Per
gli over 40 Roger
Moore è
un’immagine dell’infanzia. È il compassato Simon
Templar o
lo stiloso
Lord
Brett Sinclair di
Attenti
a quei due (e
alzi la mano chi non si è commosso almeno una volta riascoltando la
bellissima sigla di John Barry che,
tra l’altro, fu l’autore del James Bond Theme).
Per tutti, l’attore londinese resta 007.
Ed
è stato lo 007 più british. Più dello scozzese Sean
Connery,
più dell’australiano (ma di solide radici inglesi) George
Lazenby,
più del gallese Timothy
Dalton,
costretto ad americanizzare
il
personaggio.
Gli
altri, chiediamo scusa ai fan, non sono paragonabili: non lo è
l’irlandese Pierce
Brosnan,
che tentò di modernizzare il personaggio di Connery,
ed è meglio stendere un velo non troppo pietoso su Daniel
Craig,
che solo lo scadimento del gusto femminile ha potuto rendere
credibile.
Non
è questione di cinefilia,
ma di bondologia,
che è una disciplina che richiede una dedizione ai limiti del
fanatismo e tocca tre settori: di sicuro il cinema, ma anche la
letteratura e il costume.
Come
già aveva intuito il più autorevole e affettuoso
bondologo,
cioè Umberto
Eco,
James
Bond è
riuscito a rendere appassionante l’inverosimile. E, soprattutto, a
rendere gradevole il politicamente
scorretto che
trasuda da tutta la saga di 007.
Ed
ecco che torme di comunisti hanno affollato le sale cinematografiche,
femministe convinte hanno trepidato davanti alle peripezie (anche e
soprattutto amorose) dell’icona più maschilista della storia del
cinema, seriosi critici si sono convertiti
al
mito e hanno contribuito alla sua iconografia.
Roger
Moore è
riuscito a fare di più: ha reso simpatico
il
personaggio che nell’interpretazione di Connery
era
solo
affascinante.
E lo ha modernizzato.
Ormai
lo sappiamo: Moore,
per non fare la fine di Lazenby,
chiese e ottenne di ritoccare qui e lì 007,
che nelle sue mani divenne autoironico, brillante e facciatosta.
Insomma, un Bond
con
la cazzimma.
Connery
seduce
perché, al netto dell’estetica ci
sa fare e
rende alla grande l’idea del superuomo
di massa:
suda poco, anche dopo un inseguimento rocambolesco, sanguina il
minimo indispensabile, anche dopo una sparatoria (ricordate il
rivoletto di sangue in una scena chiave di Thunderball?
Ecco, è il massimo che si possa pretendere) e i lividi spariscono al
ciak successivo.
Moore,
invece, seduce perché è un fusto: paragonati a quelli dello
scozzese, i metodi del suo
Bond
sono
da playboy di paese. E lo stile lascia qui e lì a desiderare: uccide
con un missile una killer che cerca di eliminarlo da un aereo, parla
con la bocca piena, spara battutacce e si cava fuori dai guai in
maniera paradossale.
Ma
forse gli anni ’70 richiedevano proprio questo
007:
l’era Breznev
aveva
sclerotizzato il gigante sovietico e le dinamiche della guerra
fredda
non emozionavano più. Ed ecco che il Bond
di
Moore
va
nello spazio, sfida stregoni vudù, improbabili superuomini nazisti e
fascinosi killer con tre capezzoli. Però il pubblico apprezzava e
poco importa se, nel caricaturare 007,
Moore
caricaturò
sé stesso, mandando in soffitta le galanterie di Simon
Templar e
il garbo antico di Lord
Sinclair.
Anche la critica dovette arrendersi quando Octopussy,
il penultimo film con Moore,
batté al botteghino Mai
dire mai,
interpretato dal redivivo Connery.
Morire
a novanta anni non fa notizia. Ma quando se ne va uno come sir Moore
c’è
di che commuoversi e preoccuparsi perché sparisce un pezzo
dell’immaginario collettivo.
Addio
Simon,
addio Lord
Sinclair.
E, visto che ci siamo, addio a Bond.
Tutti
i bondofili veri
si
dividono in due categorie: conneryani e mooriani, che hanno declinato
il mito in due modi diversi, i primi definendone la cattolicità,
i secondi tracciandone una originale riforma,
protestante ma non troppo.
La
scomparsa del grande attore inglese, che ha resistito alla grande
anche a un tumore per conformarsi il più possibile al mito, che per
definizione è immortale, apre una voragine. Già: se Atene piange
Sparta non può ridere. D’altronde Judi Dench,
la M
in
gonnella del ciclo interpretato da Brosnan,
era stata chiarissima: «Lei, mister Bond, è un rottame della guerra
fredda». E a vedere il Bond
di
Craig
comportarsi
in modo da far sembrare lord un marine, è difficile darle torto.
Saverio Paletta
Fonte Indygesto.it
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