava l'occupato.
Amelia Bellincioni
(già Padre Ermete Bertoloni, gesuita)

Enzo Tortora 2. Il mandarino meccanico.



Stavolta parliamo di calcio. Continuo a ribadire la straordinaria attualità del pensiero di Tortora, oggi come allora, primi anni 70. Solo che oggi abbiamo in parte “metabolizzato” quel linguaggio folle che viene adoperato per descrivere un gruppo di ragazzotti che prende a calci una palla. Fantastico inoltre il pensiero di dover dividere la cella con un televisore ; “assolutamente no !”, risponde l'Emilio Bassa-Frequenza Tortora. Chissà cosa avrà provato questo galant'uomo qualche anno dopo trovandosi realmente in una cella e con un reale televisore.

Il mandarino meccanico

Isola di Ventotene, dicembre
Illustre Signor Sovrintendente agli Ergastoli,
il sottoscritto Emilio Bassa-Frequenza, detenuto in codesto Spettabile Stabilimento di Pena, ed ivi allogato dalla Santa Pasqua del 1971, con cella singola ed uso di bugliolo, come da sentenze delle Stimatissime Corti d'Assise di Roma (Lazio), di Fucecchio e Narni, e da doppia sentenza (purtuttavia è pendente ricorso) di quella di Milano (Lombardia), si premura di inviare, con i moduli e le formalità contemplate dal vigente regolamento, il seguente Esposto.
Lo scrivente, profittando di una limpida mattinata di sole che filtra, con le modalità consentite dal vigente regolamento edilizio degli Stabilimenti di Pena, dagli interstizi del cosiddetto “foro-luce”, si affretta a sintetizzare la propria situazione processuale, e ciò nel timore che il globo solare tramonti dalla parte di Ponza, come previsto dal vigente regolamento Copernicano, collocando così lo scrivente in posizione anomala sia rispetto alla propria struttura ossea (soffre di scogliosi da secondo canale, come da diagnosi allegata) sia rispetto alla potenzialità, ormai dubbia, della propria penna Biro. Non è un mistero infatti, Signor Sovrintendente, che il sottoscritto attende con ansia per giovedì, col postale proveniente da Lampedusa, una nuova matita, concessagli per buona condotta dal Ministero di Grazia e Giustizia. Allega parimenti, all'uopo, il carteggio intercorso fra il soprannominato e i solleciti Dipartimenti competenti : il nulla osta, il placet, il nihil obstat, il passi, il transeat, il si conceda, il Visto della Capitaneria per l'imbarco della matita sul pubblico natante e il Breve Pontificio che, pur negandogli la stilografica per motivi di ordine pubblico, non si dice “alieno” (se sposta la ceralacca vedrà che cito proprio testualmente) “dal concedere al detenuto il conforto di un succedaneo atto alla elaborazione di segni, sia pur basato su reagenti non chimici”. Continuo il mio dire, Signor Sovrintendente, fruendo di codeste condizioni di luminosità intensa, prevenendoLa tuttavia che, ove dette condizioni-luce, per il passaggio ad esempio di una nube, di un cumulo cirriforme, dovessero attenuarsi e pert . . . CZBZXXWYTR . . . CAZ . . . CAZ . . . BZFBAKU' . . . BAKU4 . . . ABZZZUFFF . . . PALL . . . costretto a rinunciare all'Esposto. Venni condannato, come Ella saprà, (i giornali a suo tempo fecero del caso gran rumore definendomi ingiustamente, col soprannome di “Mostro del Monoscopio”), per i seguenti reati. Li elenco in ordine di entrata, come usano correttamente sia il Radiocorriere che la Gazzetta Ufficiale : “Uxoricidio, Violenza Carnale (omissis), Circonvenzione di Incapace, Omicidio per motivi Abbietti (omissis), Matricidio (omissis), Mancato pagamento di Canone, Atto osceni in luogo Pubblico (omissis), Ubriachezza Molesta (omissis) e Strage. Non ho capito l'omissis : i miei legali stanno facendo accertamenti. La terrò informata. Premetto che non recrimino affatto : la domanda di Grazia, effettivamente presentata da un mio congiunto alla consorte del Presidente della repubblica Donna Vittoria Leone, verte soltanto sull'omesso pagamento di Canone, ingiustamente attribuitomi. L'abbonamento alla Tv l'ho invece sempre pagato : allego anzi bollettario