Si
dice . . . “ andare in solluchero “
L'espressione
popolare “andare, (o mandare), in solluchero” è scherzosa e
descrive la sensazione di intimo, grande godimento che si prova nel
vedersi soddisfatti nei propri desideri o anche stuzzicati nella
propria vanità, nel sentirsi lusingati. L'origine del termine, che
viene utilizzato in pratica soltanto in queste locuzioni, deriva da
un verbo popolare toscano, “sollucherare”, che a propria volta
trae origine dall'antico “lucherare”, che vuol dire “strabuzzare
gli occhi per la gioia”.
Si
dice . . . “ stare freschi “
L'espressione
ironica “stare freschi” vuol dire trovarsi nei guai, navigare in
cattive acque per il determinarsi di una certa situazione.
L'origine probabile del motto è letteraria e si riferisce a due
versi del XXXII canto dell'
Inferno
de “La Divina Commedia” : “Io vidi – potrai dir – quel da
Duera là dove i peccatori stanno freschi”. Li pronuncia Bocca
degli
Abati
che si trova, come gli altri traditori della patria, conficcato nel
ghiaccio del lago di Cocito. Egli invita Dante a fare il nome di
Buoso
da
Duera,
traditore di re Manfredi
di Svevia.
Come si vede l'ironia è già nel poeta.
Si
dice . . . “ prendere per i fondelli “
L'espressione
vuol dire prendere in giro, raggirare, turlupinare qualcuno. La
locuzione, che ha origine francese, si riferisce ai fondelli che sono
i pezzi di stoffa utilizzati, specie in passato, per rinforzare o
rattoppare i punti di maggiore usura degli abiti, in particolare il
fondo dei pantaloni. L'immagine è in questo caso allusiva, (in
riferimento al più volgare “prendere per il culo”), e ben
fotografa un gesto di mancanza di rispetto per la dignità, e in
senso figurato per la buona fede della persona.
Si
dice . . . “ avere l'argento vivo addosso “
L'espressione
“avere addosso l'argento vivo” o “essere un argento vivo”
indica qualcuno che abbia tale vivacità e brillantezza di carattere
da raggiungere l'irrequietezza. L'espressione “argento vivo” è
un antico modo di definire il mercurio (Hg), il metallo dal color
argenteo che a temperatura ambienta si presenta in forma liquida e
sembra animato di vitalità propria. Inoltre, gli antichi
alchimisti erano persuasi fosse uno degli elementi primordiali e che,
con opportuni trattamenti, avesse la capacità di trasformarsi in
diversi altri metalli tra cui l'oro.
Si
dice . . . “ tra il lusco e il brusco “
L'espressione
di origine tosco-emiliana, ma diffusasi anche in altre parti
d'Italia, fa riferimento a quei momenti di penombra o di crepuscolo
che precedono l'alba, oppure successivi al tramonto, in cui la luce è
incerta e i contorni delle cose appena percepibili. La locuzione
indica in senso figurato una situazione vaga e confusa, difficile da
decifrare, o anche un'espressione del viso indefinibile, tra il
benevolo e il severo. L'etimologia dei termini rimanda al latino :
luscus
stava per guercio, orbo di un occhio, e bis-luscus
voleva dire completamente cieco.
Si
dice . . . “ avere le ginocchia che fanno Giacomo
Giacomo “
Vuol
dire avere la tremarella per stanchezza o paura. C'è chi fa
risalire l'espressione alla rivolta dei contadini francesi nel XIV
secolo in cui i rivoltosi, (che vestivano la jacque),
venivano definiti Jacques
bonhomme,
“Giacomo il semplice”, e accusati di vigliaccheria. Per altri
si tratta di onomatopea : “giac-giac” riproduce il suono delle
articolazioni che tremano. Una terza versione si rifà invece al
lungo cammino dei pellegrini verso San Giacomo di Compostela e alle
preghiere al santo per vincere la stanchezza.
Si
dice . . . “ per un punto Martin perse la cappa “
Questo
antico detto si usa per sottolineare che a volte basta poco per
trasformare un successo o un progetto ben meditato in un fallimento.
Il motto deriva da un aneddoto del Medioevo. Martino, abate di
Asello, volle sulla porta del suo monastero un'iscrizione in latino :
“Porta
patens
esto.
Nulli claudaris honesto”,
(Porta resta aperta. Non chiuderti a nessun uomo onesto). Ma chi
eseguì il lavoro sbagliò la posizione del punto : “Porta
patens esto nulli. Claudaris honesto”,
(Porta, non restare aperta a nessuno. Chiuditi all'uomo onesto).
Così scritta la frase destò scandalo e Martino perse la cappa di
abate.
Si
dice . . . “ fare le cose alla Carlona “
L'espressione
significa agire alla buona, senza particolare cura e con molta
approssimazione. Più anticamente, (il modo di dire è attestato
nella letteratura italiana sin dal XV secolo), si diceva “fare le
cose alla maniera del Re Carlone”. Il quale altri non è che
Carlo Magno, (742-814), che nei poemi cavallereschi più tardivi è
descritto come uomo semplice e alla buona e che anche dopo
l'incoronazione a Imperatore del Sacro Romano Impero, (che avvenne il
25 dicembre dell'800), non rinunciò mai alle sue abitudini un po'
grezze e ai suoi abiti piuttosto grossolani.
Si
dice . . . “ fare come i capponi di Renzo “
L'espressione
“fare come i capponi, (o i polli), di Renzo” significa azzuffarsi
inutilmente in una situazione disperata. I capponi del detto sono i
4 pennuti descritti da Alessandro Manzoni, (1785-1873), nel 3°
capitolo de I
promessi sposi.
Li reca a mano, a testa in giù, Renzo Tramaglino come dono al
dottor Azzecca-garbugli così da avere udienza e aiuto per i suoi
problemi. E pur in quella posizione le povere bestie “si
ingegnavano di beccarsi l'un l'altra, come accade troppo sovente tra
compagni
di sventura ”.
Lo stesso commento dell'autore dà significato all'immagine.
Si
dice . . . “ cavalcare la tigre “
L'espressione
significa gettarsi in un'impresa assai difficile pur capendo i rischi
e a condizione di non rinunciare fino al raggiungimento
dell'obbiettivo, pena guai ancora maggiori. L'immagine, che deriva
da un antico detto cinese, è molto incisiva in quanto la tigre per
la sua forza e la ferocia è un animale temibilissimo e quindi
cavalcarlo è impresa rischiosa. Tuttavia, recita il moto cinese, è
ancora più pericoloso scendere dalla groppa del felino, in quanto si
andrebbe incontro a morte quasi certa. E dunque meglio resistere
nella pur scomoda posizione.
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