Si
sente fare sempre la domanda, se quell'antica concezione del mondo
dia la possibilità di un'applicazione utile nel presente. A ciò si
è dato anzitutto risposta con un vigoroso si, giacché è da tempo
noto, che seri e gagliardi seguaci, già da una serie di anni si
volgono all'oriente e là, nell'odierna patria attuale della
disciplina e dell'osservanza ancora conservata, a Ceylon o nell'India
posteriore, entrano nell'ordine, divengono regolari monaci e asceti:
e più d'uno così, come io ho personalmente sperimentato, è morto
là lietamente, dopo essere diventato anche “uno dei santi".
Sulla
reale efficacia della parola del Maestro nel presente presso di noi,
non può esservi dunque oggi alcuna questione, se anche naturalmente
il suo valore, secondo il punto da cui si guarda, apparirà come
vacuo e nullo o come alto e sublime, come dannoso e folle o come
incomparabile. Tali concetti di valore sono però, a quanto mi pare,
poco appropriati ad una disamina e discussione generale. Su tali
questioni non si è mai raggiunto e non si raggiungerà mai, in
nessun tempo e luogo, un unico giudizio, ancor meno che sopra una
musica od una pittura.
La
pietra di paragone in tali criteri di valore è sempre diversa
secondo il diverso grado di durezza e deve perciò, per quanto
corrisponde a uomini discreti od alla loro esperienza, essere
lasciata alla scelta di ogni singolo. La circostanza però, della
quale noi qui ci dobbiamo occupare e che si lascia quasi sempre da
parte o si considera solo fuggevolmente, sta fuori di tali prove di
esperienza personale.
Noi
dobbiamo qui fare solo il tentativo, se ci può riuscire, di imparare
a comprendere quella concezione del mondo come una intuizione o
un'arte puramente indiana. Questa sarebbe la ricompensa della fatica
nell'esame e nel travaglio, richiedenti tanto tempo e tanta cura, dei
nostri antichi testi. Quelli, a cui essi non ricompensano un sì
costoso dispendio, può anche, se proprio vuole avere ed esprimere
un'opinione sulla nostra dottrina, appigliarsi ad opere più
maneggevoli, di cui da un pezzo non c'è mancanza: sia l'eccellente
Catechismo buddhistico di Subhadra Bhikshu, od il magnifico e
raccomandabile più di ogni altro, Buddha di Oldenberg, che da tanti
anni è il fondamento di ogni vera ricerca esatta e si rinnova sempre
in successive edizioni.
Ma
i testi originali stessi sono poco atti a farsi trasformare subito in
un utile praticamente applicabile, per questo essi sono troppo duri.
Due millenni ci separano da essi e dalla loro forma in maniera
d'espressione. E ciò che rende l'intelligenza anche più difficile,
ci sta di mezzo uno strato quasi impenetrabile di civiltà straniera.
Come potrebbero percepirsi di nuovo presso di noi quei suoni e quelle
voci lontane, svanite, così come realmente risuonano sulla propria
terra? Siccome, così come stanno le cose, quasi manca un mezzo
risonante, la possibilità di un'eco è esclusa quasi come la
propagazione del suono dal sole alla terra, che pure si potrebbe
raggiungere in poco più di 14 anni.
Pertanto
non si può parlare di utilizzazione pratica di questi nostri pezzi
sperduti dal mondo. Si deve accontentarsi, se tra i sordi pilastri si
trova un Memnone e se con infaticabile lavoro ed esercizio si
superano forse gli ostacoli e si scoprono ed acquistano i mezzi per
incanalare quelle voci del passato sul nostro presente; in modo che
l'uditore possa sentirne l'arte profonda ed i delicati prodotti del
messaggio. Ma non perciò bisogna aspettarsi a guisa di apostoli una
generale conversazione del mondo.
Lo
stesso Gotamo ha parlato sempre e solo ai singoli, non si è mai
rivolto al popolo od alla folla. Dopo che la parola vivente
dell'asceta e pensatore Sakyo era ammutolita e spenta da più di 20
secoli, dopo che sul breve magnifico mezzodi è scesa la lunga
pallida notte dell'oblio, oggi la parola irrigidita, se anche
comincia di nuovo a risuonare, non può certo risvegliare interamente
a nuova vita quella svanita civiltà, con le sue superiori cognizioni
spirituali e come entusiasti immaginano, a trarci in ringiovanita
forma moderna: i contemporanei delle automobili e degli aeroplani,
anche con la più grande fretta e con la migliore volontà, non
potrebbero avere perciò udito né trovare ozio bastevole; astraendo
del resto dal fatto che le fantasticherie e le donchisciotterie di
una conversione universale sono da piccoli borghesi, infantili,
bamboleggianti e niente affatto conformi alla dottrina.
Il
discepolo di Gotamo lasciava il mondo esser mondo, intatto da ciò
che si dice. O similmente si può anche oggi ed in avvenire fare il
tentativo, di imparare a comprendere quello spirito mediante le sue
classiche testimonianze. Queste però si mostreranno accessibili a
colui, che ha per esse disposizioni e le sa sviluppare: non
altrimenti come uno cura il suo Shakespeare, un altro il suo Bach, un
terzo disegna carte del pianeta Marte, ed un altro cuoce sostanze da
iniezioni.
In
parole nette: quella concezione del modo è divenuto una scienza per
noi. Che certo ne possa insieme cascare ogni sorta di cose
adoperabili per il caro povero popolo, è una favorevole
manifestazione concomitante, la semplice ombra della cosa, ed invero
un'ombra gigantesca, anzi propriamente un'ombra della terra, il
riguardo dei milioni di sempre rinnovati concorrenti, concomitanti e
seguaci nelle 10 regioni dell'universo.
Con
la cosa stessa però, con la nostra "Cosa in sé" per dire
così, anche nel caso migliore avrà da fare solo qualche raro uno od
un altro, sia egli diretto verso la scienza, l'arte o la santità.
Ciò basta. Io penso che vi sia una tale possibilità per chi voglia
seriamente sforzarsi, ciò basta mostrare quel che anche noi abbiamo
ereditato dai tesori. Chi però volesse fare numericamente il conto
del possibile utile, potrebbe facilmente seguendo l'esempio di
Giovanni l'eremita, nello Speculum pastorum,
calcolare quale risultato si otterrebbe con l'ipotesi non certo
esagerata, che un uomo per 20 anni ogni anno guidasse con l'esempio e
la dottrina solo un altro uomo alla retta opinione, ed ognuno di
questi annualmente solo un altro e questo di nuovo se ne portasse un
altro sulla retta via.
Da
cui si dedurrebbe, col lapis alla mano, che il numero dei promossi in
questa guisa, partendo da un solo promovente e nella minima misura,
dopo 20 anni supererebbe già il milione. Ma noi qui non ci
esercitiamo in statistica né in allotria.
K. E.
Neumann
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