A
questo punto del nostro discorso ci troviamo alla fine di quella
retta
che si avvolge in cerchio e che rappresenta idealmente il
tentativo di penetrare nel mondo onirico.
Come
dicevamo all'inizio, il sogno è l'esperienza più soggettiva e
irripetibile che esista: nessuno può assistere al sogno di un altro
né ripetere i propri. Inoltre il sogno è trasmissibile soltanto
attraverso la mediazione delle parole che usiamo per raccontarlo.
Quale
che sia il valore che vi si attribuisce, il punto di vista da cui si
intende esaminarlo, la collocazione che si voglia dargli, il sogno
sfugge a un'indagine oggettiva, incontrovertibile, "certa",
un'indagine che ottemperi alle esigenze della verifica.
Altrettanto
può dirsi della sua interpretazione, che, applicandosi a un soggetto
sfuggente, non può che essere ambigua, o perlomeno molteplice.
L'interpretazione tuttavia costituisce, dal tempo dei tempi, la
motivazione per cui svegli ci si accosta al sogno.
Dalle
antiche chiavi dei sogni alle più recenti analisi del profondo,
l'interpretazione cerca di stabilire un nesso tra le immagini
oniriche e la realtà diurna. Poiché i due mondi hanno una
dimensione, una struttura del tutto diverse, seguono leggi
antitetiche e contraddittorie, il tentativo di equipararle risulta
arduo.
L'interpretazione,
anche se accorda il massimo spazio all'individualità del sognante,
si basa su delle concezioni generali che ne condizionano il responso.
All'epoca di Artemidoro si chiedeva ai sogni di predire il futuro, oggi li si interroga per
scrutare i segreti del passato e dell'inconscio. Non ché l'interesse
per le loro possibilità divinatorie sia scomparso, anzi, ma è
perlopiù visto come un retaggio di superstizioni da rifiutare, in
nome di una razionalità altrettanto rigida delle credenze che si
propone di combattere.
Del
resto, a ben pensarci, questo mutamento di direzione, verso l'ieri
invece che verso il domani, e meno contraddittorio di quanto sembra.
Senza arrivare a sostenere che il futuro non esiste, la sua
correlazione con il passato è implicita nella vita e nella nostra
concezione del tempo. (Agostino diceva che "Non esistono propriamente parlando tre tempi, il
passato, il presente e il futuro, bensì soltanto tre presenti: il
presente del passato, il presente del presente, il presente del
futuro")
per
quanto riguarda i sogni, mi sembra che essi rappresentino in modo
emblematico il sopraccitato concetto : quando li si usa a scopo
divinatorio si proietta il passato verso il futuro, (qualsiasi
previsione deve tener conto della situazione precedente), se invece
si chiede alle immagini oniriche di illuminarci sul passato se ne
ricavano implicitamente delle indicazioni su ciò che il futuro ci
riserva, (una più ampia conoscenza del passato modifica il modo di
porci rispetto al domani).
Tornando
all'interpretazione, tra le difficoltà si che si presentano emerge
quella, sottolineata più volte nel corso di questo libro,
riguardante i simboli, (i sogni si esprimono con dei simboli e i
simboli sono altrettanto ambigui dei sogni). La definizione "un
simbolo è un qualcosa che sta al posto di qualcos'altro", non
ci aiuta granché a chiarirli. Se invece pensiamo che sono
un'esperienza comune possiamo forse afferrarne il senso.
Ognuno
di noi, consapevole o meno, usa e produce simboli. Gli usa quando
parla, il linguaggio è un sistema codificato di simboli; quando
traspone delle esperienze sensoriali in richiami, idee o sentimenti,
un luogo dove, per esempio, sia capitata un'esperienza negativa
diventa il simbolo di quello stato d'animo, anche se, ovviamente, il
luogo in sé mantiene delle caratteristiche neutre; quando infine
riscopre motivazioni arcaiche o archetipiche, preesistenti alla sua
personale esperienza.
La
produzione dei simboli si dà ogni qualvolta il processo
immaginativo, proprio di ogni essere umano, entra in funzione,
promuovendo la creatività, le fantasticherie, i sogni. Si dirà che
la creatività, intesa come realizzazione di un'opera d'arte, di
pensiero, di scienza, non è cosa da tutti, ora c'è una creatività
che tutti posseggono, che si manifesta nella quotidianità della
vita, nel modo di porsi rispetto a essa, poco importa quanto sia
corrivo o modesto l'argomento da cui si diparte.
I
simboli, che la nostra psiche produce, si collegano inoltre
all'ambiente, alla società di cui facciamo parte. E', per esempio,
del tutto improbabile che nei sogni di chi è vissuto due secoli or
sono apparissero aerei o computer, mentre è normale che essi si
presentino nelle immagini dei nostri. Gli studi antropologici e
etnologici hanno del resto messo in luce ciò che Bastide
chiama "il
retroscena
del sogno",
per cui il sognante si ispira al più vasto scenario delle
rappresentazioni collettive che la civiltà in cui vive li offre.
