Tutto
è cominciato rivedendo, ancora una volta, i film della Mummia.
Sono tre e generalmente, se si parte con il primo che risale al 1999,
è obbligatorio, per i quattro maschi di casa, concludere la trilogia
in stretta sequenza, in modo da non uscire mai dall'avventuroso
spirito archeo-horror.
Eravamo
tutti sul divano, in assetto cinematografico, davanti al secondo
episodio della serie. O, meglio, loro erano in assetto
cinematografico. Io, come accade sempre negli ultimi tempi, stavo
inesorabilmente scivolando nel sonno, tra un ipercinetico figlio di
mezzo e un protettivo ultimogenito che, al fine di risparmiarmi le
scene splatter, mi copriva occhi, orecchie e, per mal riposto eccesso
di zelo, anche naso e bocca.
Stavo
per perdere conoscenza, non ricordo se per il sonno o per la mancanza
di ossigeno, quando ho colto una sfumatura didattica nella voce del
pater familias,
quella riservata alle lezioni di vita, perle di saggezza da elargire,
per fortuna con una certa moderazione, alla prole. "Spesso le
coppie che si amano troppo e sono più concentrate su di sé che sul
mondo intorno, sono pessimi genitori", stava dicendo
l'economista marxista barese che rappresenta metà della mia coppia
da oltre vent'anni. "Vedete? I due protagonisti, papà e mamma,
sono troppo impegnati ad amoreggiare e a seguire la passione l'uno
per l'altra, oltre che per l'archeologia, per riuscire ad accudire e
ad amare veramente Alex, il loro bambino, che è abbandonato a se
stesso. Vedete com'è infelice e solo, poveraccio?".
"Papà,
dai! Si sta risvegliando il re Scorpione! Chi se ne importa se il
bambino è triste perché i suoi genitori non lo amano abbastanza?!",
Lo ha zittito il primogenito, archiviando così questa pillola
paterna di psicologia della famiglia e, soprattutto, della coppia. Io
invece, vinta dal sonno, mi sono persa il risveglio del re Scorpione.
Ma non ho archiviato nulla.
Così,
qualche sera dopo, prima di dormire, ho scoperchiato un vaso che mi
stava a cuore. "Senti ... Ma ... Secondo te, noi due ...".
"Quando inizi così mi fai paura". "No, dicevo ... Noi
due, come genitori, come siamo?". "Dove vuoi arrivare,
Elasti?". "Rispondi alla mia domanda. Che genitori siamo?"
"Siamo, direi, attenti, presenti, affettuosi ..." "Ci
definiresti dei bravi genitori?" "Sì, direi di sì. Ogni
tanto sbagliamo, come tutti, però i nostri figli sono solidi, sereni
e non sembrano nascondere buchi neri nell'anima. Quindi sì! Siamo
bravi genitori". "Ho capito". "Cos'è quella
faccia adesso? Cosa hai capito?" "Che non ci amiamo
abbastanza. Che come coppia siamo due pesci freddi. Che la passione,
la dedizione reciproca, la fiamma che ci accendeva e ci faceva vivere
l'uno per l'altra sono morte, sepolte, dimenticate sull'altare di
quei tre piccoli ingrati ... Che tristezza. Mi viene quasi da
piangere".
"Che
stai dicendo?" "Lo hai detto tu, parlando dei genitori di
Alex. Loro sì che si amavano e ogni momento era buono per
abbandonarsi al desiderio". "Sei pazza! Chi è Alex?"
"Il bambino della Mummia 2". "Ma non stavi dormendo?".
La
verità è che io sono d'accordo con lui. Per essere bravi genitori
bisogna distogliere lo sguardo dall'ombelico della coppia e farsi
famiglia. Imparare ad accogliere, includere e aprirsi, talvolta anche
a scapito di quella magia dell'innamoramento esclusivo, inebriante e
totale che ci trasforma in monadi estatiche.
E
un po' rimpiango quel periodo lì, in cui eravamo solo noi due, persi
nel nostro amoroso egocentrismo.
E
un po' mi avvilisco quando ci trasformiamo in Furio e Magda del film
di Verdone, intenti a far quadrare l'organizzazione di una famiglia,
troppo somigliante a una piccola impresa, impegnati in immortali
conversazioni ragionieristiche, invece di amoreggiare incuranti del
resto, come facevamo a vent'anni.
Esiste
un equilibrio?
"Non
vedo l'ora di andare in pensione". "E perché?" "Per
fidanzarmi con te e tornare a somigliare ai protagonisti della
Mummia". "Forse noi due avremo bisogno di una vacanza ..."
Elasti
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