Si
dice . . . “ essere il cavallo di battaglia “
Quando
si parla del “cavallo di battaglia” di qualcuno si intende la
cosa in cui la persona indicata riesce a dare il meglio. In
particolare, in campo artistico, il personaggio in cui un attore, (o
un brano musicale per un cantante), esprime al massimo il suo
talento. L'espressione riconduce ai condottieri di un tempo : era
infatti il destriero più coraggioso, affidabile e pronto ai comandi
– tra quelli che erano stati addestrati – che veniva scelto per
una situazione estrema qual era trovarsi in battaglia.
Si
dice . . . “ trinariciuto “
L'aggettivo
e sostantivo “trinariciuto”, letteralmente in possesso di tre
narici, è un termine dispregiativo attribuito a persona dai
caratteri non umani e pertanto ottusa, incivile. La parola fu
coniata in chiave di satira politica nel secondo dopoguerra dal
giornalista e scrittore Giovannino Guareschi, (1908-1968), celebre
autore del ciclo di romanzi su Don Camillo e Peppone poi ridotti in
popolari film con Fernandel e Gino Cervi. Guareschi attribuiva
questa terza narice con funzione di scarico, “in modo da tener
sgombro il cervello dalla materia grigia”, ai militanti del partito
comunista, in sostanza accusati di pensare con la testa
dell'apparato.
Si
dice . . . “ è una doccia scozzese “
Si
definisce “doccia scozzese” una sequenza di buone e cattive
notizie o di fatti spiacevoli e piacevoli che si alternano
rapidamente provocando opposti stati d'animo. Il riferimento è al
trattamento idroterapico già in uso presso gli antichi scoti
e tuttora utilizzato come stimolante della circolazione sanguigna e
dei pori. Consiste in un'alternanza di docce calde, a 38°, e
fredde, a 18°, della durata di circa 2 minuti che si prendono da un
tubo del diametro di 2 cm. I getti d'acqua vengono passati sul
corpo dal basso verso l'alto.
Si
dice . . . “ avere delle remore”
Significa
avere dubbi, riserve, impacci nel fare qualcosa, sia in senso fisico
che morale. Il termine remora deriva dal latino è il suo
significato originario è indugio. Ma remora, già anticamente, è
anche il nome di un pesce della famiglia delle Echeneidae.
Lungo circa 40 cm, questo pesce ha sul dorso una sorta di potente
ventosa che gli permette di attaccarsi al ventre di grandi pesci o al
fondo delle imbarcazioni. Ciò allo scopo di farsi trasportare
senza fatica nelle zone dove poi l'animale preda. La credenza
popolare riteneva un tempo che la presenza sotto lo scafo di questi
pesci, rallentasse l'andatura delle barche ed ecco il motivo del loro
nome.
Si
dice . . . “ fare la civetta “
Il
modo di dire “fare la civetta” o “essere una civetta” si
rivolge a una femmina vanitosa che ama farsi corteggiare e attrarre
ammiratori. Spesso il termine si estende a ciò che attrae
l'attenzione, (candidato-civetta, lista-civetta, civetta come
locandina delle edicole), o, al contrario, a ciò che deve passare
inosservato, (auto-civetta, nave-civetta, ecc.). Di fatto la
civetta, rapace notturno della famiglia degli Strigidi, fu a lungo
utilizzata nella caccia come richiamo a causa delle sue strane
movenze che attraggono le prede.
Si
dice . . . “ essere una palla al piede “
L'espressione
vuol dire essere di ostacolo, costringere con il proprio
atteggiamento a fare più fatica del necessario nell'agire.
L'immagine si riferisce alla grossa sfera di metallo che veniva
incatenata al piede dei prigionieri, per impedirne o renderne meno
agevole la fuga. Questa coercizione, in uso nei luoghi di pena nel
XVIII e XIX secolo, era di per se anche una tortura, perchè causava
ferite alle caviglie, con possibili infezioni, dovute alla mancanza
di cure e alle scarse condizioni igieniche.
Si
dice . . . “ avere una pazienza certosina “
L'espressione
vuol dire essere dotati di scrupolo, concentrazione e precisione nel
portare a termine un lavoro. Il riferimento è all'ordine religioso
dei certosini fondato nel 1084 da S. bruno di Colonia nella
chartreuse, (in italiano certosa), nelle Alpi francesi. I
certosini, nella loro regola basata sulla meditazione e lavoro, si
distinsero come eccellenti copisti, falegnami ed ebanisti, lavori che
richiedevano quindi tanta pazienza. Nel campo della decorazione del
legno si apprezza tutt'ora la loro “tarsia alla certosina”, una
lavorazione di particolare pregio.
Si
dice . . . “ essere la pietra dello scandalo “
“Essere
la pietra dello scandalo”, dal greco “skandalon”
ostacolo inciampo, vuol dire dare un cattivo esempio, esporsi a
critiche per il proprio comportamento. L'espressione si riferisce a
una grossa pietra che si trovava nella Roma di Giulio Cesare di
fronte al Campidoglio. Dovevano sedercisi sopra i falliti o chi non
avesse onorato i propri debiti. Essi dovevano gridare “cedo
bona!”, (svendo i miei beni), alzandosi e sedendosi violentemente
per 3 volte. Ciò estingueva le loro colpe. Ve n'era una anche a
Firenze, sotto la Loggia del Mercato Nuovo. Sopra essa i mercanti
falliti, nel '500, venivano sbattuti per forza a sedere nudo per 3
volte.
Si
dice . . . “ perdere la tramontana “
Vuol
dire perdere la pesta, andare in collera. L'immagine del modo di
dire è di origine marinaresca : prima dell'invenzione della bussola
i naviganti si orizzontavano con la stella polare, chiamata
Tramontana come il vento che proviene da nord. Quando essa non era
visibile a causa del cielo nuvoloso, l'orientamento era impossibile e
smarrire la rotta era dunque molto facile. Non a caso
un'espressione simile è “perdere la bussola”.
Si
dice . . . “ avere fegato”
Significa
essere coraggiosi nell'affrontare i pericoli. Ciò perchè il
fegato un tempo, (nell'antica Grecia, ad esempio), era considerato la
sede della forza, della caparbietà e dei sentimenti, in particolare
della passione fisica e dell'ira. Emblematico in tal senso è il
mito greco di Prometeo, titano che rubò il fuoco agli dei per
donarlo agli uomini contro il volere di Zeus. Scoperto il furto,
Zeus fece incatenare Prometeo a una rupe e dispose che ogni giorno
un'aquila gigante giungesse a divorargli il fegato, che ogni notte
ricresceva di modo che il rapace potesse divorarlo il giorno dopo.
Nessun commento:
Posta un commento