Questa incidenza e un ulteriore fattore di cui tener conto
nell'interpretazione dei simboli in generale e di quelli onirici in
particolare.
L'interpretazione
dei simboli presenta dunque delle difficoltà non dissimili
all'interpretazione dei sogni. Se gli si analizza da un punto di
vista strettamente razionale, si finisce con il comprimerli in schemi
che li snaturano. Ciò non significa tuttavia che i simboli siano
privi di una logica interna, di una loro precisa connessione
evocativa e analogica. Sarebbe perciò altrettanto errato estendere
le concatenazioni che se ne possono derivare oltre al loro effettivo
contenuto. Anche le concatenazioni meccaniche per cui partendo,
mettiamo, da filo si arriva a fecondità (filo-erba erba-prato
prato-mucca mucca-vitello vitello-riproduzione,
riproduzione-fecondità), ne alterano lo spirito, quindi la risonanza
che suscitano in noi. "Analizzare intellettualmente un simbolo"
come ha detto con una brillante metafora Pierre Emmanuel "significa
pelare una cipolla per trovare la cipolla. Non si può apprendere un
simbolo per riduzione progressiva di ciò che non gli appartiene;
esso esiste solo in virtù del contenuto sfuggente che gli è
proprio. La conoscenza simbolica è una e indivisibile, può avvenire
soltanto attraverso l'intuizione di quell'altro termine che essa
significa e che nasconde allo stesso tempo".
C'è
infine un ulteriore trappola che i simboli ci tendono: proprio perché
richiedono un'interpretazione intuitiva, può accadere che
l'interprete vi immette la sua personale visione della vita, la sua
esperienza intellettuale, la mentalità del suo tempo, gonfiandoli o
sgonfiandoli a suo arbitrio. E ciò che talvolta succede
nell'interpretazione dei sogni quando "si vogliono far tornare i
conti".
È
accaduto agli antichi oniromanti che dovevano far quadrare le
immagini oniriche con i fatti che si supponeva si annunciassero. Il
vaticinio di Aristandro,
che pronosticava la vittoria di Alessandro Magno, di cui abbiamo
detto, è uno dei numerosi esempi.
Accade
oggi agli psicoanalisti, accadde allo stesso Freud, quando
attribuiscono un valore univoco alle immagini che hanno, per esempio,
forme concave o convesse, collegando le prime all'organo sessuale
femminile e le seconde a quello maschile. Un treno o un coltello non
rappresentano necessariamente la virilità; una porta o una
conchiglia non indicano pulsioni obbligatoriamente muliebri. La
trappola sta, in questo caso, nella rigidità dell'impostazione che,
per quanto riguarda Freud, abbiamo visto incentrarsi sulle pulsioni
sessuali e sulla loro rimozione, ma che si ripete, sia pure in altre
direzioni, nella concezione di Adler che enfatizzano la volontà di
potenza, o in quella di Rank che privilegiò il trauma della nascita.
Queste
interpretazioni, come le numerose proliferate dal ceppo freudiano,
mutilano o esaltano un particolare aspetto dei simboli, riducendo
nello spirito la risonanza di cui si diceva più sopra.
A
questo punto verrebbe da chiedersi se, viste le difficoltà che
l'interpretazione presenta, non sarebbe più semplice rinunciarvi,
abbandonando i sogni nel limbo della dimenticanza. Ma perché
ignorare i sogni significherebbe abbandonare una parte di noi stessi,
come affermare che la consapevole sia la più importante?, E poiché
dei sogni ci giungono messaggi altrimenti irrecuperabili, messaggi
che indicano insospettate intuizioni, possibili alternative, crediamo
che la loro interpretazione, come ci sembra risulti dalla storia del
sogno proposta in questo libro, sia un inderogabile, archetipica
esigenza.
Chi
condivide quest'idea, si trova tuttavia a dover risolvere un
ulteriore problema: come dipanare i messaggi onirici? Come
distinguere tra le molte immagini quelle significative? Dove trovare
una guida? A chi rivolgersi? A chi chieder lumi?
Poiché,
al giorno d'oggi, gli interpreti qualificati che non siano
psicoterapeuti sono praticamente scomparsi, e' ad essi che bisogna
rivolgersi. Dallo psicologo o dall'analista ci si reca, tuttavia,
solo nei casi in cui si sia afflitti da turbe patologiche o, in preda
a gravi crisi depressive, difficilmente per il semplice desiderio di
scoprire il significato dei propri sogni. Benché personalmente sia
del parere che l'indagine psicoanalitica, applicata alle persone sane
e cosiddette “normali”, si dimostrerebbe positiva e giovevole,
(per identificare i
molteplici risvolti della personalità e cercare
di armonizzarli, per prevenire il manifestarsi di conflitti, per
ampliare e compensare l'unilaterale immagine che abbiamo di noi
stessi), l'ingiustificata ma diffusa diffidenza verso queste terapie,
la possibilità di un loro uso improprio, le mode che, specie
recentemente, vi si sono sovrapposte, le confusioni dovute ad
un'inadeguata divulgazione, nonché l'impegno, anche economico, che
esse richiedono, costituiscono degli ostacoli tanto più resistenti
quanto più forte è la vischiosità dei pregiudizi che li motiva.