quietanzato dell'Ufficio Registro che mi rivela clamorosamente in ordine e non in mora neppure per l'autoradio. Anzi, Signor Sovrintendente, se è lecito un amaro commento a un uomo che uscirà da queste mura soltanto nel Novembre del 2012 (in fatale coincidenza con la quinta puntata di Canzonissima), il commento è questo : magari teleutente non lo fossi stato mai. Perchè il video e non altro, Signor Sovrintendente, fu la fonte della mia rovina. Chi infatti mi armò la mano ? Chi fu il mandante ? Quale l'oscuro manipolo dei Reggitori ? Chi il regista di questa orrenda e torbida storia di sangue, che oggi, in questa luminosa giornata KAZZ . . . BZZBUFF . . . PRRR . . . KOINE . . . PRUUUXXX = 76HYTRUUUUH (perdoni è un'altra nuvola) mi vedo costretto a rievocare ? Diciamo pane al pane. Vino al vino. Sottofiletto al sottofiletto. Saltimbocca al saltimbocca. I responsabili hanno un nome. E sono (li elenco nell'ordine) il dottor Maurizio Barendson, napolitano, detto “capa è muorto” o “scrolla – capa” per il suo vezzo, maligno e nervoso, di agitare sul video l'intera calotta cranica non appena ha annunziato, tracotante, che “L'Italia ha FUMINATO il Lussemburgo”, o che “gli azzurri hanno facilmente neutralizzato gli elvetici”. Ma non è tutto. Nella lista nera dei miei mandanti, dei vari killer che mi teleguidarono in quest'abisso nel quale mi ritrovo, metto purtroppo, fra gli altri, il dottor Alfredo Pigna, “conduttore” della Domenica Sportiva. E' l'uomo, Signor Sovrintendente, (milioni di telespettatori potranno confermarglielo), che non esita addirittura a umettarsi le labbra con la lingua, con gesto libidinoso e lubrico, dopo aver comunicato che “ la juventus ha stroncato l'esile Atalanta”. Anzi, il Pigna spesso dice : “La Juvanta ha stroncato l'esile Atalentus”, per un lapsus comprensibile, tanto è il ghiotto fervore con cui manovra la lingua per quest'ennesimo episodio di violenza. Per anni, Signor Sovrintendente, e fino alla Pasqua sopracitata del 1971 (Pasqua per me, come ho ieri confermato al Cappellano che mi onora di ogni comfort teologico in questa mia segreta, davvero di Resurrezione !) io crebbi alla scuola del “via col filmato !”, “si ode (Sandro Ciotti, mi senti ?) il cozzo dei due menischi. Ecco le barelle in campo”. La mia vita ? Una marcia di trasferimento da un campionato a un altro, con qualche rara pausa per la coppa, l'Interleghe, l' Under 21, la 23, la Mitropa, la Rimet, la riapertura delle liste, il mercatino di Viareggio, il mercato dell' Hilton e (perchè non confessarlo ? Siamo uomini . . .) qualche scopatina con la signora G.Z., moglie di un ex libero del Siracusa, allora in ritiro atletico ad Appiano Gentile. Ciò che mi preme segnalarLe, Signor Sovrintendente, è che ero un bambino normale. Fino ai quindici anni credevo, onestamente, che la parola “fluidificazione” fosse soltanto una specie di shampoo all'uovo, per capelli fragili. Fu un certo Roberto Bortoluzzi (la sua voce giungeva, mi pare, da un non meglio identificato “studio centrale”) a togliermi le prime illusioni. Fu lui a dirmi, con dolorosa chiarezza, che a centrocampo si può “dialogare”. Sino allora parlavo solo in salotto : con mia madre. Lo so : evoco un fantasma. Per di più un fantasma prodotto da me (orrore !) con queste stesse mani. Veniamo ai fatti. In casa nostra la defunta, diplomata concertista in oboe, clarinetto, arpa e liuto, usava eseguire rari concerti di Vivaldi, “La Stravaganza, opus 112”, oppure “concerto per violini in tempesta di mare”, oppure “alla rustica, per torba, flicorno e mandola doppia”, nelle ore del meriggio festivo. Amavo Vivaldi, prima del mio fatale incontro con la “banda del Dribbling”, Signor Sovrintendente. Ma Ciotti Sandro, la domenica, urgeva. Il suo roco “Qui l'Olimpico”, il suo chioccio “bella triangolazione di Chinaglia”, eccetera, seguito dall'immancabile “cedo la linea a Pasini per il rigore”, cominciarono a drogarmi. Le mani di Mamma (questo nome Santo ! Signor