Si
dice . . . “mollare i pappafichi”
Indica
un atteggiamento di resa, un cedere psicologicamente, un rassegnarsi
agli eventi. Nel linguaggio sportivo, una squadra che “molla i
pappafichi” non crede più nella vittoria o nella rimonta nei
confronti dei rivali. L'espressione, mutuata dal gergo marinaresco,
è stata lanciata da Gianni Brera, (1919-1992), celebre giornalista
sportivo che ha coniato o ripreso moltissimi termini ed espressioni
oggi nell'uso comune. Il termine pappafico, che deriva dallo
spagnolo papahigos, indica nei velieri una vela minore usata di
rinforzo, (detta anche di straglio), che si posiziona come seconda
vela quadra più alta dell'albero di trinchetto. Mollarlo, ossia
ammainarlo, ha il senso di adeguarsi a un'andatura più lenta.
Si
dice . . . “scoprire gli altarini”
Il
detto “scoprire gli altarini”, allude alla rivelazione di segreti
imbarazzanti per chi li aveva gelosamente custoditi fino a quel
momento. Per qualche linguista, l'espressione deriverebbe dalla
liturgia della settimana della Passione, quando nelle chiese altari,
tabernacoli ed immagini, vengono coperti da panni viola, ma prima o
poi devono rivedere la luce. Per altri esperti invece, il motto ha
un'origine molto antica e fa riferimento ai piccoli altari di case e
cappelle private, o posti davanti a tabernacoli in strade o piazze.
Questi altari sono da sempre ornati di rose e proprio alle rose,
simbolo di segretezza fin dall'antichità, forse a causa della sua
forma a petali sovrapposti intorno a un bocciolo sempre chiuso, si
riferirebbe il senso ultimo del detto. Da notare che la frase
equivalente in francese è “decouvrir le pot aux rose”: alla
lettera, scoprire il vaso di rose.
Si
dice . . . “essere una vecchia cariatide”
Dare
della “vecchia cariatide” a qualcuno, vuol dire presentarlo come
una persona molto vecchia e malridotta, o anche superata nel modo di
agire e di pensare. Più anticamente “cariatide” indicava anche
qualcuno che se ne stesse impalato e silenzioso senza muoversi o
prendere iniziative. Il riferimento è a quelle figure femminili
scolpite, che venivano usate con funzione di colonne o pilastri, a
sostegno di parti architettoniche sovrastanti. Le più celebri sono
quelle situate a fianco dell'Eretteo, sull'Acropoli ateniese. Il
nome deriva dalle donne di Karya, antica città greca del
Peloponneso, fatte schiave dagli ateniesi e forse in origine
fanciulle danzanti. Il riferimento alle persone vecchie o superate,
è riferito all'antichità delle sculture che sono del V secolo a.C.
Si
dice . . . “da strapazzo”
La
locuzione “da strapazzo”, (ad esempio: pittore da strapazzo,
musicista da strapazzo, intellettuale da strapazzo ecc.), si
riferisce a persone le cui attività vanno considerate di nessun
valore. Questa definizione era un tempo più diffusa con
riferimento a capi di abbigliamento vecchi, di basso costo o di
scarsa eleganza, che vengono indossati per giardinaggio, lavori
pesanti o altre situazioni in cui degli indumenti non si deve avere
troppa cura: calzoni da strapazzo, giacca da strapazzo ecc. E'
proprio quest'ultima accezione, il riferirsi cioè ad oggetti che
essendo di poco o nessun valore possono essere stracciati e
strapazzati, è quella che ha dato origine al senso figurato che
abbiamo prima descritto.
Si
dice . . . “uscire dai gangheri”
L'espressione
figurata “uscire dai gangheri” o anche “essere (o andare) fuori
dai gangheri”, ha il significato di perdere la pazienza,
incollerirsi, agire e sbottare in modo sconsiderato. I gangheri a
cui si fa riferimento, sono la parte del cardine costituita da un
pezzo di ferro ripiegato a uncino, che forma il perno da inserire
nell'occhio della bandella e che permette l'apertura e la chiusura
dell'imposta di una porta, di una finestra o dello sportello di un
armadio. In sostanza, è la parte del cardine fissata al telaio o
al muro su cui si infila il battente, permettendo a quest'ultimo di
girare, in equilibrio. Uscire dai gangheri è quindi,
figurativamente, perdere l'equilibrio psichico e dunque la ragione.