Se
escludiamo le chiavi dei sogni che, come abbiamo più volte ripetuto,
nella loro interpretazione generalizzata e frammentaria non
permettono di collegare i contenuti onirici con la specifica
personalità del sognante, le alternative non sembrano molte.
Tra
queste ce n'è una che andrebbe, a mio avviso, tenuta in maggior
conto di quanto generalmente si faccia, ed e' l'auto-interpretazione.
Pur non raccogliendo il favore degli addetti ai lavori per i suoi
evidenti limiti, l'auto-interpretazione, se usata con le necessarie
cautele, potrebbe, a mio avviso, essere uno strumento per intendere
almeno una parte del messaggio onirico, soprattutto per impedire che
esso sfugga alla memoria della mente vigile. Ricordare i sogni è il
primo passo per dar loro uno spazio, per porsi dalla parte
dell'inconsapevole, per accogliere la poesia involontaria che essi
racchiudono.
Per
tentarla bisogna tuttavia avere ben chiaro che essa non può in
nessun caso essere terapeutica, non può cioè sanare processi
patologici, né risolvere nevrosi, blocchi o censure.
L'auto-interpretazione
non è un'alternativa all'indagine psicoanalitica. Può essere, per
l'appunto, un processo ausiliario adatto a nutrire l'immaginazione,
ad ampliare il potenziale creativo, una possibilità di affacciarsi
sul ciglio di quell'ignoto, di quell'altro di noi che i sogni ci
segnalano.
In
questo senso va letto il glossario di simboli proposti in appendice.
Si tratta di un elenco tutt'altro che completo da cui abbiamo escluso
le immagini oniriche che si configurano in forma di persone, la cui
interpretazione non può prescindere dal vissuto, dunque dal
colloquio con il sognante, nonché gli archetipi della madre e del
padre che per l'ampiezza dei contenuti richiederebbero un volume a
parte.
L'elenco
inoltre non arrischia e non pretende di dare una spiegazione dei
sogni, né tantomeno una casistica delle loro molteplici
implicazioni. Si limita al tentativo di individuare il rapporto tra i
simboli e le immagini oniriche.
Così,
per esempio, se sogno un leone, questo leone non ha né può
avere lo
stesso significato del leone sognato dal mio vicino o da altre
innumerevoli persone. Tuttavia, è innegabile il significato
simbolico che mantiene in tutti i sogni.
Compito
dell'interprete sarebbe dunque di mediare il significato dei due
leoni: il simbolico il soggettivo, o, meglio, rifarsi al simbolico
per comprendere il soggettivo.
Interpretare
i sogni vuol dire comprenderli. E per comprenderli dobbiamo trovare
un punto di contatto tra la forma che il pensiero assume nel sogno e
quella che esso ha nello stato di veglia. Le immagini che il nostro
io notturno produce, per quanto incongruenti e bizzarre, provengono
dalla medesima mente che di giorno segue tutt'altri meccanismi.
Questo punto di contatto, non potendo collocarsi nella realtà, va
cercato nella trasposizione simbolica, che, come abbiamo più volte
ripetuto, non determina ma sollecita, suggerisce, evoca.
Ecco
allora che l'ombra, il doppio, l'inconscio, gli abissi e le vette
della nostra psiche possono arricchirsi di un materiale che
altrimenti andrebbe perduto.
Rivivere
un sogno con la stessa emozione che si è provata sognandolo, per
riconoscervi una parte di sé, assumerne il messaggio è il miglior
modo, forse l'unico, per raccoglierlo e comprenderlo.
Nei
sogni accade un qualcosa che la nostra mente stenta a capire: per
quanto siano soggettivi, i sogni contengono il richiamo, sovente la
rivisitazione, di idee, percezioni, esperienze comuni a tutti gli
esseri umani. Sembra quasi che gli archetipi per passare attraverso
il canale dell'io individuabile, un canale forzatamente angusto,
debbano restringersi, adattarsi alla personalità del singolo, per
poi dilatarsi di nuovo nel sogno, nell'immaginazione creativa che gli
è propria.
Questa
potrebbe essere una delle ragioni per cui il sogno presenta quel
grande gioco del rovescio, (i santi sognano i diavoli, i saggi anche
le sciocchezze, i criminali non solo i delitti, i galantuomini anche
malvagità), un gioco che conferma la dialettica
degli opposti
di cui è fatta la vita.
Serena
Foglia da “Il sogno e le sue voci”, Rizzoli.
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