Neppure
i nostri peggiori nemici parlano di noi come noi parliamo di noi
stesse. Quella voce io la chiamo "il coinquilino odioso che
abita nella nostra testa". Si alimenta denigrandoci e
rafforzando le nostre insicurezze e i nostri dubbi. Mi piacerebbe che
qualcuno inventasse un registratore che si possa collegare al
cervello, per documentare tutto ciò che ci diciamo tra noi e noi.
Solo così ci renderemmo conto di quanto è importante mettere fine a
questi monologhi interiori carichi di negatività. Significa
respingere il nostro coinquilino odioso, con una giusta dose di
saggezza.
Il
mio, di coinquilino odioso, è incredibilmente sarcastico. Una volta,
mentre mi trovavo ospite del programma tv Colbert Report,
ho detto a Stephen Colbert che quella voce molesta parlava
esattamente come lui. "Da qualche parte dovevo pur mettere su
casa", ha ribattuto il presentatore.
Sono
tanti anni che tento di sfrattare il mio coinquilino odioso, e io
ormai sono riuscita a relegarlo a qualche apparizione sporadica nella
mia testa. Ciò che rende molto più difficile liberarsi da queste
voci, è che al giorno d'oggi gran parte delle notizie e delle
informazioni rivolte alle donne, sembrano fatte apposta per
rinvigorirne la presenza e dare a noi la sensazione che alle nostre
vite manchi vagamente qualcosa.
Ci
fanno continuamente sentire che dovremmo essere più belle, più
magre, più sexy, che dovremmo avere più successo, guadagnare più
soldi, essere madri migliori, mogli migliori, amanti migliori, e via
discorrendo.
Anche
se spesso questo genere di messaggi è avvolto da una patina
incoraggiante, stile "Forza ragazzi!", il sottotesto resta
chiarissimo : dobbiamo sentirci in colpa perché sotto molti aspetti,
non siamo all'altezza di un imprecisato ideale immaginario. Abbiamo
pance, non addominali. Non siamo desiderabili perché non ci sentiamo
costantemente delle gattine sexy, (o perché invece sì). Siamo
incompetenti perché non teniamo organizzati i nostri documenti o le
nostre ricette, con un sistema di catalogazione per colore. Non ci
sforziamo abbastanza per diventare vicepresidenti dell'azienda, o per
entrare a far parte del consiglio di amministrazione, o per avere
l'ufficio lussuoso. Perfino l'esistenza stessa di un'espressione come
"avere tutto", per quanto se ne possa discutere, di fatto
sottintende che, per un verso o per l'altro, non siamo all'altezza.
Per
educare il nostro coinquilino odioso, occorre ridefinire il concetto
di successo, e quel che significa vivere una vita piena di
significato, che necessariamente sarà diversa per ciascuna di noi, a
seconda dei nostri valori e obiettivi personali, e non di quelli che
la società vorrebbe imporci.
Per
tenere testa a queste costanti critiche interiori, aiuta molto il
senso dell'umorismo. "Gli angeli volano perché sanno prendersi
alla leggera", era solita ripetere mia madre a me e a mia
sorella, citando G. K. Chesterton. Personalmente, mi è servito molto
anche imparare a ricevere un messaggio alternativo, in modo costante
e coerente. Dal momento che il mio coinquilino mentale si nutriva
delle mie paure e delle mie fantasie negative, il messaggio che più
funziona per contrastarlo è quello con cui John Roger conclude tutti
i suoi seminari : "La fortuna è già qui". O per dirla
come Giuliana di Norwich, la mistica inglese del 15º secolo : "E
tutto sarà bene, e ogni sorta di cosa sarà bene". O ancora,
come affermava con forza l'Edipo di Sofocle: "Nonostante tutte
le prove, la mia tarda età e la grandezza dell'anima mia, mi fanno
giudicare che tutto è bene".
Continuo
a ripetermi queste parole finché non mi ritrovo immersa nella calma,
in questo messaggio rassicurante che, oltretutto, ha il vantaggio di
essere vero. Perciò trovate anche voi il vostro messaggio. Non
lasciate che quella voce critica, querula e costante, ostacoli i
vostri sogni.
Arianna
Huffington
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