Si
dice . . . “avere voce in capitolo”
Vuol
dire avere autorità e credito per poter intervenire in una
discussione, o per prendere una decisione. All'origine del modo di
dire vi è il Diritto Canonico. Avere voce in capitolo infatti, era
riferito inizialmente agli ecclesiastici che nei capitoli, o collegi,
ossia nelle riunioni degli addetti a un istituto religioso, avevano
diritto di parola e voto. E' probabile che il termine capitolo cui
si fa riferimento, si riferisca alla locuzione latina ire
ad capitulum,
ossia andare alla lettura di un capitolo delle Sacre Scritture. Va
inoltre detto che l'espressione ha un equivalente nella locuzione
francese avoir
voix au chapitre,
documentata in vari scritti.
Si
dice . . . “avere mangiato le noci”
L'espressione
ironica poco nota, ma di spessore storico e letterario, “aver
mangiato le noci”, (“hai mangiato le noci oggi?”, “quello
mangia noci ...”, ecc.), indica coloro che siano spesso mal
disposti e di cattivo animo verso il prossimo, specie verso coloro
che, viceversa, cercano di assecondargli in ogni modo. Chi “mangia
noci” insomma, è colui che parla male di tutti in modo gratuito.
L'espressione è una metafora: si riferisce infatti, in senso
figurato, al fatto che l'ingestione eccessiva di noci può favorire
l'alito cattivo e dunque rende di pessima qualità, anche le parole
che escono dalla bocca. Non mancano passi letterari prestigiosi su
questo tema, come quello del letterato fiorentino Emilio Cecchi: “Bè
Crezia / Tu ti sei risentita in mal tempra; / Oh si, iersera tu
mangiasti noci / Che t'anno fatto si cattiva lingua”.
Si
dice . . . “fulmine a ciel sereno”
L'espressione
segnala una notizia o un accadimento improvvisi, inattesi e spesso
sconvolgenti. Ma cadono davvero i fulmini a ciel sereno? Il
fulmine è una scarica elettrica che si crea in certe condizioni
fisiche, all'interno dei cumulolembi, i nuvoloni grigi che portano i
temporali. A determinarli è il campo elettrico che si crea nella
nube a causa delle opposte cariche elettriche delle goccioline che la
formano. Queste, in presenza di forte vento tropicale, si separano
e la differenza di potenziale che si crea origina la scarica
elettrica. Queste possono generarsi anche tra due nubi, o tra una
nube e il suolo. In rarissimi casi i fulmini non partono dalla base
della nube, ma dalla sua sommità e una parte di loro giunge al suolo
fuori dal perimetro del temporale: sono i “fulmini positivi” che
arrivano fino a 40km. Sono questi i fulmini a ciel sereno, ma c'è
sempre in origine una nube …
Si
dice . . . “essere un ammazzasette”
Dare
dell'ammazzasette a qualcuno vuol dire attribuirgli patente di
vanaglorioso, di millantatore di grandi prodezze. L'origine della
definizione è una sarcastica fiaba dei fratelli Grimm: Il
coraggioso
piccolo
sarto.
Vi si narra di un giovane sarto, che torturato dalle mosche mentre
mangia in una pausa di lavoro, con una stoffa ne uccide 7 in un
colpo. Felice per questo, incide sulla cinta la frase “Sette in
un colpo” e va in giro ripetendolo a tutti. Poichè chi lo
incontra pensa che parli di nemici, il sarto viene ammirato e temuto.
E in lui cresce talmente l'autostima da riuscire in imprese tanto
mirabolanti, da divenire braccio destro del re, sposarne la figlia e
infine diventare re egli stesso.
Si
dice . . . “semel in anno”
La
locuzione latina semel
in anno licet insanire,
(una volta all'anno è lecito fare pazzie), viene tuttora accennata,
semel
in anno,
negli ambienti colti per scusare follie passeggere, in genere
innocue, proprie o di altri, giustificandole col fatto che di tanto
in tanto è ammesso per tutti contravvenire alle regole e alle
convenzioni sociali. Il concetto fu espresso, sia pur con leggere
varianti, da autori antichi come Seneca, Orazio e Sant'Agostino d'Ippona, (Tolerabile
est
semel anno insanire).
L'espressione divenne proverbiale nel Medioevo e richiama
antichissimi riti liberatori o preparatori ai periodi di penitenza,
di cui abbiamo ancora viva testimonianza nella celebrazione del
Carnevale, festa fole per eccellenza.
Grande... le tue risposte sono da wikipedia
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