Sovrintendente !) non mi parevano più ali di gabbiano che sorvolavano le corde dell'arpa, per un difficile passaggio nell' “andantino”. M'innervosivano. Un triste pomeriggio (c'era il derby della Mole) arrivai a dirle : “'a mà, fai piano co stò clavicembalo. Alla lunga rompi”. Ricordo ancora lo sguardo di quella Martire. Richiuse la spinetta con un colpo secco. E non la vidi neppure lacrimare silenziosa ; ormai ero in orbita, coi Pasini, i Ciotti, i Martellini, i Carosio, gli Enrico Ameri. Voci di guerra, Signor Sovrintendente, che mi giungevano ogni domenica, come a Giovanna d'Arco le voci giungevano ad Orleans. E a me dicevano : “ và, espugna, scarta, stocca, incorna, infila, travolgi, c'è il “sorpasso” da fare, la media inglese, la classifica cannonieri, la deconcentrazione, lo stimolo biopsichico, l'episodio umano, il risvolto umano, la panchina che scotta, il fulmine della lega, il doping, il liquido organico, il rinviato per nebbia, raccomandiamo ai colleghi di essere telegrafici, perchè ci chiama il campo centrale”. Rincoglionivo, dolcemente. E arrivò la fatale domenica. Cominciò sotto drammatici auspici. Già alle 13.30 Maurizio Barendson aveva detto, scrollando il capino, “permangono gravi interrogativi sulle condizioni di Riva”. Si poteva cominciare peggio ? Tensione, elettricità nell'aria. La mamma, quella domenica, disprezzando il calendario (eppure c'era un Fiorentina – Cagliari ! Eppure un Inter – Torino definito “stimolante” dal dottor Barendson, e addirittura “da palmocardio, pardon, da cardiopalmo” dal dottor Pigna), suonava un bombardino : solfeggi, cose semplici. La rissa scoppiò su un mi-bemolle di mamma, frammisto a un “ Qui stadio San Paolo, ecco Juliano . . . “. Lei può prevedere il resto. Dissi “ fa' piano “, e mamma passò invece a un lacerante fa minore. Non sentivo i risultati ! Allora mamma (prego tanto, per lei . . . ) attaccò l' ”allegretto”. Ma non troppo, Signor Sovrintendente. Strinsi un po' forte, premendo coi pollici ( 21 ) su quella adorata carotide. Divenne pallida. Cadde subito sul bombardino, che emise un sordo lamento. Fece in tempo a dirmi : “ Sei un topo di fogna. Persino un topo, per far felice la mamma, avrebbe rinunciato a tutto il cacio, minuto per minuto “. Ma ormai era il raptus, la crisi. Lasciai la salma avventandomi, tra le grida degli accorrenti (ma se la presero calma : il portinaio s'affacciò addirittura dopo il mancato rigore di Anastasi) che s'addensavano, sul pianerottolo. Ciò che avvenne nel palazzo di Viale Coni Zugna 37, dalle 16 alle 24, è noto. Furono ore di fuoco. Penetravo, uno dopo l'altro, in 60 appartamenti. Alcuni addirittura pentacamere, biservizi. Tutti gridavano. Non riuscivo a sentire Sandro Ciotti. Uccisi, nell'ordine, Agatoni Nereo, pensionato e civico dipendente (interno 6), poi la di lui convivente a carico, Signora Iride Muggia Castelfranchi (la perizia necroscopica, tuttavia, rivelò la presenza di turbe aortiche preesistenti alla mia stretta). Sempre privo di notizie dallo “studio centrale” a causa dei lamenti, degli spari della Polizia, degli incomodi derivanti dai candelotti lacrimogeni, violentai, per farla stare zitta, tale Consuelo Bordigon, da Codroipo, il cui ululato di piacere, tipico dell'orgasmo, mi impedì purtroppo di comprendere se il calcio d'angolo era a favore o contro la Juventus. La Bordigon risultò poi, purtroppo, non in regola con le marchette sindacali (era domestica). Sorvolo sulla spremuta globale di pigionanti da me effettuata, mentre ferveva un altro incomprensibile corner, nella Pensione Ireos, del piano settimo : anche di ciò, sia pure con deplorevoli note di “colore”, hanno parlato i giornali. Trascorsi le ore intercorrenti fra il fischietto di chiusura di Lo Bello e l'inizio di Alfredo Pigna, negli abbaini, o mansarde, del caseggiato. Un sacerdote, dal piano stradale, con un megafono, gridava : “arrenditi, figliolo ! Arrenditi !” E io, emozionato, come nei “Racconti di Canterbury”, slacciavo