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giovedì 17 luglio 2014

Modi di dire 21


Si dice . . . “ essere abbacchiato “

L'espressione è di origine romanesca ma entra nel lessico nazionale, e indica una condizione fisica o mentale per cui si è avviliti, affranti, giù di morale. Ispiratore della frase è ovviamente l'abbacchio, l'agnellino da latte da circa 6-7 chili che si macella entro il primo mese di vita. L'origine del termine sarebbe da cercare nel latino ad baculum, (vicino al bastone), per l'uso di legare l'animale a un bastone conficcato in terra per costringere la madre a rimanere nei pressi. Proprio l'infausta prospettiva che attende questi agnellini, cioè l'essere precocemente abbattuti, dà spunto alla definizione.


Si dice . . . “ canta che ti passa “

L'espressione “canta che ti passa”, non di rado formulata in chiave ironica, è un invito a superare noia, timori o preoccupazioni incombenti attraverso il canto. L'espressione pare sia stata incisa sulla parete di una trincea durante la Prima Guerra Mondiale e riportata da un soldato il cui nome è ben noto : si tratta dell'ufficiale degli alpini Piero Jahier, scrittore genovese che si arruolò volontario nel 1916. Jahier, che al fronte curava il giornale di trincea “L'Astico”, la trascrisse come epigrafe di una raccolta : “Canti del soldato” curati con lo pseudonimo di Pietro Barba e pubblicati nel 1919.


Si dice . . . “ acqua in bocca “

E' il perentorio invito a mantenere un segreto, a non lasciarsi sfuggire notizie riservate. Secondo una tradizione ripresa anche da alcuni letterati, l'origine del motto si dovrebbe alla richiesta che una donna, molto dedita alla maldicenza, ma anche devotissima, fece al proprio confessore per porre rimedio al suo peccato. Il prelato, vista l'inutilità delle penitenze, diede alla donna una boccetta d'acqua raccomandandole di tenerla sempre con sé e di metterne alcune gocce in bocca quando le veniva la tentazione di sparlare. Il precetto ebbe successo.

Si dice . . . “ avere sette vite come i gatti “

Dire “avere sette vite come i gatti”, (nella cultura anglosassone si parla di nove), indica la capacità di riprendersi da incidenti, avversità o rovesci della malasorte con rapidità sorprendente. Il paragone coi gatti deriva dalla credenza popolare di un potere soprannaturale, (nel Medioevo la si pensava creatura del diavolo), di questi felini per la loro capacità di sopravvivere a cadute anche da luoghi elevati o a urti violenti spesso senza danni. Ciò per l'agilità dei felini, l'elasticità delle ossa, i riflessi prodigiosi, la capacità di cadere sempre in piedi e di riprendersi rapidamente da ferite e traumi.


Si dice . . . “ la moneta cattiva scaccia quella buona “

Il detto “la moneta cattiva scaccia quella buona” deriva da una legge economica formulata dal banchiere inglese Thomas Gresham nel XVI secolo. In pratica essa definisce la tendenza da parte di chi opera sul mercato a disfarsi delle monete meno pregiate mettendole in circolazione, accantonando, (togliendole dunque dal mercato), invece quelle di maggior valore intrinseco. Per estensione questo detto ha assunto anche un significato morale : comportamenti e valori di alto profilo vengono prima o poi contaminati e soppiantati da altri più involuti e degradati.


Si dice . . . “ lupus in fabula “

La locuzione latina “lupus in fabula”, (il lupo nel discorso, nella narrazione), viene usata quando una persona di cui si sta parlando in quel momento compare all'improvviso, come per magia. L'espressione deriva dalle credenze degli antichi secondo le quali il lupo, (che al tempo rappresentava la malvagità, come in seguito il diavolo), aveva il potere di comparire al solo essere evocato. Le favole di Fedro, (20 a.C.-50 d.C.), derivate da quelle del favolista greco Esopo, (VI sec. a. C.), sono efficace testimonianza di quella credenza : l'apparizione del lupo, cioè del male, equivale in quelle storielle al compimento stesso del fato.


Si dice . . . “ ambasciator non porta pena “

Indica chi debba comunicare senza colpe, ad altri, cose spiacevoli. E una sorte di esorcismo verso la pessima sorte, che poteva un tempo toccare a chi recasse cattive nuove. Nel 480 a.C. ad esempio, gli spartani di Leonida, uccisero gli ambasciatori del re persiano Serse che si avvicinava con le sue truppe alle città greche. E l'abitudine continuò per secoli : nel VII secolo d.C. lo Scià di Persia trucidò ambasciatori bizantini che proponevano un trattato non gradito. Solo nel 1961 gli ambasciatori ottenerò l'immunità diplomatica, ossia una salvaguardia internazionale che li tutela completamente.


Si dice . . . “ tornare con le pive nel sacco “

Vuol dire rimanere delusi, scornati per aver fallito l'obbiettivo previsto. L'origine della frase viene fatta risalire all'antica usanza militare di suonare le trombe oppure “le pive” - che erano strumenti musicali a fiato come pifferi, flauti e cornamuse, usati anche in Italia fino alla seconda guerra mondiale – per accompagnare le marce di trionfo dopo la vittoria. In caso di sconfitta o di ritirata, invece, questi strumenti venivano messi dentro gli zaini dei soldati, i sacchi, perché l'esercito si ritirava in silenzio.


Si dice . . . “ andare in tilt “

L'espressione indica situazioni in cui una persona perde per qualche tempo lucidità mentale e capacità di ragionare per stanchezza, stress o forti emozioni. Il detto è giunto dagli Stati Uniti insieme al gioco del flipper, una sorta di biliardino elettrico che fu molto diffuso a partire dagli anni 50', specie nei bar e locali pubblici. Il gioco, attivato con una moneta, consiste nel colpire una biglia d'acciaio mirando a bersagli posti su un piano inclinato e dotati di sensore. L'abilità sta nel colpire il maggior numero di volte possibile per aumentare il punteggio. Ma se il giocatore esagera con gli scossoni per colpire più volte i bersagli, il flipper va in “tilt”, cioè si blocca e il gioco si interrompe.


Si dice . . . “ avere il sangue blu “


Significa vantare ascendenze nobili, di alto rango. L'origine della frase sta probabilmente nell'espressione spagnola sangre azul che prende piede nel tardo Medio Evo, al tempo del riconoscimento delle classi sociali come nobiltà e clero, commercianti e popolo contadino. L'immagine fa riferimento alla pelle dei nobili, diafana, diversamente da quella dei contadini che era bruciata dal sole dei campi. Una pelle così chiara lasciava intravedere le vene dei polsi e di altre parti del corpo, che hanno un apparente colorito bluastro-violaceo causato dallo spessore dell'epidermide. Da qui la credenza.

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