Si
dice . . . “ non avere il becco di un quattrino “
Vuol
dire trovarsi in miseria. Il detto origina dalle antiche monete.
Il quattrino infatti era una moneta usata nel Medioevo e battuta fino
al XIX secolo da varie zecche d'Italia. Aveva poco valore e dal
1600 in poi fu prodotta solo in rame. Valeva 4 piccioli, (da qui il
nome), e 3 quattrini formavano un soldo. Sul senso del termine
“becco” ci sono diverse versioni : per alcuni risalirebbe al
celtico bec,
“piccolo”, per altri si riferirebbe a una scheggiatura di moneta,
(“non ho neanche un pezzo di soldo”), e per altri ancora, invece,
al “becco” com'era chiamato dal popolo il bordo rialzato delle
monete.
Si
dice . . . “ fare un gran bailamme “
L'espressione
fare un gran bailamme, (più raramente bailam), vuol dire creare
confusione, scatenare un pandemonio. Il termine deriva dal turco
bajram,
nome di una festa religiosa mussulmana. Questa festa, molto
sentita, dura 3 giorni e si celebra al termine dei 30 giorni di
ramadam,
il mese di digiuno e elemosina. Si festeggia il sacrificio che gli
uomini hanno fatto di non mangiare per un mese e tradizione vuole che
si abbatta un montone, che deve essere di un anno. L'ovino viene
diviso in 4 parti. Tre di esse si regalano ai poveri, mentre la
quarta si consuma in grande allegria.
Si
dice . . . “ essere un ammazzasette “
Indica
uno spaccone che fa grossolane vanterie delle proprie prodezze.
Questo epiteto, ispirato dalle maschere della Commedia dell'Arte come
Matamoros
o Capitan
Fracassa,
trae spunto da una favola popolare che narra di un giovane pavido il
quale, torturato dalle mosche, un giorno ne uccise sette in un colpo
solo. Felice del risultato, egli cominciò a vantarsene coi
conoscenti e alcuni pensarono che parlasse di nemici, più che di
mosche. Il giovane acquisì tale fama che continuò ad alimentare
l'equivoco. E venne poi nominato capitano dal Re.
Si
dice . . . “ essere una bufala “
L'espressione
“essere una bufala” definisce qualcosa di falso, un'informazione
ingannevole e burlesca. L'origine di questo modo di dire
è controverso. Secondo alcuni linguisti deriverebbe
dall'espressione “menare per il naso come una bufala”, cioè
trascinare l'interlocutore come si fa con in bovini per l'anello
attaccato al naso. C'è chi lo fa derivare invece, da “buffa”,
folata di vento, e quindi aleatoria e inaffidabile. E c'è chi
infine, si riferisce alle “bufalate” senesi, gare simili al
Palio, tenutesi tra il 1599 e il 1650, fra le contrade, in cui
correvano bufale maremmane cavalcate da butteri.
Si
dice . . . “ passare sotto le forche caudine “
L'espressione
vuol dire sottomettersi a una situazione assai umiliante. La frase
riecheggia un episodio della storia dell'antica Roma : quello della
disfatta delle Forche Caudine, 321 a.C., da Caudium,
nome di una località dell'attuale Campania, presso cui l'esercito
romano finì intrappolato in una stretta gola dalle truppe sannitiche
e dovette trattare umilianti condizioni di resa. Comandanti e
soldati dovettero infatti passare seminudi sotto il giogo,
(3 lance o forche disposte a formare una bassa porta), subendo
angherie e oltraggi fisici dai nemici.
Si
dice . . . “ di poco momento “
L'antica
locuzione tornata di moda, “di poco, (o grande), momento”, vuol
dire cosa di poco, (o notevole), rilievo, persona di scarsa, (o
grande), importanza. L'espressione trae origine dal latino
momentum,
che è una contrazione di movimentum,
deriva dal verbo movere,
(muovere), e significa impulso, moto. Il significato del termine si
è poi evoluto in “peso che muove la bilancia” e anche
“brevissimo periodo di tempo”. In fisica il termine “momento”
ha mantenuto questa accezione originaria se è vero che il momento di
una forza, o di una coppia di forze, o momento di rotazione, è un
prodotto che misura la capacità di spinta di quella forza.
Si
dice . . . “ ritirarsi sull'Aventino “
Significa
boicottare con l'assenza un'iniziativa sgradita. Il motto ricorda
alcuni episodi di storia romana. L'abbandono della città era
infatti una forma di lotta politica, a cui ricorse la plebe
dell'Urbe in più occasioni, a partire dal V secolo a.C., per
rivendicare i propri diritti. La prima e più celebre secessione
avvenne nel 494 a.C., quando i soldati plebei, per protestare contro
il Senato, si ritirarono sul Monte Sacro, a nord-est di Roma. La
protesta rientrò grazie al proverbiale discorso di Menenio
Agrippa.
L'Aventino viene ricordato nel detto, in quanto quel colle ospitava
allora il quartiere dei plebei.
Si
dice . . . “ campa cavallo che l'erba cresce “
Il
modo di dire indica qualcosa che, pur atteso, accadrà dopo molto
tempo o addirittura non succederà mai. Il detto è ispirato a una
storiella popolare che racconta di un povero individuo che trascinava
per le briglie il suo vecchio cavallo, ormai privo di forze ; lo
tirava con sé lungo una strada sassosa dove l'erba era pressochè
inesistente. E quando l'animale dava cenni di cedimento il padrone
lo spronava dicendogli : “Aspetta a morire cavallo mio, campa
almeno finchè l'erba crescerà e finalmente potrai sfamarti”.
Si
dice . . . “ firmare in calce “
La
locuzione “firmare, (o comunque scrivere), in calce”, vuol dire
apporre una firma o una notazione al termine di un documento scritto
e deriva dalla parola greca calix,
calce, fatta propria dagli antichi romani. Era infatti una striscia
di calce a delimitare l'arrivo delle gare di corsa negli stadi, fin
dall'antica Grecia. In uno scritto del grande oratore romano
Cicerone, si trova ad esempio il detto “ad carceres a calce
revocari”, cioè ritornare dalla fine al principio che utilizza le
immagini agonistiche del tempo : tornare dalla linea di arrivo,
calce, al recinto di partenza, carceres.
Si
dice . . . “ ti manca un venerdì “
Dire
a qualcuno “ti manca un venerdì” o “non hai tutti i venerdì
apposto”, vuol dire definirlo stravagante, bizzarro, pazzoide.
Questa espressione si riferisce probabilmente alle nascite premature
e all'antica credenza popolare, ovviamente infondata, che i nati
prematuri, (i “settimini” ad esempio), fossero incompleti e
pertanto mancanti anche di un po' di cervello. Il riferimento al
venerdì è legato alla tradizione cristiana di giorno del
malaugurio, in quanto quello della crocifissione, e quindi
all'importanza di averli trascorsi tutti, e quindi esorcizzati, nel
ventre materno.
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