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mercoledì 2 aprile 2014

Modi di dire 20.

Si dice . . . “ essere il nemico pubblico n. 1 “

Indica qualcuno estremamente pericoloso per la società e, per estensione,
designa chi sia considerato da temere da un gruppo, un'istituzione, una squadra avversaria ecc. La definizione viene dagli USA e venne usata per la prima volta per John Dillinger, (1903-1934), criminale che iniziò la carriera di rapinatore a soli 21 anni proseguendo imperterrito, tra arresti ed evasioni, la sua attività di fuorilegge per 10 anni e costringendo l'FBI a dichiararlo “nemico pubblico n.1”, prima di riuscire ad ucciderlo a Chicago nel 1934.

Si dice . . . “ fare vita da Nababbo “

Significa vivere in modo sontuoso, circondarsi del lusso più sfrenato. Il termine Nababbo proviene dall'indoeuropeo nawab che designava inizialmente il governatore o il vicerè delle provincie indiane dell'Impero Moghul, monarchia di provenienza persiana che governò l'India dal XVI secolo fino all'avvento degli inglesi nel XIX secolo. Il titolo di Nababbo venne in seguito esteso ai principi e ai nobili dell'India islamica, (con funzioni anche religiose), le cui ricchezze favolose divennero proverbiali.

Si dice . . . “ andare a ramengo “

Significa andare in rovina, in bancarotta. Il termine originale, ramingo, era riferito all'uccellino che, uscito dal nido, salta di ramo in ramo senza volare e per estensione a chi vagasse da solo senza meta. Ma nell'alto Medioevo, ad Asti, prese il nome maccheronico di Aramengo, probabilmente in quanto luogo designato a chi venisse allontanato dalla comunità. E la frase “andare a Aramengo”, poi mutata in “a ramengo”, divenne presto popolare.

Si dice . . . “ andare in visibilio “

Vuol dire andare in estasi, essere al culmine della felicità, dell'entusiasmo. L'origine di questo modo di dire va ricercato nella versione del Credo in latino elaborato dal Concilio di Nicea e più precisamente dall'interpretazione popolare del verso “Credo (…) factorem (…) visibilium omnium et invisibilium”, (Credo nel creatore di tutte le cose visibili e invisibili). Nella tradizione orale, (nei primi secoli del cristianesimo questi versi non si scrivevano), invisibilium divenne in visibilium e il significato si trasformò da “cose invisibili” a “cose indescrivibili, straordinarie, meravigliose”, cioè percepibili attraverso le emozioni.

Si dice . . . “ sentirsi sulle montagne russe “

Vuol dire avere alti e bassi di umore, salute o fortuna. Il detto si ispira alle “montagne russe” od “ottovolante”, l'installazione da luna park il cui trenino percorre a gran velocità salite e discese mozzafiato. La definizione nasce dal fatto che grandi scivoli ghiacciati in legno da percorrere con una slitta si trovavano in Russia nel XVI secolo. Nel 1762 nella reggia di Oranienbaum, vicino San Pietroburgo, fu costruito dall'architetto italiano Rinaldi il padiglione di Katalnaya Gorka, esempio di montagne russe poi imitate in Francia nell'800.


Si dice . . . “ attaccare briga “

L'espressione “attaccare briga” , da cui essere un attacca brighe, vuol dire cercare a bella posta un conflitto, un contrasto, una lite. L'origine del termine va cercata in una parola celtica che ha il significato di fortezza, forza, (vedi Briga in Svizzera), e che per estensione è passata a significare assedio, scontro, litigio, molestia, fastidio, cruccio ecc. Di qui la frase “prendersi una briga”, (preoccuparsi, adoperarsi per qualcosa), ma anche una serie di termini, (brigante, brigata, brigantino), che si ispirano al concetto dello stare in armi insieme con o contro la legge. Anche il nome del Brighella, servo insolente e litigioso della Commedia dell'Arte, ha la stessa origine.


Si dice . . . “ dormire sugli allori “

Vuol dire vivere di rendita, impigrirsi sui successi ottenuti nel passato senza far niente per ottenerne degli altri. Gli allori si riferiscono alle corone d'alloro, (laurus nobilis) – pianta sacra ad Apollo nella mitologia greco-romana, rappresentava la ninfa Dafne amata dal Dio) – usate per cingere il capo ai vincitori dei giochi pitici. Questi giochi, che a partire dal VII secolo a.C. si alternavano ai giochi olimpici, si tenevano al santuario di Apollo a Delfi e prevedevano competizioni sportive, gare musicali e di poesia. Le corone d'alloro erano segno di gloria perpetua.


Si dice . . . “ essere cinici “

L'espressione “essere cinici” o anche “essere dotato di cinismo” indica chi mostra disprezzo o insensibilità per ogni valore e sentimento umano e agisce con freddezza e calcolo. Il termine “cinismo” si riferisce a una scuola filosofica dell'antica Grecia fondata nel IV secolo a.C. da Antistene e Diogene di Sinope, (detto “il cane”), ad Atene. I cinici, piuttosto disprezzati dalle scuole rivali, erano per una vita assai spartana, priva di agi e comodità e indifferente a passioni e cupidigie terrene, tutta rivolta alla ricerca della “virtù” intesa come felicità interiore da ricercare individualmente. Il loro disprezzo per le regole sociali e la corruzione dei costumi, appiccicò ai cinici un'etichetta in parte sbagliata.


Si dice . . . “ allevare una serpe in seno “

Vuol dire fare del bene a chi si rivela poi ostile e pericoloso. L'espressione origina da una favola dello scrittore Esopo, (IV secolo a.C.), poi ripresa da Fedro e da La Fontaine. “Un vecchio contadino”, racconta la favola, “durante l'inverno, avendo trovato una serpe intirizzita dal freddo e avendone avuto compassione, la prese e se la mise in seno. Quella poi, riscaldandosi e riprendendo la sua natura, ferì il benefattore e lo uccise. Lui morendo disse : “Ho ciò che merito, avendo avuto compassione di quella malvagia”.


Si dice . . . “ essere in buona fede “


Vuol dire essere sinceramente convinti di agire in maniera corretta, rispettando le regole. Il concetto di buona fede, (dal latino bona fides), deriva dal diritto romano. Per i giudici dell'antica Roma era ritenuto fondamentale il comportamento leale ed onesto del cittadino nell'esecuzione degli impegni e degli obblighi assunti : perciò la buona fede costituiva un parametro per valutare la correttezza o meno di un comportamento. Si distingueva, (e la distinzione è valida anche nel diritto attuale), la buona fede soggettiva, ossia il non sapere di ledere il diritto altrui, e la buona fede oggettiva, cioè il generale dovere di correttezza e lealtà di condotta nei rapporti fra soggetti.

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