In
Francia è tradizione comprare qualche cassa di vino quando nasce un
bambino. È il vino delle grandi occasioni, da bere nei momenti
importanti, inclusa ovviamente la nascita. Potremmo quindi credere
che la Francia sia il primo stato per consumo di vino pro capite? E
invece no. Leggete qual'è quell'insospettabile paese, patria
incontrastata degli imbriagoni.
Francia
e Italia si contendono ormai da tempo il primato per la produzione di
vino, vantando non solo una tradizione per la produzione, ma anche
per il consumo. Il nettare degli dei è innegabilmente legato alle
tradizioni dei due paesi, tanto che sembra naturale immaginare i loro
abitanti tra i maggiori consumatori.
Se
però consideriamo i dati della ricerca del California Wine Institute, (novembre 2015), i risultati potrebbero lasciare sorpresi.
Nella classifica per la consumazione pro capite di vino, la Francia
si trova soltanto al sesto posto. E l'Italia? Non è nemmeno tra i
primi 10. Figura infatti al 13º posto, con 33,30 litri di vino pro
capite consumati.
È
invece il Vaticano, lo stato più piccolo del mondo, a detenere il
record. Nel 2014 i suoi abitanti ne hanno bevuti ben 54,26 litri
ciascuno in media, mantenendo un buon distacco con il secondo
classificato, l' Andorra, dove la consumazione pro capite è stata
invece di “soli” 46,26 litri.
Dato
che durante la messa viene utilizzato simbolicamente soltanto un
sorso di vino, pensare che lo Stato della Chiesa utilizzi la bevanda
soprattutto ad uso cerimoniale, è da escludersi. Inoltre, il vino
utilizzato durante le funzioni religiose, deve essere ottenuto da uva
pura e non essere mischiato con altre sostanze, secondo il Codice di Diritto Canonico. Non è, insomma, il vino che compriamo al
supermercato.
L'alta
consumazione può però trovare comunque una spiegazione, nella
conformazione demografica della sua popolazione: l'età. L'età media
più elevata, la maggioranza di uomini, l'alto livello di educazione
e la tendenza a condividere i pasti, sono infatti fattori correlati
al consumo di vino. Lo stesso California Wine Institute, rivela
inoltre che i dati
potrebbero essere alterati dalle vendite nel
supermercato Vaticano; qui, infatti, la raffinata selezione di vini,
proveniente anche da cantine importanti, insieme alla speciale
tassazione del paese, che risulta molto più bassa di quella
italiana, comportano vendite più alte di bottiglie, che
presumibilmente non verranno tutte consumate all'interno dello Stato.
Tra
i primi paesi di medie dimensioni, contiamo poi la Croazia, al terzo
posto e la Slovenia al quarto.
l'Italia
si lascia quindi sorpassare anche da Portogallo, Svizzera, Macedonia
e Moldavia. Ma perché? Si potrebbe pensare che forse gli italiani
preferiscono la qualità, rispetto alla quantità. Tuttavia questa
non può essere la risposta alla domanda; difatti, la consumazione
scende verso il basso per il vino di tutti i livelli.
Forse,
allora, il consumo di vino è semplicemente calato come specchio dei
cambiamenti della società, dalla frantumazione della famiglia,
(sulla cui tavole il bicchiere di vino rosso aveva un posto fisso
durante i pasti condivisi), all'aumento del controllo
automobilistico, così come la conquista da parte del vino italiano
dei mercati americani e anglosassoni, che hanno portato cambiamenti
nelle caratteristiche del vino in bottiglia, per scalare la vetta
degli export.
O
più semplicemente gli italiani sono più attenti alla ... salute!
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