la braghetta e giù liquido organico su quel sant'uomo, e gridavo : “non mi rompete le ZZZVSKYOOOPWWW ! “ (ancora una nuvola, purtroppo, Signor Sovrintendente) e gridavo : “m'importa assai, a me, delle autopompe ! Ditemi piuttosto che cosa ha fatto il Verona, in trasferta ! Cos'ha fatto il Veronaaaaa ?” Gli ultimi 7 inquilini li uccisi alle 22 e 29. Gridarono in modo così eccessivo che non capii, neppure, chi era già, come diceva il dottor Pigna, “matematicamente condannato alla retrocessione”. Ancor oggi purtroppo, Le comunico, non so proprio cosa abbia fatto il Verona, in quel lontano Aprile del 1971. Venne condannato ? Ma non mi interessa. Quello che mi preme dirLe è questo. Viene annunciata, nel quadro della Riforma Carceraria, la possibilità di introdurre un televisore in ogni cella. Grazie tante. No. Chiedo rispettosamente, col prossimo postale da Lampedusa, l'invio di un vecchio clavicembalo, ricordo di famiglia. Sto approntando, all'uopo, i documenti richiesti. Fiducioso in una benevola accoglienza, devotissimo :

Emilio Bassa - Frequenza

Enzo Tortora 1. “O Tivù dal cuore acceso, non t'avessi mai offeso“



Comincio da oggi la pubblicazione di alcuni brani di un libro di Enzo Tortora, “ O Tivù dal cuore acceso “. Il libro, datato 1973, racconta con un piglio assolutamente originale, aneddoti e pensieri che riguardano la televisione e i conseguenti modi di vivere. Perchè dico assolutamente originale ? Ma perchè questo era Enzo Tortora, una mente libera e straordinariamente intelligente, sagace e pungente che mai ha accettato le restrizioni culturali, sociali e censorie dell'Italia del tempo. Questo giustifica, in un certo senso, l'incredibile e vergognosa persecuzione giudiziaria, di cui è stato vittime e di cui noi tutti, per lo meno quelli della mia generazione, abbiamo memoria. Io considero altresì questi scritti, di una incredibile attualità, pur essendo stati concepiti quasi 40 anni fa.
Oggi, Enzo Tortora, parlerà di Mike Bongiorno . .. .

O Tivù dal cuore acceso, non t'avessi mai offeso “

Eminenza Reverendissima,
oso sottrarre qualche istante al Suo diuturno lavoro (oh, quanto benemerito) di Preposto alle Beatificazioni, di Revisore del Martirilogio, di sereno ma severo custode degli atti dei Canonizzabili (fu Lei, e come dimenticarlo !, che dispose il risolutore “esame finestra” per decretare non valida la liturgia di San Candido), per sottoporLe queste mie note.
Non presumo certo che la memoria di Sua Eccellenza Reverendissima, tanto impegnata nella pastorale missione, si sovvenga di me : che son poca cosa, e, per di più, transeunte. Mi chiamo Ottania Materassi, nubile, nata nel 2009, di professione programmatrice di piccoli IBM, degli Annullamenti Rotali a gettone, quelli messi nell'ingresso della Stazione Ferroviaria di Assisi, e sull'intera rete dell'Autosole. Inutile che mi dilunghi sulla benefica efficacia di questi apparecchi, che lo stesso Beatissimo Padre Yan-Tsi Kuang, felicemente regnante, con la sua più recente Enciclica “ De cybernetica separatio “, ha mirabilmente definito “ provvidi “. Sono, per concludere, quelle macchinette made in San Marino, nikelate, con la parte superiore che s'illumina non appena l'utente, schiacciando una serie di bottoni, aziona la Causa d' Annullamento che gli interessa. C'è l' “impotentia coeundi “ (color fragola), c'è il “metu ac reverentia” (color becco d'oca), c'è l' “error personae” (sul turchino), c'è l' “impotentia generandi”, e c'è anche il “mi dà noia il suo vestito”, che tanto successo riscuote attualmente tra i giovanissimi delle ACLI. Dicevo che, illuminatosi il settore richiesto, la macchinetta fa bzzzz ! , elabora, fa ancora bzzzz ! (per controllare se esistessero “impedimenta” relativi al Privilegio Paolino) e poi, da un foro competente, vien giù l'annullamento, già pergamentato, con annessa ceralacca e Sacre Chiavi in similoro. Da una attigua fessura, viene anche fuori il resto. In mancanza di spiccioli, o la caramella