Non
sono tanto sorpreso dal boom di iscrizioni alle facoltà di Agraria.
Perché è evidente che tra le nuove generazioni c'è qualcosa che
sta cambiando nell'attenzione al cibo e nei modi di produrlo.
Lo
stesso incremento di domande per i test d'ingresso lo registrano
all'università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (CN) e, dopo
aver fatto da apripista nel 2004, notiamo che anche altri atenei
moltiplicano i corsi in questa nuova materia, che riteniamo complessa
e insegniamo ricorrendo a una forte interdisciplinarietà.
Non
credo sia solo la crisi a spingere verso una rivalutazione dei
mestieri legati alla terra e alla produzione di cibo. Forse i tempi
difficili sono stati una miccia, ma è da anni che noto come i
giovani abbiano sviluppato una diversa sensibilità riguardo ai temi
della sostenibilità, delle produzioni alimentari buone, pulite e
giuste, del lavoro manuale.
Nel
2009 feci un tour di conferenze in tre prestigiose università negli
Usa - Yale, Princeton e Harvard - non certo note per formare dei
futuri agricoltori, ma chiesi ogni volta all'auditorio chi tra quei
ragazzi avesse preso in considerazione un ritorno alla terra dopo la
laurea. Sorprendentemente almeno un 10% di studenti alzava la mano, e
lo faceva convinto. Lo stesso anno feci l'esperimento in una facoltà
italiana di Agraria e la percentuale fu ben più misera.
Ma
in quattro anni, evidentemente, quella tendenza cresciuta prima negli
Stati Uniti è arrivata anche da noi. E non ci vuole molto ad
accorgersi che siamo un paese che dal punto di vista agricolo e
alimentare, offre delle opportunità incredibili a chi voglia
cimentarsi in tali mestieri. La cosa migliore, poi, è che quelli che
torneranno a fare i contadini, gli artigiani del cibo, i pescatori,
gli affinatori di formaggi, i mastri birrai saranno dei laureati. Una
novità, perché non si tratterà di andare a fare la vita grama dei
loro avi : nessuna nostalgia dei bei tempi antichi, ma una botta di
modernità che, questa sì, sorprenderà molti.
Questi
giovani, una volta all'opera, sanno mescolare il rispetto e lo studio
della tradizione con le nuove tecnologie dei tempi globalizzati,
aggiungendo una dose di creatività inimmaginabile da chi si ferma ai
vecchi stereotipi legati alla vita del contadino. Fanno ben sperare,
per una rinascita dei valori del cibo che non sarà solo italiana,
perché già spazia dall'avanzata e industrializzata America fino
alle università africane.
Studiano
gastronomia, fanno gastronomia per diventare i contadini e gli
artigiani del futuro, saranno più felici e miglioreranno un po' il
mondo.
Carlo
Petrini
Nessun commento:
Posta un commento