Lui,
Peter Pan, da protagonista di una favola per bambini, il ragazzino
che non voleva crescere, oggi si è trasformato in un uomo immaturo,
centrato su se stesso, incapace di assumersi delle responsabilità,
ma anche ipersensibile, idealista, sognatore.
Molti
uomini, e donne, rifiutano di mettersi la fede al dito, scegliendo un
eccitante vita di facili avventure ; ma è solo sindrome di Peter Pan
?
Senza
un'adeguata preparazione, il fanciullino scopre da solo l'amara
verità e lo shock è così forte da provocare un blocco della
crescita. Si innesca un meccanismo regressivo che lo porta a
“riavvolgere il nastro” della sua vita, per tornare al periodo
favoloso dell'infanzia, in cui tutto era perfetto.
Le
cose brutte, che fanno soffrire o sono troppo complicate, vengono
rimosse per dare spazio solo a ciò che dà piacere, è ottenibile
senza sforzi e soddisfa i sensi. Quando, però, un evento doloroso
o spiacevole gli si presenta comunque, oppure i suoi bisogni gli
vengono negati, il Peter Pan reagisce con rabbia, frustrazione o
rifiuto, esattamente come farebbe un bambino.
Questi
individui possono anche sposarsi, avere figli e trovare un buon posto
di lavoro, ma ricadranno nella loro problematica ogni qual volta la
vita li costringerà ad assumersi delle responsabilità.
Come
diceva Pascoli, il fanciullino che è in noi non deve mai scomparire
del tutto. Nell'immaginario comune infatti, Peter Pan è un
personaggio positivo : ha bontà d'animo, sensibilità e la capacità
di cogliere le emozioni e il lato più autentico delle persone, tutti
aspetti che oggi andrebbero rivalutati.
Alcune
qualità, come la leggerezza, la capacità di sdrammatizzare, di
trasformare tutto in gioco o di parlare la stessa lingua dei bambini,
spiegano il talento di tante persone che lavorano con i più piccoli.
Secondo
il poeta italiano, il fanciullino è la voce interiore di ciascun
uomo, la parte più istintiva e “umana” della persona, quella che
si pone in contatto con il mondo attraverso l'immaginazione e la
sensibilità. Dare ascolto a questo lato nascosto della coscienza,
consente di scoprire aspetti affascinanti e meravigliosi del mondo,
che sfuggono alla ragione e al pensiero logico.
Il "Piccolo Principe",
il famosissimo personaggio inventato da Antoine Saint-Exupery, vuole
trasmettere lo stesso messaggio : non dimenticare mai di essere stati
bambini. L'importante è che la dimensione fanciullesca sia
inserita in una mentalità e in un approccio alla vita adulti, maturi
e consapevoli. In Peter Pan, invece, è presente solo il bambino.
Il
fanciullino rifugge quindi dalle situazioni che non riesce a gestire.
Così, di fronte a una donna che vuole “redimere” la sua
esuberanza e inchiodarlo alle sue responsabilità, scappa.
Dalla
sindrome di Peter Pan si esce solo se la relazione riesce a passare
dalla fase iniziale dell'innamoramento, in cui tutti sono disposti a
rinunciare a parti di sé pur di compiacere l'altro, a quella
dell'amore maturo, quando la promessa di sacrificio e impegno nei
confronti dell'amato deve essere continuamente rinnovata. Il
sentimento deve essere così forte per il Peter Pan, da farli
superare la sua dimensione individuale per aprirsi all'altro.
E'
un processo interiore su cui il partner non può influire molto.
Ogni forzatura ha l'effetto opposto di incentivare il fanciullino
alla fuga. Il Peter Pan infatti, non vuole essere cambiato, perchè
vive bene nel suo mondo dorato, l'unico nel quale si sente veramente
al sicuro, e non concepisce la possibilità di condurre un'esistenza
diversa. Il fatto che questa sua presunzione provochi dolore e
dispiacere agli altri, non è un problema per lui, dal momento che il
suo unico interesse è la propria felicità.
L'eterno
bambino non sa che il suo rifugiarsi in una dimensione infantile e
troppo semplicistica della vita, non può essere di giovamento per
lui. Non riesce a vedere gli effetti negativi dei suoi
comportamenti su se stesso e sugli altri. Chi gli sta intorno può
aiutarlo ad aprire gli occhi, ma deve essere un lavoro di squadra.
Se lo scontro è individuale, infatti, (con la fidanzata di turno, la
mamma o un caro amico), non sortirà alcun effetto positivo. Il
Peter Pan abbandona le relazioni in cui si sente messo in
discussione.
Se,
però, la famiglia e il partner chiedono l'aiuto degli amici, e
magari di uno psicoterapeuta, le possibilità di uscirne sono
maggiori. Il passo più difficile è dare al Peter Pan una
motivazione per farsi aiutare, dato che egli non riconosce di avere
un problema.
Resta
fondamentale il lavoro di educazione e di formazione svolto dalle
famiglie di origine. Le mamme, (ma anche i papà, le maestre, i
nonni), devono favorire il più possibile la crescita dei bambini,
intraprendendo con loro, fin da piccoli, un processo di
responsabilizzazione a tappe e poi, una volta diventati adulti, non
ostacolando il loro impulso a svincolarsi dalla famiglia.
Bisogna
promuovere valori come l'altruismo, il coraggio, l'indipendenza già
dall'infanzia, affinchè il fanciullino trovi gratificazione
nell'autonomia e nella responsabilità, trasformandosi in uomo.
R.C.
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