o (a scelta) una reliquia portachiavi. Per 110 anni, Eminenza Reverendissima, ho dato il meglio di me stessa, con fervore, all'attività lavorativa. Ma non ho certo dimenticato la vita dello spirito. Sono infatti Patronessa, e Pia Dama, della San Petrosino da Padùla (Salerno), e Addetta, come Fiduciaria, alla pubbliche relazioni con i Fratelli Separati, che poi son quelli (oh, quanti ancora, nonostante lo zelo missionario) che si rifiutano di votare per Canzonissima, e trascorrono il sabato sera parlando, o immersi in altre pratiche pagane, e rifiutando caparbiamente di teleabbonare i figli. Ma di ciò basta. Potrei forse, immodestamente, ritenere che Ella si ricordasse di me per altro e più concreto dettaglio. In occasione del penultimo Conclave, a Metanopoli, mentre Ella giungeva in sardomobile, targata SCTV, in compagnia di una vescova del Mozambico, io son quella giovinetta (allora ero solo una gaia Braccobalda cattolica, sempre in escursione !) che agitava il cartello con la scritta : “Evviva Sua Santità Cedolare Primo !”. Mi parve che Ella agitasse, scorgendomi, due dita : benedicente, benigno : e io n'ebbi indimenticabili rossori, e susseguenti scariche adrenaliniche. Tutta la mia vita, vorrà credermi, è stata improntata alla più rigorosa osservanza dei dettami morali. Non ho mai desiderato la Morris d'altri, ho onorato il Philco e la Milko, l'ho sempre chiamata Peroni e non ho mai avuto altra birra all'infuori di lei, non ho mai usato carburatori impuri, ho amato Cuocomio come me stessa. Durante il doloroso scisma di Cannes, operai anche politicamente, prendendo parte, coi commandos femminili di “Settembre Mariano”, al dirottamento dell'aereo dell' Antipapa Mondadori II, che poi, effettivamente, precipitò su Canterbury. Ciò ricordo non certo al fine di procurarmi benemerenze o punti Paradiso ( so bene che il termine per il concorso è scaduto, il suo rigore non ammette deroghe, e anche per il Toto-indulgenze le ricevitorie sono bloccate), ma unicamente per dimostrarLe quanto sia sollecita verso le sorti di quella fede, di quella Maxichiesa, Apostolica e Laziale, alla quale Ella attende, in sì delicato e pertinente Uffizio. So bene parimenti che i processi di Beatificazione sono laboriosi, e che centinaia di volumi contengono gli Atti, travagliati e teologicamente sofferti, che hanno innalzato con difficoltà agli onori degli altari uomini come il Venerabile Ruggero Orlando, nel secolo scorso, o il serafico Maurizio Barendson, entrambi patroni dei mass-media. La mia segnalazione riguarda un possibile Santo, per di più italo-americano (ed Ella sa, Eminenza, quale interesse rivesta lo scacchiere USA dopo i recenti torbidi per la deposizione del Principe di Nuova York) che ha operato in Italia, terra mistica per eccellenza, negli anni fra il 50 e il 99 del secolo scorso. Trattasi di persona che, nelle pergamene della RAI (l'opera di decifrazione è tuttavia ancora in corso, a cura del Papirolificio Einaudi), viene definita “cachettista”, con evidente riferimento a probabili crisi nevralgiche del soggetto, forse causate da lunghi digiuni, o dai suoi sfibranti colloqui con l'Altissimo. In ciò simile, Ella m'insegna, ai grandi eremiti, agli Anacoreti dei tempi passati. Il nome che emerge, da queste carte purtroppo corrose dagli anni, è quello di “Bongiorno”. E nonostante nei vocabolari del tempo alla voce suddetta corrisponda la modesta definizione : “trattasi di una usuale forma di saluto”, abbiamo oggi invece le prove di trovarci dinnanzi a un personaggio mirabile per moltissimi aspetti. Il Bongiorno, infatti, a quanto si evince da quelle antiche carte, usava allestire delle specie di Sacre Rappresentazioni, dedicandosi ad opere di carità, sfamando interi settori del paese, famiglie particolarmente bisognose (si cita ancora il caso di certo Anardi, o Inardi) alle quali gettava cumuli di non meglio identificati “gettoni d'oro”. Non è purtroppo chiaro, nei suoi dettagli, in che consisteva