Sono
stato a un bellissimo matrimonio in Italia, quando una persona a me
molto cara ha sposato un giovane che ho imparato ad apprezzare
per la
sua simpatia dietro la apparente scontrosità montanara. Sono due
giovani medici, che nessuno aveva obbligato a sposarsi.
Avrebbero
potuto continuare a vivere insieme, come fanno da tempo, senza che
nessuno, non certo le rispettive famiglie, facessero loro pressioni.
Sarà
stato perché gli sposi sono fatti a modo loro, o perché all'inizio
di una carriera in medicina, ovunque in questa Italia 2013 in
particolare, i soldi non piovono dal cielo, i due hanno scelto una
celebrazione minimalista, gioiosamente dispettosa. Il momento più
divertente dell'intero evento è stata la vista dello sposo che
portava casse di barattoli pieni degli adorati "Salzgurken",
i cetrioloni marinati in agrodolce, da servire con gli antipasti. Nel
vedere la fatica, e la cura con la quale hanno cercato di evitare gli
eccessi e le spese di una festa di nozze, sono andato rivedermi le
nuove statistiche sui costi di matrimoni negli Stati Uniti.
A
Manhattan, dove tutto costa di più, la spesa media per un matrimonio
è di 76.000 dollari, vicini ai 60.000 euro, informa la CNN Money. A
Chicago, la seconda città più costosa per i matrimoni, la media di
40.000 euro. In tutti 50 Stati, dopo la discesa dell'anno orribile,
il 2008, l'esborso sta tornando vicino ai 30.000 euro.
Molti
di noi hanno visto la serie di film, e di sit-com, prodotti dalla
"industria del matrimonio", con il suo esercito di
pianificatori, direttori, fiorai, sarti, acconciatori, pasticcieri,
caterer,
pastori, sciamani, madri isteriche e spose disfatte, che
complessivamente genera un conto annuale di 51 miliardi di dollari,
40 miliardi di euro.
Una
somma che farebbe piangere di felicità e invidia qualsiasi governo
europeo. E se grandi tonfi dell'economia, come fu appunto il crack
dell'autunno 2008, mettono un po' a sedere anche la wedding industry,
appunto l'industria dello sposalizio, essa rimane una delle attività
commerciali più resistenti alle crisi.
Noi
genitori delle spose americane, o anche futuri suoceri sempre
chiamati a dare un contributo all'evento, sappiamo lottare
leoninamente con il fisco, duellare con il padrone di casa, fare a
botte con la banca, querelare ogni dentista per una carie male
otturata, ma di fronte alla figlia in lacrime ogni resistenza è
futile, come diceva un telefilm di fantascienza.
Per
chi può permettersi di spendere queste fortune, il prezzo, pur
doloroso e insensato, è insopportabile. Ma se il costo medio di un
matrimonio, non importa se civile o religioso, se celebrato davanti
ad un predicatore della Chiesa del Mistico Cacciavite o al
funzionario del Comune, si avvicina ai 30.000 dollari e il reddito
medio negli Stati Uniti di 44.000 dollari, non occorre un Nobel
dell'economia per capire che i genitori della sposa non possono
staccare un assegno e poi chiudersi in bagno a piangere.
Occorre
chiedere un prestito, e nell'85% dei casi il prestito viene da una
seconda, se non una terza ipoteca sull'abitazione: per gettare il
seme di una nuova casa, i genitori della sposa sono costretti ad
amputar sette pezzi della propria, in un ciclo continuo di
indebitamento che periodicamente - sorpresa sorpresa - collassa come
la proverbiale piramide di carte da gioco.
O
come il matrimonio stesso, statisticamente destinato, con altissima
probabilità, verso quella che in genere viene chiamata Splitville,
la città dello "split", della separazione e del divorzio.
Dunque
non solo approfitto delle ultime statistiche sulla ripresa vigorosa
delle spese matrimoniali in America, per aggiungere i miei auguri a
questa nuova coppia formata da una mia omonima, (a parte quale
marginale differenza), Vittoria e dal marito Thomas, disceso dalle
amate montagne tirolesi per vivere nella pianura padana, (ma non in
Padania, che non esiste e gli farebbe orrore).
Li
voglio ringraziare per aver dimostrato che ci si può sposare
elegantemente e gioiosamente anche senza dilapidare i risparmi della
famiglia della sposa. E conforta sapere che, se mai dovessero
affrontare tempi difficili, potranno sempre vivere di cetrioli in
salamoia per i prossimi vent'anni.
Vittorio
Zucconi
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