esattamente il rito : i documenti sono lacunosi in parecchi punti, e ci sfugge evidentemente in qualche particolare il modo usato dal Bongiorno nel procedere con le sue provvidenziali mestolate a 18 carati. Era certo assistito da una Clarissa (evidentemente col termine “Ciuffini” o “Valletta” si allude a un ordine monastico femminile estinto) e da un non meglio qualificato gruppo di “esperti”, forse dei burgravi, o dei Valvassori, comunque dei notabili milanesi del gruppo IRI. Curiosa altresì l'apparecchiatura, sulla quale non poco si sono arrovellati gli interpreti, ma che pare quasi certamente il Bongiorno usasse per le sue opere di carità. Egli si serviva di un gong (forse per richiamare l'attenzione dei distratti, e impaurire le Fiere di Milano ?), poi di un cronometro (forse per richiamare l'uditorio alla labilità del tempo terreno ?) e di alcune diapositive, a probabile carattere mariologico. Non infrequente poi, secondo alcuni chiosatori, l'uso di buste, alcune delle quali – ma il senso purtroppo si è smarrito – definite “di riserva”. Calcolando le cifre elargite in un cinquantennio dal Bongiorno (occorre riportarsi al costo della vita di allora, e dividere il nostro yen per il cruzeiro, moltiplicare il tutto per il sesterzio, ottenendo ¼ del valore della cosiddetta “lira fluttuante”) si ottengono cifre assolutamente vertiginose. Distribuite sempre con esemplare letizia. Da ciò che resta, dei detti memorabili del Bongiorno, si arguisce che egli avesse vivissimo il senso della colpa dovuto alla caduta di Adamo (le parole “peccato !”, “che peccato !”, “ma è proprio un grosso peccato !” compaiono, infatti, quasi costantemente) e anche un senso, fraternamente sollecito, dell'assistenza. Spessissimo egli diceva, infatti : “coraggio !”, “nulla è perduto”. Altre sue espressioni, poi, come “da bravo, si sforzi !”, oppure “andiamo, che c'è la fa !”, “così . . . così . . ., vede che c'è la fa !” hanno indotto alcuni specialisti a ritenere che il rito prevedesse anche, in soggetti particolarmente refrattari, o coprostatici, l'applicazione probabile di un clistere. Alla delicata bisogna provvedeva, quasi certamente, un funzionario di concetto del gruppo FINSEDER. Ma non è tutto. Nel Florilegio Bongiorneo, ricco di squarci soavi, sono frequenti gli incitamenti alla preghiera (“si concentri !”, “ci pensi bene !”, “non si distragga !”) ed è notabile come il predicatore, d'animo gentile, chiamasse invariabilmente tutti col nome di Signore. “Signor Leopardi, Signor Alighieri, Signor Nabucco”, sono appunto epiteti distribuiti a piene mani nell'oratoria del Nostro. Alcuni critici, d'estrazione luterana, hanno poi insinuato la tesi che l'oro venisse distribuito con particolari criteri selettivi (esempio : a chi ricordasse, in fila, le dinastie dei Faraoni La Malfa, o il numero esatto delle guerre regionali calabresi) ma è ipotesi che ripugna, sia per la naturale, sorgiva bontà del Bongiorno, sia per l'insufficiente livello culturale della borghesia dell'epoca. Siamo dunque di fronte, Eminenza Reverendissima, a un'autentica crociata per la liberazione del Santo Gettone, a un'opera davvero ciclopica do soccorso. Nonostante, all'epoca, la contingenza fosse scattata di ben 8 punti, il Bongiorno diceva “allegria !”, sovvenzionando derelitti che, forse per la loro nivea innocenza, venivano definiti “candidati”. Sono certa che il mio modesto contributo agiografico varrà se non altro a inserire almeno in lista d'attesa (non penso certo all'imbarco fulmineo) per il volo verso la Santità, questo prezioso nominativo. Esiste il Patrono per i dispeptici, perchè non dovrebbe esistere quello per i depressi ? Resto, Eccellenza Reverendissima, in fiduciosa attesa. Vorrà ricordarmi, La prego, alla gentile Signora, e alle care sue figliole, che ho il rammarico di non aver più visto né al Bowling né ai corsi di di lingua vietnamita. Prostrata umilmente, sfioro con le labbra l'acquamarina.
Sua devotissima :

Ottania Materassi